Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20689 del 09/08/2018


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 20689 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: CRISCUOLO MAURO

SENTENZA
sul ricorso 27837-2014 proposto da:
VARALLO GIOVANNI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
PIEMONTE 39, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA
GIOVANNETTI, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato ANDREA LANCIANI giusta procura a margine del
controricorso;
– ricorrente contro
CONSOB – COMMISSIONE NAZ.PER LA SOCIETÀ E LA BORSA
80204250585, elettivamente domiciliata in ROMA, V.MARTINI
GIOVANNI BATTISTA 3, presso lo studio dell’avvocato
SALVATORE PROVIDENTI, che la rappresenta e difende

Data pubblicazione: 09/08/2018

unitamente all’avvocato GIANFRANCO RANDISI giusta procura
a margine del controricorso;
– controricorrente nonchè contro

– intimati avverso il decreto n. 1561/2014 della CORTE D’APPELLO di
MILANO, depositato M14/04/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
22/09/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il rigetto
del ricorso;
uditi l’Avvocato Lanciani per il ricorrente e l’Avvocato Salvatore
Providenti e Giallongo per la Consob;
RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO
1. Con atto di opposizione ai sensi dell’art. 195 co. 4° e ss.
D.Igs. 58/98 notificato in data 10 ottobre 2013, Varallo
Giovanni lamentava:
1°) la nullità della delibera Consob n. 18640 del 28 agosto
2013 per violazione dell’art. 195 2° TUF in ragione della
violazione del principio del contraddittorio e della distinzione
fra funzioni istruttorie e funzioni decisorie con riguardo alla
mancata comunicazione della relazione conclusiva;
2°) !’insussistenza delle violazioni contestate ai sindaci istanti:
3°) la stessa insussistenza delle violazioni da parte della
società, la cui prova grava unicamente sulla Consob che,
invece, aveva fondato le sue conclusioni su mere congetture, in
particolare con riguardo alla natura delle operazioni di
acquisizione delle partecipazioni in Anghiari e Fimas che

Ric. 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -2-

CAVALITTO GIORGIO, KRENERGY SPA;

rientravano nell’oggetto sociale e nell’attività ordinaria della
società nonché nei piani strategici e di sviluppo;
4°) l’insussistenza del denunciato mancato rispetto delle Linee
guida per la Corporate Governance e delle previsioni di cui
all’art. 8 del Codice di autodisciplina;

dottor Marenco;
6°) l’insussistenza della sua mancanza di indipendenza nella
qualità di sindaco;
ed ha chiesto che la Corte di Appello di Milano sospendesse, in
via cautelare, l’esecuzione della delibera opposta; in via
preliminare, accertasse e dichiarasse che il provvedimento
opposto è stato emesso in violazione del principio del
contraddittorio e, quindi, dichiarasse la nullità ovvero
l’annullamento ovvero la revoca della delibera della Consob n.
18640 emessa in data 28 agosto 2013 e notificata in data 4
settembre 2013 con la quale sono state applicate le sanzioni
amministrative di cui all’art. 193 comma 3 lett. a) nei confronti
dell’opponente, in qualità di sindaco della K.R Energy spa
nonché nei confronti degli altri componenti il Collegio sindacale
e della società stessa; in via principale, dichiari l’illegittimità
e/o infondatezza del provvedimento opposto e, per l’effetto,
revocasse o annullasse o comunque rendesse privo di effetto il
detto provvedimento e dichiarasse che nulla è dovuto
dall’opponente per le pretese sanzionatorie della Consob; in via
subordinata disponesse comunque la irrogazione della sola
sanzione pecuniaria con esclusione della pubblicazione del
provvedimento sul bollettino della Consob, rideterminandone
l’ammontare nel minimo edittale di euro 25.000,00.
2. Nella resistenza della Consob che si è costituita chiedendo la
reiezione del ricorso, raccolto il parere del.P.M. sia sull’istanza

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5°) l’insussistenza di violazioni dell’art. 2391 c.c. da parte del

di sospensione sia nel merito – di rigetto dell’istanza di
sospensione e delle domande dell’opponente -, e concesso
termine a parte opponente per replicare alla memoria Consob,
la Corte d’Appello di Milano con decreto dell’Il aprile 2014
rigettava l’opposizione.

delibera per violazione dell’art. 195 co. 2° TUF per lesione del
principio del contraddittorio e della distinzione fra funzioni
istruttorie e funzioni decisorie, per non avere la Consob
comunicato la relazione conclusiva dell’USA.
Ad

avviso della

Corte d’Appello si doveva

aderire

all’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione a sezioni
unite che, con sentenza n. 20935 del 19 dicembre 2009, è
giunta a negare la fondatezza del rilievo osservando che il
principio del contraddittorio deve pur sempre modellarsi in
concreto, in funzione, cioè, dello stato in cui si trova la
procedura al momento dell’acquisizione delle ulteriori prove, e
non implica affatto, di per sé, la necessità della relativa
assunzione alla costante presenza della parte.
La descrizione che la stessa parte opponente offriva dello
svolgersi del procedimento – al quale aveva attivamente
partecipato – dimostrava come nessuna violazione del principio
del contradditorio fosse stata posta in essere dalla Consob.
2.2 Quanto al merito dell’opposizione, rilevava che la Consob
aveva svolto verifiche con riferimento a due operazioni aventi
ad oggetto l’acquisizione, da parte di KREnergy delle società
Anghiari srl e Fimas srl realizzate tra il mese di dicembre 2011
ed il mese di gennaio 2012 ed aveva contestato, all’esito,
all’opponente, nonchè all’Avv. Gianfranco Macconi, al Dott.
Cavalitto e alla KREnergy, violazioni dell’art. 149, comma 1 del
D. Lgs n. 58/98 (Tuf), nonché ai sensi dell’art. 195 comma 1

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2.1. In primo luogo era disattesa l’eccezione di nullità della

del Tuf, l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 193, comma
2, lett. a), del citato decreto, in relazione:
– alla violazione dei doveri di vigilanza imposti ai sindaci dalla
legge e dall’atto costitutivo (art. 149 comma 1 lett. a) del TUF)
relativamente al rispetto:

art. 2391-b. is c.c. e del Regolamento Consob n. 17221 del 12
marzo 2010, prevista per le operazioni con parti correlate di
maggiore rilevanza;
b) dell’art. 2391 comma 1 c.c. per la sussistenza di interessi
per conto proprio dell’amministratore delegato dottor Marco
Ma renco;
c) delle disposizioni di cui all’art. 148 TUF in relazione ai
requisiti di indipendenza dei sindaci con riguardo alla specifica
posizione del sindaco dottor Giovanni Varallo;
– alla mancata vigilanza “sulle modalità di concreta attuazione
delle regole di governo societario previste da codici di
comportamento redatti da società di gestione di mercati
regolamentati o da associazioni di categoria, cui la società,
mediante informativa al pubblico, dichiara di attenersi” (art.
149 comma 1 lett. c-bis) TUF), relativamente al rispetto:
a) delle linee guida per la Corporate Governance adottate in
attuazione del codice di Autodisciplina cui la Società aveva
dichiarato di aderire, con riguardo alla omessa verifica del
rispetto delle competenze sulle materie oggetto di riserva al
Consiglio dì Amministrazione nonché del limite massimo della
delega ad operare conferita all’AD dottor Marenco:
b)

delle previsioni contenute nell’art. 8 del Codice di

Autodisciplina, cui la società aveva dichiarato di aderire,
relativamente alla situazione di mancanza di indipendenza del
sindaco dottor Varallo.

