Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2072 del 29/01/2018


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 2072 Anno 2018
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: TATANGELO AUGUSTO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 28901 del ruolo generale dell’anno
2014, proposto
da
FERRARIO Claudio (CF.: FRR CLS 58M24 E415U)
FERRARIO Lara (C.F.: FRR LRA 82L41 H264.3)
DI FOGGIA Mattea (C.F.: DFG MTT 27A42 G125L)
PALAZZO Rosa (C.F.: PLZ RSO 61853 B9150)
rappresentati e difesi, giusta procura a margine del ricorso, dagli
avvocati Luigi Domenico Faggella (C.F.: FGG LDM 62M12 A669R)
e Massimo D’Onofrio (C.F.: DNF MSM 65M14 F8393)
-ricorrentinei confronti di
AZIENDA OSPEDALIERA “G. SALVINI” DI GARBAGNATE
MILANESE (C.F.: 12314450151), in persona del Direttore
Generale, legale rappresentante pro tempore, Ermenegildo Maltagliati
rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso,
dall’avvocato Paolo Vinci (C.F.: VNC PLA 57A26 G3253)
e
QBE INSUFtANCE (EUROPE) LTD, Rappresentanza Generale
per l’Italia (C.F.: 0552833096), in persona del legale rappresentante pro tempore, Piero Asso
rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso,
dall’avvocato Paolo Vinci (C.F.: VNC PLA 57A26 G3253)
-controricorrentiper la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Milano
n. 1519/2014, depositata in data 16 aprile 2014;
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Data pubblicazione: 29/01/2018

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data
12 dicembre 2017 dal consigliere Augusto Tatangelo;
uditi:
il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. Alessandro Pepe, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
l’avvocato Massimo D’Onofrio, per i ricorrenti;

Vinci, per i controricorrenti.

Fatti di causa
Claudio e Lara Ferrario, Mattea Di Foggia e Rosa Palazzo hanno
agito in giudizio nei confronti dell’Azienda Ospedaliera “G. Salvini” di Garbagnate Milanese e della sua compagnia assicuratrice
QBE Insurance Europe Ltd, per ottenere il risarcimento dei danni
subiti in conseguenza del decesso della congiunta Margherita Palazzo, che assumono avvenuto in conseguenza della condotta
negligente dei sanitari della struttura in cui quest’ultima era stata ricoverata.
La domanda è stata accolta dal Tribunale di Milano esclusivamente nei confronti dell’Azienda Ospedaliera, condannata a pagare gli importi di C 805.000,00 a Claudio Ferrario ed C
785.000,00 a Lara Ferrario, rispettivamente coniuge e figlia della
vittima, nonché di C 50.000,00 ciascuno, a Rosa Palazzo e Mattea Di Foggia, rispettivamente sorella e madre della stessa, oltre
accessori e spese di lite, nonché, ai sensi dell’art. 96, comma 3,
c.p.c., l’ulteriore somma di C 65.000,00, complessivamente in
favore di tutti gli attori.
La Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della decisione
di primo grado, confermata la responsabilità della sola struttura
sanitaria, ha ridotto gli importi riconosciuti a titolo risarcitorio (liquidandoli in C 254.094,00 ciascuno in favore del coniuge e della
figlia della vittima, in C 23.600,00 per la sorella ed in C
50.000,00 per la madre), e ha compensato per metà le spese del
doppio grado di giudizio (nei rapporti tra attori e struttura sanitaria; spese integralmente compensate nei confronti della comRic. n. 28901/2014 – Sez. 3 – Ud. 12 dicembre 2017 – Sentenza – Pagina 2 di 8

l’avvocato Gabriele Ferabecoli, per delega dell’avvocato Paolo

pagnia assicuratrice), revocando la condanna della convenuta ai
sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c..
Ricorrono i Ferrario, La Palazzo e la Di Foggia, sulla base di tre
motivi.
Resistono con controricorso l’Azienda Ospedaliera “G. Salvini” di
Garbagnate Milanese e QBE Insurance Europe Ltd.
I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378

Il collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia «Sulla liquidazione
del danno patrimoniale. Violazione del principio informatore discendente dal combinato disposto degli artt. 2043, 2056 e 1226
cod. civ.: diritto al risarcimento integrale secondo l’equità circostanziata».

Il motivo risulta articolato in due distinti profili di censura, entrambi infondati.

1.1 n primo profilo è così rubricato: «Sul limite temporale dei 15
anni di sopravvivenza».

