Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20702 del 10/09/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 20702 Anno 2013
Presidente: FELICETTI FRANCESCO
Relatore: MATERA LINA

Data pubblicazione: 10/09/2013

SENTENZA
sul ricorso 10849-2010 proposto da:
FRABBONI

FINIM

SPA

01131470229,

SALCOR

SRL

04244380376, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
MONTEGIORDANO 36 PAL. TAVERNA, presso lo studio
dell’avvocato CONSOLO CLAUDIO, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato FRANCESCO CAPPA;

I

– ricorrenti –

2013

contro

1262

FINTECNA FINANZIARIA SETTORI INDUSTRIALI E SERVIZI
SPA 05990230012, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA

LUIGI

MANCINELLI

65,

presso

lo

studio

I

dell’avvocato DE PONTE NELLO, che lo rappresenta e
difende;
– controricorrenti nonchè contro

SOCIETA’

ITALIANA PER SISTEMI URBANI PUBBLICO

– intimata –

avverso la sentenza n. 4162/2009 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/10/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/05/2013 dal Consigliere Dott. LINA
MATERA;
udito l’Avvocato DE CRISTOFARO Marco, con delega
depositata in udienza dell’Avvocato CONSOLO Claudio,
difensore dei ricorrenti che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato DE PONTE NELLO, difensore della
resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso. pot.r.

INTERESSE SPA;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato 1’11-11-1994 l’Impresa
Ernesto Frabboni s.p.a. conveniva in giudizio la società Sistemi
Urbani di Pubblico Interesse (Sistemi Urbani), esponendo: che la

società CONSEA, appartenente al Gruppo IRI attraverso la Sistemi
Urbani che ne deteneva l’intero pacchetto azionario, in data 15-11986 le aveva conferito un importante appalto, nonché la
partecipazione all’acquisto di un terreno; che il 6-10-1986 la
CONSEA aveva comunicato il recesso dal contratto, ma la Sistemi
Urbani aveva assunto l’impegno di indennizzare l’attrice ex art.
1671 c.c., mediante il conferimento di nuovi appalti per lire 25\30
miliardi, come da lettera del 18-7-1988; che la Sistemi Urbani non
aveva mantenuto l’impegno, in quanto aveva assegnato alla
Frabboni un appalto di importo modesto, sebbene nel medesimo
periodo 1988\1994 avesse affidato appalti per oltre lire 100
miliardi. Tanto premesso, l’attrice chiedeva che venisse accertato
l’inadempimento della Sistemi Urbani all’impegno assunto, con
condanna della stessa al risarcimento del danno, quantificato in
almeno 3 miliardi. In via subordinata, essa chiedeva che venisse
accertata la mancanza di buona fede della Sistemi Urbani e
l’inadempimento di tale società alle promesse di cui alla lettera del
18-7-1988, con conseguente condanna al risarcimento del danno per
mancato guadagno e danno emergente.

3

Nel corso del giudizio si costituiva, quale successore a titolo
particolare dell’attrice, la società Salcor, alla quale l’impresa
Frabboni aveva ceduto il credito fatto valere in giudizio.
Si costituiva altresì la FINTECNA, quale successore a titolo

All’esito dell’istruttoria, con sentenza n. 1883\2004 il
Tribunale di Roma condannava la Fintecna, quale successore a
titolo particolare della Sistemi Urbani, a pagare alla Salcor la
somma di euro 3.551.925,23, comprensiva della rivalutazione
monetaria e degli interessi legali.
Avverso la predetta decisione proponeva appello la Fintecna.
Con sentenza depositata il 22-10-2009 la Corte di Appello di
Roma, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la
domanda attrice, condannando le società Frabboni e Salcor al
pagamento delle spese di doppio grado.
Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso la
Salcor s.r.1., in qualità di successore ex art. 111 c.p.c.
dell’originaria attrice, nonché quest’ultima, Frabboni Finim s.p.a.
(come attualmente ridenominata), sulla base di quattro motivi.
Ha resistito con controricorso la Fintecna s.p.a., mentre la
Sistemi Urbani non ha svolto attività difensive.
Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.