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a) della disciplina procedurale e di trasparenza informativa, ex

Secondo la decisione gravata le contestazioni mosse
dall’opponente non erano fondate.
La KREnergy – holding di partecipazioni quotata sul MTA,
avente ad oggetto un’attività prevalentemente finanziaria, di
controllo e di marketing strategico per le società facenti parte

produzione di energia da fonte solare e da cogenerazione
nonché dell’impiantistica – all’epoca dei fatti stava vivendo un
momento di difficoltà finanziaria e patrimoniale e aveva
adottato un Piano di Risanamento che prevedeva un aumento
del capitale sociale in opzione destinato al suo riequilibrio, la
rimodulazione del debito bancario e commerciale, la chiusura
dei principali contenziosi in corso e la realizzazione di nuovi
investimenti da finanziare attraverso la cessione di assets ed il
reperimento di nuove risorse finanziarie «cfr. Prospetto
informativo pubblicato il 26.11.2011).
Tra il dicembre 2011 e il gennaio 2012, la società aveva
acquisito l’intero capitale sociale delle società Anghiari srl e
Fimas srl mediante due operazioni aventi ad oggetto ciascuna
l’acquisizione del 50% del capitale sociale delle due società e
due contestuali cessioni di credito, ciascuna per un
corrispettivo pari a complessivi euro 9.950.000,00, in favore
l’una di Noveis srl e l’altra di Fisi srl, operazioni che
consentivano l’ingresso della società in un settore a lei
sconosciuto, quello idroelettrico, da finanziare con le risorse
provenienti dalla sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale
previsto dal Piano di Risanamento e pari ad euro
19900.000,00.
La prima operazione, realizzata il 27 dicembre 2011, ha avuto
ad oggetto l’acquisizione del 50% del capitale sociale di
Anghiari srl e Fimas da Milanesio srl e la contestuale cessione a

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del gruppo dalla stessa controllato, operante nei settori della

Noveis (all’epoca correlata di KREnergy) del credito che
Milanesio vantava nei confronti di KREnergy; cessione che
poggiava sull’acquisto, che Milanesio aveva concluso lo stesso
27 dicembre 2011, di una partecipazione pari al 10% del
capitale sociale di Orione srl (partecipata all’epoca dei fatti da

società indirettamente controllata, tramite FISI, dall’AD dottor
Marenco -, da Trafalgar spa al 30%, da Milanesio al 10% e da
Arnolfo srl al 10% nonché proprietaria tramite Calcinere srl
della centrale idroelettrica ‘Calcinere”) per euro 7.700.000,00,
di titolarità della Noveis. Il residuo importo pari ad euro
2.450.000,00 – pari alla differenza tra il prezzo
dell’acquisizione da parte di KREnergy e la cessione del credito
– sarebbe stato regolato da separati accordi contrattuali in
relazione “alla possibile modifica dell’assetto proprietario di una
società partecipata da entrambe anche in relazione a possibili
sinergie tra i soci’: questo è quanto risultava dalla lettera
29.2.2012 sottoscritta dal dottor Varallo, sindaco della
KREnergy nonché AU della Noveis, socio al 25% di Area51 srl che partecipava interamente la Noveis -, consigliere della
stessa Area51 srl, A.U. di Argo srl e di Giano srl, società
controllate da Noveis (cfr. bilancio al 31.12.2010), A.U. di
Orione (partecipata da Noveis) e sindaco effettivo di Trafalgar
che partecipava Orione al 30% dal 10. 7.2009.
Detta acquisizione era stata decisa, conclusa ed eseguita dal
Dott. Marenco – detentore del 66,643 % delle azioni ordinarie
con diritto di voto della KREnergy tramite le controllate Fisi srl
e MT Holding S.p.A. nonché AD della società dal 9 febbraio
2011 – al quale erano stati attribuiti i poteri di
amministrazione, nel limite di spesa di euro 10.000.000,00 con la sola esclusione dei poteri riservati per legge e per

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Noveis al 35%, da IDREG Piemonte al 15% – quest’ultima

statuto alla competenza di CdA e con la facoltà di compimento
degli atti a lui delegati oltre il limite di spesa e/o il valore sopra
indicato a firma congiunta con almeno uno degli altri due
amministratori.
Inoltre, solo nella riunione consiliare del 10 gennaio 2012 –

informato il Cda rappresentando anche la volontà di portare a
compimento l’intera operazione mediante l’acquisizione del
residuo 50% del capitale sociale delle società Anghiari e Fimas,
acquisizione conclusa il 16 gennaio 2012 dallo stesso dottor
Marenco in forza della delega attribuitagli, su sua proposta, dal
CdA e per il prezzo di euro 9.950.000,00 pagato mediante
cessione pro soluto del credito vantato dalla cedente Arnolfo in
favore di Fisi. Il rapporto sottostante a tale cessione era
costituito dall’acquisto di una partecipazione pari al 10% in
Orione da parte della Arnolfo conclusa lo stesso 16 gennaio
2012 al prezzo di euro 7.500.000,00 e la differenza pari ad
euro 2.450.000,00 sarebbe stata regolata da separati accordi
contrattuali (cfr. lettera Fisi 6.3.2012).
Osservava il decreto gravato che la stessa società di revisione
Deloitte, con lettera 10.2.2012 indirizzata al Collegio Sindacale,
aveva chiesto delucidazioni in merito alle due operazioni di cui
sopra mettendo in risalto le correlazioni e i collegamenti tra le
varie società (“profili di correlazione sembrerebbero emergere
dall’esame delle informazioni sin qui acquisite”), le
cointeressenze in esse del dottor Marenco, del sindaco effettivo
Giovanni Varallo e del sindaco supplente Riccardo Gianetti (…
identità dei soci ultimi di Milanesio srl, Noveis srl e Arnolfo srl,
), l’utilizzo dei proventi dell’aumento di capitale in realtà
destinati al risanamento, l’assenza di ogni perizia da parte di
terzi a supporto della congruità del prezzo.

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quindi ad operazione oramai conclusa – il dottor Marenco aveva

La successiva relazione in data 27 aprile 2012 aveva poi
evidenziato profili di criticità e di inadeguatezza delle perizie
richieste e redatte dopo il compimento delle operazioni (il
dottor Marenco e il CdA avevano giustificato la loro mancata
richiesta prima delle operazioni di acquisizione del capitale

trattativa in tempi molto ristretti), l’impossibilità di chiarire se
le dette operazioni avessero le caratteristiche di “operazioni
con parti terze”, “la mancata svalutazione delle partecipazioni
di almeno euro 3.600 migliaia con riferimento al primo 50% di
tali partecipazioni iscritto in bilancio al 31 dicembre 2011”.
Inoltre,

a

proposito

della

convenienza

economica

dell’acquisizione delle società Anghiari e Fimas, si era rivelata
senza prospettive l’offerta irrevocabile della parte correlata
IDREG Piemonte (della quale il dottor Marenco era
amministratore nonché azionista di controllo tramite la
partecipazione detenuta in FISI Gmbh per una quota pari al
99 1 93% del capitale sociale) – asseritamente formulata nella
riunione consiliare del 10 gennaio 2012 ma non risultante dal
verbale – di rilevare le partecipazioni delle due società acquisite
ad un prezzo maggiore di euro 600.000,00 rispetto al prezzo
pagato dalla stessa KREnergy. La stessa KREnergy, nel
Documento Informativo relativo ad operazioni di maggiore
rilevanza con parti correlate, aveva specificato l’assenza di
garanzie a supporto di tale operazione, soggetta al rischio di
inadempimento, mentre la IDREG PIEMONTE aveva poi chiesto
di posticipare i termini di perfezionamento dell’offerta al fine di
poter disporre delle risorse necessarie oppure di poter regolare
la cessione non in contanti ma in natura.

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sociale delle società con la necessità di portare a termine la

Ad avviso della Corte distrettuale le conclusioni della Consob
erano frutto di una corretta valutazione dei fatti, dovendosi
escludere che si trattasse di mere congetture.
Infatti, l’esame della documentazione e la conseguente
ricostruzione dei fatti consentivano di ritenere appurata la

si trattava di acquisizione avvenuta mediante due operazioni
poste in essere tra il 27 dicembre 2011 e il 16 gennaio 2012, in
prossimità della chiusura di esercizio, ed in relazione all’intero
capitale sociale delle società Anghiari e Fimas, operanti in un
settore diverso e titolari di centrali idroelettriche, e con il
pagamento del corrispettivo mediante la contestuale cessione
di crediti che non trovavano causa in rapporti preesistenti ma
che sono sorti contestualmente a ciascuna delle due azioni di
acquisizione delle società e di cessione del credito e che hanno
avuto ad oggetto l’acquisto da parte di Milanesio e Arnolfo di
partecipazioni (ciascuna pari al 10%) nella società Orione, di
proprietà di Noveis e di Fisi.
Era quindi evidente che l’acquisizione delle quote e la cessione
dei crediti erano logicamente e temporalmente connesse, ed
era da escludere che tale connessione fra i diversi negozi
giuridici fosse semplicemente “occasionale”, trattandosi
piuttosto di operazioni espressione di un unico, unitario
disegno con un unico determinato obiettivo, ancorchè
realizzato attraverso più operazioni.
Artefice di tale complessa operazione era poi l’AD dott.
Marenco (portatore di un evidente interesse proprio), che
aveva operato, senza interessare il Cda, ed oltre i limiti della
propria delega.
In tal senso andava esclusa la correttezza del rilievo di parte
opponente secondo cui, per potersi parlare di unitarietà

