Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20694 del 10/09/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 20694 Anno 2013
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: BERNABAI RENATO

SENTENZA

sul ricorso 13477-2011 proposto da:
STUDIO ASSOCIATO DIOGENE DI D’ANGELO PAOLO (P.I.
01281700680), STUDIO GEVIS S.N.C. DI BRIZZI ALFREDO
& C. (P.I. 00837510676), in persona dei legali
rappresentanti

pro

tempore,

Data pubblicazione: 10/09/2013

elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE G. MAZZINI 55, presso
2013
1282

l’avvocato MASTROSANTI ROBERTO, rappresentati e
difesi dall’avvocato FANTIGROSSI UMBERTO, giusta
procure in calce al ricorso;
– ricorrenti –

1

contro

AGENZIA DEL TERRITORIO;
– intimata –

Nonché da:
AGENZIA DEL TERRITORIO

(c.f.

80416110585),

in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende
ope legis;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

STUDIO ASSOCIATO DIOGENE DI D’ANGELO PAOLO, STUDIO
GEVIS S.N.C. DI BRIZZI ALFREDO & C.;
– intimati –

avverso la sentenza n.

960/2010 della CORTE

D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 15/11/2010;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 18/07/2013 dal Consigliere
Dott. RENATO BERNABAI;

persona del Direttore pro tempore, domiciliata in

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato FANTIGROSSI che
ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. UMBERTO APICE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso principale, rigetto o
assorbimento dell’incidentale.

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 21 dicembre 2005 lo studio
tecnico associato DIOGENE e lo studio GEVIS s.n.c. convenivano
dinanzi alla Corte d’appello di L’Aquila l’Agenzia del territorio per
ottenerne la condanna al risarcimento dei danni, ai sensi dell’art. 33

concorrenza e del mercato), previo accertamento della condotta
anticoncorrenziale posta in essere in applicazione dell’art.1, commi
367-374, della legge 30 dicembre 2004 n. 311 (legge finanziaria
2005) e della successiva circolare del direttore dell’Agenzia: con
abuso di posizione dominante consistente nella riserva, di fatto, a
quest’ultima, esercente un’impresa pubblica, dell’attività di
commercializzazione delle informazioni ipocatastali acquisite dagli
archivi e dai pubblici registri immobiliari da essa tenuti, se non
tramite pagamento di tasse maggiorate e con un regime di
convenzionamento munito di previsioni sanzionatorie.
Costituendosi ritualmente, l’Agenzia del Territorio eccepiva il
difetto di giurisdizione, l’incompetenza per materia della corte adita
e negava sia la propria qualità di impresa assoggettata alle regole
del mercato e della concorrenza, sia di aver posto in atto
provvedimenti lesivi dell’altrui attività commerciale.
Con sentenza 15 novembre 2010 la Corte d’appello dell’Aquila
rigettava la domanda, compensando le spese di giudizio.
Motivava che l’indubbia violazione della disciplina comunitaria
in tema di divieto di attività anticoncorrenziali posta in essere in
forza della legge non comportava però il risarcimento del danno, in
difetto di prova, che non poteva essere surrogata dalla richiesta
1

della legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della

consulenza tecnica, di natura esplorativa. Né poteva pervenirsi ad
una valutazione equitativa del danno, di cui non era dimostrata
l’esistenza ontologica.
Avverso la sentenza, non notificata, proponevano ricorso per
cassazione, affidato a quattro motivi lo Studio Associato Diogene e

ulteriormente illustrato con memoria ex art.378 cod. proc. civile.
L’Agenzia del Territorio resisteva con controricorso e
proponeva sua volta ricorso incidentale condizionato, articolato in
tre motivi.
All’udienza del 18 luglio 2013 il Procuratore generale ed il
difensor dei ricorrenti precisavano le rispettive conclusioni come da
verbale, in epigrafe riportate.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’art.
33 legge 10 ottobre 1990, n. 287
concorrenza e del mercato),

(Norme per la tutela della

dell’art. 359 cod. proc. civ. per

mancata concessione del termine per il deposito della memoria
istruttoria al fine di articolare mezzi di prova, sul presupposto
erroneo che nel giudizio devoluto alla competenza per materia della
corte d’appello non trovasse applicazione la disciplina processuale
di primo grado. Con il secondo motivo lamentano la mancata
pronunzia sulle istanze istruttorie.
Le due censure possono essere esaminate congiuntamente e
vanno respinte entrambe per difetto di autosufficienza. Non vi è
cenno, nella sentenza impugnata del diniego di concessione del

2

lo studio Gevis s.n.c. con atto notificato il 13 maggio 2011 ed

termine ex art. 183, sesto comma, cod. proc. civ. per l’articolazione
dei mezzi istruttori, motivato con l’inestensibilità di tale norma ad
un processo in corso dinanzi alla corte d’appello. Occorreva quindi
riportare gli estremi del provvedimento istruttorio di diniego ) con
indicazione dell’udienza in cui era stato assunto.

merito non può ritenersi ascrivibile alla lesione del diritto di difesa
per disapplicazione illegittima delle regole processuali proprie del
processo di primo grado, vigenti anche dinanzi alla corte d’appello
nella veste di giudice di unico grado di merito.
Con il terzo motivo si denunzia il vizio di motivazione e la
violazione degli artt.2727 e 2729 cod. civ. e 115 cod. proc. civ.
nell’esclusione della risarcibilità del danno.
Il motivo è infondato.
Non vi è alcuna contraddizione tra l’accertamento dell’illecito
anticoncorrenziale da parte dell’Agenzia ed il rigetto della domanda
risarcitoria motivata con l’assenza di prova di un concreto
pregiudizio. La corte d’appello dell’Aquila ha rilevato, infatti, come
gli attori non avessero prodotto alcun documento – in particolare, i
bilanci e la documentazione fiscale – atti a dimostrare un lucro
cessante per effetto dell’applicazione della nuova normativa:
carenza, che non poteva essere supplita da una consulenza tecnica
d’ufficio, priva di alcun elemento fattuale e documentale di
riscontro.
È vero che nella CTU cd. percipiente l’ausiliario del giudice può
anche acquisire elementi di fatto rilevanti ai fini della valutazione
richiestagli, ma tale estensione non può spingersi sino riconoscerle
funzione vicariale completa dell’attività probatoria rimessa

3

Ne consegue che il difetto di prova rilevato dal giudice di

all’iniziativa di parte; e comunque, proprio perché partecipe
dell’attività di acquisizione di prove essa deve essere richiesta nel
rispetto dei medesimi termini preclusivi degli ordinari mezzi
istruttori rimessi alla disponibilità delle parti.
Con l’ultimo motivo si censura l’illegittimità costituzionale

imporre l’applicazione delle regole del rito di primo grado.
La questione è manifestamente infondata, dal momento che
la disciplina processuale di primo grado è senz’altro applicabile al
giudizio in unico grado dinanzi la corte d’appello, senza neppure il
limite di compatibilità dettato dall’art. 359 cod. proc. civ. valido per
il procedimento d’appello. Ma da tale premessa non si può far
discendere l’ammissibilità di una Ctu in assenza di alcun elemento
di prova costituita o costituenda, sia pur suscettibile di
integrazione, addotto dalla parte (nella narratio del’iter processuale
si dà atto del difetto di attività di istruzione: pag.6).
Il ricorso principale è dunque infondato e va respinto. Il suo
rigetto preclude la disamina del ricorso incidentale condizionato.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in
dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e
complessità delle questioni svolte.

P.Q.M

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione
delle spese processuali, liquidate in complessivi C
2.700,00, di cui C 2.500,00 per compenso, oltre gli
accessori di legge.

4

dell’art. 33 della legge 287/1990 se interpretata nel senso di non

Roma, 18 Luglio 2013

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