Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20710 del 10/09/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 20710 Anno 2013
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: MIGLIUCCI EMILIO

SENTENZA
sul ricorso 5666-2007 proposto da:
NINCHERI

SERGIO

NNCSRG46H23G999M,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 59, presso lo
studio

dell’avvocato

rappresenta

e

GIORGIO

difende

STEFANO,

unitamente

che

lo

all’avvocato

GUARDUCCI GIANNETTO;
– ricorrente contro

PALMERI

VINCENZO

PLMVCN61T2OH743J,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 30, presso lo
studio

dell’avvocato

CAMICI

GIAMMARIA,

che

lo

Data pubblicazione: 10/09/2013

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BOTTARI
ALBERTO;
controricorrente nonchè contro

COPPOLA RAFFAELE;

avverso la sentenza n. 1586/2006 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 21/09/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/06/2013 dal Consigliere Dott. EMILIO
MIGLIUCCI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. COSTANTINO FUCCI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

– intimatt-

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.-Vincenzo Palmeri esponeva che : il 22 novembre 1991 Sergio
Nincheri aveva promesso di vendere a lui ed a Luca Rossi un
bene immobile sito in Prato, in via delle Colombaie n. 5, con

126.000.000, di cui lire 26.000.000 contestualmente versate a
titolo di caparra confirmatoria; nonostante preciso patto
contrario, l’immobile promesso in vendita era risultato gravato
da servitù sui resedi di proprietà esclusiva e quindi aveva
diritto alla riduzione del prezzo ed al risarcimento dei danni, e
comunque il Nincheri non aveva adempiuto all’obbligo di
trasferimento della proprietà.
Tanto premesso, il Palmeri conveniva il Nincheri dinanzi al Tribunale di Prato per sentire pronunciare sentenza che tenesse luogo
del contratto definitivo non concluso, previa riduzione del prezzo e
risarcimento dei danni, compensando le reciproche ragioni di debito
e credito per le quantità corrispondenti.
Il Nincheri resisteva alla domanda facendo presente che a seguito
delle contestazioni sorte in ordine all’esistenza delle servitù sui
resedi le parti, con atto del 22 ottobre 1992, avevano consensualmente
risolto il contratto e aveva restituito a ciascuno dei promissari
acquirenti la somma di lire 15.000.000 versata a titolo di caparra, con
interessi legali e rivalutazione monetaria. Proponeva domanda
riconvenzionale per sentire condannare l’attore al risarcimento dei
danni, ai sensi dell’articolo 96 cod. proc.civ., per responsabilità

annessi resedi frontale e tergale, per il prezzo di lire

..

processuale aggravata, conseguente alla trascrizione della domanda.
Con ordinanza del 15 ottobre 1993 il giudice istruttore ordinava
l’integrazione del contraddittorio nei confronti del Rossi, che rimaneva
contumace.

base di un successivo contratto preliminare del 23 novembre
1992,intercorso con il convenuto, chiedeva a sua volta al Tribunale
di Prato di pronunciare sentenza che tenesse luogo del contratto
definitivo non concluso, trasferendo in suo favore la proprietà
dell’immobile posto a Prato in via delle Colombaie n. 5, con condanna
del Palmeri e del Nincheri al risarcimento dei danni per
l’impossibilità di effettuare l’acquisto entro la data stabilita
del 30 ottobre 1993.
Nel corso del giudizio il Palmeri mutava la domanda in quella di
recesso, a norma dell’articolo 1385 codice civile, con
richiesta di condanna del Nincheri alla restituzione del doppio
della caparra confirmatoria ricevuta.
Il Tribunale, con sentenza n. 1023 del 9 agosto 2002,

rigettava

la domanda proposta dal Palmeri, ordinando la cancellazione della
sua trascrizione; trasferiva al Coppola la proprietà
dell’immobile de

quo;

condannava il Palmeri e il Nincheri in solido

al pagamento delle spese processuali sostenute dal Coppola.
Con sentenza dep. il 21 settembre 2006 la Corte di appello di Firenze, in
riforma della decisione impugnata dall’attore con appello principale e
._
incidentale dal Nincheri e dal Coppola, condannava il Nincheri al

