Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20730 del 10/10/2011

Cassazione civile sez. I, 10/10/2011, (ud. 01/06/2011, dep. 10/10/2011), n.20730

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21078-2009 proposto da:

D.M. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA ALFONSO LUIGI,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

19/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/06/2011 dal Consigliere Dott. ANDREA SCALDAFERRI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA ANTONIETTA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.M., con ricorso alla Corte d’appello di Napoli proponeva, ai sensi della L. n. 89 del 2001, domanda di equa riparazione per violazione dell’art. 6 della C.E.D.U. a causa della irragionevole durata del giudizio in materia di lavoro pubblico instaurato dinanzi al T.A.R. Campania nell’agosto 1999.

La Corte d’appello, con decreto depositato il 19 novembre 2008, ritenuta una durata ragionevole di tre anni, liquidava a titolo di danno non patrimoniale per la ulteriore durata irragionevole di 6 anni e 2 mesi del giudizio presupposto la somma di Euro 4.316,00 oltre interessi legali e metà delle spese del procedimento. Avverso tale decreto D.M. ha proposto ricorso a questa Corte con atto notificato al Ministero Economia e Finanze il 24 settembre 2009, formulando cinque motivi.

Il Ministero non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con i primi tre motivi è denunciata erronea e falsa applicazione di legge (L. n. 89 del 2001, art. 2, art. 6, p. 1 C.E.D.U.) in relazione al rapporto tra norme nazionali e la C.E.D.U. come interpretata dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, ed omessa decisione di domande (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; art. 112 c.p.c.).

Secondo l’istante, una volta accertata la violazione del termine ragionevole, la liquidazione dell’equo indennizzo dovrebbe effettuarsi, applicando la normativa C.E.D.U. secondo la giurisprudenza della Corte europea e disapplicando la L. n. 89 del 2001, art. 2 che con essa contrasti, in relazione non già al tempo eccedente la ragionevole durata bensì all’intera durata del processo, ed in misura non inferiore a Euro 1000-1.500 per anno.

Nella specie peraltro il decreto non avrebbe sufficientemente motivato in ordine alla mancata osservanza di detti parametri.

1.1.- I motivi quarto e quinto denunciano violazione e falsa applicazione di legge (artt. 91 e 92 cod. proc. civ.) in relazione alla illegittima compensazione per metà delle spese processuali nonostante l’accoglimento della domanda, nonchè vizio di motivazione sul punto (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

2.- I motivi indicati nel p.1, da esaminare congiuntamente perchè giuridicamente e logicamente connessi, sono infondati.

2.1- Quanto al rapporto tra le norme nazionali (in particolare, la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3) e la CEDU, deve in primo luogo escludersi che l’eventuale contrasto tra tali normative possa essere risolto semplicemente con la “non applicazione” della norma interna.

Fermo il principio enunciato dalle S.U. (n. 1338 del 2004), in virtù del quale il giudice italiano, chiamato a dare applicazione alla L. n. 89 del 2001, deve interpretarla in modo conforme alla CEDU per come essa vive nella giurisprudenza della Corte europea, va precisato come tale dovere operi entro i limiti in cui detta interpretazione conforme sia resa possibile dal testo della stessa L. n. 89 del 2001:

qualora ciò non fosse possibile, ovvero il giudice dubitasse della compatibilità della norma interna con la disposizione convenzionale ‘interpostà, dovrebbe investire la Corte Costituzionale della relativa questione di legittimità costituzionale rispetto al parametro dell’art. 117 Cost., comma 1 (cfr. Corte Cost. sentenze nn. 348 e n. 349 del 2007). D’altra parte, la compatibilità della normativa nazionale con gli impegni internazionali assunti dalla Repubblica Italiana con la ratifica della CEDU va verificata con riguardo alla complessiva attitudine della L. n. 89 del 2001 ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto ad una ragionevole durata del processo: come la stessa Corte europea ha riconosciuto, la limitazione, prevista dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 dell’equa riparazione al solo periodo di durata irragionevole del processo, di per sè non esclude tale complessiva attitudine della legge stessa (cfr. Cass. n. 16086/2009; n. 10415/2009; n. 3716/2008). Rettamente dunque la Corte di merito ha seguito la modalità di calcolo dell’indennizzo prevista dall’art. 2 citato, facendo peraltro espresso richiamo ai principii qui esposti.

2.2- Quanto alla liquidazione dell’indennizzo del danno non patrimoniale, posto il principio già ricordato secondo cui il giudice nazionale deve in linea di principio uniformarsi ai parametri elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per i casi simili, salvo il potere di discostarsene in misura ragionevole avuto riguardo alle peculiarità della singola fattispecie, delle quali deve dar conto (Cass. S.U. n. 1340/2004), va osservato come nel caso in esame la Corte di appello abbia puntualmente evidenziato che l’omessa presentazione di istanza di prelievo per il lungo periodo successivo al 2001 faceva presumere uno scarso interesse del ricorrente per la sollecita definizione del procedimento presupposto.

Ha dunque validamente esercitato la sua discrezionalità, esponendo congruamente criterii senz’altro ammissibili (su ciò peraltro il ricorso non espone alcuna censura specifica), la cui concreta incidenza nel caso specifico costituisce peraltro oggetto di apprezzamento di merito non censurabile in sede di legittimità.

D’altra parte, la Corte CEDU in numerosi giudizi di lunga durata davanti alle giurisdizioni amministrative, in cui gli interessati non hanno sollecitato in alcun modo la trattazione e/o definizione del processo mostrando di avervi scarso interesse, ha liquidato un indennizzo forfetario per l’intera durata del giudizio che, suddiviso per il numero di anni, ha oscillato tra gli importi di Euro 350,00 e di Euro 550,00 per anno (cfr. procedimenti 675/03; 688/03 e 691/03;

11965/03), pur se in qualche caso non è mancata una liquidazione superiore. Non confligge dunque con gli orientamenti della giurisprudenza di Strasburgo la liquidazione, per circa sei anni e due mesi di irragionevole durata su nove anni e due mesi complessivi, di un indennizzo di Euro 4.316,00.

3. Anche i motivi indicati nel p. 1.1, da esaminare congiuntamente perchè giuridicamente e logicamente connessi, sono infondati, in quanto: a) le spese del procedimento non sono state poste a carico della parte totalmente vittoriosa, bensì compensate per metà; b) la Corte di merito ha legittimamente esercitato tale facoltà discrezionale, rimessa al suo prudente apprezzamento, esponendo specifica motivazione (facente riferimento al notevole ridimensionamento della pretesa di Euro 15.000 azionata dal ricorrente) non illogica nè contraddittoria (cfr. Cass. n. 24531/2010).

4. Il rigetto del ricorso si impone dunque, senza provvedere sulle spese non avendo 1’intimato svolto difese in questa sede.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 1 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA