Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2069 del 05/02/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 2069 Anno 2015
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA

sul ricorso 14454-2011 proposto da:
MONTESI

RIGHETTI

FRANCESCO

MNTFNC53T11H501T,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MICHELE
MERCATI 38, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE
MANDARA, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato GIUSEPPE VISCONTI giusta procura a
»
2.014

margine del ricorso;
– ricorrente –

1962
contro

INDIPENDENT PROMOTIONS LTD 97218640155, in persona
del suo amministratore e legale rappresentante pro

1

Data pubblicazione: 05/02/2015

tempore,

dott.ssa

FRANCESCA

SANSEVERINO,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CONCA D’ORO
287, presso lo studio dell’avvocato ITALIA TRIFILIO,
rappresentata e difesa dall’avvocato EFREM GRECO
giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 814/2010 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 04/10/2010 R.G.N.
1014/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/10/2014 dal Consigliere Dott. RAFFAELE
FRASCA;
udito l’Avvocato GIUSEPPE MANDARA;
udito l’Avvocato MARIA PAOLA COSTANTINI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

«

R.g.n. 14454-11 (ud. 9.10.2014)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

§1. Francesco Montesi Righetti ha proposto ricorso per cassazione
contro la Indipendent Promotions Ltd avverso la sentenza del 4 ottobre 2010,
con la quale la Corte d’Appello di Catanzaro ha rigettato l’appello da lui

Sezione Distaccata di Chiaravalle Centrale.
Il Tribunale, investito dall’intimata di uno sfratto per morosità di alcuni
immobili siti all’interno di un fondo rustico, locati al ricorrente per uso
abitativo ed alloggio per l’espletamento di un’attività agrituristica, dopo
avere negato la convalida e disposto il cambiamento del rito per la cognizione
piena, con sentenza del 23 giugno 2009 aveva dichiarato risolto il contratto
locativo e condannato esso ricorrente al rilascio ed al pagamento della somma
di euro 14.202,65 oltre accessori di legge, nonché dei canoni dovuti fino
all’esecuzione del rilascio.
§2. Al ricorso, articolato con sei motivi, ha resistito con controricorso
l’intimata.
§3. Parte ricorrente ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

§1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia “violazione di norme sulla
competenza, in particolare: degli artt. 26 della Legge 11 febbraio 1971 n. 11,
47 della Legge 3 maggio 1982 n. 203 e 9 della Legge 14 febbraio 1990 n. 29),
in relazione all’art. 360, primo comma, n. 2) c.p.c. “.
Vi si assume che la Corte territoriale, nel rigettare il motivo di appello
che il qui ricorrente aveva proposto riguardo all’essere stata disattesa
l’eccezione di sussistenza sulla controversia della competenza della sezione
specializzata, avrebbe proceduto ad un esame della stessa sulla base di
3
Est. Con4. Raffaele Frasca

proposto contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Catanzaro,

R.g.n. 14454-11 (ud. 9.10.2014)

un’analisi dei documenti agli atti (in particolare esaminando la scrittura
privata di stipula della locazione ed il certificato di iscrizione all’elenco
regionale dei soggetti abilitati all’esercizio delle attività agrituristiche
rilasciato al Montesi) e delle difese svolte dalle parti, facendo luogo ad
<>.
La Corte calabra ha condiviso la deduzione dell’appellante Montesi circa
l’erroneità della motivazione del primo giudice alla stregua del principio di
diritto di cui alla giurisprudenza di questa Corte e segnatamente di Cass. n.
22895 del 2005 (che ha riportato), ma ha poi sostenuto, esercitando i poteri
propri del giudice d’appello conseguenti all’effetto devolutivo del gravame
sulla questione, che, tuttavia proprio in base ad esso l’eccezione di
incompetenza era infondata.
Tanto ha sostenuto così motivando: <>, così

R.g.n. 14454-11 (ud. 9.10.2014)

scrittura privata de qua e solo al limitato fine di indicare il titolo
professionale del conduttore; giammai, infatti detta qualità è posta in
relazione, nelle clausole contrattuali o nelle difese di parte, con l’oggetto del
contratto di locazione che rimane circoscritto inconfutabilmente al
conferimento in locazione di beni immobili rappresentati da fabbricati

odierne parti in causa.)>>.
§1.2. Ora, tale motivazione risulta in piena consonanza con il criterio di
delibazione dell’eccezione di sussistenza della competenza del giudice
specializzato agrario che da tempo risalente è presente nella giurisprudenza di
questa Corte e che, sul riflesso che compete al giudice specializzato accertare
se il rapporto ha natura agraria oppure no, ritiene che il giudice “ordinario”, di
fronte al quale sia eccepita la sussistenza della competenza del giudice
speciale, possa evitare la declinatoria di competenza e, quindi, rimettere
comunque al giudice specializzato l’accertamento del modo di essere del
rapporto, solo se la stessa deduzione della c.d. agrarietà sia prima facie e,
quindi, in limine litis priva di fondamento in modo manifesto.
E’ questo il senso del principio di diritto che la sentenza qui impugnata
dice richiamato dal Montesi a sostegno del suo motivo di appello e di cui,
peraltro, nell’illustrazione del motivo il Montesi (in modo singolare) non
reitera l’invocazione per dimostrare che la sentenza stessa l’avrebbe male
applicato al caso di specie.
§1.3. Al riguardo si ricorda che il principio de quo è del seguente tenore:
<> (Cass. n. 15881 del 2014; che ripete il principio di cui a
Cass. n. 4595 del 2000, Cass. (ord.) n. 15151 del 2001 e Cass. (ord.) n. 447
del 2005).
§1.4. Ora, il significato di quel principio è nel senso che l’eccezione di
incompetenza del giudice “ordinario” a beneficio della competenza del
6
Est. Cons. taffaele Frasca

