Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20694 del 09/08/2018


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 20694 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: GIANNACCARI ROSSANA

SENTENZA

sul ricorso 10204-2013 proposto da:
CONDOMINIO

CASA

SMERALDA

HAH

in

persona

dell’Amministratore pro tempore, ANDRUSIA IMMOBILIARE
S.r.l. (già IMMOBILIARE ANDRUSIA s.a.s. Drusian
Ernesto) in persona del legale rappresentante pro
tempore, COSARO LUIGIA, elettivamente domiciliati in
2017
3187

ROMA,

VIA

B.

TORTOLINI

13,

presso

lo

studio

dell’avvocato MARIO ETTORE VERINO, che li rappresenta
e difende unitamente all’avvocato FRANCO ZAMBELLI;
– ricorrenti contro

BOOMERANG S.r.l., in persona del legale rappresentante

Data pubblicazione: 09/08/2018

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
POMPEO MAGNO 3, presso lo studio dell’avvocato SAVERIO
GIANNI, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato ANTONIO FERRARELLI;
LA MAISON s.a.s. di MENGO DANIELE & C. (già MAISON

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA SAN TOMMASO D’AQUINO 47, presso lo studio
dell’avvocato UMBERTO CANTELLI, che la rappresenta e
difende;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 938/2012 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 19/04/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/12/2017 dal Consigliere ROSSANA
GIANNACCARI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale CORRADO MISTRI che ha concluso per il rigetto
del ricorso;
udito l’Avvocato MARIO ETTORE VERINO, difensore dei
ricorrenti, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato EMILIA SPINIELLO, con delega
dell’Avvocato SAVERIO GIANNI difensore della Società
Boomerang, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

s.a.s. di SILVIA MENGO &C.), in persona del legale

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 14.4.2005 il Condominio ” Casa Smeralda A” ,
la Società Andrusia s.a.s. e Luigi Cosaro, gli ultimi due in qualità di condomini,

lamentando che la convenuta aveva presentato un progetto per la costruzione
di un fabbricato da destinare a residenza turistico alberghiera in violazione
della servitù non aedificandi o altius non tollendi, prevista nel contratto del
15.6.1961 con cui gli originari proprietari avevano venduto il terreno ai danti
causa del condominio.
Il Tribunale rigettava la domanda ritenendo che l’obbligazione assunta dal
venditore nel contratto di compravendita fosse di natura personale e non
reale.
Avverso detta sentenza proponevano appello il Condominio Smeralda,
l’Andrusia Immobiliare s.r.I., Drusian Ernesto e Cosaro Luigia; resisteva la
Maison s.a.s. ed interveniva volontariamente la Boomerang s.r.I., quale
successore a titolo particolare nel diritto controverso, essendosi resa nel
frattempo cessionaria della Maison s.a.s del fondo oggetto di causa.
La Corte d’Appello di Venezia, con sentenza del 14.2-19.4.2017 rigettava
l’appello. Riteneva la corte territoriale che il contratto di compravendita del
15.6.1961, concluso tra i proprietari del terreno oggetto di causa ed il Raffin,
che aveva venduto il terreno ad Ed1 Adria snc e da questa alla Maison s.a.s ,
conteneva un obbligo di natura personale non trasferibile né trasferito ai
successivi acquirenti. La corte territoriale fondava la propria decisione sia sul
dato testuale del contratto, che prevedeva l’obbligo di non costruire a carico
dei “venditori”,

sia sull’interpretazione delle altre clausole contrattuali, in

applicazione dell’art.1364 c.c. Riteneva la Corte che la clausola in oggetto era
collocata nel contratto tra quelle non numerate ed inserita alla fine del testo
contrattuale laddove erano previste altre obbligazioni personali a carico
dell’acquirente. Secondo il giudice d’appello era irrilevante la circostanza che
detto obbligo fosse richiamato nella nota di trascrizione in quanto nella

citavano in giudizio innanzi al Pretore di Portogruaro La Maison & C s.a.s.

predetta nota erano stati inseriti anche altri obblighi di natura personale.
Infine, il giudice d’appello valorizzava, ex art.1362 c.c., il comportamento
successivo delle parti che non avevano inserito la clausola di non edificabilità
nei contratti successivi, ovvero nel contratto stipulato il 16.11.1984 tra Monti
e la società Mc Bell, in cui le parti prevedevano che il vincolo di in edificabilità
derivava dagli strumenti urbanistici e non dall’esistenza di una servitù.