2

particolare della Sistemi Urbani.

All’udienza di discussione la ricorrente ha depositato note di
replica alle conclusioni del Pubblico Ministero.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo, articolato in due censure, le ricorrenti

360 n. 4 c.p.c., in relazione agli artt. 77, 83 e 125 c.p.c., per omesso
rilievo dell’invalidità della procura alle liti avversaria per l’appello
e il conseguente mancato rilievo della inammissibilità
dell’impugnazione avversaria, che comportava l’avvenuta
formazione del giudicato sulla sentenza di primo grado; B) la
violazione e falsa applicazione degli artt. 1362-1371 c.c., in
relazione all’interpretazione del contenuto della procura volontaria
della Fintecna.
Con il secondo motivo le ricorrenti lamentano l’insufficiente
motivazione in ordine alla questione controversa e decisiva relativa
alla eccepita invalidità della procura alle liti avversaria per
l’appello.
I due motivi vanno trattati congiuntamente, involgendo
entrambi la questione della validità della procura conferita il 20-72004 dalla Fintecna al direttore generale Cappiello Vincenzo, in
forza della quale quest’ultimo ha rilasciato il mandato ad litem ai
difensori; procura che, secondo le ricorrenti, attribuiva al Cappiello
poteri di rappresentanza processuale disgiunti da quelli di

denunciano: A) la nullità della sentenza o del procedimento ex art.

rappresentanza sostanziale, in contrasto con il principio, pacifico in
giurisprudenza, secondo cui la rappresentanza processuale
volontaria può essere conferita soltanto a chi sia investito di un
potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto

l’inammissibilità dell’atto di appello proposto dalla Fintecna, con la
conseguente formazione del giudicato sulla decisione di primo
grado.
2) I motivi in esame non possono trovare accoglimento.
Deve premettersi che, qualora la persona giuridica sia stata
presente nel processo per mezzo di persona fisica non abilitata a
rappresentarla, il vizio che ne consegue attiene alla capacità
processuale della persona medesima, concernendo la titolarità del
potere di proporre la domanda, e non invece la legittimazione ad
agire (ossia il suo prospettarsi quale titolare del diritto azionato), e
pertanto un difetto di legittimazione processuale (Cass. 6-7-2007 n.
15304; Cass. 11-10-1006 n. 21811; Cass. 27-10-2005 n. 20913;
Cass. 29-9-2005 n. 19164).
Relativamente alla possibile sanatoria di tale vizio, un
indirizzo minoritario della giurisprudenza, partendo dalla premessa
che la ratifica dell’atto del

.falsus procurator con efficacia

retroattiva (art. 1399 c.c.) non opera nel campo processuale e, in
ipotesi di procura alle liti, fuori del caso previsto dall’art. 125

4

dedotto in giudizio. Da tanto discenderebbe, secondo le ricorrenti,

c.p.c., non vale a sanare le decadenze nel frattempo intervenute, ha
desunto la conseguenza che, qualora per una persona giuridica abbia
agito un soggetto privo di poteri rappresentativi, la sanatoria
derivante dalla spontanea costituzione in giudizio del soggetto

sensi dell’art. 182 c.p.c., e non sana le decadenze maturate, nè
impedisce l’eventuale formarsi del giudicato (in tal senso, v. Cass.
9-3-2005 n. 5175; Cass. 19-11-2003 n. 17525).
Secondo il prevalente orientamento di questa Corte, al
contrario, il difetto di legittimazione processuale della persona
fisica o giuridica, che agisca in giudizio in rappresentanza di un
altro soggetto, può essere sanato, in qualunque stato e grado del
giudizio, con efficacia retroattiva e con riferimento a tutti gli atti
processuali già compiuti, per effetto della costituzione in giudizio
del soggetto dotato della effettiva rappresentanza, il quale manifesti
la volontà di ratificare la precedente condotta difensiva del falsus
procurator (tra le tante v. Cass. 6-7-2007 n. 15304; Cass. 11-102006 n. 21811; Cass. 23-5-2006 n. 12088; Cass. 27-10-2005 n.
20913; Cass. 29-9-2005 n. 19164; Cass. 2-3-2005 n, 4468). Tanto la
ratifica, quanto la conseguente sanatoria, devono ritenersi
ammissibili anche in relazione ad eventuali vizi inficianti la procura
originariamente conferita al difensore da un soggetto non abilitato a
rappresentare la società in giudizio, trattandosi di atto soltanto

5

munito di rappresentanza processuale ha efficacia “ex nunc”, ai

inefficace e non anche invalido per vizi formali o sostanziali,
attinenti a violazione degli articoli 83 e 125 c.p.c. (tra le tante v.
Cass, 27-3-2009 n. 7529; Cass. 15-9-2008 n. 23670; Cass. 2-2-2006
n. 2270; Cass. 21-11-2000 n. 15031).

risulta avallato dalla sentenza con cui le Sezioni Unite di questa
Corte hanno affermato che l’art. 182, comma 2, c.p.c. (nel testo,
applicabile “ratione temporis”, anteriore alle modifiche introdotte
dalla legge n. 69 del 2009), secondo cui il giudice che rilevi un
difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione “può”
assegnare un termine per la regolarizzazione della costituzione in
giudizio, deve essere interpretato, anche alla luce della modifica
apportata dall’art. 46, comma secondo, della legge n. 69 del 2009,
nel senso che il giudice “deve” promuovere la sanatoria, in qualsiasi
fase e grado del giudizio e indipendentemente dalle cause del
predetto difetto, assegnando un termine alla parte che non vi abbia
già provveduto di sua iniziativa, con effetti “ex tunc”, senza il
limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali (Cass.
19-4-2010 n. 9217).
In applicazione degli enunciati principi, pertanto, nella
specie deve ritenersi che l’eventuale difetto del potere di
rappresentanza processuale in capo al soggetto che ha agito in
appello per conto della Fintecna è rimasto sanato con efficacia

6

Il Collegio intende dare continuità a tale ultimo indirizzo, che

retroattiva

dall’espressa

volontà,

manifestata

dal

legale

rappresentante di tale società nel controricorso (v. pag. 11), di “far
proprie tutte le precedenti difese e di ratificare l’attività svolta dal
Cappiello nella veste di rappresentante in giudizio, così sanando

per la difesa della società in appello”.
Tale sanatoria rende privo

di ogni concreto interesse

-necessario anche ai fini dell’impugnazione del provvedimento
giudiziale, da apprezzare in relazione alla utilità concreta che può
derivare alla parte dall’eventuale accoglimento del gravameverificare se la Corte di Appello abbia correttamente risolto la
questione della sussistenza di un valido potere rappresentativo della
Fintecna in capo al Cappiello, non avendo la relativa indagine
alcun riflesso pratico sulla decisione adottata.
3) Con il terzo motivo le ricorrenti lamentano la violazione e
falsa applicazione dell’art. 1671 c.c. e la insufficiente e
contraddittoria motivazione. Sostengono che, a seguito del recesso
della committente, il diritto della società appaltatrice all’indennizzo
trova la sua fonte nell’art. 1671 c.c., e non, come ritenuto dalla
Corte di Appello, nella lettera del dott. Lanciotti del 18-7-1988.
Fanno presente che tale missiva aveva il solo scopo di riconoscere il
contenuto dell’obbligo indennitario nascente

ex lege

e di

individuare il parametro di riferimento sulla cui base calcolare

ogni eventuale vizio della procura alle liti dallo stesso rilasciata

l’ammontare dell’indennizzo, e tanto faceva in modo sufficiente ed
adeguato, secondo i criteri utilizzati dalla consulenza tecnica
d’ufficio svolta in primo grado. Deducono, pertanto, che appaiono
incongruenti le argomentazioni svolte dalla Corte di Appello sia per