operata dalla parte a sostegno delle proprie tesi difensive, ovvero manchi del

R.g.n. 14454-11 (ud. 9.10.2014)

giudice specializzato dev’essere rigettata quando la prospettazione
dell’agrarietà del rapporto sia in contrasto con le stesse allegazioni di chi la
prospetti o quando non è articolata con allegazioni idonee in astratto ad
evidenziare l’agrarietà del rapporto.
Sotto tale secondo profilo tra le allegazioni delle parti rilevanti e da

negli atti difensivi in limine litis ma anche quelle che, articolate in essi,
rinviino ai documenti parimenti prodotti in quella fase, atteso che ciò che è
vietato è il compimento di un’attività istruttoria, cioè di un’attività diretta
all’assunzione di prove costituende, atteso che tanto evoca il concetto di
istruzione. Ciò, anche nella forma supposta dall’ultimo comma dell’art. 38
c.p.c., allorquando allude alla possibilità di una sommaria istruzione, la quale,
dunque, alla stregua di detto principio ed in ragione della competenza
esclusiva sull’accertamento della natura agraria del rapporto litigioso,
sostanzialmente resta anch’essa preclusa. Semmai, deve epitasi che le
allegazioni che risultano riprodotte dai documenti debbono anch’esse
presentare i caratteri sopra ricordati.
Ebbene, la Corte territoriale si è ispirata proprio a questi principi con la
sopra riportata motivazione, essendosi limitata a dare rilievo alla inidoneità
della stessa prospettazione del ricorrente ad evidenziare l’agrarietà,
considerandola sia quanto alle allegazioni con cui era stata articolata, sia
quanto al loro confronto con le emergenze del contratto cui esse si
ricollegavano. La Corte ha, dunque, compiuto una valutazione della
competenza proprio secondo il criterio imposto dal limite dell’accertamento
prima facie della situazione giustificativa della competenza del giudice
specializzato.
Che la valutazione sia rimasta nel detto confine è d’altro canto,
convalidato dal fatto che nell’illustrazione del motivo si è preferito sostenere
che si sarebbe proceduto ad un’analisi dei documenti agli atti e ad
7
Est. Cons. 1afae1e Frasca

apprezzarsi nel detto modo si debbono considerare non solo quelle articolate

R.g.n. 14454-11 (ud. 9.10.2014)

un’articolata esegesi interpretativa del contratto, senza però preoccuparsi di
commentare le espressioni con cui la Corte territoriale ha reso la sua
valutazione e senza dimostrare come esse siano state espressione di quanto si
sostiene e, soprattutto, di uno scostamento dai principi della giurisprudenza di
questa Corte e dallo stesso principio che nell’appello era stato invocato.

§2. Con un secondo motivo si denuncia “vizio di motivazione, rilevante
ex art. 360 n. 5 c.p.c., in merito alla ricostruzione di fatto decisivo e
controverso per non aver preso in considerazione l’esistenza di un
collegamento tra i fabbricati oggetto del contratto e i fondi contigui”.
Con tale motivo si denuncia un vizio di motivazione in ordine
all’apprezzamento delle risultanze del contratto, ma assumendone sempre la
rilevanza ai fini della soluzione data dalla Corte territoriale alla questione di
competenza.
L’invocazione del paradigma del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. è erronea, dato
che il vizio di motivazione nella ricostruzione della quaestio facti rilevante ai
fini dell’individuazione della competenza, appartenendo tale ricostruzione alla
stessa questione di competenza avrebbe dovuto dedursi ai sensi del n. 2
dell’art. 360 c.p.c. come in ogni caso di sindacato della Corte di cassazione
sulla violazione di norme del procedimento, (in proposito si ricorda il
risalente principio di diritto secondo cui <>: così già Cass. n. 5953 del 1978).
Scrutinando la censura alla stregua del parametro del n. 2 dell’art. 360
c.p.c., essa, sempre in base al criterio di valutazione prima facie, risulta priva
di fondamento. Si risolve, infatti, nella postulazione che, ai fini della
individuazione di una questione che avrebbe giustificato la competenza del
8
Est. Cons. WaffaelelFrasca

§1.3.11 primo motivo è, dunque, rigettato.

