Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20734 del 10/09/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 20734 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (80207790587), in
persona del Ministro

pro tempore,

rappresentato e difeso

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via dei Portoghesi

n. 12, è elettivamente

domiciliato per legge
– ricorrente contro
D’AMBROSIO VINICIO (DMB VNC 48E21 F230A), rappresentato e
difeso dall’Avvocato Giovanni Di Nardo, elettivamente
domiciliato in Roma, via Ippolito Nievo n. 61, presso lo
studio dell’Avvocato Maria Grazia Picciano;
– controricorrente –

USti

– 1 –

Data pubblicazione: 10/09/2013

per la revocazione della sentenza della Corte Suprema di
Cassazione n. 25756 del 2011, depositata in data 10
dicembre 2011.
Udita

la relazione della causa svolta nella pubblica

udienza del 24 aprile 2013 dal Consigliere relatore Dott.

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. Antonietta Carestia, che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Ritenuto

che

D’Ambrosio

Vinicio,

con

ricorso

ritualmente notificato presso la Corte d’Appello di
Campobasso, ha proposto, ai sensi della legge 24 marzo
2001, n. 89, domanda di equa riparazione del danno non
patrimoniale sofferto a causa della irragionevole durata di
un giudizio iniziato dinanzi al Tribunale Amministrativo
Regionale del Molise nel gennaio 1993 e definito con
sentenza depositata in data 21 maggio 2008;
che l’adita Corte d’Appello, con decreto depositato in
data 8 maggio 2009, ha accolto la domanda proposta
dall’odierno intimato relativamente al periodo intercorso
tra la presentazione dell’istanza di prelievo, avvenuta nel
luglio 2007, e la data di definizione del giudizio,
condannando il Ministero dell’economia e delle finanze al
pagamento di euro 1.125,00 a titolo di equa riparazione del
danno non patrimoniale subito dal D’Ambrosio;

Stefano Petitti;

che per la cassazione di questo decreto D’Ambrosio
Vinicio ha proposto ricorso, con atto notificato in data 14
luglio 2009, affidandolo a due motivi;
che la Corte Suprema di Cassazione, accolto il ricorso
proposto da D’Ambrosio Vinicio, ha cassato l’impugnato

dell’economia e delle finanze al pagamento, in favore del
ricorrente, di euro 7.000,00 a titolo di equa riparazione e
al pagamento delle spese per i giudizi di merito e di
legittimità;
che avverso tale sentenza, il Ministero dell’economia e
delle finanze ha proposto ricorso per revocazione, ai sensi
dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ.;
che l’intimato ha resistito con controricorso.
Considerato

che con l’unico motivo di ricorso, il

Ministero ricorrente si duole della sussistenza di un
errore di fatto nella sentenza indicata in epigrafe, errore
consistente nella mancata rilevazione, da parte della Corte
di Cassazione, della nullità della notificazione del
ricorso, effettuata dal sig. D’Ambrosio Vinicio presso
l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Campobasso e non
presso l’Avvocatura Generale dello Stato;
che il ricorrente ha eccepito la inammissibilità del
ricorso per tardività;
che l’eccezione è infondata;

decreto e, decidendo nel merito, ha condannato il Ministero

che, invero, la sentenza oggetto della domanda di
revocazione, è stata depositata il 1° dicembre 2011, e non
è stata notificata, mentre il ricorso per revocazione è
stato consegnato per la notifica il 27 settembre 2012, e
quindi entro il termine lungo di cui all’art. 327 cod.

proposto avverso una sentenza della Corte di cassazione
(Cass. n. 26261 del 2005);
che il termine applicabile nel caso di specie deve
essere identificato in quello di un anno, secondo la
formulazione dell’art. 327 cod. proc. civ. prima delle
modificazioni apportate dalla legge n. 69 del 2009, in
quanto il giudizio conclusosi con la sentenza oggetto di
revocazione è iniziato prima del 4 luglio 2009, mentre la
riduzione del termine lungo a sei mesi è destinata ad
operare con riguardo ai giudizi iniziati in primo grado
dopo il 4 luglio 2009;
che il ricorso è peraltro inammissibile, non risultando
denunciato un errore di fatto;
che, in realtà, ciò che viene imputato alla sentenza
revocanda è un errore di diritto, consistente nell’avere
ritenuto valida la notificazione del ricorso per cassazione
al Ministero dell’economia e delle finanze effettuata
presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato e non già,

proc. civ., applicabile anche al ricorso per revocazione

come prescritto, all’Avvocatura generale dello Stato, nei
suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
che tale essendo il vizio denunciato, si verte,
all’evidenza, in una ipotesi diversa da quella della
tassativa previsione dell’art. 391-bis cod. proc. civ., che