diritto indennitario dell’attrice, sia per negare che dalla stessa
potesse discendere la determinazione dell’ammontare
dell’indennizzo dovuto.
Il motivo è infondato.
La Corte territoriale, nell’interpretare la domanda, ha ritenuto
che l’attrice ha basato le sue pretese sulla lettera inviata il 18-71988 alla Frabboni dalla Sistemi Urbani. E infatti, come si evince
dalla lettura dell’esposizione dei fatti riportata nella sentenza
impugnata, con l’atto introduttivo del giudizio la società Frabboni
aveva dedotto che con la citata missiva la convenuta, a seguito del
recesso della Consea, appartenente al gruppo IRI attraverso la
Sistema Urbani che ne deteneva l’intero pacchetto azionario, aveva
assunto l’impegno di indennizzarla ex art. 1671 c.c. mediante il
conferimento di nuovi appalti per 25\30 miliardi di lire; e,
lamentando che la Sistema Urbani non aveva mantenuto tale
impegno, in quanto aveva assegnato all’Impresa Frabboni un
appalto di importo modesto, sebbene nel medesimo periodo
1988\1994 avesse affidato appalti per oltre lire 100 miliardi, aveva

8

escludere che la predetta lettera potesse concretare la fonte del

chiesto che venisse accertato l’inadempimento della convenuta
all’impegno assunto, con condanna della stessa al risarcimento del
danno.
L’attività interpretativa compiuta dalla Corte territoriale non

quali hanno insistito nel sostenere che, sul piano normativo, il loro
diritto all’indennizzo costituiva, ex art. 1671 c.c., conseguenza
automatica del recesso della committente dall’appalto, ma non
hanno contestato, sotto il profilo della violazione di specifici
canoni ermeneutici o di vizi motivazionali, l’affermazione del
giudice di appello, secondo cui la domanda attrice era basata
sull’esistenza di un’obbligazione derivante dalla lettera del 18-71988.
In ogni caso, tale interpretazione appare logica e coerente,
alla luce del contenuto dell’atto introduttivo del giudizio, come
sopra riportato, da cui si evince che l’attrice aveva agito in giudizio
nei confronti della Sistemi Urbani per ottenere il risarcimento dei
danni per l’inadempimento dell’obbligazione assunta da tale società
con la menzionata missiva.
E’ evidente, d’altro canto, che, a seguito del recesso della
CONSEA dal contratto di appalto, la Frabboni avrebbe potuto
rivolgere le sue richieste indennitarie ex art. 1671 c.c. direttamente
nei confronti della committente, ma non avrebbe potuto far valere

9

ha costituito oggetto di espresse critiche da parte delle ricorrenti, le

alcuna pretesa nei confronti di una società diversa, qual era la
Sistemi Urbani, in mancanza di uno specifico impegno assunto dalla
stessa nei suoi confronti.
Non giova, a sostegno della tesi della ricorrente, l’assunto,

secondo cui le conseguenze dell’inadempimento della Consea
farebbero carico alla Sistemi Urbani, quale socio unico della
predetta società e come tale responsabile ex art. 2362 c.c.,

illo

tempore vigente, per le obbligazioni assunte dalla committente nel
periodo in cui non vi era una pluralità di soci.
Si rammenta, al riguardo, che ai fini dell’esperibilità
dell’azione concessa dall’art. 2362 c.c. (nel testo applicabile

ratione temporis alla fattispecie in esame) al creditore sociale, di
adempimento delle obbligazioni sorte nel periodo in cui tutte le
azioni di una società di capitali erano concentrate in un unico
soggetto (persona fisica o giuridica), nei confronti di quest’ultimo,
non è sufficiente l’inadempimento della società debitrice, ma è
necessario che questa sia insolvente. L’effetto della norma è quello
di affiancare l’obbligazione personale dell’unico azionista a quella
della società, senza però confondere i rispettivi patrimoni, di cui
ciascuno resta titolare, ancorché economicamente l’unico azionista
possegga l’intero patrimonio della società, perché altrimenti sarebbe
vanificato lo scopo della norma, che è quello di rafforzare la

10

prospettato con la memoria difensiva e in sede di discussione orale,

garanzia dei creditori sociali e di impedire che i limiti della
responsabilità patrimoniale della società consentano all’unico
azionista di eludere la responsabilità patrimoniale sancita dall’art.
2740 c.c. (Cass. 22-10-2003 n. 15793; Cass. 17-8-2001 n. 11161).