R.g.n. 14454-11 (ud. 9.10.2014)

giudice specializzato, la Corte territoriale non avrebbe considerato che il
contrato, pacificamente riguardante immobili che si trovavano all’interno di
un fondo rustico, si presentava collegato all’azienda agraria esercitata su di
esso. Tanto si desumerebbe dalla lettura delle clausole del contratto, di cui
agli artt. 2 (rubricato “Destinazione” ed avente il seguente tenore:

“La

agrituristica e per quelle ad essa collegate e connesse che dovrà essere
effettuata direttamente dal conduttore Dott. Francesco Montesi Righetti quale
titolare dell’omonima azienda agricola.”) e 9 (che viene evocato nella parte
in cui autorizzava il conduttore”ad apportare agli immobili locati i
miglioramenti che si rendessero necessari ed opportuni per un loro più utile
utilizzo ai fini dell’esercizio dell’attività agrituristica”).
Ora, una volta ricordato che «L’inquadramento dell’attività
agrituristica (già disciplinata con la legge n. 730 del 1985, poi con il d.lgs. n.
228 del 2001 ed interamente regolamentata di nuovo con la più recente legge
n. 96 del 2006) in quella agricola è subordinato alla condizione che
l’utilizzazione dell’azienda agricola a fine di agriturismo sia caratterizzata da
un rapporto di complementarità rispetto all’attività di coltivazione del fondo,
di silvicoltura e di allevamento del bestiame, che deve comunque rimanere
principale (ovvero – secondo la dizione dell’attuale legge 20 febbraio 2006, n.
96 – “prevalente”). » (Cass. n. 8851 del 2007), l’assunto che la locazione con
un apposito contratto “per uso abitazione e alloggio per l’esercizio
dell’attività di agriturismo” di immobili che si trovino all’interno di fondi
rustici ad un soggetto conduttore che sia indicato come titolare di un’azienda
agricola evidenzi di per sé una configurabilità prima facie di una natura
agraria del contratto risulta privo di pregio perché la finalizzazione della
concessione del godimento degli immobili locati all’attività di agriturismo da
esercitarsi in connessione con detta azienda palesa soltanto che il titolare di
essa, volendo esercitare l’attività ad essa connessa anche per la particolare
9
Est. Cons. Rffaeie Frasca

locazione si intende per uso abitazione e l’alloggio per l’esercizio dell’attività

R.g.n. 14454-11 (ud. 9.10.2014)

finalità agrituristica, si è garantita, tramite la locazione e dunque un diverso
titolo di godimento, l’acquisizione di beni, gli immobili da destinare ad
alloggio e abitazione degli agrituristi. Non palesa, invece in alcun modo,
sempre prima facie, una natura agraria della concessione di quel godimento,
perché non si comprende come e perché di per sé il conferimento del

dell’azienda agraria in relazione alla quale sarà esercitata l’attività
agrituristica dovrebbe assegnare al contratto con cui il conferimento avvenga
la natura di contratto agrario, che di per sé in alcun modo è funzionale alla
natura del bene conferito, né può divenirlo per la destinazione divisata dal
conduttore.
Ciò si osserva al di là della circostanza che nella specie nella scrittura
privata di locazione la posizione di imprenditore agricolo del Montesi Righetti
viene indicata senza alcun riferimento al fondo al quale si correlava, di modo
che da essa non emergevano nemmeno i termini del preteso collegamento.
Al riguardo, va ricordato che nella esposizione del fatto il ricorrente —
allegando che la vicenda è oggetto di contenzioso, risalente al 2006, con la
stessa International Promotions (di diritto irlandese) e altri soggetti, di un
contenzioso dinanzi al Tribunale di Milano – ha dedotto che nella comparsa di
costituzione in primo grado aveva sostenuto che tanto la proprietà dei fondi
locatigli, quanto quella del fondo rustico all’interno del quale essi si trovano,
in realtà sarebbe stata di sua pertinenza, essendo stati detti fondi acquistati, in
adempimento di un mandato, in una procedura espropriativa contro la propria
madre (che ne sarebbe stata proprietaria) da una sua prestanome, la quale, poi,
in esecuzione del mandato, aveva affittato gli immobili con la scrittura privata
ad esso ricorrente e il fondo rustico ad un terzo da lui indicato, cioè la Corace
s.r.l.
Ne segue che, secondo quella prospettazione (della quale non è dato
sapere in che termini se ne sia discusso nelle fasi di merito e con quali
10
Est. Cons.

le Frasca

godimento per tale esigenza a chi in altro fondo quale proprietario sia titolare

R.g.n. 14454-11 (ud. 9.10.2014)

sviluppi istruttori), l’azienda agraria con cui sarebbe sussistito il collegamento
e che sarebbe stata esercitata sul fondo rustico sarebbe stata condotta a titolo
di affitto formalmente da un soggetto terzo, la società Corace, onde il
riferimento alla titolarità dell’azienda omonima in capo al ricorrente nel
contratto di locazione di cui è causa risultava (come risulta) ancora più