Corte di Cassazione soltanto se sono affette “da errore di
fatto ai sensi dell’articolo 395 numero 4,” cod. proc.
civ.: errore che quindi deve essere insito non nella
valutazione di un evento sotto il profilo giuridico, ma
nella sua materiale percezione, in quanto la sua esistenza
sia stata affermata o negata, nonostante che,
rispettivamente, risultasse dagli atti o documenti della
causa “incontrastabilmente esclusa” o “positivamente
stabilita” [Cass., S.U. 30 dicembre 2004, n. 24170, con la
quale si è ritenuto, in tema di avviso di fissazione
dell’udienza di discussione, che «la revocazione della
sentenza (o ordinanza) di Cassazione è consentita per vizi
del procedimento di cui non si sia tenuto conto per un
errore percettivo riguardante anche l’esame degli atti
dello stesso processo di cassazione (atti “interni”
direttamente esaminabili dalla Corte con propria autonoma
indagine di fatto – S.U. n. 3519 del 1992) ed è esclusa con specifico riferimento all’oggetto – quando si faccia
questione di interpretazione circa l’avvenuta rituale

consente di impugnare per revocazione le sentenze della

notifica dell’avviso di udienza»)] (in tal senso, v. anche
Cass. n. 24 del 2006; ma vedi anche Cass. n. 13303 del
2006, che ha dichiarato inammissibile il ricorso per
revocazione esulando il motivo proposto – consistente nella
valutazione della idoneità o meno del timbro ai fini della

dichiarato inammissibile perché tardivo, all’ufficiale
giudiziario in una certa data ritenuta scarsamente
leggibile – dalle ipotesi di revocazione previste dall’art.
391-bis cod. proc. civ.);
che, analogamente, si è affermato che «l’unico mezzo di
impugnazione esperibile avverso le sentenze della Corte di
cassazione è la revocazione ai sensi degli artt.

391-bis e

395 n. 4 cod. proc. civ., ammissibile solo quando si
denunci che la sentenza è frutto di un errore fatto, da
intendere come affermazione o supposizione dell’esistenza o
inesistenza di un fatto la cui verità risulti invece, in
modo indiscutibile, dagli atti o dai documenti di causa, e
a tale requisito non risponde, trattandosi sostanzialmente
della denuncia di un errore di diritto, la domanda di
revocazione della sentenza emessa a conclusione di giudizio
in cui l’avviso di udienza sia stato notificato presso la
cancelleria, e non all’avvocato domiciliatario, trasferito
altrove, quando risulti che questi non aveva comunicato in
cancelleria il mutamento di indirizzo dello studio, non

6

dimostrazione della consegna del ricorso per cassazione,

assumendo alcun rilievo la conoscenza del nuovo indirizzo,
che l’ufficiale giudiziario abbia potuto acquisire in
qualsiasi modo» (Cass. n. 17593 del 2005);
che – si è ulteriormente precisato – la configurabilità

si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione
di esistenza od inesistenza di un fatto che la realtà
processuale, quale documentata in atti, induce ad escludere
o ad affermare; non anche quando la decisione della Corte
sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od
interpretazione delle risultanze processuali, essendo
esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità
di errori di giudizio formatisi sulla base di una
valutazione (Cass. n. 14608 del 2007);
che, ad avviso del Collegio, analoghe considerazioni
devono essere svolte nel caso di specie, in cui l’errore
revocatorio, come detto, sarebbe consistito nel non essersi
avveduta la Corte di cassazione della nullità della
notificazione del ricorso perché effettuata presso
l’Avvocatura distrettuale e non presso l’avvocatura
generale dello Stato;
che, all’evidenza, ciò che viene in rilievo nella
specie è non già la percezione di un fatto inesistente,
affermato come esistente, ma unicamente il mancato

dell’errore revocatorio presuppone un errore di fatto, che

apprezzamento in termini di nullità della notificazione del
ricorso;
che dunque, essendo denunciato un errore di giudizio,
il ricorso per revocazione deve essere dichiarato

che, in applicazione del criterio della soccombenza, il
Ministero ricorrente deve essere condannato alla rifusione
delle spese del giudizio, liquidate come da dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna
l’amministrazione ricorrente al pagamento, in favore di
D’Ambrosio Vinicio, delle spese del giudizio che liquida in
complessivi euro 295,00 per compensi, oltre ad euro 100,00
per esborsi e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Sesta Sezione Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione,
il 24 aprile 2013.

inammissibile;

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