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“configurazione unitaria dell’acquisizione totalitaria”, in quanto

dell’operazione ai fini della operatività delle regole di
trasparenza informativa e di correttezza sostanziale e
procedurale delle operazioni con parti correlate di cui al
Regolamento Consob sulle OPC attuativo dell’art. 2391 bis c.c.,
sarebbe dovuto sussistere un “collegamento negoziale”

rilevando il solo fatto di avere dissimulato, mediante una solo
apparente frammentazione, un unico quadro negoziale del
complessivo valore di euro 19.900.00,00.
Peraltro lo stesso Varallo nei suoi scritti difensivi metteva in
dubbio l’autonomia delle due acquisizioni delle società Anghiari
e Fimas.
Il decreto poi sottolineava come il Marenco era controllante
della KREnergy attraverso la partecipazione indiretta in FISI
(società cessionaria del credito) per il tramite di FISI Gmbh
della quale era socio unico, ma ciò nonostante, questi non si
era astenuto dall’operazione e non ne aveva investito il CdA e
non aveva notiziato gli altri amministratori e il collegio
sindacale dell’interesse all’operazione.
2.3 Quanto alla mancanza di indipendenza dell’opponente, il
materiale istruttorio aveva evidenziato gli interessi di natura
patrimoniale che lo legavano al Marenco. In particolare:
il Varallo era sindaco di KREnergy nonché A.U. di Orione e di
Noveis – società quest’ultima controllata da AREA51 al cui
capitale sociale lo stesso Varallo partecipava nella misura del
25°/0;
il 20 luglio 2001 Noveis aveva ceduto il 25% del capitale
sociale di Orione a IDREG PIEMONTE e IDREG LIGURIA (società
parti correlate da KREnergy e indirettamente controllate dal
dott. Marenco attraverso FISI Gmbh di cui era socio e
amministratore);

Ric. 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -11-

propriamente inteso fra i diversi contratti posti in essere,

Noveis e Fisi erano parti correlate di KREnergy e azioniste di
Orione di cui detenevano rispettivamente il 35% e il 25%.
Emergeva quindi, come sottolineato anche dalla società di
revisione, la fondatezza dei rilievi sollevati dalla Consob in
merito alla posizione del dottor Varallo secondo quanto

di autodisciplina.
Inoltre, l’asserita mancata contestazione dell’esistenza di
rapporti patrimoniali tra il dottor Varallo e il dottor Marenco per
avere la Consob fatto riferimento espresso a quelli intercorrenti
tra “il sig. Varallo … e l’Emittente ed il suo controllante, era
facilmente superabile richiamando principi consolidati quali la
necessità che non muti il fatto sulla base del quale viene
irrogata una sanzione, ancorchè dello stesso fatto possa essere
data una ricostruzione o una valutazione o una definizione
giuridica diverse e ciò a garanzia del diritto di difesa”.
Sussisteva, infatti, una significativa relazione di carattere
patrimoniale volta al perseguimento dei rispettivi interessi ed
alla produzione di rispettive utilità che, anche solo in base ad
un giudizio di tipo probabilistico, integravano una
compromissione dell’indipendenza del sindaco
2.4

Andava

confermata

anche

la correttezza della

contestazione in ordine all’omessa vigilanza sull’osservanza
delle “linee guida per la Corporate Governance”, in quanto non
era stata riferita dal Marenco alcuna ragione di motivata
urgenza, nel corso della riunione consiliare del 10 gennaio
2012, con riguardo all’operazione posta in essere il 27
dicembre 2011 e ciò nonostante si era fatto rilasciare la delega
relativa al compimento dell’ulteriore operazione compiuta il 16
gennaio 2012.

Ric. 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -12-

disposto dall’art. 148 3 ° co. lett c) TUF e dall’art. 8 del codice

Solo nella riunione consiliare del 23 febbraio 2012 – ad
operazione compiuta e a fronte dei rilievi della società di
revisione – il dottor Marenco aveva dato conto delle modalità
delle trattative e della conclusione dell’operazione.
A fronte di tale situazione il Collegio sindacale era rimasto

informazioni o altre notizie nel corso della riunione consiliare
del 10 gennaio 2012 nonostante tutte le criticità
dell’operazione, mentre solo nella riunione del 23 febbraio
2012 – ad operazione completata e solo a fronte sia della
segnalazione della società di revisione sia della richiesta di
informazioni ex 115 TUE – si era attivato chiedendo chiarimenti
dei quali però si era poi limitato solo a prendere atto.
Non aveva evidenziato il conflitto di interessi in cui versava il
dottor Marenco nè la mancanza della dovuta indipendenza del
dott. Varallo nonostante le loro posizioni e i loro interessi in
comune fossero facilmente verificabili, con la conseguenza che
doveva reputarsi che il Collegio sindacale avesse omesso di
esercitare compiutamente il suo potere dovere di controllo,
oltretutto in una fase particolarmente importante e delicata
della società ove l’attenzione e la diligenza dovevano essere
superiori.
2.5 Infine veniva disatteso anche il motivo di opposizione
concernente la quantificazione della sanzione ai sensi dell’art.
111. 689/1981, ritenendosi che, fermi restando i limiti minimi
e massimi edittali, la Consob avesse tenuto conto, nella
determinazione della sanzione per ciascuna violazione
contestata, dei criteri di cui al richiamato art. 11 legge
689/1981 applicando sanzioni differenti ai diversi soggetti, in
tal modo diversificando le loro responsabilità in ragione del

Ric. 2014 n. 27837 sez. S2 – ud. 22-09-2017 -13-

inerte, non avendo chiesto chiarimenti o cercato di acquisire

ruolo ricoperto, della gravità della violazione, dell’elemento
soggettivo.
3. Per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso Varallo
Giovanni sulla base di 5 motivi.
La Consob ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.
4. Con il primo motivo di ricorso si denunzia la violazione e
falsa applicazione dell’art. 195 co. 2 TUIF e degli artt. 97, 111
e 117 Cost. e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo,
nonché la violazione del principio del contraddittorio del
procedimento sanzionatorio dinanzi alla Consob.
Si rileva che erroneamente la Corte d’Appello ha disatteso
l’eccezione di nullità del procedimento per la mancata
comunicazione all’opponente delle conclusioni dell’ufficio USA,
facendosi richiamo a quanto affermato dalle Sezioni Unite di
questa Corte nella sentenza n. 20935/2009, in quanto deve
tenersi conto dei recenti sviluppi della giurisprudenza della
Corte EDU nonché della giurisprudenza del Consiglio di Stato,
che impongono di dover rimeditare quanto in precedenza
affermato in punto di rispetto del principio del contraddittorio.
A tal fine si richiama quanto sostenuto dalla Corte europea
nella sentenza Grande Stevens del 4 marzo 2014 e le
successive decisioni del massimo organo di giustizia
amministrativa, in ordine alla legittimità del regolamento
sanzionatorio adottato dalla Consob ed applicato nella
fattispecie.
In sostanza si rileva che il procedimento de quo, come
rimodellato dalla legge n. 262/2005 e dalle successive delibere
della Consob nn. 15131 e 15086 del 2005, mentre riserva alla
Commissione il potere decisionale in merito alla proposta di

Ric. 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -14-

Gli altri intimati non hanno svolto difese in questa fase.

sanzione, assegna l’attività istruttoria propedeutica agli Uffici
interni della stessa Commissione, essendo in particolare
affidata la fase decisoria propedeutica all’Ufficio Sanzioni
Amministrative.
La relazione di quest’ultimo, che viene trasmessa alla

comunicata agli interessati né risulta possibile per questi
presentare deduzioni, con la conseguenza che si palesa la
violazione del principio del contraddittorio, della conoscenza
degli atti istruttori e della separazione tra funzioni istruttorie e
funzioni decisorie.
Tali doglianze erano state poste a fondamento dell’opposizione
e sono state liquidate dalla Corte d’Appello con il richiamo ai
principi affermati in generale dalle Sezioni Unite di questa
Corte in tema di sanzioni amministrative (Cass. S.U. n.
20395/2009), per i quali i principi del diritto di difesa e del
giusto processo sono riferibili unicamente al procedimento
giurisdizionale e non anche al procedimento amministrativo,
ancorchè destinato all’applicazione di sanzioni amministrative.
Assume il ricorrente che l’orientamento espresso dalle Sezioni
Unite andrebbe rivisto alla luce dei principi affermati dalla
Corte EDU nella sentenza del 4 marzo 2014 (Grande
Stevens/Italia ricorso n. 18640/2010), che sebbene in
relazione al procedimento sanzionatorio di cui all’art. 187
septies TUIF, avrebbe rilevato la violazione di una serie di
garanzie procedimentali, quali il diritto a conoscere la proposta
dell’Ufficio Sanzioni, la possibilità di essere sentiti ovvero di far
sentire delle persone informate sui fatti da parte della Consob,
ovvero la possibilità di partecipare alla seduta in cui la Consob
procede all’irrogazione della sanzione.

Ric, 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -15-

Commissione per l’adozione del provvedimento finale, non è

Per l’effetto, si chiede, in riforma di quanto statuito dalla Corte
di merito, di accertare l’illegittimità del procedimento
sanzionatorio, con la conseguente cassazione del decreto
impugnato.
Giova, in primo luogo, premettere che il procedimento

sanzioni amministrative di cui all’art. 193 co. 3 TUIF, mentre il
procedimento sanzionatorio, in relazione al testo normativo
all’epoca vigente, era quello disciplinato dall’art. 195 del TUIF
che al secondo comma prevedeva che “Il procedimento
sanzionatorio e’ retto dai principi del contraddittorio, della
conoscenza degli atti istruttori, della verbalizzazione nonche’
della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie”.
Orbene, poste tali puntualizzazioni in tema di disciplina
applicabile, il motivo in esame è infondato.
Ed, invero, deve richiamarsi l’orientamento espresso da questa
Corte, anche dopo l’intervento della CEDU invocato da parte
ricorrente, per il quale in relazione alle sanzioni amministrative
pecuniarie irrogate dalla CONSOB diverse da quelle di cui
all’art. 187 ter TUF, sulle quali si è espressamente pronunciata
la richiamata sentenza Grande Stevens, non è possibile la loro
equiparazione, quanto a tipologia, severità, incidenza
patrimoniale e personale, a quelle appunto irrogate dalla
CONSOB per manipolazione del mercato, sicché esse non
hanno la natura sostanzialmente penale che appartiene a
queste ultime, né pongono, quindi, un problema di
compatibilità con le garanzie riservate ai processi penali
dall’art. 6 CEDU, agli effetti, in particolare, della violazione del
“ne bis in idem” tra sanzione penale ed amministrativa
comminata sui medesimi fatti (cfr. Cass. Sez. 1, 30/06/2016,
n. 13433; Cass. Sez. 1, 02/03/2016, n. 4114; Cass. Sez. 2,

Ric. 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -16-

sanzionatorio per cui è causa è finalizzato all’applicazione delle

24/02/2016, n. 3656, tutte in rapporto a Corte europea dei
diritti dell’uomo, sentenza 4 marzo 2014, Grande Stevens e
altri c. Italia).
La questione ha poi trovato adeguato approfondimento nelle
motivazioni di Cass. n. 25141/2015, alle quali il Collegio ritiene

procedimento sanzionatorio di cui all’art. 195 TUF, non viola
l’art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo,
perché questo esige solo che, ove il procedimento
amministrativo sanzionatorio non offra garanzie equiparabili a
quelle del processo giurisdizionale, l’incolpato possa sottoporre
la questione della fondatezza dell'”accusa penale” a un organo
indipendente e imparziale, dotato di piena giurisdizione, come
la disciplina nazionale gli consente di fare tramite l’opposizione
alla corte d’appello (cfr. Corte europea dei diritti dell’uomo, 4
marzo 2014, Grande Stevens e altri c. Italia).
In tal senso si veda anche Cass. n. 1205/2017 che in risposta
alla deduzione del ricorrente secondo cui l’articolazione del
procedimento sanzionatorio dinanzi alla CONSOB soffrirebbe
una ingiustificabile cessazione dell’interlocuzione consentita
all’interessato proprio alle soglie della fase decisionale, quando
l’interesse allo svolgimento delle proprie ragioni è massimo,
non essendogli data la possibilità di formulare deduzioni sulla
proposta dell’Ufficio Sanzioni (che non gli viene trasmessa), nè
tantonneno essendo ammesso ad una qualsivoglia forma di
contraddittorio dinanzi alla Commissione, nel richiamare i
principi già a suo tempo esposti dalle Sezioni Unite di questa
Corte con la sentenza n. 20935 del 2009, in tema di rispetto
del principio del contraddittorio, ha ritenuto che gli stessi
vadano mantenuti fermi, nonostante le indicazioni offerte dalla

Ric. 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -17-

di dover dare continuità, che ha appunto affermato che il

Corte EDU con la sentenza 4 marzo 2014 Grande Stevens c.
Italia.
Infatti, depone a favore di tale soluzione la circostanza che
nella medesima sentenza, sulla scorta della pregressa
giurisprudenza della stessa Corte EDU, si è precisato che le

procedimento amministrativo sanzionatorio non consentono di
ritenere violato l’art. 6 della Convenzione EDU quando il
provvedimento sanzionatorio sia impugnabile davanti ad un
giudice indipendente ed imparziale, che sia dotato di
giurisdizione piena e che conosca dell’opposizione in un
procedimento che garantisca il pieno dispiegamento del
contraddittorio delle parti (punti 138 e 139).
Per l’effetto, anche a voler sostenere che le sanzioni irrogate
dalla Consob, pur qualificate come amministrative, abbiano,
alla stregua dei criteri elaborati dalla Corte EDU, natura
sostanzialmente penale (il che non è per quelle oggetto di
disamina nella fattispecie, attesa la diversa gravità rispetto a
quelle irrogate ai sensi dell’art. 187 ter, dovendosi a tal fine
tenere conto anche dell’assenza di sanzioni accessorie e della
mancata previsione di una confisca obbligatoria, elementi
questi che invece erano presenti nella fattispecie scrutinata
dalla Corte EDU nel precedente richiamato), deve ritenersi che
l’assoggettamento del provvedimento sanzionatorio applicato
dall’autorità amministrativa (anche all’esito di un procedimento
che si vuole non connotato dalle garanzie del contraddittorio)
ad un sindacato giurisdizionale pieno, di natura
tendenzialmente sostitutiva, attuato attraverso un
procedimento conforme alle prescrizioni dell’art. 6 della
Convenzione, esclude che il procedimento amministrativo sia
illegittimo, in relazione ai parametri fissati dall’art. 6 della

Ric. 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -18-

carenze di tutela del contraddittorio che caratterizzino un

Convenzione, e che la successiva fase giurisdizionale determini
una sorta di sanatoria di tale originaria illegittimità, dovendosi
più correttamente opinare nel senso che il procedimento
amministrativo, pur non offrendo esso stesso le garanzie di cui
all’art. 6 della Convenzione, risulta all’origine conforme alle

concludersi con un provvedimento suscettibile di un sindacato
giurisdizionale pieno, nell’ambito di un giudizio che assicura le
garanzie del giusto processo.
Nel

caso

in

esame

l’impugnabilità

delle

deliberazioni

sanzionatorie adottate dalla CONSOB davanti alla Corte di
appello territorialmente competente, e cioè dinanzi ad un
giudice indipendente ed imparziale, dotato di giurisdizione
piena e davanti al quale è garantita la pienezza del
contraddittorio e la pubblicità dell’udienza implica la legittimità
dello stesso procedimento sanzionatorio e l’infondatezza del
motivo in esame (cfr. da ultimo Cass. n 770/2017, ai sensi
della quale anche nel caso di sanzioni amministrative, che
abbiano natura sostanzialmente penale, la garanzia del giusto
processo, ex art. 6 della CEDU, può essere realizzata,
alternativamente, nella fase amministrativa – nel qual caso,
una successiva fase giurisdizionale non sarebbe necessaria ovvero mediante l’assoggettamento del provvedimento
sanzionatorio – adottato in assenza di tali garanzie – ad un
sindacato giurisdizionale pieno, di natura tendenzialmente
sostitutiva ed attuato attraverso un procedimento conforme
alle richiamate prescrizioni della Convenzione, il quale non ha
l’effetto di sanare alcuna illegittimità originaria della fase
amministrativa giacché la stessa, sebbene non connotata dalle
garanzie di cui al citato art. 6, è comunque rispettosa delle