prospettazione del collegamento negoziale risultava del tutto incerta ed
indeterminata ed anzi tutta da verificare, in ragione della diversità formale
dei soggetti della locazione degli immobili e dell’affitto del fondo rustico e
considerato che la prospettazione del ricorrente era anche sub iudice in altro
giudizio.
Poiché nella specie non si era in presenza del conferimento da parte di
uno stesso soggetto ad altro soggetto del godimento degli immobili da servire
per agriturismo con un contratto e del conferimento del godimento di fondi
rustici con altro separato contratto, la valutazione della prospettazione del
Montesi Righetti risultava tale da non evidenziare una situazione in cui prima
facie si configurasse una controversia di natura agraria.
Il motivo, pur ricondotto al n. 2 dell’art. 360 c.p.c., è, dunque, rigettato.
§3. Con il terzo motivo si denuncia “omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi
dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.
Anche questo motivo, come quello precedente, prospetta in realtà non un
vizio relativo alla quaestio facti oggetto della decisione, bensì un preteso vizio
concernente la quaestio facti rilevante per la valutazione dell’eccezione di
competenza del giudice specializzato. Esso va, dunque, ricondotto al n. 2
dell’art. 360 c.p.c.
Vi si sostiene che la Corte territoriale, nell’affermare, per disattendere
l’eccezione, che <>,
non avrebbe considerato i documenti al n. 1 al 16 che il Montesi aveva posto a
base, producendoli con l’atto di appello, dell’istanza di sospensione

a giustificare l’accoglimento dell’istanza con l’ordinanza del 29 settembre
2009.
Dei detti documenti, che sarebbero stati idonei se esaminati <> si lamenta che la Corte
territoriale avrebbe omesso la considerazione in sede di decisione, pur
avendoli valutati ai fini della sospensiva.
§3.1. Il motivo, in disparte un profilo di inammissibilità derivante dalla
mancata indicazione del se e dove sarebbe esaminabile la detta ordinanza in
questa sede (non essendosene indicata la produzione in copia e nemmeno —
alla stregua di Cass. sez. un. n. 22726 del 2011 — indicata la presenza nel
fascicolo d’ufficio della Corte territoriale, con conseguente violazione
dell’art. 366 n. c.p.c.) ed in disparte l’assoluta mancanza di attività assertiva
volta ad evidenziare in ciascuno dei documenti (riprodotti in copia fotostatica)
ciò che supporterebbe la prospettazione (con, peraltro, ulteriore preliminare
violazione dell’art. 366 n. 6 c.p.c., perché non si indica quale parte del
documento fonderebbe la censura, siccome imponeva quella norma), è privo
di pregio atteso che, trattandosi di documenti prodotti in appello, sebbene per
l’esigenza cautelare sottesa all’istanza di sospensione dell’esecutività della
sentenza di primo grado, non è dato comprendere come, proprio alla stregua
del criterio di valutazione della questione di competenza lumeggiato a

12
Est. Cons. Ra

asca

dell’esecutività della sentenza di primo grado e che erano stati ritenuti idonei

R.g.n. 14454-11 (ud. 9.10.2014)

proposito dell’esame del primo motivo, li si sarebbe potuti considerare
rilevanti ai fini della delibazione di quella questione.
Si aggiunga ancora che il contenuto dell’ordinanza fa riferimento
all’esistenza di un danno irreversibile ai fini della giustificazione della
sospensione senza nulla sottendere sulla qualificazione del rapporto di cui

considerazione sotto quel profilo e meno che mai la questione dell’agrarietà
del contratto e, quindi, della competenza.
Il motivo è, pertanto, rigettato.
§4. Con il quarto motivo si deduce “error in procedendo, rilevante ai
sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. per non aver qualificato come
attinente a condizione dell’azione la nostra eccezione, con conseguenzeRei
inesatta ripartizione dell’onere della prova.”.
Il motivo si correla alla contestazione che il ricorrente, reiterando quella
a suo dire svolta già, a seguito delle richieste di pagamento stragiudiziali, con
una lettera del 27 gennaio 2007 (riprodotta nell’esposizione del fatto), aveva
prospettato fin nella comparsa di risposta in ordine alla sussistenza in capo
alla società attrice della legittimazione ad agire. Detta contestazione era stata
prospettata sotto il profilo che nel contratto la locatrice risultava identificata
come “Indipendent Promotion Ltd, con sede in Dublino, cioè in Irlanda,
mentre l’attrice si era qualificata come “Indipendent Promotion Ltd” avente
sede nelle Isole Marshall, onde, secondo il ricorrente, difettava la prova che
essa si identificasse nella società locatrice e si doveva ritenere che il soggetto
fattosi attore fosse un soggetto diverso da quello cui faceva capo il rapporto
dedotto in giudizio.
Il motivo sostiene di voler criticare la motivazione della sentenza
impugnata là dove avrebbe considerato quella questione come relativa a una
condizione dell’azione, ma non identifica in modo immediatamente
percepibile e puntuale la motivazione che assume oggetto della critica.
13
Est. Cons. Ra

rasca

alla scrittura, di modo che la qualità del Montesi Righetti non è certo presa in

R.g.n. 14454-11 (ud. 9.10.2014)

