Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20711 del 10/09/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 20711 Anno 2013
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: MIGLIUCCI EMILIO

SENTENZA
sul ricorso 25819-2007 proposto da:
OTTONE

FRANCO

TTNFNC47D05G964C,

OTTONE

GIACOMO

TTNGCM45B21F839K, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA VIRGILIO 38, presso lo studio dell’avvocato
RANIERI LUCREZIA, rappresentati e difesi dall’avvocato
MONTEFUSCO GAETANO;
– ricorrenti –

2013
1735

contro
CAPUOZZO GENNARO CPZGNR44R26E9061, CAPUOZZO ROSA
CPZRS079L67F839F, CAPUOZZO ANNAMARIA CPZNMR76D51F839S,
CAPUOZZO GIUSEPPE CPZGPP48S12H114P, CAPUOZZO SILVANA

Data pubblicazione: 10/09/2013

CPZSVN81A68F839W, CAPUOZZO ASSUNTA CPZSNT37M56E906K,
CAPUOZZO GIOVANNA CPZGNN39C68E906M, COPPOLA ANNA
CPPNNA50P52G964U, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA SICILIA 235, presso lo studio dell’avvocato DI
GIOIA GIULIO, che li rappresenta e difende;

avverso la sentenza n. 2518/2006 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 21/07/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/06/2013 dal Consigliere Dott. EMILIO
MIGLIUCCI;
udito l’Avvocato GAETANO MONTEFUSCO difensore dei
ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato GIULIO DI GIOIA difensore dei
resistenti che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. COSTANTINO FUCCI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

– controricorrenti

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Ottone Franco ed Ottone Giacomo deducevano che con testamento olografo
del 17.5.93, pubblicato il 9.7.96, Esposito Sabatino, deceduto il 5.2.96,
aveva lasciato al coniuge Ottone Flora, con legato in sostituzione di
legittima, l’usufrutto vitalizio su tutti i suoi beni, (comprendenti al

fabbricato rurale in Quarto e una quota di s.n.c.), nominando eredi
universali i nipoti Capuozzo Assunta, Giovanna, Michele, Gennaro e
Giuseppe, ledendo la legittima spettante ad essa Ottone Flora; ad essi
nipoti il “de cuius” aveva donato in vita la somma di £. 200.000.000.
Premesso che la Ottone il 18-4-1997 aveva rinunciato al legato per
ottenere la legittima e che era deceduta il 20-10-1997,1asciando quali
unici eredi i nipoti Ottone Franco ed

Ottone Giacomo, in

rappresentazione di Giuseppe unico germano premorto della Ottone Flora,
gli attori chiedevano al Tribunale di Napoli :
dichiararsi lesa la quota di legittima spettante ad Ottone Flora per
effetto delle donazioni e delle disposizioni testamentarie, con
conseguente riduzione delle attribuzioni ai germani Capuozzo e con
condanna alla restituzione dei beni formanti la quota, al pagamento degli
interessi e dei frutti, nonché dei successivi interessi anatocistici;
pronunziando condanna alla restituzione, dividersi il compendio
ereditario con frazionamento o vendita.
Si costituivano i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda sul
rilievo che la Ottone Flora, dando esecuzione alle disposizioni
testamentarie, aveva perduto la facoltà di rinunciare al legato e di
chiedere la legittima.
Il Tribunale

dichiarava aperta la successione del Sabatino,

determinando le quote spettanti al coniuge ex art. 540 cod. civ. a

1

momento del decesso terreni in Pozzuoli, un appartamento in Pozzuoli, un

seguito del diritto di scelta della legittima in luogo dell’usufrutto
compiuto dalla Ottone;

riteneva che le attività che – secondo quanto

dedotto dai convenuti, sarebbero state compiute dalla Ottone – erano
conservative e di gestione del patrimonio ereditario e, come tali, non
avevano comportato la perdita del diritto di rinunciare al legato.

riforma della decisione impugnata dai convenuti, rigettava la domanda
proposta dagli attori.
Dopo avere premesso che, a differenza di quanto è previsto per l’eredità,
il legato si acquista automaticamente al momento dell’apertura della
successione senza necessità dell’accettazione, che eventualmente potrebbe
avere effetto confermativo e che la rinuncia al legato presuppone un
diritto già acquisito al patrimonio del legatario, i Giudici escludevano
la validità di quella effettuata dalla Ottone con l’atto del 18-4-1997
sul rilievo che – a stregua delle affermazioni degli appellanti e delle
acquisizioni documentali – era emerso un comportamento che esprimeva da
parte del legatario una volontà incompatibile con la successiva
dichiarazione di rinuncia avvenuta dopo che la predetta per un periodo di
14 mesi aveva consumato i frutti civili e naturali relativi ai beni
oggetto dell’usufrutto senza rendiconto né offerta di restituzione: era
escluso che la Ottone – la quale si era incamerata gli utili della
società in nome collettivo,

i quali in particolare spettano

all’usufruttuario, e aveva riscosso fitti e pigioni –

avesse compiuto

atti di mera gestione conservativa del patrimonio ereditario.
2.- Avverso tale decisione propongono e ricorso per cassazione Ottone
Franco ed Ottone Giacomo sulla base di quattro motivi.
Resistono con controricorso gli intimati.

