Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20709 del 10/09/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 20709 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: BURSESE GAETANO ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 19446-2007 proposto da:
IMPRESA EDILE PAPALE() 01513980357, in persona del suo
legale rappresentante Gaetano Papaleo elettivamente
domiciliata in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 29,
presso lo studio dell’avvocato MARZOCCHI BURATTI
BENEDETTO, rappresentata e difesa dall’avvocato
BARAllONI GIAN PAOLO;
– ricorrentecontro

TELECOM ITALIA s.p.a. P.IVA 00488410010, in persona
del procuratore avv. Carmine Biagio Nicola Cioffi,

Data pubblicazione: 10/09/2013

elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE BRUNO BUOZZI,
107, presso lo studio dell’avvocato DEL PRATO ENRICO
ELIO, che la rappresenta e difende;

controricorrente

avverso la sentenza n. 285/2007 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/06/2013 dal Consigliere Dott. GAETANO
ANTONIO BURSESE;
udito l’Avvocato GIAN PAOLO BARAZZONI difensore della
ricorrente che si riporta agli scritti depositati ed
insiste sull’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato ENRICO ELIO DEL PRATO difensore della
resiste che si riporta agli scritti depositati ed
insiste sul rigetto del ricorso;
DEL PRATO udito il P.M. in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso, in
subordine per il rigetto del ricorso.

di BOLOGNA, depositata il 26/02/2007;

Edil Papaleo-Telecom
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’Appello di Bologna,pronunciandosi con sentenza n. 285 depos. in data

spa avverso la decisione del Tribunale di Reggio Emilia n. 1547/02 in accoglimento
del gravame,ordinava alla convenuta ditta Edilpapaleo di reintegrare la stessa
Telecom nel possesso del suo terreno, demolendo e rimuovendo per tutto il tratto
che sporgeva nel sottosuolo entro la proprietà Telecom Italia, la soletta di
fondazione in cemento armato posta alla base del muro costruito a confine
dell’area di proprietà appellante, con condanna dell’impresa appellata alle spese
di lite.
La corte bolognese riteneva che erano pacifici il possesso del sottosuolo e dello
spazio sovrastante da parte della Telecom, non occorrendo — come ritenuto dal
tribunale – la prova di una sorta di separata e concreta utilizzazione del sottosuolo
da parte della stessa Telecom così come sussisteva il concreto interesse di
quest’ultima ad escludere l’attività posta in essere dall’impresa stante la presenza
in loco di una centrale telefonica.
Per la cassazione

la suddetta decisione ricorre l’Edilpapaleo srl sulla base

di sulla base di 2 mezzi; la Telecom Italia resiste con controricorso, illustrato da
memoria ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLE DECISIONE

Corte Suprema di C

sez. civ. –

3

26.2.2007 e notificata in data 7.05.20007, sull’appello proposto dalla Telecom Italia

Preliminarmente occorre prendere in esame l’eccezione d’inammissibilità del
ricorso per cassazione, sollevata dalla Telecom Italia in sede di controricorso – e
peraltro rilevabile d’ufficio- ,„ per essere stata l’impugnazione tardivamente
proposta. Invero rileva la contro-ricorrente che la sentenza impugnata era stata

per la proposizione dell’impugnazione veniva a cadere ex art. 326 c.p.c. il 6 luglio
2007; il ricorso per cassazione era stato notificato in data 10 luglio 2007, presso lo
studio del procuratore costituito avv. Selvaggi in Bologna, via Massimo d’Azeglio, e
quindi oltre la scadenza del termine perentorio previsto dall’ad. 325 c.p.c. per
proporre l’impugnazione. Né la ricorrente poteva giovarsi del precedente tentativo
di notifica del ricorso, non andato a buon fine, avvenuto presso il precedente
indirizzo del difensore della Telecom Italia ( in Bologna via Masone 14, già
dichiarato nel giudizio d’appello) in quanto il procuratore domiciliatario della
società stessa aveva nel frattempo trasferito altrove il proprio studio professionale.
D’altra parte – sottolinea ancora parte controricorrente – nel caso di specie la
ricorrente era stato posto in grado di conoscere agevolmente, senza necessità di
verifiche particolari, l’esatto indirizzo del procuratore della Telecom, ” in quanto
all’atto di notifica della sentenza impugnata tale nuovo indirizzo era stato
chiaramente indicato attraverso l’apposizione del timbro del procuratore istante
sulla sentenza stessa”
L’eccezione appare fondata.