Ric. 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -19-

prescrizioni di detto articolo, proprio perchè è destinato a

relative prescrizioni, per essere destinata a concludersi con un
provvedimento suscettibile di controllo giurisdizionale).
Nè, infine, sotto altro aspetto, nel presente giudizio possono
rilevare le affermazioni svolte nelle pronunce del Consiglio di
Stato (in particolare quella n. 1596/15) in ordine alla

ancora, il citato precedente di questa Corte n. 8210 del 2016),
tanto più che dette valutazioni non si sono tradotte in alcuna
statuizione di annullamento del regolamento contenente la
previgente disciplina del procedimento sanzionatorio CONSOB,
giacchè il decisum della sentenza del Consiglio di Stato n.
1596/15 si risolve in una declaratoria di inammissibilità del
ricorso delle parti private per carenza di interesse.
5. Il secondo motivo di ricorso denunzia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 97, 111 e 117 Cost. e dell’art. 6 § 1
della CEDU, con la violazione del giusto processo.
Nel richiamare quanto affermato dalla menzionata sentenza
Grande Stevens in punto di illegittimità del procedimento
sanzionatorio, si lamenta altresì che non sia stata celebrata, a
seguito dell’opposizione, un’udienza pubblica, posto che il
procedimento dinanzi alla Corte d’Appello si è svolto in camera
di consiglio, sentito il Pubblico Ministero.
A tal fine si sollecita questa Corte a sollevare questione di
legittimità costituzionale dell’art. 195 menzionato, in relazione
all’art. 117 Cost., per la violazione del menzionato art. 6 § 1
della CEDU e degli artt. 97 e 111 Cost.
Le superiori considerazioni in ordine alla legittimità del
procedimento sanzionatorio attesa la garanzia offerta dal
controllo di legittimità dell’operato dell’Autorità indipendente in
sede giurisdizionale, danno contezza altresì dell’infondatezza
del motivo proposto.

Ric. 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -20-

illegittimità del procedimento sanzionatorio della CONSOB (v.,

A tal fine valga il richiamo a quanto di recente affermato da
questa Corte nella sentenza n. 1658/2017, nella quale si è
appunto ribadito che, ai fini del rigetto delle analoghe
doglianze del ricorrente, risultava decisivo il rilievo che le
deliberazioni sanzionatorie adottate dalla CONSOB sono

competente e non è dubitabile che la Corte d’appello debba
essere considerata, alla stregua dei parametri indicati dalla
stessa sentenza Grande Stevens, un giudice indipendente ed
imparziale, dotato di giurisdizione piena e davanti al quale è
garantita la pienezza del contraddittorio e la pubblicità
dell’udienza.
In tal senso, si deve altresì considerare che, oltre a non
emergere la natura sostanzialmente penale delle sanzioni in
concreto irrogate (attesa anche la mancanza di sanzioni
accessorie particolarmente afflittive, che ragionevolmente
hanno indotto la Corte EDU ad optare per la natura
sostanzialmente penale delle sanzioni di cui all’art. 187 ter
TUF), manca la concreta allegazione dello specifico pregiudizio
al diritto di difesa che lo svolgimento camerale dell’opposizione
abbia determinato in danno del ricorrente, emergendo
piuttosto che questi abbia potuto pienamente sviluppare le
proprie deduzioni difensive, sottoponendo alla Corte
distrettuale gli argomenti a suo dire idonei a confutare la
correttezza dell’operato della Consob, senza che quindi la
carenza del requisito della pubblicità appaia idoneo a tradursi
in un vizio tale da cagionare la nullità del provvedimento
impugnato.
Ne consegue altresì

che

la

questione di

legittimità

costituzionale prospettata dal ricorrente si palesa come
manifestamente infondata.

Ric. 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -21-

impugnabili davanti alla Corte di appello territorialmente

5.1. Nella memoria ex art. 378 c.p.c. il ricorrente pone altresì
la questione dell’incidenza dello ius superveniens più
favorevole, evidenziando che nelle more l’art. 193 co. 3 lett.
a), sulla base della quale è stata irrogata la sanzione in esame,
è stato modificato con l’art. 5 del D. Lgs. N. 72 del 2015,

minimo di C 10.000,00 ad un massimo di C 1.500.000,00,
laddove la previgente disposizione prevedeva un minimo di C
25.000,00 ed un massimo di C 2.500.000,00.
Si sostiene pertanto che in applicazione del principio del favor
rei, occorrerebbe tenere conto della norma sopravvenuta più
favorevole, suscettibile di portare ad una riduzione della
sanzione applicata.
Si aggiunge altresì che l’art. 6 del citato D. Lgs. N. 72 del 2015
ha espressamente stabilito che alle violazioni commesse prima
della data di entrata in vigore delle disposizioni adottate dalla
Consob e dalla Banca d’Italia (i nuovi Regolamenti) si
continuano ad applicare le norme previgenti, sottolineandosi
che tale disposizione, in quanto volta espressamente ad
escludere l’applicazione del principio della lex mitior, sarebbe in
contrasto con la stessa legge delega la quale aveva richiesto al
legislatore delegato di valutare l’estensione di tale principio
anche ai casi di modifica della disciplina vigente al momento in
cui è stata commessa la violazione.
Si ritiene quindi che tale omessa considerazione sarebbe in
contrasto con gli artt. 76 e 77 Cost. e con l’art. 117 Cost. per
la violazione della norma interposta rappresentata dalla CEDU,
che in relazione alle sanzioni aventi carattere sostanziale
penale impone di dover fare applicazione della norma
sopravvenuta più favorevole.

Ric. 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -22-

prevedendosi che oggi la sanzione applicabile vada da un

Infine si sostiene che la previsione sarebbe anche in contrasto
con l’art. 3 Cost. per la violazione del principio di
ragionevolezza, sollecitandosi quindi questa Corte a sollevare,
se del caso, questione di legittimità costituzionale della norma
che ha escluso l’applicazione del diritto sopravvenuto alle

vigore.
La censura è priva di fondamento.
Ed, invero, in disparte la considerazione che il ricorso non
contiene motivi espressamente diretti a censurare la
determinazione della sanzione ad opera dei giudici di merito, e
che quella in concreto applicata risulta rientrare nelle previsioni
quantitative della norma sopravvenuta, la doglianza si palesa
infondata alla luce della ribadita impossibilità di attribuire alla
sanzione de qua carattere sostanzialmente penale alla luce dei
principi CEDU.
Ne deriva che tale affermazione mina alla radice l’intero
impianto argomentativo del ricorrente, che evidentemente
presuppone la qualificazione in termini sostanziali penali della
sanzione de qua.
La negazione di tale carattere, e la riaffermazione del carattere
strettamente amministrativo dell’illecito oggetto del
procedimento in esame, comportano che debba farsi
applicazione del tradizionale principio di questa Corte ( cfr. ex
multis Cass. n. 29411/2011) per il quale in tema di sanzioni
amministrative, i principi di legalità, irretroattività e di divieto
dell’applicazione analogica di cui all’art. 1 I. 24 novembre 1981
n. 689, comportano l’assoggettamento della condotta illecita
alla legge del tempo del suo verificarsi, con conseguente
inapplicabilità della disciplina posteriore più favorevole, sia che
si tratti di illeciti amministrativi derivanti da depenalizzazione,