2

Con sentenza dep. il 21 luglio 2006 la Corte di appello di Napoli, in

MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente sono destituite di fondamento le eccezioni di
inammissibilità e improcedibilità del ricorso, formulate dai resistenti,

considerarsi conferita per il giudizio di cassazione e soddisfa perciò il
requisito della specialità previsto dall’art 365 cod. proc. civ., anche
se non è menzionata la sentenza da impugnare, non essendo in essa
menzionate espressioni incompatibili con la volontà di conferire il
mandato per il ricorso per cassazione, mentre la mancanza di data non
produce nullità della procura, atteso che la posteriorità del rilascio
della procura rispetto alla sentenza impugnata si desume dall’intima
connessione con il ricorso cui accede e nel quale la sentenza è
menzionata, mentre l’anteriorità rispetto alla notifica risulta dal
contenuto della copia notificata del ricorso; b) nel ricorso sono stati
indicati i documenti su cui esso si fonda, di guisa che deve ritenersi
assolto l’ onere imposto dall’art. 366 n. 6) cod. proc. civ.
1.- Il primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli
artt. 113,115 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., denuncia che la
decisione gravata aveva fondato la decisione sulla scorta delle mere
argomentazioni difensive degli appellanti e sulla sufficienza delle
acquisizioni documentali.
Gli elementi che la sentenza aveva posto a fondamento della decisione non
erano forniti di prova; addirittura il tempo di 14 mesi che, secondo i
Giudici, sarebbe stato impiegato dalla Ottone prima di rinunciare al
3

atteso che : a) la procura, essendo apposta a margine del ricorso deve

legato era smentito dalla data di pubblicazione del testamento, mentre i
Giudici non avevano indicato le fonti di prova e i criteri della scelta
operata, non essendovi alcun riferimento ai documenti in questione.
Il secondo motivo, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria

n. 5 cod. proc. civ. che la sentenza aveva ritenuto provati i fatti posti
a base della decisione dando rilevanza al lasso di tempo trascorso fra
la morte del de cuius e la rinuncia al testamento, senza tenere conto
della pubblicazione, avvenuta solo il 9 luglio 1996 e di quella di
trascrizione,

del successivo 17 luglio, avvenuta su richiesta dei

Capuozzo e in assenza della Ottone.
Le altre circostanze sulle quali i Giudici avevano fondato la decisione
(consumazione dei frutti civili e mancata rendicontazione; incameramento
degli utili societari, riscossione dei crediti e utilizzo di somme nel
proprio interesse) non erano state dimostrate, atteso che non era stata
ammessa la prova che i convenuti avevano al riguardo articolato e in
relazione alla quale gli attori avevano chiesto prova contraria. Non
risultava la mancanza di rendicontazione, fra l’altro mai chiesta da
alcuno. La stessa difesa avversaria aveva fatto riferimento al
commercialista che curava gli adempimenti gestionali- fiscali, per cui la
Ottone non manifestò alcuna volontà di abbandono del diritto di
rinunciare al legato.
3.- Il terzo motivo, lamentando error in indicando nonché violazione e
falsa applicazione degli artt. 550,551,649,650,1362 e 2697 cod. civ.,
censura la sentenza impugnata laddove, nell’escludere la volontà della
4

motivazione, denuncia sotto il profilo del vizio deducibile ex art. 360

legataria di rinunciare al legato, non aveva compiuto alcuna indagine

sull’animus.

Al riguardo, deduce che in materia di accettazione tacita

del legato, che non è espressamente disciplinata dal codice, vanno
richiamanti i principi in tema di accettazione dell’eredità che devono
essere applicati in via analogica. Tenuto conto della posizione del
legittimario legatario – che, già prima della morte del de cuius, si
trovi nel possesso dei beni ereditari ovvero abbia poteri di gestione e
di conservazione – e che l’efficacia della rinuncia è considerata sotto
il profilo della tutela dei terzi, a favore dei quali è prevista l’actio
interrogatoria di cui all’art. 650 cod. civ.,

desumersi

come per la rinuncia all’eredità

la volontà di rinuncia deve

da un atto che presuppone

la volontà di rinunciare attraverso una indagine che tenga conto della
situazione concreta. Per stabilire se vi sia stata rinuncia al legato
ovvero l’incompatibilità della condotta del legatario con la volontà di
rinunciare occorre verificare se il legatario abbia inteso accettare il
legato. Nella specie, la Ottone non aveva mai inteso accettare il legato
nè di abdicare al diritto di rinunciarvi, tenuto conto che gli atti ai
quali aveva fatto riferimento la sentenza impugnata erano stato posti in
essere quali atti di amministrazione compiuti per evitare il
depauperamento su indicazione dei professionisti che la guidavano, atteso
il modesto grado di istruzione della predetta e con la tolleranza degli
eredi che con il loro comportamento avevano consentito il perdurare di
tale situazione.

4.

Il quarto motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 115

cod. proc. civ. e 2697 cod. civ. per omesso esame di un fatto decisivo

5

per omessa considerazione di una prova, insufficiente motivazione)
denuncia che i Giudici non avevano esaminato il verbale di deposito del
testamento ovvero la data di pubblicazione, così erroneamente ritenendo
che fosse trascorso un periodo di 14 mesi prima del rinuncia al legato,

pubblicazione: il che avrebbe dovuto portare i Giudici a una diversa
convinzione

sull’animus di accettare la disposizione testamentaria. La

Corte non aveva ammesso le prove articolate per dimostrare il modesto
grado di istruzione della Ottone che aveva ritenuto di essere unica
erede del marito e ignorava la distinzione fra usufruttuario ed erede o
fra eredità e legato : trattavasi di circostanze decisive per stabilire
l’animus della legataria.
5.-1 motivi – che vanno esaminati congiuntamente, stante la loro stretta
connessione – sono infondati.
Preliminarmente va rilevata ammissibilità dei motivi che sono conformi
alle prescrizioni dettate dall’art. 366 bis cod. proc. civ., anche con
riferimento al quarto motivo che, deducendo in sostanza vizi di
motivazione, contiene la indicazione dei fatti controversi e l’errore
che sarebbe stato compiuto dai Giudici di appello.
a) Per quel che concerne la censura formulata dai ricorrenti in ordine
alla prova dei fatti posti a base della decisione e alla mancata
indicazione delle relative fonti, va qui rilevato che la sentenza
impugnata ha indicato i fatti in base ai quali ha tratto il convincimento
circa la preclusione del diritto di rinunciare al legato da parte della
Ottone – escludendone la natura di atti conservativi o di gestione del
6

quando in effetti Flora Ottone nulla sapeva del testamento e della sua

patrimonio – e ha ritenuto che tali fatti erano risultati provati in base
alle acquisizioni documentali, per cui ha considerato superflue le
istanze istruttorie al riguardo articolate. In proposito, va condiviso
l’orientamento di Cass. 11058 del 2004 secondo cui la motivazione della

indicare specificamente le fonti probatorie da cui origina il
convincimento,

che

l’istruzione,

esperita

attraverso

produzioni

documentali e prove testimoniali, ha fornito la dimostrazione di una
serie di fatti, specificamente indicati, sui quali il giudicante fonda il
suo

convincimento,

rappresenta

una

dichiarazione

formale

ed

intrinsecamente solenne, con la quale il giudice attesta in maniera
semplificata che effettivamente sussistono elementi probatori ritenuti
idonei a giustificare l’esplicitato convincimento in fatto, a fronte
della quale la parte che impugna la sentenza con ricorso per cassazione
ai sensi del n. 5 dell’art. 360 non può limitarsi a lamentare il vizio di
omessa motivazione, giacché altrimenti la censura postulerebbe la
caducazione della decisione non per una concreta lesione sofferta dalla
parte stessa, bensì solo per ragioni formali, ma ha l’onere di denunciare
in maniera specifica che, contrariamente a quanto asserito dal giudice,
nell’ambito degli elementi probatori non ne esistono di idonei a
giustificare il convincimento.
Pertanto, nella specie i ricorrenti avrebbero dovuto dimostrare, con
specifico riferimento al contenuto della documentazione prodotta in atti,
che la stessa non avrebbe potuto integrare la prova delle circostanze di
fatto ritenute dai Giudici di appello dimostrate.
7

A

sentenza di merito che si limiti ad affermare genericamente, cioè senza

b)