I ricorrenti, pur senza contestare la limitazione del risarcimento del danno patrimoniale (in relazione al mancato reddito) alla
durata della residua vita probabile della vittima, si dolgono
che esso sia stato calcolato su un periodo di soli 15 anni.
La corte di appello ha peraltro correttamente applicato il criterio
equitativo di cui all’art. 1226 c.c. (disposizione richiamata
dall’art. 2056 c.c. per, il danno extracontrattuale) nella liquidazione del danno patrimoniale, non essendo evidentemente possibile la sua esatta determinazione, commisurando in concreto tale
voce risarcitoria alla probabile residua durata della vita della vittima se la malattia fosse stata correttamente diagnosticata.
Avendo il consulente tecnico stimato tale probabile durata in un
periodo incerto, ma oscillante tra i 10 e i 20 anni, ha riconosciuto

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c. p.c..

detto risarcimento, in via equitativa, in relazione ad un periodo
intermedio, di 15 anni.
L’applicazione del criterio equitativo, sotto questo aspetto, risulta
del tutto ragionevole ed adeguatamente motivato; la decisione
non è quindi certamente censurabile nella presente sede.
1.2 II secondo profilo è così rubricato: «Sulla misura della “quota
síbi”»

cioè la quota del suo reddito che presumibilmente la vittima avrebbe impiegato per le proprie esigenze e quindi non avrebbe
destinato a quelle dei familiari, stimata dai giudici di merito equitativamente nel 50%) la corte di merito ha correttamente applicato il criterio equitativo, non essendo possibile una precisa determinazione del danno, e quindi la sua decisione non è censurabile nella presente sede.
È del resto appena il caso di osservare che, in un nucleo familiare composto da tre persone con due redditi, il 50% di uno solo
dei due redditi (che rappresenta presumibilmente una quota inferiore ad un terzo del reddito complessivo totale della famiglia),
costituisce una «quota sibi» del tutto ragionevole.
2. Con il secondo motivo si denunzia «Sulla liquidazione del danno non patrimoniale.

Violazione del combinato disposto degli

artt. 2059 e 1226 cod. civ. in relazione agli artt. 2, 29 e 30
Cost.».
Anche questo motivo risulta articolato in due distinti profili.
2.1 II primo profilo riguarda il cd. danno «iure hereditatis», ed è
così rubricato: «Sul danno alla vittima, trasmesso iure hereditatis al marito ed alla figlia».
In relazione a tale profilo la censura non risulta sufficientemente
specifica, ed è quindi inammissibile.
I ricorrenti lamentano genericamente una non corretta liquidazione del danno non patrimoniale subito dalla loro congiunta (il
cui credito è stato loro trasmesso iure hereditatis).
Orbene, la corte di appello ha escluso che il danno alla salute risentito direttamente dalla Palazzo (deceduta a due anni di diRic. n. 28901/2014 – Sez. 3 – Ud. 12 dicembre 2017 – Sentenza – Pagina 4 di 8

Anche con riguardo alla determinazione della cd. “quota sibi” (e

stanza dalla mancata diagnosi di un tumore che avrebbe avuto
possibilità di essere affrontato con adeguate terapie, e che avrebbe potuto consentirle in teoria una più lunga sopravvivenza,
stimabile tra i dieci ed i venti anni) potesse essere liquidato risarcendo il valore del periodo di vita non vissuto, ed ha affermato che tale danno andava commisurato al pregiudizio risentito
nel periodo di vita effettivamente vissuto.

all’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte in ordine alla non risarcibilità del cd. danno tanatologico (e cioè del danno
costituito dalla perdita della vita, quale bene giuridico autonomo
rispetto alla salute: cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 15350 del
22/07/2015, Rv. 635985 – 01; conf.: Sez. 3, Sentenza n. 5684
del 23/03/2016, Rv. 639373 – 01).
I ricorrenti non riportano specificamente il contenuto del loro atto introduttivo, con l’indicazione esatta degli effettivi pregiudizi
subiti dalla loro congiunta di cui avevano chiesto il risarcimento
nel giudizio di merito, e in particolare non chiariscono affatto se,
e soprattutto in quali esatti termini, era stato eventualmente richiesto il risarcimento del danno biologico temporaneo eventualmente risentito nel periodo di vita effettiva ovvero il danno
morale per la sofferenza psichica derivante dalla lucida percezione dell’approssimarsi della morte, e neanche precisano se ed in
quali specifici termini le loro richieste erano state riproposte in
sede di gravame (avendo in sostanza il tribunale, per quanto è
dato evincere dagli atti, liquidato esclusivamente il danno cd. tanatologico).
Non è dunque possibile per la Corte operare alcuna verifica in
concreto, con riguardo alla correttezza della liquidazione operata
dalla corte di appello, in relazione alle domande proposte sotto il
profilo in esame.
2.2 II secondo profilo del motivo di ricorso in esame riguarda il
danno da lesione del legame parentale, ed è così rubricato: «Sul
danno dei congiunti: la lesione al legame parentale».
Esso è infondato.
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Tale affermazione è corretta in diritto, in quanto conforme

La liquidazione operata dalla corte di merito di tale specifico pregiudizio è conforme ai valori indicati nelle Tabelle predisposte dal
Tribunale di Milano, il che soddisfa l’esigenza di uniformità di
trattamento su base nazionale (in conformità al consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte: cfr. Cass.,
Sez. 3, Sentenza n. 12408 del 07/06/2011, Rv. 618048 – 01;
Sez. 3, Sentenza n. 20895 del 15/10/2015, Rv. 637448 – 01;

