Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20732 del 30/09/2020

Cassazione civile sez. III, 30/09/2020, (ud. 08/11/2019, dep. 30/09/2020), n.20732

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22011-2017 proposto da:

AUTOCARROZZERIA EEXECUTIVE SNC DI S.R. & C. in persona

del legale rappresentante p.t. S.R., elettivamente

domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato IVAN

MARRAPODI, che la rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS) in persona dell’Amministratore pro tempore

M.S., elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA ISTRIA 2,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIETTA TARANTINO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ELISABETTA TOLLIS;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1909/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 22/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/11/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso ex art. 447 bis c.p.c. del 3/4/2013 l’Autocarrozzeria Executive snc di S.R. & co. (di seguito Autocarrozzeria), premesso di aver condotto in locazione un locale a piano terreno ad “uso ufficio amministrativo”, di proprietà del Condominio di (OMISSIS) (di seguito Condominio) e di aver ricevuto disdetta dal locatore alla scadenza del secondo sessennio, agì nei confronti del locatore per il riconoscimento dell’indennità di avviamento ex L. n. 392 del 1978, art. 34 pari alla somma complessiva di Euro 7.621,71, sul presupposto che l’immobile locato, adibito ad ufficio amministrativo di una autofficina sita nei pressi, fosse destinato ad un uso comportante contatti con il pubblico degli utenti e dei consumatori.

Costituitosi il contraddittorio con il Condominio, il Tribunale di Roma, con sentenza n. 24693 del 2014, rigettò la domanda sostenendo che l’immobile locato era meramente accessorio e strumentale a quello officina- in cui si svolgeva l’attività aperta al pubblico e che, essendo l’ufficio amministrativo privo di insegna o di richiamo commerciale all’autofficina, esso non aveva autonoma idoneità ad attirare pubblico e clientela, di guisa che il ricorrente non poteva duplicare l’eventuale indennità di avviamento spettante per il locale principale.

La Corte d’Appello di Roma, adita da Autocarrozzeria, con sentenza n. 1909 del 2017, ha rigettato tutti i motivi di appello volti, sostanzialmente, a far dichiarare che l’attività svolta nell’ufficio amministrativo fosse non “accessoria” ma “funzionale” all’attività di impresa unitariamente considerata, di guisa da escludere una duplicazione di indennità. La Corte territoriale ha escluso che la connotazione “ufficio amministrativo” implicasse che le parti lo avessero inserito nell’ambito dell’attività imprenditoriale svolta dalla conduttrice a contatto diretto con il pubblico; ha ritenuto che la ricorrente non aveva dimostrato, essendo suo specifico onere, che il locale fosse aperto al pubblico ed autonomo collettore di clientela; che non sussistevano i presupposti della L. n. 392 del 1978, art. 34; ha confermato il rigetto delle istanze istruttorie in quanto non decisive ed ha ritenuto nuova e come tale inammissibile la tesi sostenuta dall’appellante che la destinazione originaria dell’immobile fosse mutata nel corso del rapporto e che fossero integrati i presupposti per l’applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 80; ha infine condannato l’appellante alle spese del grado.

Avverso la sentenza Autocarrozzeria Executive snc propone ricorso per cassazione, affidandosi a tre motivi, illustrati anche da memoria. Resiste il Condominio di (OMISSIS) con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo si censura la violazione della L. n. 392 del 1978, artt. 34 e 35 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 nella parte in cui la sentenza esclude il riconoscimento dell’indennità di avviamento commerciale; nonchè l’illogicità e contraddittorietà della motivazione sull’assenza dei presupposti della suddetta indennità ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

La ricorrente assume essere incontrovertibile che il locale fosse stato adibito ad uso “ufficio amministrativo” della società, che non avesse un uso abitativo mentre la mancanza dei requisiti di immediata accessibilità e richiamo per il pubblico tali da veicolare autonomamente la clientela non avrebbero costituito parametri di riferimento della L. n. 392 del 1978, art. 35.

