Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20687 del 31/07/2019

Cassazione civile sez. I, 31/07/2019, (ud. 08/04/2019, dep. 31/07/2019), n.20687

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21879/2018 proposto da:

D.C., elett.te domiciliato presso l’avvocato Giorgetti

Marco, dal quale è rappres. e difeso, con procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, elett.te

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 379/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

pubblicata il 21/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/04/2019 dal Cons. rel. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 21.3.2018, la Corte d’appello di Ancona rigettò l’appello proposto da D.C. – cittadino nigeriano – avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Ancona di diniego di ogni forma di protezione internazionale, osservando che: era da escludere che il suo allontanamento dalla Nigeria fosse stato causato – come dichiarato dallo stesso C. – dalle minacce di morte da parte di membri della società degli (OMISSIS) al suo rifiuto, per motivi religiosi, di aderire a tale confraternita, in quanto il rapporto dell’EASO COIR del 2017 aveva escluso ogni attività criminale di quest’ultima; le attività terroristiche di Boko Haram erano concentrate nel nord del Paese, in zona diversa da quella di provenienza del ricorrente; non sussistevano i presupposti della protezione sussidiaria perchè la situazione conflittuale nel territorio di provenienza del ricorrente era di bassa intensità, non ricorrendo alcuna minaccia individuale; non erano state sufficientemente rappresentate e allegate situazioni soggettive tali da giustificare il permesso umanitario.

Il C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, illustrati con memoria.

Resiste il Ministero con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 5 e 6, avendo la Corte d’appello omesso di acquisire informazioni sul Paese di origine dell’istante in ordine al fatto se le Autorità nigeriane erano effettivamente in grado di offrire adeguata protezione al ricorrente circa le aggressioni subite dagli Ogbonni.

Con il secondo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), nonchè vizio di motivazione, in quanto la Corte territoriale pur dando atto, sulla base delle informazioni acquisite, delle violenze diffuse in Nigeria a discapito dei civili, aveva poi concluso nel senso dell’insussistenza dei presupposti della protezione internazionale.

Con il terzo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 18 del 2014, che ha recepito la Direttiva 2011/95/UE, nonchè vizio di motivazione, avendo la Corte d’appello erroneamente ritenuto che la protezione sussidiaria sia da escludere se l’istante possa recarsi in altre zone del Paese non interessate dalle violenze diffuse.

Con il quarto motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1 e D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11, comma 1 c-ter, nonchè vizio di motivazione, non avendo la Corte d’appello riconosciuto i gravi motivi legittimanti il permesso umanitario, atteso il quadro di violenza generalizzata e d’instabilità dell’intera Nigeria.

Anzitutto, va osservato che è infondata l’eccezione d’inammissibilità sollevate da controricorrente sul rilievo che la sentenza impugnata non sarebbe esistente, poichè la sentenza impugnata è quella prodotta (n. 379/18, RG n. 2150/16).

Il primo motivo è inammissibile in quanto generico e relativo ad una doglianza non decisiva come quella riferita all’adeguatezza della protezione offerta dalle Autorità Statali nigeriane, fatto irrilevante alla luce della motivazione della Corte d’appello che ha, invece, ritenuto non credibile il racconto del ricorrente circa le minacce di morte che avrebbe ricevuto dai membri del gruppo degli Ogbonni.

Il secondo motivo è infondato in ordine alla critica di violazione di legge, in quanto la Corte d’appello, utilizzando informazioni recenti attinte dal sito del Ministero degli Esteri, ha escluso la sussistenza di violenze diffuse nella regione della Nigeria di provenienza del ricorrente, rilevando che solo alcune aree del Paese africano risultavano interessate da possibili attentati e violenza generalizzata. Il motivo è invece inammissibile nella parte relativa al vizio di motivazione, in quanto allegato del tutto genericamente; peraltro, la sentenza impugnata è motivata in maniera esaustiva.

Il terzo motivo è inammissibile. Al riguardo, va osservato che secondo la giurisprudenza di questa Corte – cui il collegio intende dare continuità – in tema di protezione internazionale, il riconoscimento dello “status” di rifugiato politico va escluso nell’ipotesi in cui il pericolo di persecuzione non sussiste nella parte di territorio del paese di origine dalla quale proviene il richiedente, essendo tale ipotesi diversa da quella prevista dall’art. 8 della direttiva 2004/83/CE, non recepita nel nostro ordinamento, in cui il pericolo di persecuzione sussiste nel territorio di provenienza, ma potrebbe tuttavia essere evitato con il trasferimento in altra parte del territorio del medesimo paese in cui tale pericolo non sussiste (Cass., n. 28433/18).

In applicazione di tale principio, nella fattispecie, va dichiarato inammissibile il motivo di ricorso in esame, in considerazione del fatto che, come esposto, la situazione di violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato interno o internazionale non era estesa alla regione di provenienza del richiedente, non venendo dunque in rilievo la diversa fattispecie disciplinata dall’art. 8 della direttiva 2004/83/CE, che è stato sostituito, a seguito di rifusione, dall’art. 8 della direttiva 2011/95/UE.

Quanto al dedotto il vizio di motivazione, esso non è stato neppure esplicitato.

Il quarto motivo è inammissibile poichè tende al riesame dei fatti in ordine ai presupposti della protezione umanitaria.

Le spese seguono la soccombenza. Data l’ammissione del ricorrente al gratuito patrocinio non sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Ministero controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida nella somma di Euro 2000,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 aprile 2009.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2019

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