l’eventuale insolvenza della committente Consea, quale presupposto
per poter richiedere il pagamento dell’indennizzo ex art. 1671 c.c.
alla Sistemi Urbani, che deteneva l’intero pacchetto azionario della
predetta società.
Fatte queste puntualizzazioni, si osserva che la Corte di
Appello, nell’esaminare la lettera del 18-7-1988, ha escluso che la
stessa possa costituire fonte del diritto dell’impresa Frabboni a
percepire dalla Sistemi Urbani il rilevante indennizzo richiesto, né,
tanto meno, che la stessa possa valere a determinare la misura di
tale indennizzo, non contenendo precisi criteri ai fini della relativa
quantificazione.
A tali conclusioni il giudice del gravame è pervenuto sulla
base di un percorso argomentativo appagante e congruente, con cui
ha evidenziato che con la citata lettera, dal tenore confidenziale
(come comprovato dall’espressione iniziale “Caro Franco”, rivolta
al legale rappresentante della Frabboni), viene comunicato soltanto
un interessamento del dott. Lanciotti presso la società Mededil, o
altra società del gruppo, affinché queste “valutino la possibilità di

11

Nel caso in esame, le ricorrenti non hanno nemmeno dedotto

porre in essere con la tua impresa un congiunto piano di lavoro in
base al quale nell’arco dei prossimi 12 mesi, possano essere alla
stessa commessi in appalto lavori per un valore di circa 15120
miliardi”.

Secondo la Corte territoriale, al contrario, la lettera in

assembleare della società, non contiene l’assunzione di alcun
impegno da parte del Lanciotti e delle imprese collegate; né in essa
è ravvisabile alcun riferimento alla risoluzione del contratto di
appalto intercorso tra la Fabbroni e la Consea o ad indennizzi da
liquidare. Del resto, come è stato rimarcato nella sentenza
impugnata, manca anche un collegamento temporale tra la missiva
in questione e la risoluzione del detto contratto di appalto, risalente
a circa due anni prima.
Ad ulteriore

riprova della

fondatezza

del proprio

convincimento, la Corte di Appello ha rilevato che la prova
testimoniale raccolta, per la genericità delle dichiarazioni rese dagli
stessi testi escussi per conto dell’appellata, non è idonea a
dimostrare la dedotta esistenza di un impegno circa l’assegnazione
di un appalto sostitutivo e la partecipazione ad un’operazione
immobiliare, assunto dal Lanciotti. e dal Bernabei (presidente
dell’Italsat, società capogruppo) nei confronti della Fabbroni; e in
nessun caso varrebbe a confermare il diritto della Frabboni a
percepire le rilevanti somme di denaro dalla stessa pretese.

12

esame, che non risulta protocollata né allegata ad alcun verbale

Si tratta di argomentazioni adeguate e immuni da vizi logici e
giuridici, che valgono a fornire un valido supporto motivazionale
alle valutazioni espresse al riguardo dal giudice del gravame,
sottraendole alle censure mosse con il motivo in esame.

dovendosi piuttosto osservare che queste ultime, nel sostenere
l’esistenza di un preciso collegamento tra la lettera del 18-7-1988 e
la definizione delle questioni indennitarie nascenti dalla pregressa
risoluzione unilaterale del contratto di appalto, e nell’assumere che
tale missiva fissava in modo sufficiente ed adeguato i criteri di
determinazione dell’indennizzo dovuto all’appaltatrice ex art. 1671
c.c., intendono sostanzialmente ottenere un riesame nel merito del
documento in questione, di cui suggeriscono una lettura diversa
rispetto a quella compiuta dal giudice di appello. In tal modo,
peraltro, viene sollecitato a questa Corte l’esercizio di poteri di
cognizione che non le competono, rientrando la valutazione delle
risultanze probatorie nei compiti istituzionali riservati al giudice di
merito.
4) Con il quarto motivo le ricorrenti lamentano la violazione
e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e vizi di motivazione, in
ordine all’affermazione secondo cui vi sarebbe stato l’integrale
adempimento dell’obbligo di indennizzo da parte della committente
e, comunque, l’appaltatrice non avrebbe adeguatamente dimostrato