Ric. 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -23-

violazioni commesse in epoca anteriore alla sua entrata in

sia che essi debbano considerarsi tali “ah origine”, senza che
possano trovare applicazione analogica, attesa la differenza
qualitativa delle situazioni considerate, gli opposti principi di
cui all’art. 2, commi 2 e 3, c.p., i quali, recando deroga alla
regola generale dell’irretroattività della legge, possono, al di

cui siano espressamente richiamati dal legislatore.
Con specifico riferimento poi alle previsioni di cui al D. Lgs. n.
72/2015, si veda anche Cass. n. 4114/2016, che ha affermato
che in materia di intermediazione finanziaria, le modifiche alla
parte V del d.lgs. n. 58 del 1998 apportate dal d.lgs. n. 72 del
2015 si applicano alle violazioni commesse dopo l’entrata in
vigore delle disposizioni di attuazione adottate dalla Consob, in
tal senso disponendo l’art. 6 del medesimo decreto legislativo,
sicchè non è possibile ritenere l’applicazione immediata della
legge più favorevole, atteso che il principio cd. del “favor rei”,
di matrice penalistica, non si estende, in assenza di una
specifica disposizione normativa, alla materia delle sanzioni
amministrative, che risponde, invece, al distinto principio del
“tempus regit actum”. Né tale impostazione viola i principi
convenzionali enunciati dalla Corte EDU nella sentenza 4 marzo
2014 (Grande Stevens ed altri c/o Italia), secondo la quale
l’avvio di un procedimento penale a seguito delle sanzioni
amministrative comminate dalla Consob sui medesimi fatti
violerebbe il principio del “ne bis in idem”, atteso che tali
principi vanno considerati nell’ottica del giusto processo, che
costituisce l’ambito di specifico intervento della Corte, ma non
possono portare a ritenere sempre sostanzialmente penale una
disposizione qualificata come amministrativa dal diritto interno,
con conseguente irrilevanza di un’eventuale questione di
costituzionalità ai sensi dell’art. 117 Cost.

Ric. 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -24-

fuori della materia penale, trovare applicazione solo nei limiti in

Trattasi peraltro di conclusioni che sono confortate anche dalla
giurisprudenza della Corte Costituzionale, la quale con la
pronuncia n. 193 del 20/7/2016, ha ritenuto non fondata la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 24
novembre 1981, n. 689, impugnato, in riferimento agli artt. 3,
117, primo comma, Cost., 6 e 7 CEDU, nella parte in cui — nel
definire il principio di legalità che consente di irrogare sanzioni
amministrative solo in forza di una legge che sia entrata in
vigore prima della commissione della violazione e nei casi e per
i tempi ivi considerati — non prevede l’applicazione della legge
successiva più favorevole agli autori degli illeciti amministrativi.
In tal senso ha osservato che la giurisprudenza della Corte
europea dei diritti dell’uomo, che ha enucleato il principio di
retroattività della legge penale meno severa, non ha mai avuto
ad oggetto il complessivo sistema delle sanzioni
amministrative, bensì singole e specifiche discipline
sanzionatorie che, pur qualificandosi come amministrative ai
sensi dell’ordinamento interno, siano idonee ad acquisire
caratteristiche punitive alla luce dell’ordinamento
convenzionale. L’invocato intervento additivo risulta travalicare
l’obbligo convenzionale e disattende la necessità della
preventiva valutazione della singola sanzione come
convenzionalmente penale. Nel quadro delle garanzie
apprestato dalla CEDU, come interpretate dalla Corte di
Strasburgo, non si rinviene l’affermazione di un vincolo di
matrice convenzionale in ordine alla previsione generalizzata,
da parte degli ordinamenti interni dei singoli Stati aderenti, del
principio di retroattività della legge più favorevole, da trasporre
nel sistema delle sanzioni amministrative. Né sussiste un
analogo vincolo costituzionale poiché rientra nella
discrezionalità del legislatore, nel rispetto del limite della

Ric. 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -25-

.

ragionevolezza, modulare le proprie determinazioni secondo
criteri di maggiore o minore rigore. Il differente e più
favorevole trattamento riservato ad alcune sanzioni, come
quelle tributarie e valutarie, trova fondamento nelle peculiarità
che caratterizzano le rispettive materie e non può trasformarsi

di irretroattività della legge e con il divieto di applicazione
analogica delle norme eccezionali (artt. 11 e 14 delle preleggi).
Trattasi peraltro di considerazioni che trovano riscontro anche
nella più recente decisione della Corte Costituzionale n. 43 del
2017, che nel ritenere infondate infondate le questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 30, comma 4, I. 11 marzo
1953, n. 87, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 25, comma 2,
e 117, comma 1, quest’ultimo in relazione agli artt. 6 e 7
CEDU, nella parte in cui non prevede la propria applicabilità
alle sentenze irrevocabili con le quali è stata inflitta una
sanzione amministrativa qualificabile come “penale” ai sensi
del diritto convenzionale, ha ribadito che anche per le sanzioni
qualificate come amministrative dal diritto interno, ma
suscettibili nell’ottica convenzionale di essere individuate come
aventi carattere penale, non è possibile reputare
automaticamente estese alle stesse le garanzie che
l’ordinamento statuale riserva alle sole sanzioni penali così
come qualificate dall’ordinamento interno, palesandosi quindi
legittima la differente applicazione delle regole in tema di ius
superveniens favorevole in relazione agli illeciti amministrativi,
anche laddove siano qualificabili come penali in base alle
norme CEDU.
Le superiori considerazioni consentono quindi di affermare che,
proprio in ragione della esclusione della natura penale delle
sanzioni in esame, non si profila il vizio di eccesso di delega

Ric. 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -26-

da eccezione a regola, coerentemente con il principio generale

(tenuto conto che la legge in questione affidava al legislatore
delegato una valutazione autonoma in merito all’opportunità di
estendere il principio del favor rei a seguito della novella,
valutazione che però, in assenza di una sanzione qualificabile
come penale, non imponeva a rime obbligate la sua

artt. 117 e 3 Cost., dovendosi quindi disattendere la richiesta
di sollevare la questione di legittimità costituzionale, da
ritenere peraltro manifestamente infondata proprio alla luce
della motivazioni del precedente della Consulta sopra indicato.
6. Il terzo motivo di ricorso denunzia la violazione e falsa
applicazione dell’art. 2391 bis c.c. e del Regolamento della
Consob n. 17221 del 12 marzo 2010, artt. 2 e 5, con la
conseguente erronea irrogazione delle sanzioni previste
dall’art. 149 co. 1 lett. a) e lett. c-bis) del TUF, per omessa
vigilanza in ordine ad operazioni con parti correlate.
Nel rimandare quanto alle premesse in fatto alla ricostruzione
delle vicende operata nella parte espositiva della presente
sentenza, il motivo assume che in realtà non sarebbe
intervenuto nessun contratto tra la società quotata ed una
parte correlata, in quanto le acquisizioni delle quote della
Anghiari e della Fimas erano avvenute ad opera della società
quotata, senza la partecipazione di parti correlate; ancora la
cessione di quote della società Orione alla Milanesio ed alla
Arnolfo vedevano come protagoniste società terze e società
che costituivano una parte correlata della KREnergy S.p.A., ma
non direttamente quest’ultima; infine la cessione pro soluto dei
crediti vantati dalle cedenti le quote della Anghiari e della
Fimas in favore delle società che avevano a loro volta ceduto
una quota delle società Orione, vedeva il coinvolgimento

Ric 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -27-

attuazione), né appare configurabile la dedotta violazione degli

sempre di parti correlate e di società terze, ma mai della
società quotata.
In assenza di un diretto coinvolgimento della società quotata e
delle parti correlate in un unico contratto, ed in carenza di un
collegamento negoziale, risulterebbe quindi erronea la pretesa

assoggettare la vicenda alla disciplina di cui all’art. 2391 bis
c.c., essendo invece necessaria a tal fine l’esistenza di un vero
e proprio collegamento negoziale.
Apparirebbe altresì erroneo il richiamo alla nozione del
“disegno unitario” sposata dalla decisione gravata, posto che
tale figura è contemplata nel Regolamento Consob attuativo
della disciplina di cui all’art. 2391 bis c.c., solo all’art. 5 co. 2,
ma al fine di assoggettare alla disciplina delle operazioni con
parti correlate operazioni tra loro omogenee, che pur non
qualificabili singolarmente come operazioni di maggiore
rilevanza, superino, cumulativamente considerate, le soglie di
rilevanza dettate dall’art. 4 co. 1 lett. a) dello stesso
Regolamento.
Il motivo è infondato.
L’art. 2391 bis c.c., introdotto dall’art. 12 del D. Lgs. n. 310 del
2004, prevede, per le società che fanno ricorso al capitale di
rischio, la seguente disciplina:
Gli organi di amministrazione delle società che fanno ricorso al
mercato del capitale di rischio adottano, secondo principi
generali indicati dalla Consob, regole che assicurano la
trasparenza e la correttezza sostanziale e procedurale delle
operazioni con parti correlate e li rendono noti nella relazione
sulla gestione; a tali fini possono farsi assistere da esperti
indipendenti, in ragione della natura, del valore o delle
caratteristiche dell’operazione.