Interveniva volontariamente in giudizio Raffaele Coppola che, sulla

pagamento in favore dell’attore del doppio della caparra versata in virtù
del recesso manifestato ai sensi dell’art. 1385 cod. civ.; rigettava
l’impugnazione incidentale proposta dal convenuto, che condannava in
favore dell’attore al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio,

Palmeri e del Nincheri le spese processuali sostenute dal Coppola;
dichiarava inammissibile l’impugnazione spiegata dal Coppola.
Per quel che ancora interessa, secondo i Giudici, il recesso doveva
ritenersi ammissibile, tenuto conto che l’attore aveva agito per
l’esecuzione in forma specifica e con la quanti minoris, che è pur sempre
diretta all’esecuzione negoziale e al risarcimento del pregiudizio
patrimoniale; per quel che concerneva la scrittura del 22 ottobre 1992,
la stessa era stata conclusa dal Nincheri con il Rossi, essendo stata
disconosciuta dall’attore al quale peraltro non era opponibile perché
aveva natura transattiva e il Palmeri non aveva dichiarato di volerne
profittare né, d’altra parte, la documentazione prodotta costituiva
prova che l’attore avesse ricevuto la somma di lire 15.000.000 in
restituzione della caparra versata. In particolare, i Giudici rilevavano
che con la scrittura del 22 ottobre 1992 il Rossi e il Nincheri avevano
stabilito la risoluzione consensuale del contratto preliminare nel quale
era stata prevista come condizione essenziale che l’immobile promesso in
vendita non fosse gravato da servitù e che invece erano risultate
gravanti sul resede di proprietà esclusiva.
Il Collegio, all’udienza del 30 gennaio 2013, disponeva l’integrazione
del contraddittorio nei confronti del Coppola che era effettuata dal

confermando la statuizione con la quale erano state poste a carico del

ricorrente.
2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione

il Nincheri

sulla base di cinque motivi. Resiste con controricorso l’intimato che ha
depositato memoria.

1.1. – Il primo motivo deduce l’inammissibilità della domanda di
recesso, attesa la scelta irrevocabile compiuta dall’attore, ai sensi
dell’art. 1492 cod. civ, con la proposizione dell’actio quanti minoris.
1.2. – Il motivo va disatteso.
Preliminarmente va disattesa la eccezione di inammissibilità del motivo
essendo stata correttamente posta la questione di diritto sollevata con
il ricorso.
La censura è, peraltro, infondata tenuto conto che il riferimento alla
garanzia di cui all’art. 1490 cod. civ appare fuori luogo, atteso che
nella specie era stato fra le parti concluso un contratto preliminare di
cui l’attore aveva chiesto l’esecuzione in forma specifica con
contestuale riduzione del prezzo, deducendo la esistenza di servitù
gravanti sull’immobile de quo in contrasto con quanto pattuito. Al
riguardo, va ricordato che il promissario acquirente non può valersi
della disciplina relativa alla garanzia dei vizi della cosa venduta (art.
1490 cod. civ.) o di quella di cui all’art. 1497 cod. civ., relativa alla
garanzia per mancanza di qualità della cosa venduta, le quali
presuppongono la conclusione del contratto definitivo e sono estranee al
contratto preliminare, che ha per oggetto non un “dare”, ma un “facere”
(l’obbligo di concludere un contratto successivo e definitivo di

MOTIVI DELLA DECISIONE

compravendita), in ordine al quale quelle garanzie non trovano
giustificazione (Cass. 16969/2005). Pertanto, correttamente i Giudici
hanno ritenuto ammissibile la modifica della domanda di adempimento in
quella di recesso, dovendo in tal caso trovare applicazione l’art. 1453

2.1. –

Il secondo motivo deduce l’erronea qualificazione come

transazione della scrittura privata intercorsa con il Rossi quando le
parti si erano semplicemente limitate a dare attuazione alla pattuizione
contenuta nel contratto preliminare, avendo verificato che non si era
realizzata quella che gli stessi Giudici avevano considerato come
condizione apposta al contratto preliminare ovvero la esistenza di
servitù gravanti sull’immobile. La sentenza, da un lato, non aveva
considerato quanto emerso dalla scrittura e, dall’altro, era
contraddittoria perché, pur avendo verificato che le parti avevano
apposto una condizione e che la stessa si era avverata aveva poi ritenuto
il diritto di recesso ex art. 1385 che non può essere ricollegato
all’avveramento della condizione.
Formula il seguente quesito di diritto :