Si dice infatti che con la sentenza impugnata la Corte territoriale <>
e, quindi, si riporta il seguente passo motivazione della sentenza: “l’attore
[ha] fatto valere in giudizio — secondo la prospettazione in atti — il proprio

di locazione stipulato con controparte».
E’ palese che di per sé l’espressione così riportata, per il suo stesso
tenore, non si individua affatto, come espressiva di una motivazione della
decisione: si tratta, infatti, di espressione priva di qualsiasi forza assertiva e di
esternazione di convincimento.
Ne segue che il motivo risulta sotto tale profilo presentare una ragione di
parziale inammissibilità dato che il motivo di ricorso per cassazione,
integrando come qualsiasi motivo di impugnazione una critica alla
motivazione della decisione impugnata (Cass. n. 359 del 2005, seguita da
numerose conformi) deve necessariamente indicare qual è la motivazione
criticata (in termini già Cass. n. 1317 del 2004, seguita da numerose
conformi), altrimenti essendo inidoneo allo scopo e, dunque, affetto da nullità.
§4.1. Peraltro, ove si proceda alla completa lettura dell’illustrazione del
motivo si coglie, questa volta con riferimenti evocativi della motivazione
della sentenza impugnata, sebbene indiretti, che la tesi che vi si sostiene è
imperniata sull’assunto che il soggetto che aveva introdotto l’azione, cioè la
società Indipendent Promotions con sede nelle Isole Marshall e nazionalità di
quel paese, per ciò solo, cioè in ragione di questa indicazione della sua sede e
della sua nazionalità, non si potesse identificare, già al livello della
prospettazione della domanda giudiziale, nella società — indicata nel contratto
locativo – Indipendent Promotions, con sede in Irlanda e di nazionalità
irlandese. Con la conseguenza che già soltanto sulla base della prospettazione
de qua l’onere della prova della sussistenza di detta identità sarebbe stato a
14
Est. Cons. R

asca

personale diritto alla percezione dei canoni di locazione in virtù del contratto

R.g.n. 14454-11 (ud. 9.10.2014)

carico dell’attrice, perché la posizione della medesima — si dice – non sarebbe
stata dissimile da quella che ha un soggetto che agisce qualificandosi come
erede di colui che era titolare del diritto azionato e, quindi, come soggetto
diverso da costui.
Ora, questa prospettazione, che dovrebbe servire a contrastare la

lettura della stessa si percepisce con maggiore chiarezza imperniata, alle
pagine 11-12, sull’assunto, sostenuto citando il principio di diritto Cass. n.
14468 del 2008, che detta prospettazione si concretasse in effetti in una
contestazione della legittimazione in senso sostanziale e, dunque, in una
questione di merito afferente alla titolarità della situazione giuridica
sostanziale), è priva di fondamento in iure.
Queste le ragioni.
§4.2. Invero, nella fattispecie, avendo la società attrice la stessa
denominazione di quella indicata nel contratto locativo, la mera circostanza
che essa avesse indicato nell’atto introduttivo di aver sede nelle Isole
Marshall e che tale sede non coincidesse con quella invece indicata nel
contratto locativo non evidenziava certamente che in ragione di tale
prospettazione, cioè per il sol fatto di aver indicato una diversa sede, si
dovesse ritenere che essa si fosse presentata già in limine litis come un
soggetto diverso da quello figurante nel contratto come locatrice e dunque
legittimato in base ad esso all’azione.
Per escluderlo è sufficiente osservare che la sede di una persona
giuridica non è elemento di identificazione della stessa come soggetto
giuridico e ciò non diversamente da come la residenza o il domicilio di
una persona fisica non lo sono rispetto ad essa. Si tratta soltanto di un
elemento di localizzazione del luogo riferibile ad essa in via principale,
presso il quale i terzi possono compiere atti nei suoi confronti.

15
Est. Cons. Haffa1Frasca

indirettamente evocata motivazione della sentenza impugnata (che sol dalla

R.g.n. 14454-11 (ud. 9.10.2014)

Ne segue che deve escludersi che, per il solo fatto dell’agire della società
attrice con l’indicazione di una sede diversa (e di conseguenza di una
nazionalità diversa) si vertesse in alcun modo in un caso in cui l’azione
figurava, a livello di allegazione dell’attrice, essere stata esercitata da un
soggetto di per sé, cioè sulla base delle sue allegazioni, si fosse presentato

causa petendi.
Non versandosi in una simile situazione, la contestazione formulata dal
convenuto nel senso che la società attrice, appunto in base alle sue stesse
allegazioni circa la diversa sede e nazionalità (rispetto al contratto), non
sarebbe stata identificabile con quella titolare della posizione di locatrice e,
quindi, del diritto fatto valere con l’azione, si risolse in una vera e propria
contestazione circa la spettanza effettiva alla società attrice, per come
esercente l’azione, del diritto fatto valere. Tale contestazione, appunto per la
ragione che sede e nazionalità non sono di per sé elementi identificatori della
persona giuridica, non fu allora giustificata dalle stesse allegazioni
dell’attrice, non essendo idonea all’uopo la deduzione della nuova sede e
nazionalità, ma fu determinata da un dubbio insorto (già stragiudizialmente)
nel convenuto e, dunque, fu frutto di una sua prospettazione.
Integrando, dunque, la prospettazione svolta dal Montesi Righetti una
contestazione della titolarità in capo alla società attrice della posizione attiva
fatta valere in giudizio e non il rilievo della deduzione da parte della stessa
attrice di una sua affermazione della legittimazione in senso processuale ad
agire non corrispondente alla posizione attiva del rapporto dedotto in giudizio
e, dunque, della sua titolarità, competeva al qui ricorrente ed eccipiente
l’onere della prova del fondamento della sua eccezione, cioè che la società
attrice avesse esercitato un diritto di cui non era titolare, per non essere essa
identificabile con quello titolare in astratto (cioè salvo verifica delle
condizioni nel merito) secondo la fattispecie sostanziale.
16
Est. Cons. Rat

