Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20731 del 10/09/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 20731 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

sentenza con

SENTENZA

motivazione semplificata

sul ricorso proposto da:
FRENDA Giuseppe (FRN GPP 72D03 A089H), rappresentato e
difeso, giusta procura speciale a margine del ricorso,
dall’Avvocato Olindo Di Francesco, elettivamente
domiciliato in Roma, presso la cancelleria della Suprema
Corte di Cassazione;
– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (80184430587), in persona del
Ministro

pro tempore,

rappresentato e difeso

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge
– controrícorrente –

_12-V

– 1 –

Data pubblicazione: 10/09/2013

avverso il decreto della Corte d’appello di Caltanissetta
depositato in data 24 maggio 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica

udienza del 24 aprile 2013 dal Consigliere relatore Dott.

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. Antonietta Carestia, il quale
ha concluso per l’accoglimento del primo motivo, assorbiti
gli altri.
Ritenuto

che il sig. Frenda Giuseppe, con ricorso in

data 17 luglio 2006, ha chiesto alla Corte d’appello di
Caltanissetta il riconoscimento dell’equa riparazione, ai
sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, per la
irragionevole durata di un giudizio civile svoltosi
dinanzi alla Pretura di Sciacca e alla Corte d’appello di
Palermo, iniziato nell’agosto 1995 e definito il 17
gennaio 2005;
che la domanda veniva parzialmente accolta, con
condanna del Ministero della giustizia al pagamento, in
favore del ricorrente, dell’indennizzo del danno morale,
determinato in euro 1.000,00;
che avverso questo decreto il Frenda proponeva ricorso
per cassazione;
che con sentenza n. 19775 del 2010, questa Corte
accoglieva il ricorso nei sensi di cui in motivazione, con

Stefano Petitti;

rinvio alla medesima Corte d’appello di Caltanissetta
anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di
legittimità;
che, riassunto il giudizio, l’adita Corte d’appello,

e mesi 1 il periodo di durata irragionevole del giudizio
presupposto, a fronte di una durata ragionevole stimata in
anni cinque, e sottratto il periodo di tempo non
addebitabile ai ritardi dell’apparato giustizia, ha
liquidato l’importo di euro 1.000,00 a titolo di equa
riparazione del danno non patrimoniale, oltre agli
interessi legali dalla domanda al saldo;
che per la cassazione di questo decreto Frenda
Giuseppe ha proposto ricorso, con atto notificato il 5
settembre 2012, sulla base di tre motivi;
che il Ministero intimato ha resistito con
controricorso.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione
di una motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con il primo motivo (violazione e mancata
applicazione dell’art. 2 legge n. 89 del 2001 e della
legge costituzionale n. 2 del 1999; contestuale violazione
e mancata applicazione degli articoli 1223, 1226, 1227,
2056 cod. civ.; contestuale violazione e mancata

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con decreto in data 24 maggio 2012, determinato in anni 1

applicazione dell’art. 6 paragrafo 1, articolo 15 e
articolo 35 CEDU, ai sensi dell’art. 360, n. 5, cod. proc.
civ.) il ricorrente denunzia il computo della durata
irragionevole del processo svolto dalla Corte d’appello,

indicazioni formulate nella sentenza di cassazione del
precedente decreto, nonché dalla costante giurisprudenza
di legittimità e dalle fonti nazionali e sovranazionali;
che il motivo non è fondato;
che la determinazione dell’an e del

quantum dell’equa

riparazione per la durata irragionevole dei processi
rientra nella competenza esclusiva del giudice di merito e
può essere sindacata in sede di legittimità soltanto per
profili attinenti alla motivazione (Cass. n. 24399 del
2009);
che, pertanto, occorre limitare l’analisi alla parte
del primo mezzo che effettivamente censura la motivazione
del decreto impugnato, qualificando, al contrario, come
inammissibile ogni istanza di revisione del merito della
controversia;
che le censure alla motivazione del decreto impugnato
sono infondate, giacché la Corte nissena ha ben governato
tanto le fonti in materia di ricorsi “Pinto”, quanto i
precedenti arresti della giurisprudenza di legittimità,