“se 11 verificarsi di una

condizione posta dai contraenti come subordinativa della risoluzione di
un contratto di compravendita in cui è corsa caparra determini nel p.
acquirente il diritto di recesso di cui all’art. 1385 cod. civ. o la
pura e semplice risoluzione del contratto con conseguente restituzione
della caparra”
2.2. – Il motivo è inammissibile.
a) La doglianza si risolve nella censura della sentenza laddove aveva

secondo comma cod. civ.

qualificato come transazione la scrittura del 22-10-92,

deducendo il

ricorrente la erronea lettura del contratto preliminare ove era stata
prevista la condizione di efficacia che l’immobile promesso in vendita
non fosse stato gravato da servitù.

10-1992 e del contratto preliminare, senza peraltro che sia trascritto
il contenuto di tali scritture e sia invocata la violazione dei criteri
di cui agli artt. 1392 e ss cod. civ. Al riguardo va ricordato che
l’interpretazione del contratto, consistendo in un’operazione di
accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in un’indagine di
fatto riservata al giudice di merito, il cui accertamento è censurabile
in cassazione soltanto per inadeguatezza della motivazione o per
ili(
violazione delle regole ermeneutiche, che deve essere specificamente
indicata in modo da dimostrare – in relazione al contenuto del testo
contrattuale – l’erroneo risultato interpretativo cui per effetto della
predetta violazione è giunta la decisione, chè altrimenti sarebbe stata
con certezza diversa la decisione.
La denunciata contraddittorietà della motivazione non sussiste posto che
il riferimento, contenuto nella sentenza impugnata, alla

condizione

essenziale che le parti avrebbero tenuto presente non sta affatto a
significare che i Giudici abbiano inteso ritenere che i contraenti
avessero subordinato l’efficacia del negozio a un evento (futuro e
incerto) dedotto in condizione quanto piuttosto la sentenza sembra avere
affermato che i contraenti avessero previsto che l’immobile dovesse avere
determinate qualità senza le quali i promissari non sarebbero stati

Le critiche in tal modo denunciano l’interpretazione dell’atto del 22-

interessati

all’acquisto

con

il

conseguente

inadempimento

dell’obbligazione di trasferire un bene, che poi era risultato privo
delle utilità volute ovvero delle qualità promesse.
b) Il quesito non è conforme ai requisiti di cui all’art. 366 cod. proc

applicabile, secondo cui i motivi del ricorso per cassazione devono
essere accompagnati, a pena di inammissibilità (art. 375 n.5 cod. proc.
civ.,) dalla formulazione di un

esplicito quesito di diritto nei casi

previsti dall’art.360 primo comma
qualora

n.1),2),3),4) cod. proc. civ.,e

il vizio sia denunciato anche ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod.

proc. civ., l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di
inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione
al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le
ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda
inidonea a giustificare la decisione. Al riguardo va ricordato che, nel
caso di violazioni denunciate ai sensi dell’art. 360 n.1),2),3),4) cod.
proc. civ., secondo il citato art. 366 bis, il motivo deve concludersi
con la

separata

e

specifica

formulazione di un esplicito quesito di

diritto, che si risolva in una

chiara sintesi logico giuridica

della

questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, formulata in
termini tali per cui dalla risposta – negativa od affermativa – che ad
esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del
gravame (SU 23732/07).
Nella specie il quesito è non solo generico, perché non contiene alcun
specifico riferimento né alla fattispecie concreta né alla soluzione

civ., introdotto dall’art. 6 del d.lgs. n. 40 del 2006, ratione temporis

adottata dalla Corte, ma è inconferente laddove non pone alcuna questione
in merito al profilo dell’erronea interpretazione degli atti di cui pure
di fa cenno nel motivo; inoltre, è tautologico, dando per acclarato ciò
che si sarebbe dovuto dimostrare ovvero la esistenza di una condizione

