Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20716 del 30/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/09/2020, (ud. 09/07/2020, dep. 30/09/2020), n.20716

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26567/2018 R.G. proposto da:

LASER S.c.p.A., IN LIQUIDAZIONE (C.F. (OMISSIS)), in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difesa dall’Avv.

DANIELE VALSECCHI, elettivamente domiciliato presso lo studio

dell’Avv. PAOLO ARCANGELI in Roma, Via Badia di Cava, 62;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia, n. 789/2018 depositata in data 14 febbraio 2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 9 luglio 2020 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Emerge dalla sentenza impugnata che la società cooperativa contribuente LASER S.c.p.A. IN LIQUIDAZIONE ha impugnato un avviso di accertamento relativo ai periodi degli anni di imposta 2007 e 2008 con il quale, a seguito di PVC, erano state riprese a tassazione le ritenute operate e non versate su corrispettivi erogati ai propri dipendenti, oltre sanzioni; la società contribuente ha dedotto che gli importi oggetto di ripresa a tassazione avessero natura di rimborsi spese e indennità non soggetti a ritenute.

La CTP di Milano ha accolto il ricorso della società contribuente e la CTR della Lombardia, con sentenza in data 14 febbraio 2018, ha accolto l’appello dell’Ufficio.

Ha rilevato il giudice di appello che la Corte di Appello di Milano, con sentenza n. 1045/2015, passata in giudicato, aveva accertato che i corrispettivi versati ai dipendenti avessero natura di retribuzione imponibile e non di rimborsi spese e indennità, con conseguente legittimità del recupero a tassazione delle ritenute non versate e delle conseguenti sanzioni.

Propone ricorso per cassazione la società contribuente affidato a un unico motivo; l’Ufficio intimato non si è costituito in giudizio.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– Con l’unico motivo si deduce omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella parte in cui la sentenza impugnata ha rilevato che i corrispettivi ricevuti dai propri dipendenti avessero natura di retribuzione imponibile. Deduce parte ricorrente che il Tribunale di Monza – Sezione Lavoro, con sentenza confermata dalla Corte di Appello di Milano, aveva accertato la non debenza delle sanzioni, individuate (anche nella parte narrativa) nelle sanzioni di cui alla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 116, comma 8, lett. b); per l’effetto, prosegue il ricorrente, si sarebbero dovute annullare le sanzioni, in forza della circostanza (in diritto) secondo cui l’accertamento compiuto dal giudice ordinario opera anche in sede tributaria, quantomeno in relazione alle sanzioni. Deduce, pertanto, la società ricorrente che non sarebbe stata presa in considerazione tale circostanza come accertata dal Tribunale di Monza – Sezione Lavoro e successivamente dalla Corte di Appello di Milano.

2.1 – Il motivo è inammissibile, in quanto non coglie la ratio decidendi, incentrata sulla natura di retribuzione delle prestazioni erogate dalla ricorrente in favore dei propri dipendenti, circostanza idonea a comportare la debenza di tributi (ritenute), sanzioni e accessori (“la Corte di Appello di Milano (…) ha definitivamente ed inequivocabilmente accertato che le corresponsioni di denaro in favore dei dipendenti (…) costituivano in realtà retribuzione imponibile. Ciò basta a determinare la piena legittimità del recupero a tassazione”).

2.2 – Il motivo è ulteriormente inammissibile, posto che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 vigente introduce nell’ordinamento un vizio specifico relativo all’omesso esame di un fatto storico, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass., Sez. II, 14 giugno 2017, n. 14802; Cass., Sez. I, 18 ottobre 2018, n. 26305; Cass., Sez. VI, 6 settembre 2019, n. 22397).

2.2.1 – Nella specie il ricorrente si duole dell’omesso esame di una deduzione difensiva in punto di diritto di diritto – ossia che l’annullamento delle sanzioni previdenziali per evasione a termini della L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 8, lett. b), comporti anche l’annullamento delle sanzioni tributarie – laddove queste ultime conseguono al mancato versamento delle ritenute IRPEF sulle retribuzioni dovute ai dipendenti dal sostituto di imposta, sul presupposto che gli importi versati ai dipendenti (come accertato dal giudice del lavoro con accertamento passato in giudicato) costituiscono retribuzioni imponibili.

2.3 – Il ricorso è ulteriormente inammissibile, posto che il motivo di ricorso a termini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, presuppone che l’esame del “fatto storico” (ove lo stesso venga qualificato come tale) sia stato omesso dal giudice del merito, risultando inammissibile il motivo ove il fatto sia stato preso in considerazione, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. II, 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).

2.3.1 – Nella specie, il fatto dedotto dal ricorrente, ossia il travolgimento delle sanzioni previdenziali per assenza del requisito soggettivo del dolo in sede di occultamento di materia imponibile come risulta dalla narrativa della sentenza impugnata – è stato preso in esame dal giudice di appello e non valorizzato, alla luce della natura di retribuzione imponibile dei corrispettivi erogati ai dipendenti.

3 – Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile; nulla per le spese in assenza di costituzione dell’intimato, con raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 per il versamento degli ulteriori importi a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, se dovuti.

Così deciso in Roma, il 9 aprile 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2020

 

 

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