Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20711 del 30/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/09/2020, (ud. 09/07/2020, dep. 30/09/2020), n.20711

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorso 8917-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

FIDEMA SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 8039/6/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 24/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

FRANCESCO ESPOSITO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 24 settembre 2018 la Commissione tributaria regionale della Campania rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la decisione della Commissione tributaria provinciale di Benevento che aveva accolto i ricorsi proposti dalla Fidema s.r.l. contro gli avvisi di accertamento relativi ad IRES, IRAP ed IVA per gli anni 2009, 2012 e 2013. Riteneva la CTR che gli atti impositivi impugnati, sottoscritti dal funzionario dell’Ufficio in data anteriore alla scadenza del termine di sessanta giorni di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, erano illegittimi, anche se notificati successivamente alla scadenza di tale termine; escludeva, inoltre, che ricorressero, nella specie, specifiche ragioni di urgenza che consentissero di derogare al termine suddetto. Avverso la suddetta sentenza, con atto del 12 marzo 2019, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.

La società contribuente non ha svolto difese.

Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con unico mezzo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7. Deduce che gli atti di accertamento appartengono alla categoria degli atti recettizi, i quali non producono alcun effetto se non dal momento della notifica, di modo che il termine di sessanta giorni previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, non poteva che riferirsi al periodo di tempo intercorrente tra la notifica del processo verbale di constatazione e la notifica dell’atto di accertamento. Sostiene che, in ogni caso, sussistevano i presupposti di particolare e motivata urgenza che rendevano legittima l’emanazione dell’atto impositivo prima della decorrenza del termine dilatorio.

Il ricorso è infondato.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, “In tema di accertamento, l’atto impositivo sottoscritto dal funzionario dell’ufficio in data anteriore alla scadenza del termine di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 70, ancorchè notificato successivamente alla sua scadenza, è illegittimo, atteso che la norma tende a garantire il contraddittorio procedimentale consentendo al contribuente di far valere le sue ragioni quando l’atto impositivo è ancora in fieri, integrando, viceversa, la notificazione una mera condizione di efficacia dell’atto amministrativo ormai perfetto e, quindi, già emanato” (Cass. n. 17202 del 2017; in senso conforme, Cass. n. 20267 del 2018).

Pertanto, contrariamente all’assunto della ricorrente, l’atto impositivo non può essere emanato prima della scadenza del termine di sessanta giorni dal rilascio o dalla notifica del processo verbale di constatazione, non assumendo rilievo la notifica dell’atto medesimo dopo il decorso del predetto termine.

Del pari destituita di fondamento è la censura inerente la sussistenza di ragioni di urgenza tali da giustificare l’inosservanza del termine dilatorio previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7.

Va, al riguardo, osservato che la situazione di urgenza legittimante la mancata osservanza del termine concerne elementi di fatto non soltanto cogenti e insuperabili, ma anche estranei alla sfera di azione, organizzazione e responsabilità dell’Amministrazione finanziaria che procede alla verifica, pena, altrimenti, lo svuotamento sostanziale dell’obbligo di contraddittorio sancito in via generale dallo statuto dei diritti del contribuente; è comunque indispensabile che l’Amministrazione dimostri e motivi che la protrazione dei tempi dell’accertamento, ed il loro giungere alla suddetta imminente scadenza, sia dipesa da fattori non imputabili, perchè indipendenti dalla sua azione e potestà, così da imporsi la notificazione ante tempus dell’avviso di accertamento allo scopo di non veder vanificato l’adempimento dell’obbligo tributario (Cass. n. 23670 del 2018, in motivazione).

Correttamente, pertanto, la CTR ha escluso che l’elevato ammontare dei tributi evasi e l’asserito – ma non comprovato “pericolo di perdita” correlato al ritardo integrassero il requisito della “particolare e motivata urgenza” esonerativo dell’osservanza del termine dilatorio.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Stante l’assenza di attività difensiva dell’intimata, non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio.

Risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2020

 

 

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