Frasca

come distinto da quello di cui al contratto locativo dedotto in giudizio come

R.g.n. 14454-11 (ud. 9.10.2014)

Si vuol dire, in altri termini, che, in una situazione in cui gli elementi di
identificazione della società attrice coincidevano con quelli della società
emergente come titolare del diritto fatto valere sulla base del contratto e solo
l’elemento — certamente non identificatore – della sede e della nazionalità non
coincideva, incombeva a carico del convenuto, naturalmente a livello iniziale

provare che tale coincidenza invece non vi fosse e che la società attrice,
nonostante l’identità degli elementi di identificazione, fosse in realtà un
soggetto distinto dal titolare del diritto secondo il contratto e, dunque,
secondo il rapporto dedotto in giudizio.
Invero, quando il convenuto contesta non già la legittimazione ad agire
in senso processuale dell’attore, cioè non deduce che l’attore abbia agito
senza affermarsi nelle sue stesse allegazioni titolare del diritto fatto valere
(c.d. difetto legittimazione in senso processuale) o abbia agito con allegazioni
che dimostrino esse stesse il difetto di tale titolarità, bensì che l’attore non è
l’effettivo titolare della posizione attiva del rapporto dedotto in giudizio (il
che accade quando il convenuto sostenga che il soggetto attore, pur essendosi
prospettato formalmente e secondo le sue allegazioni come il titolare della
posizione attiva azionata, in realtà non lo sia), l’onere della prova della
contestazione relativa al difetto di detta titolarità, se naturalmente questa trovi
rispondenza nel primo apporto probatorio fornito dall’attore (come nella
specie la trovava nel contratto locativo), grava in prima battuta sul convenuto

eccipiente, trattandosi di appunto di contestazione della c.d. legittimazione
attiva in senso sostanziale.
L’onere scatta a carico del convenuto quando la prospettazione
dell’attore circa la titolarità del diritto fatto valere sia assistita nella
prospettazione dell’attore da un riscontro probatorio, dato che l’onere della
prova dei fatti costitutivi del diritto fatto valere ai sensi dell’art. 2697 c.c. è a
carico dell’attore.
17
Est. Cons. Raffa

sca

nello svolgimento del contradditorio, l’onere di fornire elementi idonei a

R.g.n. 14454-11 (ud. 9.10.2014)

Nella specie, come s’è già detto, l’attrice aveva fondato la sua
prospettazione sul contratto che la identificava come titolare della posizione
di locatrice e, pertanto, la contestazione di tale titolarità formulata dal
convenuto lo onerava di dare dimostrazione di tale asserto, naturalmente
fornendo elementi probatori all’uopo idonei, sì da superare il valore di quello

come locatrice.
Con riferimento alla fattispecie si deve, dunque, affermare quanto segue:
Quando l’azione è esercitata da una persona giuridica, che presenti la stessa
denominazione di quella che, nella vicenda sostanziale con cui si è svolto il
rapporto dedotto in giudizio e da cui origina la richiesta di tutela, è
identificata come titolare del rapporto (e, quindi, del preteso diritto da essa
derivante ed oggetto dell’azione esercitata), la sola circostanza che l’attrice fondando la sua domanda appunto sugli atti attraverso i quali la vicenda si è
svolta e che la identifichino come titolare del diritto – abbia indicato in essa di
avere una sede ed una nazionalità diverse da quelle con cui figurava in quegli
atti, non determina una situazione in cui la società attrice, in base alle sue
allegazioni, si debba considerare come un soggetto diverso da quello della
vicenda stessa e, dunque, si debba reputare come un soggetto che appaia
esercitare formalmente un diritto altrui, con conseguente carenza di
legittimazione ad agire in senso processuale. Ne consegue che deve escludersi
che, per effetto della mera contestazione da parte del convenuto della diversità
di quegli elementi, incomba a suo carico l’onere di dimostrare di essere lo
stesso soggetto della vicenda dedotta o di essere subentrata come altro
soggetto nel diritto. Viceversa, è il convenuto che contesti l’identità fra la
persona giuridica attrice e quella emergente dagli atti della vicenda
sostanziale, adducendo la diversità di sede e di nazionalità come elementi che
evidenzierebbero l’essere l’attrice “altro soggetto”, ad essere gravato, in
prima battuta e salvi i successivi sviluppi delle repliche nel contraddittorio a
18
Est. Con