Sez. 3 – , Sentenza n. 9950 del 20/04/2017, Rv. 643854 – 01).
Risultano indicate, in motivazione, le circostanze del caso concreto considerate rilevanti al fine di orientare la liquidazione
nell’ambito del suddetto parametro tabellare (i cui limiti quantitativi minimi e massimi non sono stati superati), per assicurare il
risarcimento integrale del pregiudizio subìto da ciascun danneggiato, in relazione ai valori, anche di rilievo costituzionale, violati
(cfr. in proposito Cass., Sez. 3, Sentenza n. 9231 del
17/04/2013, Rv. 626003 – 01).
La valutazione della sussistenza effettiva e della concreta incidenza delle indicate circostanze ai fini della determinazione del
valore finale liquidato in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c.
(nell’ambito del parametro tabellare applicato) costituisce accertamento di fatto non censurabile in sede di legittimità.
Va dunque esclusa la violazione degli artt. 1226 e 2059 c.c., così
come quella degli artt. 2, 29 e 30 Cost.
3. Con il terzo motivo del ricorso principale si denunzia «sulle
spese di lite e sulla condanna ai sensi dell’art. 96, 3° co., c.p.c.».
Anche questo motivo è infondato.
3.1 I ricorrenti si dolgono in primo luogo dell’avvenuta parziale
compensazione delle spese del giudizio di merito.
Ma poiché le loro domande sono state accolte solo in parte, sussisteva una situazione di parziale reciproca soccombenza (cfr. ad
es. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3438 del 22/02/2016, Rv.
638888 – 01; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 21684 del 23/09/2013,
Rv. 627822 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 22381 del 21/10/2009,
Rv. 610563 – 01), e quindi era certamente legittima la compenRic.

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Sez. 3, Sentenza n. 3505 del 23/02/2016, Rv. 638919 – 01;

sazione delle spese di lite (che avrebbe addirittura potuto essere
totale), in applicazione dell’art. 92, comma 2, c.p.c., disposizione
che riserva al giudice un siffatto potere, il cui esercizio in concreto non è sindacabile in sede di legittimità.
3.2 Risulta altresì corretta la revoca della condanna ai sensi
dell’art. 96, comma 3, c.p.c., che era stata inflitta in primo grado
all’Azienda Ospedaliera convenuta per la mancata adesione alla

Per quanto emerge dagli atti, l’importo posto a base dell’ipotesi
transattiva formulata dal giudice (C 1.688.000,00) era notevolmente superiore a quello poi riconosciuto effettivamente spettante agli attori (pari a circa C 600.000,00 complessivi, oltre accessori).
Addirittura risulta che l’Azienda si era dichiarata disponibile a
transigere per un importo (C 500.000,00) di poco inferiore a
quest’ultimo mentre gli attori avevano dichiarato di non essere
disposti ad accettare una somma inferiore ad C 1.800.000,00.
In siffatta situazione va certamente esclusa la sussistenza dei
presupposti per la condanna dell’Azienda convenuta ai sensi
dell’art. 96, comma 3, c.p.c..
Non può configurarsi infatti alcun abuso dello strumento processuale da parte del convenuto, in caso di reciproca soccombenza
dovuta all’accoglimento parziale della domanda, laddove nel corso del giudizio lo stesso convenuto abbia rifiutato di aderire ad
una proposta conciliativa formulata dal giudice per un importo
notevolmente più alto di quello poi riconosciuto effettivamente
dovuto a titolo risarcitorio (specie laddove esso convenuto abbia
comunque manifestato disponibilità a transigere per una cifra
non lontana da quella dovuta, mentre l’attore abbia manifestato
disponibilità a transigere solo per una somma molto più elevata).
4. Il ricorso è rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del
principio della soccombenza, come in dispositivo, nei rapporti tra
ricorrenti e l’Azienda Ospedaliera.

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proposta conciliativa formulata dal giudice.

Dette spese possono essere invece integralmente compensate
nei rapporti con la compagnia assicuratrice QBE Insurance Europe Ltd, sussistendo motivi sufficienti a tal fine, anche in considerazione della mancata proposizione di specifiche domande, da
parte dei ricorrenti, nei confronti della stessa.
Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al
termine previsto dall’art. 1, co. 18, della legge n. 228 del 2012,

co. 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall’art. 1,
co. 17, della citata legge n. 228 del 2012.

per questi motivi
La Corte:

rigetta il ricorso;

condanna i ricorrenti a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore dell’Azienda Ospedaliera società controricorrente, liquidandole in complessivi C 6.000,00, oltre C
200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di
legge;
dichiara integralmente compensate le spese del giudizio di
legittimità nei rapporti tra i ricorrenti e la società controricorrente QBE Insurance Europe Ltd.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del
2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del
2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, in data 12 dicembre 2017.

deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13,

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