Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20695 del 10/09/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 20695 Anno 2013
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: BERNABAI RENATO

SENTENZA

sul ricorso 28601-2012 proposto da:
IFI S.R.L.

(p.i.

01130650433),

in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso il
dott. GIUSEPPE PLACIDI, rappresentata e difesa
dall’avvocato FANTIGROSSI UMBERTO, giusta procura
2013

in calce al ricorso;
– ricorrente –

1285

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, nella qualità di successore

Data pubblicazione: 10/09/2013

ex lege dell’AGENZIA DEL TERRITORIO, in persona del
Direttore Generale pro tempore, domiciliata in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende
ope legis;

avverso la sentenza n.

425/2012 della CORTE

D’APPELLO di ANCONA, depositata il 03/07/2012;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 18/07/2013 dal Consigliere
Dott. RENATO BERNABAI;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato FANTIGROSSI
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. UMBERTO APICE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

– controricorrente –

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La IFI s.r.I., impresa attiva nel settore delle informazioni
economiche e finanziarie, per la prestazione di rapporti informativi
sulla consistenza patrimoniale di persone fisiche giuridiche,
conveniva dinanzi la Corte d’appello di Ancona l’Agenzia del

condanna al risarcimento del danno da abuso di posizione
dominante, posto in essere a seguito dell’entrata in vigore della
legge 30 dicembre 2004 n. 311 (Legge finanziaria 2005), che ai
commi 367-374 dell’art.1 introduceva il divieto generalizzato di
riutilizzazione commerciale dei documenti e delle informazioni
ipocatastali, se non nel rispetto di specifiche convenzioni stipulate
con l’Agenzia del territorio, verso il pagamento preventivo dei
tributi dovuti.
Assumeva che la normativa si poneva in contrasto con
l’ordinamento comunitario perché attribuiva una riserva esclusiva,
di tipo monopolistico, all’Agenzia pubblica, fonte di pregiudizio
economico durato per tutto il periodo di vigenza della legge, fino
alla sua successiva abrogazione in parte qua.
Costituitasi ritualmente, l’Agenzia del territorio eccepiva il
difetto di giurisdizione e la carenza di legittimazione attiva di un
soggetto non destinatario di specifici provvedimenti emessi
dall’Agenzia, e nel merito contestava la fondatezza della domanda.
Con sentenza 26 giugno 2012 la Corte d’appello di Ancona
rigettava la domanda, con compensazione delle spese di giudizio.
Motivava

Territorio – più tardi Agenzia delle Entrate – per ottenerne la

- che, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia
europea, la nozione di impresa ricomprendeva qualsiasi soggetto
esercitante un’attività economica di offerta di beni o servizi sul
mercato, indipendentemente dallo statuto giuridico e dalle modalità
di finanziamento;

all’Agenzia del territorio, che nell’esercizio di attività prive di nesso
funzionale con il carattere non economico delle proprie funzioni era
dunque soggetta alla disciplina comunitaria nazionale in materia di
divieto di attività anticoncorrenziale;
– che la legge 311/2004 configurava un abuso di posizione
dominante perché attribuiva una riserva esclusiva di riutilizzazione
commerciale dei dati, con conseguente situazione di monopolio in
favore dell’Agenzia, salva la possibilità di stipulazione di una
convenzione, in contrasto con la legge numero 287/1990 che
faceva divieto allo Stato di riservare a se stesso, o ad un’impresa
pubblica, l’esercizio di un’attività imprenditoriale, in assenza di
ragioni di pubblico interesse;
– che peraltro la domanda di risarcimento del danno per
equivalente, riferita al periodo di vigenza della legge in esame 1
gennaio 2005-31 dicembre 2006, doveva essere respinta perché
rimasta sprovvista di prova: non surrogabile per mezzo di
consulenza tecnica d’ufficio, di carattere esplorativo, richiesta solo
con una memoria istruttoria successiva alle preclusioni maturate;
– che in ogni caso era pure insussistente l’elemento psicologico
del dolo o della colpa dell’Agenzia del territorio, che si era limitata a
dare applicazione ad una normativa nazionale, in una materia
particolarmente complessa, che aveva dato luogo a contrasti