Casa Smeralda A e l’Andrusia Immobiliare s.r.l. e Cosaro Luigia, articolato in
quattro motivi; hanno resistito con controricorso la Maison s.a.s

e la

Boomerang s.r.l.
In prossimità dell’udienza i ricorrenti hanno depositato memorie illustrative

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il Condominio Casa Smeralda deduce la
violazione e falsa applicazione degli artt. 1322 c.c. e 1027 c.c. nonché degli
artt.115 e 116 c.p.c. e l’insufficiente ed erronea motivazione su un fatto
decisivo del giudizio.
Deducono i ricorrenti che la corte territoriale non avrebbe inquadrato il vincolo
di inedificabilità nell’ambito delle obbligazioni propter rem, costituenti un
tertium genus, cui poteva essere ricondotta la fattispecie in esame ove fosse
negata la natura reale del vincolo propria della servitù non aedificandi o altius
non tollendi. Inoltre viene censurata l’interpretazione della corte territoriale che
ha ritenuto l’obbligatorietà del vincolo nonostante non fossero indicati i
beneficiari poiché l’intenzione delle parti era di imporre un vincolo reale sul
fondo, pacificamente risultante dal testo contrattuale e dalla trascrizione della
clausola nel contratto del 15.6.1961. Attraverso il divieto di edificazione per
essere l’area

“destinata ad uso differente da quelli relativi ai servizi spiaggivi”,

era intenzione delle parti assicurare la vista mare del fondo dominante.
Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti censurano la falsa applicazione
degli artt.2643 c.c. , 1362 comma 1 e 2 c.c. e l’art.1365 c.c. anche sotto il
profilo del vizio motivazionale per non aver tenuto in considerazione che
l’obbligo di non edificare era stato trascritto ed era pertanto opponibile ai terzi.

Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso in cassazione il Condominio

Con il terzo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione
degli artt.1362 c.c. e 1363 c.c., degli artt115 e 116 c.p.c., poiché la corte
territoriale riteneva non ha ritenuto decisiva la circostanza della trascrizione
dell’obbligo di non edificare, in quanto erano stati trascrittk anche altre
obbligazioni aventi natura personale, come quella relativa all’obbligo di
piantare alberi e di aderire al consorzio, che, al contrario, andavano qualificate

Con il quarto motivo di ricorso si censura la decisione impugnata nella parte in
cui la corte territoriale ha valorizzato il comportamento successivo dei
contraenti, rilevando che di esso può tenersi conto solo ove sia comune ad
entrambe le parti e non solo ad una sola delle parti che ha omesso di
trascrivere la clausola in questione. Inoltre, nell’atto di vendita del 16.11.1984
tra i venditori Monti e la società Mc Bell’s si faceva riferimento al vincolo di non
edificabilità, che permaneva anche nel contratto concluso tra le parti, dove era
espresso il richiamo al trasferimento delle servitù attive e passive.

I motivi, che vanno trattati congiuntamente perché attinenti all’interpretazione
del contratto, sono infondati.
Quanto alla omessa qualificazione del vincolo come obbligazione propter rem,
va rilevato che la censura è stata proposta solo in questa sede e non nei
precedenti gradi di giudizio, sicchè il motivo è inammissibile.
Per giurisprudenza pacifica di questa Corte, qualora con il ricorso per
cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza
impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare
l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in
quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio
di autosufficienza del ricorso. I motivi del ricorso per cassazione devono
investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema
del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima
volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non
trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio (Cass. 7981/07; Cass.

come obbligazioni proter rem.

16632/2010). In quest’ottica, il ricorrente ha l’onere di riportare, a pena
d’inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione
posta in primo e secondo grado (Cass. 9765/05; Cass. 12025/00). Nel giudizio
di cassazione, infatti, è preclusa alle parti la prospettazione di nuovi questioni
di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti
di fatto non compiuti dal giudice di merito (Cass. 13.9.2007, n. 19164; Cass.

In disparte la novità della questione, occorre aggiungere che, secondo la
giurisprudenza prevalente di questa Corte, cui si ritiene di aderire pienamente,
le obbligazioni “propter rem” sono caratterizzate dal requisito della tipicità, con
la conseguenza che esse possono sorgere per contratto solo nei casi e col
contenuto espressamente previsti dalla legge (Cass. 4-12-2007 n. 25289;
Cass. 11-3-2010 n. 5888; Cassazione civile, sez. II, 26/02/2014, n. 4572)
L’inammissibilità del primo motivo assorbe anche il terzo motivo, relativo alla
natura di obbligazioni propter rem dell’obbligo di piantare alberi e di aderire al
consorzio, che, non essendo mai state prospettate nei precedenti gradi di
giudizio, introducono nuovi elementi di valutazione inammissibili in sede di
legittimità.
E’ infondata, altresì, la censura relativa all’interpretazione della scrittura
privata del 15.6.1991, con la quale i danti causa delle parti stabilirono l’obbligo
per i danti causa della Maison s.a.s di non edificare.
L’interpretazione di un atto negoziale è tipico accertamento in fatto riservato al
giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di
violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui all’art. 1362 c.c.,
e segg., o di motivazione inadeguata (ovverosia, non idonea a consentire la
ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla decisione). Sicché, per far
valere una violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale
riferimento alle regole legali d’interpretazione (mediante specifica indicazione
dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti), ma altresì
precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia
discostato; con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilità del motivo di ricorso

