Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20731 del 10/10/2011

Cassazione civile sez. I, 10/10/2011, (ud. 21/06/2011, dep. 10/10/2011), n.20731

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 576-2009 proposto da:

A.A.F. (c.f. (OMISSIS)), V.M.

A. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA CASALE DI SAN PIO V 14, presso l’avvocato GAVA FABRIZIO,

rappresentati e difesi dall’avvocato MASCOLO SALVATORE, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12 presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

26/11/2007, nn. 52786 e 52789/06 R.G.V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/06/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con distinti ricorsi, poi riuniti, depositati il 31.05. 2006, A. A.F. e V.M.A. adivano la Corte di appello di Roma chiedendo che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrispondere loro l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848. Con decreto del 23.04-26.11.2007, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti, condannava il Ministero a pagare, a titolo di equo indennizzo del subito danno non patrimoniale, sia la somma di Euro 7.500,00 a ciascuna delle istanti e sia prò quota l’ulteriore somma di Euro 3.750,00, nonchè a pagare le spese processuali, distratte in favore dei difensori antistatari.

La Corte osservava e riteneva:

– che la A. e la V. avevano chiesto l’equa riparazione del danno subito per effetto dell’irragionevole durata del processo civile d’indole risarcitoria iniziato il 22.09.1986 e definito con sentenza depositata il 25.10.2005, dunque durato complessivamente circa 19 anni, quando invece, per le peculiarità della controversia avrebbe dovuto ragionevolmente protrarsi per 4 anni che in detto processo, introdotto dal dante causa delle istanti V.E., ed interrotto a causa del decesso dello stesso, avvenuto il (OMISSIS), l’ A. e la V. si erano costituite in prosecuzione il 5.12.1991 – che per ciascuno dei 15 anni di ritardata definizione appariva equo liquidare l’importo di Euro 750.

Avverso questo decreto l’ A. e la V. hanno proposto ricorso per Cassazione, notificato il 29.12.2008 all’Amministrazione della Giustizia, che ha resistito con controricorso notificato il 2.02.2009.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il ricorso l’ A. e la V. denunciano:

1. “Danno non patrimoniale:Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001 art. 2, commi 1 e 3 e dell’art. 6, par. 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Erronea, contraddittoria e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della causa prospettato dalle parti. Art. 360 c.p.c., n. 5”, conclusivamente formulando il seguente quesito di diritto “Dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione, se il diritto all’equa riparazione del danno derivato dalla non ragionevole durata del processo ex L. n. 89 del 2001, art. 2, e l’ammontare liquidato per ciascun anno di durata, vada rapportato alla effettiva posta in gioco e debba essere valutato nella misura minima di Euro 1.500,00 per ciascun anno di durata, anche in virtù dell’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.

Conseguentemente, dica se il risarcimento offerto, nel caso di specie, alle ricorrenti, quantificato in Euro 750,00 per ciascun anno di ritardo, sia congruo rispetto alla effettiva entità e particolarità del processo subito, ovvero se risulti violata la normativa vigente”.

2. “Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, – art. 2, commi 2 e 3 e dell’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Omessa, erronea, contraddittoria e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della causa prospettato dalle parti con riferimento alla quantificazione del danno in riferimento alla effettiva durata del procedimento a quo ed al computo del periodo eccedente il termine ragionevole”.

Con i due motivi di ricorso le ricorrenti censurano anche per il profilo argomentativo, l’entità del liquidato indennizzo per il sofferto danno non patrimoniale. Il primo motivo del ricorso si rivela inammissibile in base all’art. 366 bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis, sia per genericità del relativo quesito di diritto, affidato a premessa assiomatica (misura minima di Euro 1.500,00 per ciascun anno di durata) nonchè astratto e privo di specifici riferimenti alla fattispecie concreta e sia perchè, relativamente ai denunciati vizi motivazionali, mancante del momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) dei rilievi, atto a circoscriverne puntualmente i limiti (cfr. Cass. SS.UU. 2007/20603;

2008/11652; 2008/16528).

Il secondo motivo del ricorso è, invece, infondato, giacchè nel caso in disamina la Corte di merito ha legittimamente non correlato l’indennizzo alla durata dell’intero processo, posto che la legge nazionale L. n. 89 del 2001, (art. 2, comma 3, lett. a), con una chiara scelta di tecnica liquidatoria non incoerente con le finalità sottese all’art. 6 della CEDU, impone di riferire il ristoro al solo periodo di durata eccedente il ragionevole (cfr. tra le numerose altre, Cass. 2005/8568; 2006/8714; 2007/23 844; 2008/3716;

2009/10415; 2011/478).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna in solido le ricorrenti al pagamento in favore del Ministero della Giustizia, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 600,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2011

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