sostenendo che quest’ultima si sarebbe discostata dalle

inclusi i principi enucleati con la sentenza di cassazione
del precedente decreto;
che, invero, la Corte territoriale ha dato conto della
particolare complessità e dei ritardi addebitabili alla

tempo dalla durata complessiva del giudizio presupposto; e
tanto sulla base di un’analitica disamina delle singole
fasi processuali che mostra un’opera precisa e puntuale di
ricognizione della vicenda di quel giudizio;
che con il secondo motivo (violazione e falsa
applicazione della legge n. 89 del 2001, nella parte in
cui ha operato la liquidazione del danno non patrimoniale,
in favore del ricorrente, ai sensi dell’art. 360, n. 3
cod. proc. civ.) il ricorrente censura il

quantum

dell’indennizzo liquidato dalla Corte d’appello, assumendo
che questa si sarebbe discostata dagli

standards CEDU e

dai parametri posti dalla sentenza di rinvio;
che la doglianza è infondata, dal momento che la Corte
d’appello ha compiutamente motivato la scelta di liquidare
euro 750,00 per anno di ritardo, senza che tale punto sia
stato oggetto di specifica impugnativa da parte del
ricorrente;
che la Corte distrettuale ha applicato puntualmente
l’orientamento di questa Corte, in forza del quale è
consentito quantificare l’indennizzo in euro 750,00 per

parte, per cui ha ritenuto di defalcare taluni periodi di

anno, e non in euro 1.000,00, in caso di durata
irragionevole inferiore ai tre anni (Cass. n. 25537 del
2009);
che la scelta di liquidare euro 1.000,00, a fronte

scelta equitativa della Corte distrettuale che non risulta
scalfita dal mezzo di ricorso in esame, mentre la
circostanza che si tratti del medesimo ammontare liquidato
col precedente decreto cassato non è motivo di
annullamento anche del presente decreto, giacché
l’ammontare risulta da una corretta applicazione dei
principi che presiedono alla liquidazione dell’indennizzo;
che, pertanto, la doglianza è infondata;
che con il terzo motivo (violazione e falsa
applicazione degli articoli 91 e 92 cod. proc. civ.,
difetto assoluto di motivazione, ai sensi dell’art. 360,
n. 3 e 5 cod. proc. civ.) il ricorrente censura le
statuizioni in materia di spese processuali, ritenendo
ingiusta la compensazione delle spese decisa dalla Corte
d’appello di Caltanissetta, nonché la violazione della
sentenza di rinvio, nella parte in cui la Corte
territoriale non ha provveduto anche sulle spese del
precedente giudizio di merito e di quello di legittimità,
come richiesto dal dispositivo della sentenza di rinvio;

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dell’esatto ammontare di euro 812,50, risponde ad una

che la doglianza riferita alla decisione di compensare
le spese è infondata, dal momento che la Corte
distrettuale ha applicato correttamente i principi in tema
di liquidazione delle spese processuali e di compensazione

del decreto impugnato, dei giusti motivi alla base della
compensazione, in conformità al dettato normativo e senza
che tale decisione sia viziata dalle carenze asserite dal
ricorrente;
che anche con riferimento alla mancata liquidazione
delle spese del primo giudizio di legittimità la censura è
infondata, atteso che nella decisione della Corte
d’appello di disporre interamente la compensazione delle
spese del giudizio non può non essere inclusa anche la
compensazione delle spese del primo giudizio di
legittimità;
che tale statuizione deve ritenersi correttamente
adottata avuto riguardo all’esito complessivo del giudizio
di merito, e al limitato accoglimento della domanda
proposta;
che per quanto attiene le spese del presente giudizio
di legittimità, le stesse devono essere regolate secondo
il criterio della soccombenza e vanno quindi poste a
carico del ricorrente, come liquidate in dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI

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delle stesse, dando puntuale ragione, nella motivazione

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che
liquida in complessivi euro 292,50 per compensi, oltre
alle spese prenotate a debito.

Sesta Sezione Civile – 2 della Corte suprema di
Cassazione, il 24 aprile 2013.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della

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