Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20735 del 04/09/2017
Cassazione civile, sez. lav., 04/09/2017, (ud. 27/04/2017, dep.04/09/2017), n. 20735
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –
Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –
Dott. MANNA Antonio – Consigliere –
Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26421-2011 proposta da:
POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA G. MAZZINI 27, presso lo studio TRIFIRO’ & PARTNERS,
rappresentata e difesa dall’avvocato SALVATORE TRIFIRO’, giusta
delega in atti;
– ricorrente –
contro
S.A.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 461/2010 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,
depositata il 04/11/2010 R.G.N. 157/2010.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che la Corte d’Appello di Brescia, con sentenza del 4 novembre 2010, in riforma della decisione di primo grado, dichiarò la nullità della clausola di apposizione del termine ai contratti stipulati tra Poste Italiane s.p.a e S.A. per i periodi dal 16/6/2003 al 15/9/2003 e dal 1/12/2003 al 31/1/2004, condannando la società alla corresponsione delle retribuzioni maturate a decorrere dal 16/6/2003, detratto l’aliunde perceptum;
che la Corte territoriale fondò la decisione sulla ritenuta genericità della clausola, motivata per ragioni sostitutive di personale assente con diritto alla conservazione del posto, nonchè sull’infondatezza dell’eccezione di risoluzione per mutuo consenso;
che avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione Poste Italiane S.p.A. sulla base di quattro motivi, illustrato mediante memoria;
che il S. non ha svolto attività difensiva.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che con il primo motivo di ricorso la società ha dedotto violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, anche in relazione all’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale e agli artt. 1362 ss. e 2697 c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, osservando che la Corte territoriale aveva errato nell’interpretazione dell’ultima norma citata, ritenendo inidonea la clausola appositiva del termine in ragione della mancata indicazione del nominativo dei lavoratori da sostituire;
che il motivo è fondato poichè la Corte territoriale, facendo riferimento alla necessità dell’indicazione dei nominativi dei lavoratori da sostituire, ha omesso di fare applicazione del criterio elastico enucleato dalla giurisprudenza di legittimità con riguardo alle esigenze sostitutive in situazioni aziendali complesse (cfr. Cass. 26/01/2010 n. 1576: In tema di assunzione a termine di lavoratori subordinati per ragioni di carattere sostitutivo, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 214 del 2009, con cui è stata dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2, l’onere di specificazione delle predette ragioni è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel corso del rapporto. Pertanto, nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità);
che, pertanto, deve essere accolto il primo motivo di ricorso, restando assorbito l’esame degli altri, tutti riguardanti questioni successive e consequenziali nell’ordine logico;
che, di conseguenza, la sentenza deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Brescia in diversa composizione, che si atterrà al principio in precedenza enunciato e provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Brescia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 27 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2017