Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20687 del 29/09/2020

Cassazione civile sez. III, 29/09/2020, (ud. 23/06/2020, dep. 29/09/2020), n.20687

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 28114/19 proposto da:

-) K.O., elettivamente domiciliato a Milano, v. Raffaele

Bertieri n. 1, presso l’avvocato Leonardo Bardi, che lo difende in

virtù di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano 28.6.2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23 giugno 2020 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. K.O., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).

Il ricorso oggi in esame non indica quali fatti dedusse l’odierno ricorrente a fondamento della domanda di protezione internazionale, limitandosi a riferire genericamente di aver avanzato la propria domanda nei gradi di merito “in ragione della oggettiva pericolosità del proprio paese di origine, anche considerata l’assoluta indisponibilità di reti di protezione familiare e sociale”.

Dalla sentenza impugnata si apprende che l’odierno ricorrente a fondamento della domanda di protezione dedusse di aver lasciato il Senegal perchè, lavorando come falegname alle dipendenze di un terzo, aveva rotto una sedia che non era in grado di ripagare, ed era stato costretto a lasciare l’abitazione dello zio, col quale conviveva, in quanto quest’ultimo non aveva intenzione di accollarsi il debito, e giunse persino a minacciare di morte l’odierno ricorrente.

2. Con sentenza 28 giugno 2019 la Corte d’appello di Milano, confermando l’ordinanza di primo grado, rigettò tutte le domande dell’odierno ricorrente. Ritenne la Corte d’appello che lo status di rifugiato non spettasse perchè i fatti posti a fondamento della relativa domanda avevano natura strettamente privatistica; in ogni caso il racconto del richiedente era generico; la protezione sussidiaria non spettasse perchè in Senegal non sussisteva alcuna situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato; la protezione umanitaria non spettasse perchè il ricorrente non versava in alcuna condizione di vulnerabilità.

3. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da K.O. con ricorso fondato su due motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. E’ superfluo dare conto dei motivi di ricorso, in quanto quest’ultimo va dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 3, a causa della totale mancanza dell’esposizione dei fatti di causa: ed in particolare delle circostanze poste a fondamento della domanda, dell’esito del giudizio di primo grado, dei motivi di gravame.

Non sarà superfluo aggiungere che il ricorso appare inammissibile anche per la sua dubbia riferibilità alla sentenza che dichiara di volere impugnare, posto che a pagina 2 vi si afferma che la sentenza impugnata è stata pronunciata della “Corte d’appello di Bologna”; ed a pagina 3, dopo aver sostenuto che in Senegal vi è una rivoluzione in atto, il ricorrente conclude affermando che se tornasse in patria “rischierebbe il contagio” (circostanza che non ha mai formato oggetto del thema decidendum).

2. Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata.

3. La circostanza che il ricorrente sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato esclude l’obbligo del pagamento, da parte sua, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17): infatti, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2012, n. 115, art. 11 il contributo unificato è prenotato a debito nei confronti della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, sempre che tale ammissione non sia stata revocata dal giudice competente.

PQM

la Corte di cassazione:

(-) dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 23 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2020

 

 

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