Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20696 del 09/08/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 20696 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: GIANNACCARI ROSSANA

ORDINANZA

sul ricorso 13614-2013 proposto da:
MOCELLIN ANTONIO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo studio dell’avvocato
SABINA CICCOTTI, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato CECILIA DELAZER;
– ricorrente contro

PERUZZO CRISTINA, elettivamente domiciliata in ROMA,
2017
3375

VIA GOLAMETTO 2, presso lo studio dell’avvocato
ALESSANDRO ARDIZZI, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato DANNI LIVIO LAGO;
– controrícorrente e—e-ant/ri-c-orren-te- incidentalí

contro

CREMONA

ELISO,

CREMONA

PIETRO,

elettivamente

Data pubblicazione: 09/08/2018

domiciliati in ROMA, VIALE EUROPA 55, presso lo studio
dell’avvocato GIOVANNI GIUFFRE’, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE PADOVAN;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 207/2013 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 19/12/2017 dal Consigliere Dott. ROSSANA
GIANNACCARI;
lette le conclusioni del P.M. in persona del Sostituto
Procuratore Generale GIANFRANCO SERVELLO conclude per
il rigetto di entrambi.

di VENEZIA, depositata il 04/02/2013;

Il

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Peruzzo Cristina conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Bassano del
Grappa Cremona Eliso e Pietro, in qualità di proprietari titolari del fondo
servente, gravato di servitù di passaggio in favore del fondo di cui era
proprietaria, e Mocellin Antonio per chiedere la chiusura del cancello dal
medesimo aperto sulla stradina privata di proprietà dei Cremona per

servitù di passaggio tra i convenuti ed il Mocellin violava i patti assunti con
atto per notar Zilotto del 7.4.1977 tra il suo dante causa Cavalli ed i
Cremona, che, quali proprietari del fondo servente si erano impegnati a non
concedere ad altri la servitù. Lamentava che la concessione al Mocellin del
passaggio limitava l’esercizio del suo transito, regolarmente costituito con atto
per notar Fetta del 27.5.1993; chiedeva oltre alla chiusura del cancello, il
risarcimento dei danni da liquidarsi in via equitativa.
Si costituivano Cremona Pietro ed Eliso e formulavano domanda
riconvenzionale per la declaratoria di nullità della clausola prevista nell’atto
costitutivo della servitù del

7.4.1977 e, in ogni caso, la sua natura

obbligatoria; resisteva alla domanda anche il

Mocellin, che, in via

riconvenzionale, chiedeva accertarsi l’interclusione del suo fondo e la
costituzione coattiva della servitù di passaggio.
Il Tribunale respingeva la domanda e, proposto appello da parte della Peruzzo
ed appello incidentale da parte del Mocellin, la Corte d’Appello di Venezia
accoglieva il ricorso principale.
Ricorre in Cassazione il Mocellin con quattro motivi di ricorso; propongono
ricorso incidentale Cremona Pietro ed Eliso; resiste con controricorso Peruzzo
Cristina. In prossimità dell’udienza Mocellin Antonio, Cremona Eliso e Cremona
Pietro hanno depositato memorie illustrative.

MOTIVI DELLA DECISIONE

i

raggiungere la via pubblica. Deduceva la Peruzzo che la costituzione della

Il

Con il primo motivo di ricorso principale viene censurata la decisione
impugnata per violazione dell’art.1030 c.c. per avere la corte territoriale
attribuito natura reale e non obbligatoria all’atto di permuta e donazione del
7.4.1977 intercorso tra i danti causa delle parti, con cui i proprietari del fondo
servente si impegnavano a non concedere ad altri la servitù. Secondo i
ricorrenti, il carattere obbligatorio della clausola si evincerebbe dal dato

esclusivamente per i “permutanti”, nelle more del giudizio deceduti, creando
un vincolo personale estraneo alla natura delle obbligazioni propter rem, con la
conseguenza che il vincolo non poteva avere efficacia nei confronti dei terzi e
non poteva essere trasferito.
Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione dell’art.1063
c.c. poiché il titolo di proprietà della Peruzzo del 27.5.1993 non contiene
alcun riferimento alla clausola prevista nell’atto costitutivo della servitù del
1977 con la quale i proprietari del fondo servente si impegnavano a non
concedere ad altri la servitù.
I motivi, che vanno esaminati congiuntamente, in quanto relativi al titolo
costitutivo della servitù, sono infondati.
Per giurisprudenza pacifica di questa Corte, (Cassazione civile, sez. II,
05/03/2010, n. 5434, Cass.25.3.1986 n. 2893) l’art. 1063 c.c. stabilisce una
graduatoria delle fonti regolatrici dell’estensione e dell’esercizio delle servitù,
ponendo a fonte primaria il titolo costitutivo del diritto, mentre i precetti dettati
dai successivi art. 1064 e 1065 c.c. rivestono carattere meramente sussidiario.
Tali precetti, pertanto, possono trovare applicazione soltanto quando il titolo
manifesti al riguardo lacune o imprecisioni non superabili mediante l’impiego di
adeguati criteri ermeneutici: ove, invece, il contenuto e le modalità di esercizio
risultino puntualmente e inequivocabilmente determinati dal titolo, a questo
soltanto deve farsi riferimento.
L’estensione e le modalità di esercizio della servitù debbono, pertanto, essere
dedotte dal titolo, tenendo conto della comune intenzione dei contraenti, da
2

testuale, ovvero dalla circostanza che la servitù venne costituita solo ed

ricavarsi, peraltro, non soltanto dal tenore letterale delle espressioni usate, ma
anche dallo stato dei luoghi, dall’ubicazione reciproca dei fondi e dalla loro
naturale destinazione, elementi tutti formativi e caratterizzanti rutilítas”
legittima la costituzione della servitù.(Cassazione civile, sez. II, 20/05/1981,
n. 3306 )
Ne consegue che l’indagine sulla sussistenza, ad opera del proprietario del

riferimento all’estensione ed alle modalità di esercizio della servitù medesima,
come fissate dal titolo costitutivo, e, pertanto, deve tenere conto anche delle
specificazioni che tale titolo contenga in ordine alla “utilitas”, ove le stesse non
abbiano mero valore indicativo, ma valgano a qualificare e delimitare il diritto
(Cassazione civile, sez. II, 13/04/1991, n. 3942)
Tanto premesso, la corte territoriale ha correttamente ritenuto che le modalità
di esercizio della servitù fossero determinate dall’atto costitutivo del 7.4.1997,
interpretato tenendo conto dell’intenzione delle parti e dello stato dei luoghi,
per come accertato dal CTU. La limitazione per il proprietario del fondo
servente di non concedere ad altri la servitù di passaggio, secondo il giudice
d’appello trova fondamento non solo nel dato letterale dell’atto costitutivo (

“i

proprietari del fondo servente si impegnano a non concedere la servitù ad
altri”) ma anche dalla conformazione dei luoghi, in quanto l’ampiezza della
strada che porta all’abitazione della Peruzzo, dopo il primo tratto si riduce a
soli tre metri rendendo più incomodo l’esercizio della servitù in caso di
contemporaneo passaggio di altri mezzi.
A nulla rileva la circostanza che nell’atto di acquisto della Peruzzo del
27.5.1993 si dia atto della servitù di passaggio ma non dell’obbligo del fondo
servente di non concedere la servitù a terzi, perché, in virtù del c.d. principio
di ambulatorietà delle servitù, l’alienazione dei fondi comporta il trasferimento
delle servitù attive ad esso inerenti.
La Corte d’Appello ha fatto corretta applicazione di tale principio, ritenendo che
il diritto reale parziario sia opponibile erga omnes e che, con il trasferimento
3

fondo servente, di atti di violazione o turbativa della servitù va condotta con

Il

del fondo dominante, siano state trasferite le servitù che ineriscono a tale
fondo anche se nulla è stabilito nell’atto di trasferimento.
Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente censura l’ omesso esame di un fatto
decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti per avere la corte
territoriale omesso di accertare le conclusioni del CTU, secondo cui la
concessione di un nuovo passaggio su servitù preesistente, non ha impedito né

Il motivo non è fondato.
L’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. , (come introdotto dal d.l. n. 83/12 convertito
con modificazioni nella I. n. 134/12) ha limitato le ipotesi di ricorso in
Cassazione nei ben più ristretti limiti

dell’«omesso esame circa un fatto

decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti».

La

volontà del legislatore è stata quella di ridurre al minimo costituzionale il
sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, configurandola
quando la motivazione “manchi del tutto – nel senso che alla premessa
dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue
l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero.., essa
formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni
siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di
individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum” (Cass. N.
20112 del 2009).
Nella fattispecie in esame, non può configurarsi il vizio di omesso esame, in
quanto la Corte d’Appello ha esaminato questo aspetto ma ha fondato la ratio
decidendi sulle limitazioni imposte dal titolo costitutivo della servitù e non sulla
possibilità che l’apposizione del cancello da parte del Mocellin limiti o renda
meno comodo l’esercizio della servitù da parte della Peruzzo.
Con il quarto motivo di ricorso viene dedotto l’omesso esame di un fatto
decisivo per il giudizio poiché la corte territoriale ha escluso che il fondo del
Mocellin fosse intercluso, perché circondato da altri terreni che avevano
accesso dalla via pubblica. Lamenta il ricorrente che, anche sulla base delle
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limitato l’esercizio della servitù da parte della Peruzzo.

risultanze della CTU, per raggiungere il fondo del Mocellin era necessario
accedere dal giardino e passare dall’interno dell’abitazione ed inoltre il
passaggio non poteva essere esercitato con i mezzi meccanici, necessari per
la coltivazione del fondo.
Il motivo non è fondato.

ha ritenuto che non sussista interclusione assoluta, né relativa, del fondo del
Mocellin, in quanto tra il fondo oggetto di causa e la pubblica via vi sono altri
fondi di sua proprietà che consentono di raggiungere a piedi il terreno oggetto
di causa. Ha infine escluso di poter fare applicazione dell’art.1052 c.c. in
quanto non espressamente invocato dalle parti.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Va altresì rigettato il ricorso incidentale proposto da Cremona Eliso e Cremona
Pietro, che hanno dedotto gli stessi motivi proposti:imotivi) dal ricorrente
principale.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo
Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del DPR 115/2002, va dato atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente
principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis
dello stesso art.13

P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna il ricorrente principale ed il ricorrente incidentale,
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in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite
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orrt tiiièiiEj che liquida in C 5200,00, di cui C 200,00 per esborsi oltre
spese generali ed accessori di legge.

La corte territoriale, con accertamenti di fatto non censurabili in questa sede,

Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente
principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis
dello stesso art.13

Il Presidente
Dott. S efano P/etitti

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DEPOSITATO IN

Roma,

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NERI

CANCELLERIA

Così deciso in Roma il 19 dicembre 2017

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