Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20700 del 04/09/2017


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Cassazione civile, sez. II, 04/09/2017, (ud. 19/04/2017, dep.04/09/2017),  n. 20700

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5359-2013 proposto da:

T.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO

CHIGI, 9, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO PROTA,

rappresentato e difeso dall’avvocato FILIPPO MARIO FASULO;

– ricorrenti –

contro

L.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

CARSO 51, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO RUFINI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FEDERICO FERRARA;

– c/ricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 31/2012 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 05/01/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/04/2017 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

letta la requisitoria del P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CAPASSO LUCIO che ha concluso per il rigetto del

ricorso principale e per l’inammissibilità del ricorso incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

T.L. con atto di citazione del 10 ottobre 2003 conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Padova L.A. per sentire accertare l’acquisto in suo favore per intervenuta usucapione ventennale, della fascia di terreno compresa fra il confine catastale e quello reale (reso evidente da un muro di cinta edificato da L.), esistente tra la proprietà confinanti con l’attore e del convenuto L.. L’attore assumeva che il muro di cinta edificato tra le due proprietà fosse stato eretto dallo stesso L. all’interno della sua proprietà ben oltre vent’anni or sono e che la fascia di terreno che lo stesso L. aveva escluso dalla recinzione della sua proprietà era stata goduta in modo pacifico, pubblico ed ininterrotto da lui stesso per il tempo necessario a maturare l’usucapione.

Si costituiva L., il quale eccepiva la litispendenza della presente causa con altra pendente avanti il Tribunale di Padova in grado di appello, in subordine, chiedeva la sospensione del giudizio in attesa della definizione di quello pendente in appello nel quale era stata proposta una domanda riconvenzionale. Nel merito contestava la descrizione dei luoghi ed assumeva che vi era coincidenza tra il confine catastale e quello reale e che il muro da lui eretto non era idoneo a delimitare il confine posto che al momento della edificazione aveva voluto mantenersi all’interno della sua proprietà al fine di conservare una porzione di terreno necessario per la manutenzione del muro medesimo. Chiedeva in via preliminare la cancellazione della causa dal ruolo previo accertamento della litispendenza e in subordine la sospensione del giudizio, nel merito il rigetto della domanda.

Il Tribunale di Padova, con sentenza n. 1050 del 2007, dichiarava che non sussisteva pregiudizialità tra la presente causa e quella pendente davanti al Tribunale di Padova in grado di appello, nel merito riteneva che l’attore non avesse assolto all’onere di provare di aver posseduto il terreno in modo corrispondente all’esercizio del diritti di proprietà, non essendosi acclarata alcuna condotta posta in essere dall’attore tale da far ritenere che lo stesso si fosse comportato quale proprietario del terreno, per cui è causa, respingeva la domanda dell’attore e le domande formulate in via pregiudizievole al convenuto, compensava per un quarto le spese del giudizio.

La Corte di appello di Venezia pronunciandosi su appello proposto da T.L. riformulando la stessa domanda già avanzata in primo grado chiedendo la riforma integrale della sentenza impugnata, con contraddittorio integro, con sentenza n. 31 del 2012 rigettava l’appello e confermava integralmente la sentenza impugnata. La Corte distrettuale fosse confermato che l’appellante non aveva dimostrato di aver esercitato atti di possesso ad escludendum del proprietario confinante L., il quale nell’edificare il muro, aveva conservato al di là di esso il tratto di terreno per poter svolgere attività di manutenzione del muro stesso.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da T.L. con ricorso affidato a due motivi. L.A. ha resistito con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale affidato ad un motivo. In prossimità dell’udienza le parti hanno depositato memorie ex art. 378 cod. proc. civ..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

A.= Ricorso principale.

1.= Con il primo motivo di ricorso T.L. lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1140,1158 e 2697 cod. civ. e delle norme in tema di possesso e di usucapione in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 unitamente al vizio di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5.