Corte Suprema di Cas

civ. –

4

notificata a cura della Telecom Italia spa in data 7 maggio 2007, per cui il termine

Questa S.C. ha statuito al riguardo che: “I termini per l’impugnazione delle
sentenze, qualificati come perentori dall’art. 326 c.p.c., s’ inquadrano nell’istituto
generale della decadenza, e pertanto decorrono per il solo fatto oggettivo del
trascorrere del tempo, senza alcuna possibilità di proroga, sospensione o

consegue che tali termini non restano sospesi, ne’ vengono interrotti, per la
necessità di reperire il nuovo recapito del destinatario della notifica dell’atto di
impugnazione, che nelle more abbia trasferito altrove il proprio domicilio e che, ove
la notificazione dell’impugnazione presso il domiciliatario non sia andata a buon
fine, per non avere l’ufficiale giudiziario reperito detto domiciliatario al luogo indicato
dall’istante, il tentativo di notifica – pur tempestivamente effettuato – non produce
alcun effetto giuridico, e la notifica deve ritenersi inesistente, e di conseguenza non
suscettibile di alcuna sanatoria” ( Cass. n. 13524 del 15/09/2003; Cass. n. 12215
del 25/05/2007; Cass. n. 19477 del 20/09/2007; Cass. n. 14487 del 21/06/2007;
Cass. n. 14033 del 01/07/2005).
Nella fattispecie la precedente, tentata notifica del ricorso al vecchio domicilio del
procuratore, non andata a buon fine in quanto trasferito, era stata effettuata dal
ricorrente nonostante il nuovo indirizzo fosse stato riportato sul timbro della
sentenza notificata ed era quindi facilmente da lui identificabile: se ne deduce
dunque l’inesistenza della notificazione dell’atto d’impugnazione, in quanto la
mancata notifica di esso è dipesa da cause ascrivibili al notificante.

Corte Suprema di Cassazione

5

interruzione se non nei casi eccezionali tassativamente previsti dalla legge; ne

Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, quando, il procedimento non si
è concluso mediante consegna di copia conforme all’originale dell’atto da notificare,
per cui la stessa deve considerarsi non compiuta, ma solo tentata, ci si viene a
trovare di fronte ad un atto non già nullo, ma del tutto inesistente, perché giammai

rende, perciò, applicabile la disposizione di cui al primo comma dell’art. 291 c.p.c.,
secondo cui la rinnovazione della notifica nulla impedisce ogni decadenza (cassa.
n. 14487 del 21/06/2007).
In altre parole tale sanatoria si verifica solo

nel

caso in cui

la notifica dell’atto di impugnazione, tempestivamente consegnato all’ufficiale
giudiziario, non si perfezioni per cause non imputabili al notificante, ipotesi non
configurabile nella fattispecie in esame; solo in tal caso il notificante non incorre

in alcuna decadenza ove provveda con sollecita diligenza (da valutarsi secondo un
principio di ragionevolezza) a rinnovare la notificazione, a nulla rilevando che
quest’ultima si perfezioni successivamente allo spirare del termine per proporre
gravame ( Cass. n. 6547 del 12/03/2008). Il ricorso dev’essere dunque dichiarato
inammissibile.
Tale conclusione preclude ogni ulteriore esame del ricorso stesso.
Per il principio della soccombenza le spese processuali sono poste a carico
dell’esponente.
P.Q.M.

Corte Suprema ci .

ne —11 sez. civ. –

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entrato a far parte della realtà dell’ordinamento, ed in relazione ad esso non si

dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali , che liquida in € 2.200,00, di cui € 200,00 per esborsi.
In Roma li 20 giugno 2013
IL PRESI NTE

(dott Gaeta

(dott. R

nio Burse

DEPOSITATO M/ CANCELLERIA

Roma,

1 o SETI 2013

Triola )

IL CONSI LIERE EST.

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