Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20698 del 07/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 07/10/2011, (ud. 06/07/2011, dep. 07/10/2011), n.20698

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.M. (OMISSIS), P.C.

(OMISSIS), P.A. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA GIUSEPPE PALOMBINI 2, presso lo studio

dell’avvocato DE FRANCESCO GIANDOMENICO, rappresentati e difesi

dall’avvocato VILLA LINO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 69/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di GENOVA del 3/06/08, depositata il 27/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO VALITUTTI;

è presente il P.G. in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

-rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“Con sentenza n. 69/08 la CTR della Liguria rigettava l’appello proposto da C.M., P.C. e P.A. avverso la decisione di prime cure, con la quale era stato disatteso il ricorso proposto dai medesimi nei confronti dell’avviso di accertamento, relativo all’imposta di registro, nonchè alle imposte ipotecarie e catastali, in ordine alle quali i contribuenti avevano chiesto applicarsi l’agevolazione “prima casa”, in relazione all’acquisto – da essi effettuato – di una casa adibita a civile abitazione, sita nel Comune di Recco. La CTR – confermando le valutazioni operate dal giudice di prime cure – riteneva, invero, che l’immobile presentasse, alla data della stipala dell’atto di acquisto, le caratteristiche di abitazione di lusso, ai sensi del D.M. 2 agosto 1969, che lo escludevano, pertanto, dai benefici fiscali richiesti.

Avverso la sentenza n. 69/08 hanno proposto ricorso per cassazione C.M., P.C. e P.A., articolando quattro motivi, con i quali deducono: il vizio di omessa pronuncia, in relazione all’art. 112 c.p.c., e all’art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 73 la violazione e falsa applicazione del D.M. 2 agosto 1969, art. 6, e del R.D. n. 1265 del 1934, art. 218 e l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia. L’Agenzia delle Entrate ha replicato con controricorso.

Premesso quanto precede, osserva la Corte, con riferimento al primo motivo di ricorso (omessa pronuncia), che effettivamente il giudice di appello non ha in alcun modo preso in considerazione il motivo di gravame proposto dagli odierni ricorrenti (e trascritto nel ricorso per cassazione), concernente l’intervenuta decadenza dell’Ufficio dal potere di liquidazione della maggiore imposta, per decorso del termine triennale dalla data di registrazione dell’atto di acquisto del bene, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 16 essendo stato l’atto di compravendita registrato il 18.12.00, laddove l’avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni è stato notificato solo il 20.10.05. E, tuttavia, siffatta omissione non può comportare un accoglimento del ricorso con rinvio ad altro giudice, con riferimento al motivo de quo.

Ed invero, il rilievo del vizio di omessa pronuncia su un motivo di appello può comportare la cassazione con rinvio dell’impugnata sentenza soltanto quando la questione di diritto, posta con il suddetto motivo, sia fondata, dovendo, in caso contrario, la Corte – cui compete, della c.d. funzione nomofilattica, di risolvere in via esclusiva, e definitiva, le questioni in diritto proposte nei precedenti gradi di giudizio – provvedere a pronunciarsi sulla questione, per evidenti finalità di economia dei giudizi, facendo uso del proprio potere di decisione della causa nel merito (art. 384 c.p.c.) (cfr. Cass. 8561/06, 2313/10, 5139/11). Ebbene, non può revocarsi in dubbio, ad avviso del relatore, che la censura mossa dai ricorrenti all’impugnata sentenza sia del tutto infondata.

Non v’è dubbio, infatti, che il potere impositivo esercitato, nella specie, dall’amministrazione finanziaria sia stato prorogato di due anni (con scadenza, dunque, al 18.12.05, laddove l’avviso di liquidazione è stato notificato il 20.10.05, e pertanto nei termini), ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 11, comma 1 dovendo ritenersi – contrariamente a quanto assumono gli istanti – che detta proroga si applichi anche alla fattispecie – ricorrente nel caso concreto – delle violazioni relative all’applicazione, con agevolazioni tributarie, di imposte su atti, scritture, denunce e dichiarazioni, prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 11, comma 1 bis.

Va osservato, infatti, che la proroga di due anni dei termini per la rettifica e la liquidazione della maggiore imposta di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni e sull’incremento di valore degli immobili, prevista dalla L. 21 dicembre 2002, n. 289, art. 11, comma 1, in caso di mancata presentazione o inefficacia dell’istanza di condono quanto ai valori dichiarati o agli incrementi di valore assoggettabili a procedimento di valutazione, è applicabile anche all’ipotesi di cui al comma 1- bis, riguardante la definizione delle violazioni relative all’applicazione di agevolazioni tributarie sulle medesime imposte.

Ed invero, nell’uno e nell’altro caso, l’Ufficio è chiamato a valutare l’efficacia dell’istanza di definizione, cosicchè, trattandosi delle medesime imposte, sarebbe incongrua l’interpretazione che riconoscesse solo nella prima ipotesi la proroga dei termini per la rettifica e la liquidazione del dovuto (Cass. 12068/10, 24575/10).

I primi due motivi di ricorso vanno, pertanto, disattesi. Quanto al terzo e quarto motivo, va rilevato che con gli stessi ì ricorrenti si dolgono dell’erronea valutazione della CTR in ordine alla natura “di lusso” dell’abitazione compravenduta, sulla scorta degli accertamenti peritali espletati, e valutate anche le risultanze della c.t. di parte, prodotta di contribuenti. Ebbene, è del tutto evidente – a parere del relatore – che la censura ripropone una rivisitazione della vicenda processuale, concernente la ricostruzione dei fatti e la valutazione degli accertamenti peritali, inammissibile in questa sede, trattandosi di questioni che involgono accertamenti di merito estranei alla valutazione di legittimità demandata alla Corte di Cassazione.

Di conseguenza, il ricorso può essere deciso in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1″;

– che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

– che non sono state depositate conclusioni scritte dal P.M., mentre i ricorrenti hanno depositato memoria;

considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, senza che a diversa conclusione siano idonee ad indurre le argomentazioni svolte nell’anzidetta memoria. Ed invero, va ulteriormente ribadito che la proroga prevista dalla L. n. 289 del 2001, art. 11, comma 1, deve ritenersi, contrariamente a quanto assumono gli istanti, applicabile anche alla fattispecie – ricorrente nel caso concreto – delle violazioni relative all’applicazione, con agevolazioni tributarie, di imposte su atti, scritture, denunce e dichiarazioni, prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 11, comma 1 bis.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.000,00, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2011

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