9.7.2013, n. 17041).

che si fondi sull’asserita

violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di

motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa
(Cass. 26 ottobre 2007, n. 22536). D’altra parte, per sottrarsi al sindacato di
legittimità, quella data dal giudice del merito al contratto non deve essere
l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili
e plausibili interpretazioni (tra le altre: Cass. 12 luglio 2007, n. 15604; Cass.

di legittimità la critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal
giudice di merito che si traduca esclusivamente nella prospettazione di una
diversa valutazione degli stessi elementi già dallo stesso esaminati; sicchè,
quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni,
non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa
dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata
privilegiata l’altra (Cassazione civile, sez. II, 06/12/2016, n. 24958 Cass.
7500/2007; 24539/2009).
Nel segno delle enunciate indicazioni nomofilattiche, l’interpretazione
patrocinata dalla corte d’appello è inappuntabile, giacchè, da un lato, non si
prospetta la violazione ad alcun criterio ermeneutico legale, dall’altro, risulta
sorretta da motivazione esaustiva, congrua e logica.
La corte territoriale ha esaminato il testo contrattuale, rilevando che l’obbligo
di non edificare veniva assunto dai “venditori”, indice della natura personale
dell’obbligazione; inoltre, mentre era espressamente riportata in contratto la
servitù di acquedotto, non si faceva cenno ad alcuna servitus non aedificandi;
infine, la clausola era inserita verso la fine del testo contrattuale dove erano
previste altre due obbligazioni di natura personale, ovvero l’obbligo del
compratore di mettere a dimora alberi di alto fusto e di aderire al consorzio per
l’incremento e l’utilizzazione dell’arenile.
La Corte non ha considerato

indice della realità dell’obbligazione la

trascrizione del vincolo nel contratto del 15.6.1961, rilevando che esso non
veniva più trascritto negli atti successivi.

22 febbraio 2007, n. 4178). Ne consegue che non può trovare ingresso in sede

Risulta dalla difesa della Boomerang (pag.16 del controricorso) che venne
trascritta la vendita ma non l’obbligo di non edificare, tanto che, dal dato
testuale del contratto risultava solo la costituzione della servitù di acquedotto e
non di altre servitù.
Effettivamente, se un contratto di compravendita prevede anche la costituzione
di una servitù a favore di un terzo o dello stesso alienante devono chiedersi

costituzione della servitù. La richiesta della trascrizione della sola
compravendita, infatti, non è sufficiente a ricomprendere anche l’altra. Inoltre,
nei successivi atti di trasferimento della proprietà non viene più menzionata la
pretesa servitù.
Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, risulta dal testo della
sentenza impugnata che nel contratto del 16.11.1984 tra i venditori Monti e la
società Mc Bell’s, le parti non facevano menzione ad alcuna servitù, limitandosi
a prevedere che l’inedificabilità era legata a vincoli urbanistici, poiché, secondo
il piano regolatore, l’area era destinata a servizi inerenti la spiaggia.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater,
applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto dopo il 30
gennaio 2013), sussistono i presupposti per il raddoppio del versamento del
contributo unificato da parte del ricorrenti, a norma dello stesso art. 13,
comma 1 bis.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido tra loro al pagamento delle
spese di lite che liquida in 5000,00 per compensi oltre 200,00 per esborsi in
favore della Boomerang s.r.l. ed C 4000,00 per compensi ed C 200,00 per
esborsi in favore della Maison & c s.a.s oltre spese generali ed accessori di
legge.
Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente

due separate iscrizioni: la prima per la compravendita e la seconda per la

principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 7 dicembre 2017
Il Presidente

Il Consigliere estensore

Dott. Stefano Petitti

Dott.ssa Rossana Giannaccari

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)

Giudizialtcs

DEPOSITATO IN CANCELLERIA
Rom a ,

09 AGO. 2018

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