Ric. 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -28-

della Consob, ritenuta invece legittima dal decreto gravato, di

.

I princìpi di cui al primo comma si applicano alle operazioni
realizzate direttamente o per il tramite di società controllate e
disciplinano le operazioni stesse in termini di competenza
decisionale, di motivazione e di documentazione. L’organo di
controllo vigila sull’osservanza delle regole adottate ai sensi del
primo comma e ne riferisce nella relazione all’assemblea.
La finalità della norma è evidentemente quella di approntare
una regolamentazione idonea a preservare evidenti esigenze di
trasparenza sia all’interno che all’esterno della società, in
presenza di fenomeni connotati potenzialmente da una
situazione di conflitto di interesse, ed in ragione del
compimento di operazioni che, proprio per la presenza di parti
correlate, possono essere piegate agli interessi di coloro che
gestiscono la società a detrimento degli investitori.
In tale ottica si prevede una regolamentazione in gran parte
affidata all’integrazione tramite il potere normativo secondario
della Consob, che assicuri la correttezza sostanziale e
procedurale delle operazioni con parti correlate, con una
complessità procedimentale che risulta graduata a seconda
delle caratteristiche delle operazioni, anche in ragione delle
eventuali ragioni di urgenza che possono connotare l’agire delle
società, assegnando tuttavia un ruolo centrale alla preventiva
approvazione delle operazioni di maggiore rilevanza da parte di
un comitato consultivo composto da amministratori
indipendenti, con un parere che, per quanto non vincolante,
consente all’assemblea di poter a sua volta esprimersi, sempre
in maniera non vincolante, circa la fattibilità dell’operazione,
rimettendo in tal modo alla discrezione degli amministratori il
suo compimento, e chiamando quindi in causa la loro
responsabilità, ma nel rispetto della competenza in capo

Ric. 2014 n. 27837 sez 52 – ud. 22-09-2017 -29-

,

all’organo di amministrazione in merito alle scelte ritenute
strategiche per la società.
In attuazione della delega contenuta nella norma esaminata, la
Consob, dopo oltre cinque anni è intervenuta con il Reg. n.
17221 del 12.3.2010, come successivamente modificato, cui

del 24.9.2010, con il quale ha fornito una regolamentazione
dettagliata sia per quanto concerne la previa individuazione
delle “operazioni” interessate dalla norma, sia per quanto
concerne la qualificazione di “parti correlate”, occorrendo a tal
fine avere riguardo a quanto previsto nell’allegato 1 al
regolamento.
Poste tali doverose premesse, ed avuto riguardo alla
ricostruzione in fatto operata dalla Consob nella delibera
opposta, e sostanzialmente confermata dalla Corte distrettuale,
appare evidente, ed è riconosciuto da parte dello stesso
ricorrente, che le società che hanno provveduto a cedere alla
Milanesio ed alla Arnolfo, contestualmente all’acquisizione dei
pacchetti societari della Anghiari e della Fimas ad opera della
KREnergy dalle predette cedenti, sono soggetti rientranti nella
nozione di parti correlate, quale individuata dall’Allegato 1 al
predetto Regolamento Consob.
Del pari deve poi ritenersi che, attesa l’entità economica
dell’operazione di acquisizione dell’intera partecipazione
societaria della Anghiari e della Fimas, le singole acquisizioni
del 27/12/2011 e del 16/1/2012, anche singolarmente
considerate, sono suscettibili di essere qualificate in termini di
operazioni di maggiore rilevanza ai sensi dell’art. 4 co. 1 lett.
a) del Regolamento in questione.
La tesi del ricorrente che vorrebbe sottrarre le vicende oggetto
di causa ad una lettura unitaria, intese quali segmenti di una

Ric. 2014 n. 27837 sez. 52 – ud 22-09-2017 -30-

ha fatto seguito una Comunicazione esplicativa n. 10078683

complessa vicenda idonea a consentire l’acquisizione della
titolarità delle società Anghiari e Fimas, con la partecipazione
nell’operazione di parti correlate, che contestualmente
all’acquisizione provvedevano ad alienare alle cedenti delle
partecipazioni societarie in altre società, assicurando poi che il

soluto del credito vantato dalla Milanesio e dalla Arnolfo
scaturente dalla cessione in favore della KREnergy, si risolve
nella sostanza in una indebita sollecitazione a questa Corte a
procedere ad un non consentito diverso accertamento dei fatti.
La Corte di merito, con dovizia di argomentazioni ha
correttamente valorizzato una serie di indici cronologici ( la
rapida successione delle alienazioni e la contestualità tra le
operazioni che vedevano coinvolte la KREnergy, le parti
correlate e le società terze) e funzionali ( la finalità di
conseguire in breve tempo l’intero capitale sociale delle società
ritenute strategiche nel settore idroelettrico, in vista del
rilancio dell’attività della società quotata), che inducevano a
ravvisare la sussistenza di una trama unica dietro le varie
articolazioni negoziali.
In

tal

senso,

ed

a

conferma

della

correttezza

dell’inquadramento operato dai giudici di merito, valga anche il
riferimento contenuto nelle missive del 29/2/2012 a firma del
dott. Varallo e del 6/3/2012 sottoscritta dalla FISI, secondo cui
le differenze di valore esistenti tra il credito ceduto alle parti
correlate ed il controvalore del pacchetto della società Orione
trasferito alle cedenti il credito, sarebbe stato regolato
mediante non meglio precisati e separati accordi contrattuali,
dal contenuto del tutto indeterminato, in quanto legati a
variabili del tutto ipotetiche, come possibili modifiche
dell’assetto societario ovvero possibili sinergie tra i soci.

Ric. 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -31-

loro credito fosse soddisfatto in parte mediante la cessione pro

La ricostruzione in fatto operata dal decreto gravato non
appare quindi censurabile, tanto meno in punto di diritto, non
potendosi ritenere erroneo il richiamo alla nozione di disegno
unitario per avvincere in una valutazione globale le varie
transazioni intervenute.

restrittiva e non condivisibile delle norme in esame la tesi
sostenuta dal ricorrente secondo cui la nozione de qua
troverebbe riconoscimento nella disciplina delle operazioni con
parti correlate solo nella previsione di cui all’art. 5 co. 2 del
Regolamento Consob che consente di valutare unitariamente
distinte operazioni che, invece, singolarmente considerate non
rientrerebbero nella definizione di operazioni di maggiore
rilevanza.
Ed, invero, in questo caso la norma si giustifica al fine di
evitare l’elusione del limite quantitativo previsto per le
operazioni di maggiore rilevanza, che i consigli di
amministrazione o i consigli di gestione delle società devono
rispettare nel loro potere di autoregolamentazione, ai sensi
delle previsioni di cui all’Allegato 3 del Regolamento Consob,
mediante il frazionamento di operazioni che però vedano il
compimento palese di operazioni con parti correlate.
Il caso in esame, invece si prospetta, proprio come confermato
dalla lettura atomistica che invece propone il Varallo, per una
articolazione dell’operazione che incide non solo sull’elemento
oggettivo delle operazioni ( essendosi proceduto a frazionare in
due diversi momenti temporali l’acquisto della totalità delle
quote delle società Anghiari e Fimas, sebbene a distanza di
meno di un mese), ma anche sotto il profilo soggettivo,
separando negozialmente le operazioni che vedono il
coinvolgimento della società quotata da quelle che invece

Ric. 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -32-

In tal senso appare frutto di una lettura assolutamente

vedono coinvolte le parti correlate, ancorchè il risultato
economico perseguito dalla prima (acquisizione della totalità
della titolarità delle predette società) sia stato conseguito
tramite la separata, ma contestuale, cessione delle quote della
società Orione e la cessione dei crediti, e grazie al necessitato