13

Non sussistono, pertanto, i vizi denunciati dalle ricorrenti,

di avere diritto ad un indennizzo ex art. 1671 c.c. superiore a
quanto percepito. Deducono, in particolare, che la Corte di Appello,
nel ritenere pienamente soddisfatto il credito dell’appaltatrice, non
ha considerato le prove documentali, dalle quali risultava che

non anche le voci di spese e l’indennizzo per mancato guadagno,
anche a voler calcolare tale voce nella misura del 10% del solo
valore dell’appalto inizialmente dichiarato in contratto (lire
3.300.000.000). Sostengono che non poteva valere a compensare
l’indennizzo dovuto all’appaltatrice la commessa conferita all’ATI,
di cui la società attrice era una delle tante associate, e che non
poteva ritenersi sufficiente ad indennizzare il mancato guadagno
l’esigua somma di lire 279.131.423, pari ad appena lo 0,46%
dell’effettivo valore delle opere appaltate (60 miliardi di lire).
Il motivo è inammissibile per difetto d’interesse.
E invero, la Corte territoriale, dopo avere escluso che la
lettera del 18-7-1988 possa costituire fonte del diritto dell’impresa
Frabboni a percepire dalla Sistemi Urbani il rilevante indennizzo
dalla stessa richiesto o un mezzo per la determinazione della misura
di tale indennizzo, ha aggiunto che la committente, a seguito del
recesso della Consea, aveva già ottenuto a titolo di compenso un
altro appalto -sia pure di importo inferiore a quanto da essa
preteso-, nonchè il pagamento, attraverso compensazioni, della

14

l’attrice aveva ricevuto solo il pagamento per i lavori già eseguiti, e

somma di lire 279.131.423; ed ha fatto presente che, a fronte delle
deduzioni della Fintecna, secondo cui in tal modo sarebbe stata
definita ogni questione relativa all’appalto risolto e al suo
indennizzo, l’attrice non aveva fornito alcuna prova circa il suo

nemmeno specificato, fin dal primo grado, le spese sostenute, i
lavori eseguiti o i mancati guadagni, al fine di dimostrare
l’inadeguatezza di quanto percepito.
Le argomentazioni svolte al riguardo dal giudice del gravame
costituiscono, all’evidenza, una

ratto decidendi aggiuntiva ed

ulteriore rispetto a quella svolta nella prima parte della
motivazione, con la quale è stato escluso, in radice, che con la
lettera del 18-7-1988 la Sistemi Urbani abbia assunto in proprio
l’obbligo di indennizzo nascente dal recesso della Consea.
Ciò posto, si rileva che, nel caso in cui venga impugnata con
ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si
fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è
necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo
che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma
anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con
l’accoglimento di tutte le censure, affinché si realizzi lo scopo
proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla
cassazione della sentenza, “in toto” o nel suo singolo capo, per tutte

diritto a percepire un indennizzo maggiore, non avendo mai

le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano. Ne
consegue che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni
non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata
impugnata, sia respinta, perché il ricorso o il motivo di

nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di
interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della
sentenza o del capo impugnato (v. per tutte Cass. S.U. 8-8-2005 n.
16602).
Nella specie, le deduzioni svolte dalle ricorrenti con il motivo
in esame non varrebbero comunque a scalfire le argomentazioni
svolte dalla Corte di Appello in ordine alla insussistenza di un
obbligo indennitario gravante sulla Sistemi Urbani in forza della
lettera del 18-7-1988, di per sé idonee a sorreggere la pronuncia di
rigetto della domanda attrice.
5) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con
conseguente condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese
sostenute dalla resistente Fintecna nel presente grado di
giudizio,.liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al
pagamento delle spese, che liquida in euro 20.200,00, di cui euro
200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

16

impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 9-5-2013
Il Presidente

Il Consigliere estensore

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA