Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20704 del 30/09/2020
Cassazione civile sez. VI, 30/09/2020, (ud. 09/06/2020, dep. 30/09/2020), n.20704
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34249/2018 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (C.F. (OMISSIS)), in persona del
Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla
via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
B.S., rappresentato e difeso, per procura speciale in
calce al controricorso, dall’avv. Francesco MAURO, presso il cui
studio legale, sito in Firenze, alla via Masaccio, n. 49, è
elettivamente domiciliato;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1878/18/2018 della Commissione tributaria
regionale della LOMBARDIA, depositata il 23/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 09/06/2020 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.
Fatto
RILEVATO
che:
1. In controversia relativa ad impugnazione di un preavviso di fermo amministrativo e del prodromico avviso di accertamento nonchè delle successive cartelle di pagamento emesse nei confronti di B.S., ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate – Riscossione sulla base di un unico motivo, cui resiste l’intimato con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe indicata con la quale la CTR della Lombardia accoglieva l’appello del contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, sostenendo che l’amministrazione finanziaria, cui incombeva il relativo onere, non aveva provato la notifica degli atti prodromici al preavviso impugnato.
2. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
Diritto
CONSIDERATO
che:
1. Con il motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Sostiene la difesa erariale che la CTR era incorsa nella violazione delle disposizioni censurate per avere ritenuto necessario, ai fini della prova della regolarità delle notifiche, la produzione di documenti diversi dagli avvisi di ricevimento delle raccomandate postali utilizzate per la notifica delle cartelle e degli estratti di ruolo, presumibilmente delle retate di notifica, nonchè per avere escluso che la produzione di quei documenti “non comportasse nemmeno un onere della prova in capo alla contribuente di dimostrare che quegli avvisi di ricevimento e quegli estratti di ruolo non fossero pertinenti” (ricorso pag. 5), ovvero che “l’avviso di accertamento inerisse a un diverso contenuto)” (ricorso, pag. 6).
2. Il motivo è inammissibile per una duplice ragione.
3. La prima, per difetto di autosufficienza. Invero, mutuando il principio affermato da Cass., Sez. 5, Sentenza n. 18472 del 21/09/2016, nel processo tributario, in caso di impugnazione, da parte del contribuente, dell’estratto di ruolo per l’invalidità della notificazione della cartella di pagamento, la Corte di cassazione non può procedere ad un esame diretto degli atti per verificare la sussistenza di tale invalidità, trattandosi di accertamento di fatto, rimesso al giudice di merito, e non di nullità del procedimento, in quanto la notificazione della cartella di pagamento non costituisce atto del processo tributario, potendo l’iscrizione a ruolo del tributo essere impugnata solo in caso di mancata o invalida notifica al contribuente della relativa cartella.
3.1. Pertanto, in assenza di un potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla Corte di Cassazione solo nel caso, qui non ricorrente, di deduzione di un error in procedendo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la parte, ove contesti, come nel motivo in esame, la rituale notifica dell’avviso di accertamento e delle cartelle di pagamento, per il rispetto del principio di autosufficienza, deve necessariamente provvedere alla trascrizione integrale delle retate e degli atti relativi al procedimento notificatorio, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza in base alla sola lettura del ricorso, senza necessità di accedere a fonti esterne allo stesso (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 31038 del 30/11/2018).
4. A tali arresti giurisprudenziali non si è attenuta la ricorrente che, senza nulla riprodurre nel ricorso, si è limitata a trascrivere il contenuto dell’indice delle produzioni effettuate in primo grado.
5. E per le medesime ragioni sopra esposte non giova al ricorrente l’allegazione al ricorso degli “atti e documenti dei precorsi gradi di giudizio”, così genericamente effettuata e dedotta. Infatti, “I requisiti di contenuto-forma previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, devono essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono essere ricavati da altri atti, come la sentenza impugnata o il controricorso, dovendo il ricorrente specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, e trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 29093 del 13/11/2018).
6. La seconda ragione di inammissibilità del motivo di ricorso discende dalla non colta ratio decidendi della decisione impugnata che, diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, non ha ritenuto insufficiente, ai fini della prova della regolarità del procedimento notificatorio, la produzione in giudizio delle relate di notifica delle cartelle di pagamento, avendo affermato che nella specie difettava la prova della notifica dell’avviso di accertamento e della cartella di pagamento n. (OMISSIS). Statuizione peraltro corretta atteso che la documentazione comunque rinvenibile tra quella allegata al ricorso non offre la prova del collegamento tra l’avviso di accertamento e quello che è indicato come il corrispondente avviso di ricevimento postale, mentre è prodotta una cartella di pagamento (n. (OMISSIS)) diversa da quella indicata in sentenza.
7. In estrema sintesi, il ricorso va dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
8. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714)
P.Q.M.
dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15 per cento dei compensi ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 9 giugno 2020.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2020