Secondo il ricorrente:

A) la Corte distrettuale non avrebbe preso nella dovuta considerazione che la prova del possesso corrispondente al diritto di proprietà della fascia di terreno a cavaliere tra i due fondi finitimi era stata adeguatamente fornita e che il dies a quo ai fini del possesso uti dominus era chiaramente emerso per tabulas e testimonianze idonee e conducenti, assolvendo piamente l’onere probatorio ex art. 2697 cod. civ.. In altri termini, secondo il ricorrente, la Corte distrettuale non avrebbe adeguatamente vagliato le risposte rese da L. nell’interrogatorio formale e le risultanze della prova testimoniale. Infatti: a) il L., in sede di interpello, aveva dichiarato che aveva edificato il muro al posto di una linea di salici il cui significato, non tenuto conto dalla Corte lagunare, era che questo costituiva, per entrambi le parti, la linea di confine tra le due proprietà. I salici fungevano da siepe divisoria tra i fondi secondo la presunzione ex art. 898 cod. civ.. Laddove, invece, era controversa, quindi non confermata dalle testimonianze la circostanza che fosse stato un fossato il segno del confine. b) la prova testimoniale di P. eL.A. mostrano delle incertezze, tenuto conto che nel giudizio pretorile il CTU parlava di manufatti edificati sia dal T. che dal L. in aderenza alla parte terminale delle mura ultraventennale, quindi, la tettoia manufatto del T. per la sua aderenza al muro insisteva sulla fascia di terreno oggetto di usucapione. Non solo, ma il teste P. ha affermato che “non so chi pulisca la striscia di terreno a ridosso del muro verso T.. Senza considerare che la Corte di Appello non aveva rilevato la scarsa attendibilità dei due testi P. e L. rispettivamente cognato (marito della sorella) e cugino, in violazione dell’art. 116 cod. proc. civ..

Al contrario, la Corte lagunare non avrebbe, invece, preso in considerazione le altre testimonianze dalle quali emergeva che il T. aveva posseduto quella striscia di terreno di cui si dice.

B) La Corte distrettuale, non avrebbe considerato che il possesso ad usucapionem risultava dal fatto stesso che il T. aveva realizzato nel silenzio passivo del L. una tettoia ricovero di attrezzi in aderenza al muro di cui si dice, impegnando la striscia di terreno ed, ivi accedendo, per deporre attrezzi agricoli e, addirittura, risultava da alcune testimonianze che veniva utilizzato lo stesso muro. Il possesso ad usucapione, comunque, risultava dalla stessa istruttoria testimoniale.

1.1. = Il motivo è inammissibile. Va qui evidenziato che la censura risulta proposta binariamente (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5). Epperò, quanto al primo profilo va qui osservato che l’assunta violazione di legge si basa e presuppone una diversa valutazione e ricostruzione delle risultanze di causa (interpretazione delle prove), censurabile – e solo entro certi limiti – sotto il profilo del vizio di motivazione, secondo il paradigma previsto per la formulazione di detto motivo.

Va qui ribadito che in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (di qui la funzione di assicurare l’uniforme interpretazione della legge assegnata alla Corte di cassazione dall’art. 65 ord. giud.); viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione; il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (in tal senso essenzialmente cfr. Cass. n. 16698 e 7394 del 2010).

1.2.= Quanto al profilo di vizio di motivazione va, invece, osservato che la censura si manifesta finalizzata ad ottenere da parte di questa Corte non già una verifica della logicità o della completezza del giudizio in punto di fatto, ma bensì la revisione del giudizio decisorio congruamente e razionalmente sviluppato dal giudice di appello e perfettamente percepibile nel suo itinerario logico e semantico, senza che risulti alcun mancato od insufficiente esame dei punti rilevanti della controversia. Epperò, ciò è contrario agli insegnamenti di questa Corte, secondo cui: “Il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall’art. 360 c.p.c., n. 5, non equivale alla revisione del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una simile revisione, in realtà, non sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità; ne consegue che risulta del tutto estranea all’ambito del vizio di motivazione ogni possibilità per la Corte di Cassazione di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma, propria valutazione delle risultanze degli atti di causa. Nè, ugualmente, la stessa Corte realizzerebbe il controllo sulla motivazione che le è demandato, ma, inevitabilmente, compirebbe un (non consentito) giudizio di merito, se – confrontando la sentenza con le risultanze istruttorie – prendesse di ufficio, in considerazione, un fatto probatorio diverso o ulteriore rispetto a quelli assunti dal giudice del merito a fondamento della sua decisione, accogliendo il ricorso “sub specie” di omesso esame di un punto decisivo” (in particolare cfr. Cass. n. 3161 del 05/03/2002).