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– che tale qualificazione doveva essere quindi riconosciuta

interpretativi nella giurisprudenza di merito: senza che la
convenzione-tipo precostituita per la disciplina dei rapporti con le
imprese del settore introducesse ulteriori vincoli anticoncorrenziali.
Avverso la sentenza non notificata, la Ifi s.r.I proponeva
ricorso per cassazione notificato 1’11 dicembre 2012 e affidato a

cod. proc. civile.
Resisteva con controricorso l’Agenzia del territorio.
All’udienza del 18 luglio 2013 il Procuratore generale precisava
le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente deduce il vizio di motivazione
in ordine alla esclusione del danno, nonostante l’accertamento di
una condotta illecita da parte dell’agenzia del territorio.
Il motivo è infondato.
Il pregiudizio cagionato mediante abuso di posizione
dominante non è in re ipsa, bensì danno-conseguenza, diverso ed
ulteriore rispetto alla distorsione delle regole della concorrenza.
Come tale, richiede di essere autonomamente provato secondo i
principi generali in tema di responsabilità aquiliana (Cass., sez.1,
16 gennaio 2013 n.1000; Cass., sez.1, 26 marzo 2009 n.7306;
Cass.,sez.1, 18 dicembre 2003 n.19430).
Con il secondo motivo si censura il mancato ingresso della
consulenza tecnica richiesta per l’accertamento in punto quantum
debeatur.
Il motivo è fondato.

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cinque motivi ed ulteriormente illustrato con memoria ex art. 378

Anche se è esatto che la consulenza tecnica d’ufficio non è
mezzo di prova in senso proprio e non può quindi sopperire
all’inerzia della parte che abbia omesso, per negligenza, di
assolvere l’onere della prova a suo carico, è jus receptum che non è
illegittimo il ricorso ad essa per acquisire dati la cui valutazione sia

parte li abbia allegati, ponendoli a fondamento della sua domanda
ed il loro accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche.
(Cass., sez. unite 30 dicembre 2011 n.30.175; Cass., sez.3, 13
marzo 2009 n.6155; Cass., sez.3, 26 novembre 2007 n.24620).
Soprattutto nelle materie in cui occorra ricostruire svolgimenti
complessi di rapporti negoziali

in fieri o futuri, ai fini della

determinazione del lucro cessante per effetto di un evento esterno,
l’adozione di questo mezzo istruttorio è pressoché necessitata.
L’unica differenza, sotto il profilo processuale è il doveroso rispetto
dei termini di decadenza propri dell’istruzione probatoria, visto che
l’attività acquisitiva di dati rilevanti partecipa di tale fase
processuale, non potendo essere ricondotta, per definizione, alla
mera funzione valutativa propria della paradigmatica Ctu cd.
deducente, esperibile senza preclusioni anche in grado di appello.
Resta vero, in ultima analisi, che non si può fare ricorso alla
consulenza tecnica per sopperire a lacune istruttorie imputabili alla
parte; ma, nella specie, la parte ne aveva prefigurato ab initio
l’istanza di ammissione, allegando la gamma di ripercussioni
negative in conseguenza dell’applicazione della normativa
anticoncorrenziale (perduto avviamento commerciale, maggiori
costi, minori introiti, perdita di valore dell’azienda, ecc.), al cui
accertamento aveva chiesto darsi seguito con la memoria

4

poi rimessa allo stesso ausiliario (cd. c.t.u. percipiente) ): purché la

istruttoria. La stessa produzione di documenti contabili, a conferma
del danno emergente e del lucro cessante, esclude nella Ctu una
funzione vicariale della prova di cui l’IFI era onerata, attribuendole,
per contro, il compito di una ricostruzione, particolarmente
complessa, degli effetti dell’abuso di posizione dominante.

dell’elemento psicologico dell’illecito anticoncorrenziale, che
costituisce la seconda autonoma

ratio decidendi

adottata in

sentenza.
Il motivo è fondato.
I soggetti deputati a dare attuazione nell’ordinamento
nazionale alle leggi ed atti aventi forza di legge, siano essi organi
giurisdizionali o amministrativi, sono tenuti a disapplicare norme
interne incompatibili con la normativa comunitaria sovraordinata, se
direttamente applicabile (Corte costituzionale 18 aprile 1991
n.168). Diversamente opinando, si ridurrebbe a mero flatus vocis la
tutela offerta ai privati contro gli abusi anticoncorrenziali posti in
essere dalla Pubblica amministrazione, dietro l’usbergo della
doverosa osservanza degli atti normativi nazionali; e la
qualificazione tecnico-giuridica dell’Agenzia del Territorio dev’essere
tenuta in adeguata considerazione in sede di accertamento
dell’esimente dell’ignoranza incolpevole della gerarchia delle fonti in
subiecta materia:

onde la positiva esclusione dell’elemento

psicologico dell’illecito sulla base della presunta complessità della
materia e della legge da applicare si risolve in una motivazione solo
apparente.
Il quarto il quinto motivo restano assorbiti dal accoglimento

.

delle censure già esaminate.

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Con il terzo motivo si deduce l’erronea esclusione

La sentenza deve essere quindi cassata con rinvio alla Corte
d’appello di Ancona, in diversa composizione, per un nuovo giudizio
ed anche per il regolamento delle spese della fase di legittimità.

– Accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia la causa alla
Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, anche per le
spese della fase di legittimità.
Roma, 18 luglio 2013

P.Q.M.

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