Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20704 del 10/09/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 20704 Anno 2013
Presidente: FELICETTI FRANCESCO
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA

sul ricorso 10353-2007 proposto da:
SICILIA GIUSEPPE, elettivamente domiciliato EX LEGE,
in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
SICILIA GIUSEPPE;
– ricorrente contro

MIN ECONOMIA FINANZE , elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 10/09/2013

avverso la sentenza n. 246/2006 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 31/05/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/06/2013 dal Consigliere Dott. LINA
MATERA;

Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione iscritto a ruolo il 10-10-2001 l’avv.
Giuseppe Sicilia conveniva in giudizio il Ministero dell’Economia e
delle Finanze, per ottenere la liquidazione del compenso per

fallimentare in favore della Curatela del Fallimento Lucano Battista,
successivamente revocato della Corte di Cassazione con sentenza n.
405\1999. L’attore affermava che il compenso per l’attività svolta
dal difensore del fallimento, poi revocato, doveva essere posto a
carico dell’Erario, in sintonia con il principio enunciato dalla
Suprema Corte con la sentenza 6-11-1996 n. 12349, che qualificava
l’attività del curatore come esplicazione di un munus publicurn al cui
pagamento, in caso di Curatela priva di attivo, deve provvedere lo
Stato.
Nel costituirsi, il convenuto chiedeva il rigetto della domanda.
Con sentenza in data 11-6-2003 il Tribunale di Catanzaro, in
accoglimento della domanda, condannava il Ministero delle Finanze
al pagamento in favore dell’attore della somma di euro 8.921,98,
oltre agli interessi legali dalla domanda.
Avverso la predetta decisione proponeva appello il convenuto,
invocando a sostegno delle proprie pretese anche lo ius superveniens
del d.p.r. 30-5-2002, che aveva introdotto il principio
dell’anticipazione da parte dell’Erario delle spese ed onorari degli

l’attività professionale espletata in un giudizio di revocatoria

ausiliari del magistrato (artt. 144 e 146 n. 3 lett. c), categoria nella
quale, secondo l’appellante, doveva ritenersi compreso il legale
officiato della difesa di una curatela fallimentare.
Con sentenza in data 31-5-2006 la Corte di Appello di

proposta dall’attore, dichiarando per intero compensate tra le parti le
spese di doppio grado. La Corte territoriale, in particolare, rilevava
che, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, il principio
affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza 6-11-1999 n.
12349, secondo cui, nel caso di revoca della sentenza dichiarativa di
fallimento e in assenza di condanna al pagamento delle spese nei
confronti del creditore istante, il compenso spettante al curatore va
posto a carico dell’Erario, non può essere esteso al legale che ha
svolto la sua attività professionale per conto dell’impresa fallita, in
quanto le prestazioni dell’avvocato si inquadrano nell’ambito di un
rapporto privatistico, che nulla ha a che vedere con l’esercizio di un
munus publicurn, qual è quello del curatore. Il giudice di appello
aggiungeva che nella specie non era applicabile il d.p.r. 30-5-2002 n.
115, entrato in vigore il 1-7-2002.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso l’avv.
Giuseppe Sicilia, sulla base di un unico motivo.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito con
controricorso.

Catanzaro, in accoglimento del gravame, rigettava la domanda

Il ricorrente ha depositato una memoria ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 144 e 146 del d.p.r. 30-5-2002 n. 115.

normativa introdotta dal citato d.p.r., trattandosi dì ius supervenien.s’
applicabile nei giudizi in corso tutte le volte in cui i rapporti sorti in
precedenza siano ancora pendenti e non si sia ancora formato il
giudicato sulle questioni giuridiche sulle quali la normativa
sopravvenuta viene ad incidere. Sostiene che la normativa
sopravvenuta ha introdotto il principio

“secondo cui tutti i

professionisti che prestano la loro opera nel contesto di una
procedura fallimentare priva di fondi possono comunque percepire il
compenso per l’attività prestata”

(Corte Cost. n. 174\2006). Rileva,

in particolare, che l’art. 144 del menzionato d.p.r. dispone che il
fallimento privo di attivo è ammesso al patrocinio “ai sensi e per gli
effetti delle norme previste dalla presente parte del testo unico”

che l’art. 146 specifica che sono a carico dell’Erario le spese e gli
onorari degli ausiliari del magistrato, tra i quali sono compresi tutti i
soggetti che prestano la loro opera a favore della massa, ivi inclusi
gli avvocati difensori della curatela.
11 motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito
di diritto, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c: “Lo ius superveniens può

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Deduce che la Corte di Appello avrebbe dovuto tener conto della

dirsi applicabile ad un giudizio in corso in cui si controverta di
rapporti sorti in precedenza ma ancora pendenti e di questioni
giuridiche ancora aperte su cui la normativa sopravvenuta verrebbe
ad incidere? Dica la Suprema Corte se lo iu.s superveniens espresso

applicato o meno ad un rapporto pendente in cui un avvocato che ha
difeso la curatela priva di fondi in epoca precedente alla entrata in
vigore delle nuove norme ha chiesto di essere retribuito a spese
dell’Erario”.
Il motivo è infondato, dovendosi escludere che le disposizioni
dettate dagli artt. 144 e 146 del d.p.r. 30-5-2002 n. 115 possano
trovare applicazione in relazione alla fattispecie dedotta nel presente
giudizio, la quale si collega a prestazioni professionali interamente
rese dall’avv. Sicilia in favore della Curatela del Fallimento Lucano
Battista prima della data di entrata in vigore di tale d.p.r. (1-72002), nell’ambito di un procedimento di revocatoria fallimentare,
dichiarato estinto e cancellato dal ruolo a seguito della sentenza n.
405\1999 della Corte di Cassazione, con cui è stato revocato il
fallimento.
Osta, all’applicabilità delle citate norme, il principio di
irretroattività della legge previsto in via generale dall’art. 11 delle
disposizioni preliminari al codice civile, in base al quale la nuova
legge, non disponendo che per l’avvenire, può applicarsi ad un

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dagli artt. 144 e 146 n. 3 lettera c) del d.p.r. n. 115\02 debba essere

rapporto giuridico sorto precedentemente solo se questo non abbia
ancora esaurito i suoi effetti e si tratti di disposizione diretta a
regolare non il fatto o l’atto generatore del rapporto, ma gli effetti di
essi (Cass. 28-5-1979 n. 3111).

o di altra fonte normativa di grado inferiore, avendo carattere
eccezionale, deve risultare da una espressa o quanto meno non
equivoca dichiarazione del legislatore, dovendosi ritenere, in caso di
incertezza, che la norma non disponga che per l’avvenire e non abbia,
quindi, effetto retroattivo (Cass. 29-1-2003 n. 1379).
Nella specie, le disposizioni invocate dal ricorrente inserite
nel titolo V del d.p.r. 115\2002, rubricato “estensione, a limitati
effetti, della disciplina del patrocinio a spese dello Stato prevista
nel titolo IV”) sono prive del carattere di retroattività e non sono,
pertanto, applicabili con riguardo a fattispecie già esauritesi alla
data della loro entrata in vigore.
E invero, l’art.. 144 del predetto d.p.r dispone che

“nel

processo in cui è parte un fallimento, se il decreto del giudice
delegato attesta che non è disponibile il denaro necessario per le
spese, il fallimento si considera ammesso al patrocinio ai sensi e per
gli effetti delle norme previste dalla presente parte del testo unico,
eccetto quelle incompatibili con l’ammissione di ufficio”.

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E’ noto, d’altro canto, che l’eventuale retroattività di una legge

Il successivo art. 146, dopo avere stabilito, al comma 1, che
“nella procedura fallimentare, che è la procedura dalla sentenza
dichiarativa di fallimento alla chiusura, se tra i beni compresi nel
fallimento non vi è denaro per gli atti richiesti dalla legge, alcune

commi 2 e 3 elenca le spese prenotate a debito e quelle anticipate
dall’Erario (annoverando tra queste ultime “le spese ed onorari ad
ausiliari del magistrato”), disponendo, al comma 4, che “le spese
prenotate a debito o anticipate sono recuperate, appena vi sono
disponibilità liquide, sulle somme ricavate dalla liquidazione
dell’attivo , e, al comma 5, che “il giudice delegato assicura il
tempestivo recupero
Come ben si vede, l’art. 144 postula, ai fini della sua
operatività, la pendenza di un processo in cui sia parte un fallimento,
e l’adozione, da parte del giudice delegato della procedura
fallimentare, di un decreto con cui si attesti la non disponibilità del
denaro necessario per le spese.
Allo stesso modo, l’art. 146, stabilendo che, nel caso di
mancanza del denaro occorrente per la temporanea difficoltà di
portare avanti tale procedura, determinate spese siano anticipate
dallo Stato o prenotate a debito, salva la possibilità di recuperare tali
spese, a cura del giudice delegato, appena vi siano disponibilità
liquide, sulle somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo, richiede,

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spese sono prenotale a debito, altre sono anticipate dall’Erario”,ai

quale presupposto imprescindibile per la sua applicabilità, la
pendenza di una procedura concorsuale, nell’ambito della quale si
renda necessaria la prenotazione a debito o anticipazione di spese.
E’ evidente, pertanto, che, in base al principio di irretroattività

non può invocare l’applicazione, quale

ius superveniens,

dei

menzionati artt. 144 e 146 con riferimento a un’attività professionale
svolta e conclusa in epoca ben antecedente alla data di entrata in
vigore del d.p.r. 30-5-2002 n. 115, nel corso di un giudizio di
revocatoria fallimentare estintosi a seguito della revoca del
fallimento intervenuta sin dal 1999.
Per le esposte considerazioni il ricorso, basato esclusivamente
sulla dedotta applicabilità della nuova normativa introdotta dal citato
d.p.r., deve essere rigettato, restando assorbita ogni questione circa
l’effettiva riconducibilità dei compensi dovuti al difensore della
curatela fallimentare tra le spese addebitabili all’Erario in base agli
invocati articoli.
In considerazione della peculiarità delle questioni trattate,
sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le
spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente
grado di giudizio.

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della legge, nella specie non derogato dal legislatore, il ricorrente

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 12-6-2013
Il Presidente

Il Consigliere estensore

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