Frasca

emergente dal contratto locativo, in quanto identificante la società attrice

R.g.n. 14454-11 (ud. 9.10.2014)

livello probatorio, di fornire e dar prova di elementi idonei alla dimostrazione
dell’inesistenza di detta identità, perché nella descritta situazione la
contestazione si risolve in una negazione del difetto di legittimazione
sostanziale della persona giuridica attrice.
§4.3. 11 motivo è allora conclusivamente rigettato perché l’indicazione

nazionalità non era in alcun modo idonea a giustificare — come si sostiene in
esso – che la società attrice si fosse presentata come un soggetto diverso da
quello che aveva stipulato il contratto locativo, sì da determinare la
conseguenza che fosse essa in prima battuta a dover provare la sua
legittimazione sostanziale o dimostrando di essere lo stesso soggetto rispetto a
quello di cui al contratto o dimostrando di essere sì soggetto diverso, ma
subentrato nel diritto a quello originario.
Incombeva invece al ricorrente addurre e provare in prima battuta
elementi idonei ad evidenziare l’assenza di quella identità e, quindi,
l’estraneità al rapporto locativo della società attrice, potendo l’onus probandi
insorgere solo in presenza di una idoneità di tale elementi ad evidenziare
quell’assenza e, quindi, rimanendo affidato alla successiva evoluzione del
contraddittorio probatorio e delle sue risultanze individuare se l’identità della
società attrice con quella legittimata secondo il rapporto sostanziale fosse
incrinata.
Ne segue che la soluzione cui è pervenuta la Corte è corretta là dove ha
addebitato al ricorrente (che, del resto, ha cercato di farsene carico, come
emergerà dalle questioni di cui si occupano i motivi successivi) l’onere della
prova iniziale, considerando la prospettazione del convenuto e qui ricorrente
come contestazione della legittimazione attiva in senso sostanziale rispetto a
quanto dall’attrice fondato sulla base delle emergenze del contratto.

19
Est. Cons. affaele Frasca

nella domanda di una diversa sede e quella conseguente di una diversa

R.g.n. 14454-11 (ud. 9.10.2014)

§5. Con il quinto motivo si denuncia “violazione e falsa applicazione
degli artt. 25 e 14 Legge 31 maggio 1995 n. 219, rilevante ai sensi dell’art.
360, rimo comma, n. 4 c.p.c.”.
Nel motivo è posta una prima censura con cui si nega che l’attrice
potesse identificasi con la società indicata nel contratto locativo perché,

possibile solo a condizione del mantenimento di una sede anche all’interno
della Repubblica d’Irlanda, onde si sarebbe dovuto concludere che in realtà il
dedotto trasferimento della società dall’Irlanda alle Isole Marshall non
sarebbe stato configurabile, il che avrebbe dimostrato che la società attrice e
quella che aveva stipulato il contratto non si identificavano.
§5.1. La censura non coglie nel segno, giacché, anche a voler considerare
che non si tratti di questione nuova (come si potrebbe essere indotti ad
escludere dato che nell’esposizione del fatto, nel riferire del secondo motivo
di appello, in qualche modo vi si era alluso), non è dato comprendere come e
perché la previsione del diritto irlandese circa il mantenimento di una sede in
Irlanda quando una società si trasferisce all’estero dovrebbe consentire di
trarre la conseguenza voluta dal ricorrente. E’ sufficiente osservare che, se
pure la società attrice avesse violato la legge irlandese sul mantenimento della
sede, la circostanza sarebbe irrilevante, perché non si comprende come tale
violazione possa incidere sulla identificazione del soggetto attore con la
locatrice. Non è dato, cioè, comprendere come e perché dalla circostanza che
la International Promotions di diritto irlandese si sia trasferita alle Isole
Marshall senza lasciare una sede in Irlanda dovrebbe trarsi la conseguenza
che allora un trasferimento non vi è stato e che il soggetto di diritto delle Isole
Marshall non sia il medesimo.
§5.2. Il motivo pone poi una seconda questione che, in disparte la
carenza di osservanza dell’art. 366 n. 6 c.p.c. nella sua illustrazione, all’esito
della soluzione data al motivo precedente risulta irrilevante.
20
Est. Cons. Ra

asca

secondo il diritto irlandese, il trasferimento di una società all’estero sarebbe

R.g.n. 14454-11 (ud. 9.10.2014)

Sotto il primo aspetto, infatti, non si fornisce l’indicazione specifica dei
due “certificates” prodotti dall’attrice, sui quali la censura si fonda, atteso che
essi vengono indicati nell’esposizione del fatto come prodotti all’udienza del
22 ottobre 2008, ma senza che si indichi se e dove essi — anche agli ulteriori
effetti del n. 4 del secondo comma dell’art. 369 c.p.c. – siano stati prodotti e

Sotto il secondo aspetto è comunque assorbente che la questione posta
con la censura, cioè che i due documenti sarebbero stati inidonei a spiegare
efficacia probatoria e che dunque loro tramite non sarebbe stata dimostrata la
mancanza di identità fra la società di diritto irlandese e quella di diritto delle
citate Isole suppone che l’onere probatorio della legittimazione fosse a carico
della società attrice e non invece, come s’è veduto esaminando il precedente
motivo, a carico del qui ricorrente. In sostanza, l’ipotetica inidoneità dei due
documenti a provare l’identità non sarebbe potuta ridondare a carico
dell’attrice.
§5.3. Vi è poi da rilevare su un ulteriore piano che la prospettazione della
inidoneità probatoria dei due certificates in quanto “confezionati dalla stessa
controparte” resta del tutto generica, specie considerando che il significato di
tale dato sarebbe da apprezzare secondo il regime giuridico vigente nelle Isole
Marshall e considerato che nulla si argomenta circa lo sviluppo delle difese
che, nell’esposizione sommaria del fatto (pp. 18-19) si dicono svolte nel
ricorso in appello.
§6. Con il sesto motivo si denuncia “violazione e falsa applicazione degli
artt. 437 e 447-bis c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.” e
“omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa il mancato esercizio
dei poteri istruttori d’ufficio, rilevante ex art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.”.
Vi si sostiene che erroneamente la Corte territoriale avrebbe ritenuto
inammissibile la produzione di due documenti fatta con l’atto di appello,
rappresentati da una visura fatta presso la Camera di commercio di Dublino e
21
Est. Cons. Rffae1rasca

siano quindi esaminabili in questo giudizio.

