Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20731 del 14/10/2016

Cassazione civile sez. III, 14/10/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 14/10/2016), n.20731

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27711/2013 proposto da:

COMUNE (OMISSIS), (OMISSIS) in persona del Sindaco p.t. Dott.

CH.AL., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DI SANT’ANDREA

DELLA VALLE 6, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO PIGNATIELLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE BONSEGNA giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

T.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. CESI 72

(ST. ABD), presso lo studio dell’avvocato MARZIA ROSITANI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ARTURO PARENTE giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

T.C., C.C., CARIGE ASSICURAZIONI SPA

COOPERATIVA CTM A RL, COOPERATIVA TRASPORTI MANDURIA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 179/2013 della CORTE D’APPELLO SEZ. DIST. DI

TARANTO, depositata il 15/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/06/2016 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;

udito l’Avvocato FRANCESCO PIGNATIELLO per delega non scritta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il (OMISSIS) la minore T.B., camminando sul lido del mare nel territorio del Comune di (OMISSIS), finì inavvertitamente su braci semispente sepolte sotto la sabbia, riportando lesioni personali.

A settembre dello stesso anno i suoi genitori, T.C. e C.C., dichiarando di agire sia in proprio che ex art. 320 c.c., convennero dinanzi al Tribunale di Taranto, sezione di Manduria, il Comune di (OMISSIS), chiedendone la condanna al risarcimento del danno.

Il Tribunale ordinò ex 107 c.p.c., la chiamata in causa dell’assicuratore del comune (la società (OMISSIS) s.p.a.) e della società cooperativa CTM soc. coop. a r.I., cui il Comune aveva affidato il servizio di pulizia della spiaggia.

2. Con sentenza 16.5.2008 n. 90 il Tribunale rigettò la domanda. La sentenza venne appellata dai soccombenti.

3. La Corte d’appello di Taranto, sezione di Lecce, con sentenza 15.4.2013 n. 179 accolse il gravame e condannò il Comune al pagamento di circa 3.000 Euro in favore della vittima.

4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dal Comune di (OMISSIS), con ricorso fondato su cinque motivi.

Ha resistito con controricorso la sola T.B..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c.. Si lamenta, in particolare, la violazione dell’art. 75 c.p.c.. Deduce, al riguardo, che alla data della sentenza d’appello (15.4.2013) la danneggiata T.B. era divenuta maggiorenne, sicchè la sentenza sarebbe nulla perchè pronunciata nei confronti dei genitori, non più legittimati a rappresentare la figlia.

1.2. Il motivo è manifestamente infondato.

Il raggiungimento della maggiore età di soggetto costituito per il tramite dei propri genitori, infatti, costituisce un evento interruttivo del processo, in quanto fa venir meno la legitimatio ad processum dei genitori.

Tuttavia, quando come nella specie i genitori della parte minorenne siano costituiti per mezzo di procuratore, quell’evento produce i suoi effetti solo se il procuratore della parte colpita dall’evento interruttivo lo dichiari in giudizio. Nel caso di specie è pacifico che il procuratore dei sigg.ri T.C. e C.C. non dichiarò mai l’evento interruttivo, sicchè correttamente il processo è proseguito nei confronti delle parti originarie, e altrettanto correttamente la sentenza d’appello è stata pronunciata nei confronti di queste.

Il ricorrente, che pure dichiara di conoscere questo orientamento, ne invoca il superamento: ma senza compiere alcun serio sforzo ermeneutico ed argomentativo al riguardo, e si limita a sostenere che i genitori di persona divenuta maggiorenne in corso di causa avrebbero un “dovere di denunciare questo fatto in giudizio”. Non sussiste, dunque, alcuna ragione per discostarsi dal consolidato orientamento appena ricordato.

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione”, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (al presente giudizio, tuttavia, si applica l’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134). Deduce, al riguardo, che la Corte d’appello ha ascritto al Comune di avere violato la L.R. Puglia n. 62 del 1985, che imponeva ai Comuni di provvedere alla pulizia delle spiagge. Tuttavia il Comune aveva adempiuto a tale obbligazione, affidando il relativo incarico alla cooperativa CTM.

2.2. Il motivo è prospettato come un “vecchio” vizio di motivazione, quale era previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83.

Già per questa ragione, dunque, esso deve dichiararsi inammissibile, posto che l’art. 360 c.p.c., n. 5, non consente più di impugnare la sentenza di merito per “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione”, salvo il caso limite della sentenza completamente priva di motivazione, o con motivazione inintelligibile (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

Nondimeno, anche a volere qualificare ex officio il motivo di ricorso in esame come denunciante un vizio di “omesso esame di fatto controverso” (individuando nel contratto con la cooperativa il “fatto controverso”), esso sarebbe comunque infondato, giacchè la stipula dell’appalto tra il Comune e la cooperativa non è stata affatto trascurata dalla sentenza, la quale (p. 7) ne ha tratto anzi la conclusione che quel contratto “avvalorava” il suo convincimento sulla responsabilità del comune.

Non si è trattato dunque di “omesso esame”, ma di un esame che ha condotto a risultati non condivisi dal ricorrente: sicchè non sussiste il vizio di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5.

3. Il terzo motivo di ricorso.

3.1. Col terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Si lamenta, in particolare, la violazione dell’art. 2043 c.c.. Deduce, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe violato l’art. 2043 c.c., perchè ha condannato il Comune al risarcimento del danno, senza avere previamente accertato in concreto alcuna condotta colposa dell’amministrazione.

3.2. Il motivo è infondato.

La Corte d’appello di Taranto ha ritenuto che:

(a) in iure, il Comune avesse l’obbligo, impostogli dalla legislazione regionale, di provvedere alla pulizia delle spiagge;

(b) in facto, il Comune non vi provvide;

(c) in probatione, che l’inadempimento del Comune all’obbligo di legge risultasse di per sè dalla presenza delle braci ardenti sulla spiaggia.

A fronte di questa motivazione, il Comune qui ricorrente non contesta in diritto che fosse suo obbligo provvedere alla pulizia delle spiagge, ma deduce di avervi adempiuto affidando il relativo incarico ad un terzo.

Ma tale deduzione è giuridicamente infondata, giacchè chi adempie la propria obbligazione avvalendosi di un terzo risponde del fatto colposo di questi (art. 1228 c.c.).

4. Il quarto motivo di ricorso.

4.1. Col quarto motivo di ricorso il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 (si lamenta, in particolare, la violazione dell’art. 1227 c.c.); sia dal vizio di “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione”.

Deduce, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe erroneamente escluso la sussistenza d’una colpa concorrente dei genitori della vittima. Questi ultimi infatti omisero di sorvegliare la minore, nonostante fosse altamente prevedibile – in virtù delle tradizioni locali – la presenza di braci semispente sulla riva del mare il mattino del (OMISSIS).

4.2. Nella parte in cui lamenta la violazione dell’art. 1227 c.c., il motivo è infondato, perchè stabilire se la vittima d’un illecito abbia o meno concorso a causarlo è un accertamento di fatto, non una valutazione in diritto. Violerebbe l’art. 1227 c.c., il giudice che escludesse la rilevanza giuridica della condotta colposa della vittima; non viola invece quella norma il giudice che, affermata in diritto la rilevanza giuridica della colpa della vittima, escluda che nel caso di specie la vittima abbia tenuto una condotta colposa: a nulla rilevando che tale conclusione sia ricavata da un esame incompleto delle prove.

4.3. Nella parte in cui lamenta il vizio di “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione” il motivo è inammissibile, per le medesime ragioni indicate al p. 2.2, primo capoverso, della presente motivazione.

5. Il quinto motivo di ricorso.

5.1. Col quinto motivo di ricorso il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Lamenta, in particolare, la violazione dell’art. 92 c.p.c.. Deduce, al riguardo, che la Corte avrebbe errato nel decidere di non compensare le spese di lite. Nella specie, invece, la complessità della causa avrebbe consigliato la compensazione delle suddette spese.

5.2. Il motivo è manifestamente inammissibile, giacchè la scelta di compensare o meno le spese di lite è riservata alla valutazione discrezionale del giudice di merito.

6. Le spese.

6.1. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1 e sono liquidate nel dispositivo.

6.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

la Corte di Cassazione, visto l’art. 380 c.p.c.:

(-) rigetta il ricorso;

-) condanna Comune di (OMISSIS) alla rifusione in favore di T.B. delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di Euro 1.400, di cui Euro 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55 , ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di Comune di (OMISSIS) di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2016

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