In presenza di un evidente obiettivo di aggiramento delle
norme di garanzia e trasparenza predisposte dall’art. 2391 bis
c.c., risulta quindi illusoria la pretesa di richiedere
necessariamente l’esistenza di un collegamento negoziale per
inquadrare la complessa vicenda nella disciplina de qua, in
quanto proprio il ricorso al collegamento negoziale avrebbe una
portata autoaccusatoria circa l’intento elusivo dell’operazione in
esame.
Infine, non deve trascurarsi, come correttamente evidenziato
dalla difesa della Consob, che nell’interpretazione e corretta
applicazione delle definizioni dettate dal Regolamento, come
appunto precisato dall’art. 3.1 dell’Allegato 1 al Regolamento,
occorre avere riguardo alla sostanza del rapporto e non
semplicemente alla sua forma giuridica.
La puntuale disamina delle interrelazioni esistenti tra i vari
soggetti coinvolti, e la corretta ricostruzione della dinamica
complessiva della vicenda impongono quindi di ritenere che la
soluzione della Corte d’Appello si sia pienamente conformata al
menzionato criterio interpretativo, deponendo quindi in
definitiva per l’infondatezza del motivo di ricorso in esame.
7. Il quarto motivo di ricorso denunzia la violazione e falsa

applicazione dell’art. 148 co. 3 del

TUF e di conseguenza

l’erronea applicazione delle sanzioni previste dall’art. 149 del
medesimo testo normativo.

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coinvolgimento delle parti correlate.

Si deduce che erroneamente è stata contestata la violazione
del dovere di rilevare la propria mancanza di indipendenza, ai
sensi dell’art,. 148 co. 3 lett. c) e dell’art. 8 del codice di
autodisciplina.
Si sostiene che la corretta interpretazione delle norme doveva

intercorrente tra il sindaco, come persona fisica, e le società
controllate, controllanti, ovvero sottoposte a comune controllo,
mentre, dal punto di vista oggettivo, non rilevavano tutti i
possibili rapporti, ma solo quelli inquadrabili nelle nozioni di
rapporti di lavoro autonomo o subordinato ovvero in altri
rapporti di natura patrimoniale o professionale aventi però
carattere continuativo.
Pertanto

rapporti

puntuali

e

non

continuativi,

quali

compravendite societarie ovvero ipotesi nelle quali è
l’amministratore ad essere dipendente del sindaco (come
avvenuto nel caso in esame, laddove il Varallo partecipava ed
amministrava società che controllavano società che a loro volta
controllavano società di cui il Marenco era amministratore) non
consentivano di ritenere configurata la fattispecie espressiva
della carenza di indipendenza del sindaco.
Il motivo è infondato.
A noma dell’art. 148 comma 3 del TUF, non possono essere
eletti sindaci e, se eletti, decadono dall’ufficio: a) coloro che si
trovano nelle condizioni previste dall’articolo 2382 del codice
civile; b) il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado
degli amministratori della società, gli amministratori, il
coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli
amministratori delle società da questa controllate, delle società
che la controllano e di quelle sottoposte a comune controllo; c)
coloro che sono legati alla società od alle società da questa

Ric. 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -34-

spingere a valorizzare solo il rapporto direttamente

controllate od alle società che la controllano od a quelle
sottoposte a comune controllo ovvero agli amministratori della
società e ai soggetti di cui alla lettera b) da rapporti di lavoro
autonomo o subordinato ovvero da altri rapporti di natura
patrimoniale o professionale che ne compromettano

In relazione alla vicenda in esame viene in rilievo nello
specifico la previsione di cui alla lettera c) che precede,
laddove il rapporto tra sindaco e società controllate ovvero
amministratori di queste ultime, tale da compromettere
l’indipendenza del primo, è individuato in senso ampio,
comprensivo di qualsivoglia rapporto patrimoniale o
professionale, sebbene non connotato dal carattere della
continuità, che invece risulta richiesto dall’art. 2399 c.c. per le
società non quotate in borsa.
Già tale primo elemento differenziatore della fattispecie risulta
idoneo a confutare la correttezza dell’interpretazione restrittiva
che parte ricorrente intende offrire della norma, di modo che la
complessiva formulazione del motivo appare nella sostanza
risolversi in una non consentita censura di fatto, mirando, pur
a fronte di una attenta e puntuale ricostruzione delle vicende
societarie che coinvolgono a vario titolo il Varallo ed il Marenco,
a contestare la valutazione riservata al giudice di merito, circa
l’idoneità dei rapporti che coinvolgono i predetti a minare
l’indipendenza del primo nell’esercizio delle funzioni di controllo
nella società, di cui il secondo era all’epoca dei fatti
Amministratore Delegato.
8. Il quinto motivo denunzia la violazione e falsa applicazione
del criterio applicativo 8.C.1 del Codice di autodisciplina, e di
conseguenza l’errata applicazione delle sanzioni irrogate, in

Ric. 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -35-

l’indipendenza.

punto di omesso rilievo della carenza del requisito di
indipendenza del sindaco Varallo.
Si deduce che in base al richiamato Codice di autodisciplina
l’obbligo di informare il mercato dell’assenza dei requisiti di
indipendenza dei sindaci è previsto solo nell’ambito della

confermare la sanzione in parte qua.
Il motivo va disatteso.
Ed, invero, deve osservarsi che al ricorrente è stata contestata
anche la violazione dell’art. 149 co. 1 lett. c-bis del TUF, il
quale prevede che il collegio sindacale debba vigilare anche
sulle modalità di concreta attuazione delle regole di governo
societario previste da codici di comportamento redatti da
società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni
di categoria, cui la società, mediante informativa al pubblico,
dichiara di attenersi, sicchè solo in tale prospettiva potrebbe
porsi la verifica della corretta applicazione delle previsioni di
cui al richiamato codice di autodisciplina, in quanto previsioni
integrative del precetto della norma sanzionatoria, e ciò pur
trattandosi di disposizioni promananti da un soggetto privato,
e come tali non riconducibili in sé al novero delle previsioni
normative suscettibili di poter essere invocate ai fini della
denunzia del vizio di cui all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.
Tuttavia anche in tale diversa prospettiva deve escludersi che
possa ravvisarsi una violazione della previsione de qua.
Ed, invero, va in primo luogo ricordato che la sanzione irrogata
è prevista dall’art. 193 TUF co. 3 per l’omissione delle
comunicazioni di cui al comma 3 dell’art. 149, comunicazioni
che vanno indirizzate, e senza indugio, alla Consob, non
appena i sindaci si avvedano di irregolarità riscontrate
nell’attività di vigilanza, tra le quali deve includersi anche il

Ric. 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -36-

revisione annuale sicchè si rivela erronea la decisione di

riscontro del venir meno dei requisiti di indipendenza di alcuni
dei sindaci.
Non è invece prevista una specifica sanzione per la violazione
dell’art. 8, i cui principi, espressi al punto 8.P.1. appaiono
assolutamente in linea con quanto emerge dalle norme del TUF

indipendenza, anche nei confronti degli azionisti che li hanno
eletti). Inoltre è evidente che la comunicazione annuale di cui
al criterio interpretativo 8.C.1, richiamato dal Varallo, mira a
soddisfare non già l’esigenza di tempestiva allerta della
Consob, in relazione alla quale si correla la sanzione
amministrativa irrogata, quanto l’esigenza di trasparenza del
mercato, sicchè il rispetto dell’informazione al pubblico,
secondo la cadenza temporale prevista dal richiamato codice di
autodisciplina, non esime di per sé il sindaco dall’adempimento
dello specifico obbligo imposto invece dall’art. 149 TUF nei
confronti della Consob.
Anche tale motivo deve quindi essere disatteso
9. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano
come da dispositivo.
10.

Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30

gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare
atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre
2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013),
che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico
di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza
dell’obbligo

di

versamento,

da

parte

del

ricorrente,

dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.

Ric. 2014 n. 27837 sez. 52 – ud. 22-09-2017 -37-

(ribadendosi che i sindaci debbano agire con autonomia ed

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso
delle spese che liquida in complessivi C 5.200,00, di cui C
200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui
compensi, ed accessori come per legge;

1 quater, del d.P.R. n. 115/2002,

inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza
dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente del
contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma
dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2″
Sezione Civile, in data 22 settembre 2017.
Il Presidente

DEPOSITATO iN CANCELLERIA

Roma,

0 9 kou. 2018

Ai sensi dell’art. 13, co.

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