1.1. Il motivo è inammissibile per più distinti e concorrenti profili.

In primo luogo – il che è assorbente – pur prospettando una violazione di norme di diritto, in realtà la ricorrente sollecita questa Corte ad un riesame del merito, chiedendo di ottenere una diversa e più appagante rivalutazione dei requisiti propri per il riconoscimento dell’indennità di avviamento commerciale. La ricorrente non censura, infatti, la sentenza impugnata per un vizio di sussunzione della fattispecie concreta sotto la L. n. 392 del 1978, art. 34 ma chiede il riesame di profili meramente fattuali, estranei al sindacato di legittimità Peraltro, si nota ad abundantiam, la sentenza è conforme alli orientamento di questa Corte, al quale il Collegio intende dare continuità, secondo il quale il diritto all’indennità è escluso in tutti i casi in cui l’attività sia svolta in immobili complementari o accessori di altri e nei quali l’accesso al pubblico sia meramente accessorio all’attività imprenditoriale principale e non tale da generare un “avviamento” proprio, essendo l’indennità di avviamento volta a ripristinare l’equilibrio economico e sociale normalmente turbato per effetto della cessazione della locazione, sì da dover collegare l’indennità alla sussistenza di un effettivo avviamento che possa almeno astrattamente, e secondo l’id quod plerumque accidit, subire pregiudizio a seguito della cessazione della locazione e del trasferimento del conduttore (Cass., 3, n. 18748 del 23/9/2016).

1.2 Quanto alla censura volta a denunciare la contraddittorietà ed illogicità della motivazione per non aver il giudice rilevato che l’ufficio amministrativo fosse frequentato dai clienti della Executive per il disbrigo di ogni pratica amministrativa e commerciale relativa all’attività dell’autofficina, essa è inammissibile sia perchè non è dedotta secondo le prescrizioni di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis, che come è noto preclude, entro il limite del minimo costituzionale, il sindacato sulla illogicità e contraddittorietà della motivazione, sia per violazione dell’art. 348 ter c.p.c., comma 5, pure applicabile ratione temporis, che preclude il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nei casi di cd. “doppia conforme”. La sentenza ha motivato nel senso che la mera frequentazione del locale da parte degli stessi clienti del locale principale non fosse di per sè sufficiente a costituire presupposto per l’erogazione dell’indennità di avviamento non essendo dimostrato che l’ufficio avesse caratteristiche di immediata accessibilità e richiamo per il pubblico tali da veicolare autonomamente la clientela, con ciò applicando in modo del tutto corretto la L. n. 392 del 1978, artt. 34 e 35.

Ne consegue che la motivazione esiste ed è certamente adeguata al “minimo costituzionale” sicchè la censura è anch’essa inammissibile.

2. Con il secondo motivo si denuncia l’erronea e contraddittoria motivazione in ordine alla mancata assunzione delle prove orali necessarie ai fini del decidere.

2.1 Il motivo è inammissibile perchè – il che tutto assorbe -in base alla granitica giurisprudenza di questa Corte, la scelta sull’ammissione delle prove afferisce alla valutazione esclusiva del giudice del merito insindacabile se, come nel caso in esame, congruamente motivata.

3. Con il terzo motivo si censura la violazione della L. n. 392 del 1978, art. 80 e artt. 437,112 e 345 c.p.c. per avere la sentenza, dichiarando nuova e dunque inammissibile la domanda formulata in grado di appello ex L. n. 392 del 1978, art. 80, non esaminato la questione dell’aver adibito l’immobile ad un uso diverso da quello pattuito per pretesa modifica della causa petendi, assumendo che, fin dal primo grado del giudizio, l’attrice avrebbe introdotta anche questa ulteriore domanda, dovendosi pertanto censurare l’omessa pronuncia del giudice di merito.

3. Il motivo è palesemente inammissibile non essendo dotato di autosufficienza a sostegno della sua prospettazione. Ad abundantiam si nota che, se ciò non sussistesse, il motivo andrebbe rigettato, perchè, come è agevole desumere dalle conclusioni del giudizio di primo grado riportate alla p. 2 del ricorso, la ricorrente non ha mai fatto alcun riferimento alla pretesa diversa causa petendi basata sulla L. n. 392 del 1978, art. 80, sicchè, del tutto correttamente, la Corte d’Appello ha ritenuto che la domanda fosse nuova ed in quanto tale inammissibile.

4. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata a pagare, in favore di parte resistente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo.

Sussistono i presupposti per il versamento del cd. raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 2.200 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, della Sezione Terza Civile, il 8 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2020

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