In tema di legato, a differenza di quanto è previsto per l’eredità

che si acquista a seguito di accettazione (espressa o tacita), il bene
oggetto dell’attribuzione è acquisito automaticamente – al momento della
morte del de cuius

al patrimonio del legatario senza che sia necessario

non sia a conoscenza della designazione, di guisa che appare del tutto
fuori luogo fare riferimento ai principi in tema di accettazione tacita
dell’eredità.
L’art. 649 cod. civ. prevede, peraltro, che il legatario rinunzi al
legato, compiendo un atto meramente dismissivo di un diritto, già
esistente nel suo patrimonio dal momento dell’apertura della successione:
la rinunzia al legato ha effetti risolutori e

retroattivi,

comportando

che il bene venga a fare parte dell’asse ereditario. Pertanto, tale
facoltà è preclusa quando il legatario abbia manifestato con il suo
comportamento una volontà incompatibile con quella di rinunciare ovvero
con una condotta che, estrinsecandosi nelle facoltà inerenti al diritto
acquisito, manifesti l’intenzione di compiere atti di

esercizio del

relativo diritto, che è evidentemente contraria a una volontà dismissiva
dello stesso: in tal caso, non si tratta di verificare la volontà di
compiere un negozio giuridico ovvero di accettare o meno la disposizione
testamentaria quanto piuttosto occorre accertare la sussistenza di
comportamenti che siano manifestazione non equivoca della intenzione di
esercitare il diritto oggetto del legato, quali possono essere gli atti
di utilizzazione o di godimento pertinenti alla titolarità dello stesso
che evidentemente assumono rilevanza a prescindere dalla consapevolezza
8

alcun atto di accettazione, operando anche nel caso in cui il medesimo

degli effetti giuridici che ad essi la legge ricollega.
Ciò posto, la sentenza ha correttamente proceduto a una valutazione
globale e non atomistica di una serie di elementi convergenti indicativi
della condotta tenuta dalla Ottone, che ha ritenuto provata sulla base

fatto riferimento anche al lasso temporale durante il quale la legataria
aveva esercitato i diritti derivanti dall’usufrutto prima di rinunciarvi,
quel che appare decisivo non era evidentemente stabilire la durata (nove
o quattordici mesi di tale arco temporale ) quanto piuttosto l’effettivo
esercizio del diritto oggetto del legato e se, come tale, esso fosse
espressivo della volontà di fare proprie le utilità ad esso inerenti,
dando così il legatario esecuzione alle disposizioni testamentarie. In
(

sostanza, i Giudici hanno ritenuto che, in considerazione del possesso e
del godimento dei beni, la Ottone aveva compiuto la scelta prevista
dall’art. 551 cod. civ. a favore del legittimario: hanno verificato, con
accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, se non per
vizio di motivazione, da cui la sentenza è immune, che la Ottone non si
era limitata a compiere atti di gestione e di conservazione dei beni o di
effettuare adempimenti contabili o fiscali ma, consumando i frutti,
aveva in sostanza esercitato quelle che erano le facoltà spettanti
all’usufruttuario ai sensi dell’ art. 981 cod. civ., senza fornire alcun
rendiconto né offrire la restituzione dei frutti percepiti dei quali si
era così appropriata. In particolare, i Giudici hanno fra l’altro
evidenziato l’esercizio – con riferimento agli utili della società in
nome collettivo – dei poteri spettanti precipuamente all’usufruttuario,
9

delle acquisizioni documentali. Ed invero, seppure la sentenza abbia

essendo invece del nudo proprietario, che riveste la qualità di socio, i
poteri di gestione della società e il diritto di voto.
Ciò posto, va ricordato che il vizio deducibile ai sensi dell’art. 360
n. 5 cod. proc. civ. deve consistere in un errore

intrinseco al

del

contenuto

del provvedimento impugnato e non può risolversi nella

denuncia della difformità della valutazione delle risultanze processuali
compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il
ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire: in sostanza, ai sensi dell’art.
360 n. 5 citato, la ( dedotta ) erroneità della decisione non può
basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente
formuli procedendo a una diversa lettura del materiale probatorio, atteso
che tale indagine rientra nell’ambito degli accertamenti riservati al
giudice di merito ed è sottratta al controllo di legittimità della
Cassazione.
Il ricorso va rigettato. Le spese della presente fase vanno poste in
solido a carico dei ricorrenti, risultati soccombenti.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore dei resistenti
delle spese relative alla presente fase che liquida in euro 5.400,00 di
cui euro 200,00 per esborsi ed 5.200,00 euro per onorari di avvocato
oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 25 giugno 2013

Il Cons. estensore

Ci

ridente
s

ragionamento del giudice che deve essere verificato in base al solo esame

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