1.2. = Alla inammissibile richiesta di rivalutazione delle risultanze istruttorie (compito esclusivo del Giudice del merito) va aggiunta, anche, la mancata trascrizione delle prove testimoniali oltre che delle risultanze peritali che il ricorrente lamenta non essere state rettamente intese della Corte distrettuale. Come è stato più volte affermato da questa Corte, è inammissibile, per violazione del principio di autosufficienza del ricorso, il motivo di ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 prospettato sotto il profilo dell’omessa valutazione da parte del giudice di merito della decisività di deposizioni testimoniali, allorquando il ricorrente, nel riferirsi a dette prove non ne abbia indicato il contenuto, in quanto la Corte di Cassazione non può provvedere alla ricerca delle stesse negli incarti processuali.

2.= Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1140 e 2697 cod. civ. e delle norme in tema di possesso e di usucapione in concorso con l’erronea interpretazione delle risultanze testimoniali riferite ai testi del T., riguardo all’individuazione del dies a quo, ai fini del possesso uti dominus utile all’acquisto della proprietà a titolo originario, come pure del maturare del termine per la prescrizione acquisitiva.

Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe errato nell’affermare che fosse sfornita di prova la circostanza dell’edificazione del muro in due epoche diverse, perchè i due testi attori B. e G. hanno avuto modo di evidenziare che un primo tratto di circa 20 metri era stato realizzato in epoca 1966 ed un secondo tratto di circa 10 metri nel 1976. Sicchè, il tempo perchè potesse maturare il termine ventennale per la prescrizione acquisitiva, era ampiamente trascorso, anche considerando il tempo della seconda costruzione. Nè potrebbero essere individuati atti interruttivi.

2.1.= Anche questo motivo e per le stesse ragioni di cui fin qui si è detto è infondato e non può essere accolto. Va qui aggiunto che il ricorrente intenderebbe conseguire attraverso un rinnovato scrutinio dei dati istruttori raccolti, il riconoscimento della fondatezza della propria tesi relativa alla collocazione temporale della realizzazione della costruzione, elemento al quale correlare la decorrenza dell’asserito possesso ad usucapionem. Epperò al riguardo la Corte distrettuale ha avuto modo di osservare, con valutazione dei fatti di causa, non censurabile nel giudizio di cassazione, che l’affermazione di cui si dice “(….) era sfornita di prova e le testimonianze riportate a pagg. 18 e 19 dell’appello essendo tutte poco significative sotto tale profilo ed essendo smentite, comunque, dal dato inconfutabile rappresentato dalla documentazione, già riportata sopra, l’acquisizione in proprietà del bene per cui è causa da parte del L. solo nell’anno 1975 (….)”.

B. = Ricorso incidentale.

3.= Con l’unico motivo del ricorso incidentale L. lamenta violazione o falsa applicazione di norme di diritto artt. 177 e 244 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 ed, altresì, per omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Secondo il ricorrente incidentale, avrebbe errato la Corte distrettuale nel respingere la richiesta di revoca dell’ordinanza del 24 agosto 2005 e di dichiarazione di nullità delle prove dell’attore ammesse e svolte nella precedente fase perchè non avrebbe tenuto conto che le prove testimoniali richieste ed ammesse non avevano ad oggetto fatti obiettivamente concreti richiesti dall’art. 244 cod. proc. civ..

3.1. = Il motivo è inammissibile per mancanza di interesse. In verità, l’interesse all’impugnativa non può consistere nel conseguire un’emenda del percorso motivazionale, che tuttavia lasci inalterate le statuizioni di merito.

L’unico interesse alla proposizione del ricorso incidentale sarebbe potuto essere l’eliminazione della parziale compensazione delle spese processuali, compensazione parziale che la Corte distrettuale aveva giustificato proprio tenuto conto dell’inammissibilità dell’appello incidentale. Epperò, l’odierno gravame incidentale non è in tal senso, mirandosi, invece, ad ottenere una diversa motivazione del rigetto della domanda attorea.

In definitiva, va rigettato il ricorso principale e dichiarato inammissibile il ricorso incidentale. La reciproca soccombenza è ragione sufficiente per compensare le spese del presente giudizio di cassazione. Il Collegio da atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso, compensa le spese del presente giudizio di cassazione; da atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater sussistono i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti (principale ed incidentale), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile di questa Corte di Cassazione, il 19 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2017

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