3.1.- Il terzo motivo censura la sentenza laddove non aveva accertato la
proponibilità della domanda che era stata avanzata ex art. 2932 cod.
civ. per l’intero immobile nonostante che il preliminare avesse previsto
la promessa congiunta a favore dei promissari acquirenti.
3.2.- Il motivo è inammissibile : a) perché la questione ha carattere
di novità, non risultando trattata dalla sentenza impugnata ; b) il
quesito è inidoneo, risultando generico e tautologico in quanto dà per
accertato che la domanda fosse improponibile, mentre semmai avrebbe
dovuto sintetizzare evidenziando – in relazione all’effettivo contenuto
del contratto preliminare – le ragioni di diritto , per le quali la
domanda nel caso di specie sarebbe stata improponibile.
4.1.- Il quarto motivo, denunciando violazione dell’art. 91 cod. proc.
civ., censura la statuizione di condanna alle spese processuali a favore
del Coppola posta anche a suo carico, condanna che non aveva alcuna
giustificazione non avendo certo il ricorrente dato causa alla causa dal
predetto instaurata nei suoi confronti: l’intervento del Coppola predetto
era stato causato dall’azione proposta dall’attore ai sensi dell’ art.
2932 cod. civ., che era risultata infondata.
Formula il seguente quesito :

“può essere condannato alle spese chi non

ha concorso al fatto determinativo dell’azione proposta da un

alla quale sarebbe stata subordinata la inefficacia del contratto.

interventore vincente? ”
4.2.- Il motivo è inammissibile.
Il “quesito” si risolve : a) in una tautologia o in un interrogativo
circolare, che già presuppone la risposta e non pone alcuna questione di

la decisione della controversia e la enunciazione del principio di
diritto applicabile anche in casi analoghi; b) sollecita un accertamento
di fatto, inammissibile in sede di legittimità, circa il soggetto da
ritenere soccombente
5.1.- Il quinto denuncia il mancato esame di un documento decisivo sotto
il profilo dell’art. 360 n. 5.
5.2.- Il motivo è inammissibile.
Analogamente a quanto

previsto per la formulazione del quesito di

diritto nei casi previsti dall’art.360 primo comma

n.1),2),3),4) cod.

proc. civ., nell’ipotesi in cui il vizio sia denunciato ai sensi
dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., la relativa censura deve contenere,
un momento di sintesi

(omologo del quesito di diritto),separatamente

indicato in una parte del ricorso a ciò specificamente deputata e
distinta dall’esposizione del motivo,

che ne circoscriva puntualmente i

limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione
del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità ( S.U.20603/07),In
tal caso,l’illustrazione del motivo deve contenere la indicazione del
fatto controverso con la precisazione del

vizio del procedimento logico-

giuridico che,incidendo nella erronea ricostruzione del fatto,sia stato
determinante della decisione impugnata. Pertanto,non è sufficiente che il

diritto, la cui soluzione dovrebbe consentire alla Corte di Cassazione

fatto controverso sia indicato nel motivo o possa desumersi dalla sua
esposizione. La norma aveva evidentemente la finalità di consentire la
verifica che la denuncia sia ricondotta nell’ambito delle attribuzioni
conferite dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.al giudice di legittimità,

giudice esclusivamente attraverso l’analisi del provvedimento
impugnato,non essendo compito del giudice di legittimità quello di
controllare l’esattezza o la corrispondenza della decisione attraverso
l’esame e la valutazione delle risultanze processuali che non sono
consentiti alla Corte, ad eccezione dei casi in cui essa è anche giudice
del fatto. Si era,così,inteso precludere l’esame di ricorsi che,
stravolgendo il ruolo e la funzione della Corte di Cassazione,
sollecitano al giudice di legittimità un inammissibile riesame del
merito della causa.
Nella specie, manca il momento di sintesi contenente l’indicazione del
fatto controverso e il vizio di motivazione.
Il ricorso va rigettato. Le spese della presente fase vanno poste a
carico del ricorrente, risultato soccombente
P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore del
(ot‘Chl
resistente elle spese

relative alla presente fase che liquida in

1.800,00 euro di cui euro 200,00 per esborsi ed 1.600,00 euro per onorari
di avvocato oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 25 giugno 2013
Il Cons. estensore

che deve accertare la correttezza dell’Iter logico-giuridico seguito dal

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