R.g.n. 14454-11 (ud. 9.10.2014)

da un parere di uno studio legale irlandese. Erroneamente l’inammissibilità
sarebbe stata dichiarata adducendosi che si trattava di produzione tardiva fatta
in violazione delle preclusioni probatorie maturate in primo grado e riguardo
alla quale per un verso non era stata addotta una causa non imputabile al qui
ricorrente che avesse impedito di rispettare la preclusione e per altro verso in

§6.1. Il motivo è innanzitutto inammissibile ai sensi dell’art. 366 n. 6
c.p.c., perché, pur trascrivendosi i due documenti, il primo in calce
all’illustrazione ed il secondo nell’esposizione del fatto, cui l’illustrazione
rinvia, si omette di indicare se e dove i due documenti siano stati prodotti in
questo giudizio di legittimità e possano esaminarsi dalla Corte. E’ vero che
nell’esposizione del fatto e precisamente nel riferire del secondo motivo di
appello, li si indica prodotti con l’atto di appello come documenti n. 17 e 18
(pagina 20 del ricorso), ma nessuna precisazione sul se essi siano stati
prodotti in questa sede si fa e nessuna indicazione di dove eventualmente lo
siano stati. L’indicazione come produzioni n. 17 e 18, del resto non è né nella
pagina 20 né nell’illustrazione del motivo correlata all’indicazione di un
elemento cui la numerazione si relazioni e della sede in cui essa troverebbe
corrispondenza: in particolare non v’è l’indicazione di una presenza nel
fascicolo di parte di secondo grado o nel fascicolo d’ufficio di esso. In
chiusura del ricorso è, d’altro canto, indicata nell’elenco delle produzioni la
produzione del fascicolo di secondo grado, ma in mancanza di un riferimento
dei due numeri 17 e 18 a quanto sarebbe presente in tale fascicolo, la Corte
dovrebbe procedere di sua iniziativa a ricercare se in esso essi si trovino.
Tale ricerca non è consentita, perché si concreterebbe in una supplenza
di un onere di indicazione specifica che era in capo al ricorrente a norma
dell’art. 366 n. 6 c.p.c. a pena di inammissibilità e che avrebbe dovuto
assolversi necessariamente nel ricorso: ciò secondo consolidata
giurisprudenza della Corte: si vedano Cass. (ord.) n. 22303 del 2008 e Cass.
22
Est. Cons.

e Frasca

ragione di ciò negando che si potesse configurare la loro indispensabilità.

R.g.n. 14454-11 (ud. 9.10.2014)

sez. un. n. 28547 del 2007, nonché Cass. sez. un. n. 7161 del 2010, ex multis.
Adde Cass. n. 7455 del 2013.
La Corte non è stata dunque messa in grado di controllare che i due
documenti riprodotti nel ricorso trovino riscontro effettivo nelle (eventuali)
produzioni cui dovrebbero corrispondere.

ulteriormente che il motivo si scinde in due censure.
Con la prima si imputa alla Corte territoriale di non avere esercitato il
potere di disporre mezzi istruttori d’ufficio, sostenendo che l’esercizio del
relativo potere non sarebbe stato impedito dall’eventuale verificazione di
preclusioni alla produzione dei detti documenti.
Con la seconda si sostiene che quella Corte erroneamente non avrebbe
considerato ammissibili le due produzioni utilizzando il concetto di
indispensabilità di cui all’art. 437 c.p.c.
Ora tanto l’una che l’altra censura non sono articolate con la necessaria
attività argomentativa volta a di dimostrare i presupposti per l’esercizio
dell’uno e dell’altro potere giudiziale.
Sotto l’aspetto del potere officioso non è spiegato a che cosa avrebbe
potuto condurre l’eventuale ammissione d’ufficio dei due documenti ai fini
della questione della legittimazione dell’attrice.
Sotto l’aspetto della indispensabilità non è spiegato in che modo essi
avrebbero potuto incidere in modo decisivo sulla valutazione di mancato
assolvimento dell’onere della prova dell’eccezione di difetto di legittimazione

L’unica attività assertiva in qualche modo a ciò almeno asseritamente
finalizzata si coglie a pagina 59 nelle seguenti asserzioni: <> (Cass. n. 3341 del 2009;
in senso simile Cass. n. 7248 del 2009).
Nella specie non è stata neppure fatta una produzione alcuna e dunque i
fatti costitutivi dell’istanza non sono dimostrati.

P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione alla
resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro

25
Est. Cons.Rac1e Frasca

Nel suo controricorso la resistente ha chiesto la liquidazione delle spese

R.g.n. 14454-11 (ud. 9.10.2014)

tremiladuecento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori
come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione

Civile, il 9 ottobre 2014.

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