Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20687 del 09/08/2018


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Civile Ord. Sez. U Num. 20687 Anno 2018
Presidente: TIRELLI FRANCESCO
Relatore: DE STEFANO FRANCO

ORDINANZA
sul ricorso 7182-2018 per regolamento di giurisdizione proposto
d’ufficio dalla:
CORTE DEI CONTI – SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE
LAZIO, con ordinanza n. 40/2018 depositata il 06/03/2018 nella
causa vertente tra:
PROCURATORE REGIONALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO
MINISTERO PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE DELLA CORTE
DEI CONTI PER IL LAZIO, domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;
– ricorrente contro

CALAMANTE MAURO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GINO
CAPPONI 116, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO MATTEINI,
che lo rappresenta e difende;

Data pubblicazione: 09/08/2018

TURCHI ERCOLE, GELMINI MARCO, elettivamente domiciliati in
ROMA, CORSO D’ITALIA 97, presso lo studio deli’vvocato PIETRO
ADAMI, che li rappresenta e difende;
CAVALIERI ROBERTO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
OVIDIO 32, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO MALENA, che lo

– resistenti nonché contro
ATAC S.P.A., INNOCENTI GIAN MARCO, TAGLIAVANTI LORENZO,
SCOPPOLA CARLO ALBERTO;

intimati

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
17/07/2018 dal Consigliere FRANCO DE STEFANO;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore ALBERTO
CELESTE, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte di
Cassazione, in camera di consiglio, dichiarino la giurisdizione del
giudice ordinario, con le conseguenze di legge;
rilevato che
l’ATAC spa – Azienda per la mobilità del Comune di Roma
(incorporante per fusione Trambus spa e Met.Ro. spa) convenne in
giudizio dinanzi al Tribunale ordinario di Roma, con atto di citazione
del 16/10/2012, Gian Marco Innocenti, Ercole Turchi, Lorenzo
Tagliavanti, Marco Gelmini, Antonio Giuncato e Cecilia Maria Angioletti
(i primi quattro, quali componenti del Consiglio di amministrazione in
carica fino al 22/11/2007 e gli ultimi due, quali componenti del
Collegio sindacale sino al dì 01/09/2010), per sentirli dichiarare
solidalmente responsabili – ai sensi degli artt. 2393, 2394, 2395 e
2407 cod. civ. – degli ingenti danni arrecati al patrimonio sociale per
avere approvato o consentito una rovinosa operazione finanziaria – di

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rappresenta e difende;

sottoscrizione, tra la fine del 2003 e l’inizio del 2004, di contratti di
U.S. Cross Border Lease

palesemente irrazionale e contraria ai

principi di buona amministrazione, con violazione degli obblighi di
diligenza nella valutazione con adeguata istruttoria dei costi cui
l’operazione avrebbe esposto la società e degli elevatissimi margini di

costituitisi tutti i convenuti e chiamata in garanzia dal Giuncato la
sua assicuratrice r.c., l’adito Tribunale – con sentenza 19/06/2015, n.
12802, passata in giudicato – declinò peraltro la propria giurisdizione,
dichiarando rientrare la controversia in quella della Corte dei conti per
la natura di società in house dell’ATAC spa, riconosciuta alla stregua
delle previsioni del solo Statuto prodotto da due dei convenuti
(Gelmini e Angioletti: v. pag. 14 sentenza Trib.);
il Procuratore regionale della Corte dei conti notificò allora – tra il
23/09/2015 ed il 03/11/2015 – agli stessi originari convenuti (Gian
Marco Innocenti, Ercole Turchi, Lorenzo Tagliavanti, Marco Gelmini,
Antonio Giuncato, Cecilia Maria Angioletti) un primo atto di invito a
dedurre: ed all’esito della conseguente istruttoria sugli addebiti
originari furono notificati ulteriori inviti a dedurre pure al presidente
del Consiglio di amministrazione (Mauro Calamante), nonché al
direttore generale (Roberto Cavalieri), al vicedirettore generale (Paolo
Mari), al dirigente competente per materia (Stefano Guadalupi) ed al
direttore dell’ufficio finanziario (Carlo Alberto Scoppola) della stessa
ATAC, quali istruttori dell’operazione e redattori della proposta e delle
bozze dei contratti e delle delibere;
all’esito, il Procuratore regionale depositò citazione – datata
12/09/2016 – nei confronti dell’Innocenti, del Turchi, del Gelmini, del
Tagliavanti, del Calamante, dello Scoppola e del Cavalieri, per un
complessivo danno erariale di C 17.997.521,20: ma, costituitisi tutti i
convenuti, la Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio della Corte
dei conti, assunta in decisione la causa all’udienza 12/10/2017,

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rischio a quella connessi;

pronunciò poi ordinanza – n. 40/2018, dep. il 06/03/2018 ed in pari
data comunicata a mezzo posta elettronica certificata a tutti i
procuratori costituiti – con cui sollevò conflitto di giurisdizione col
giudice ordinario, disponendo rimettersi gli atti alla Cancelleria delle
Sezioni Unite di questa Corte e sospendersi il giudizio con onere di

in particolare, il giudice contabile qualificò l’azione del Procuratore
regionale della Corte dei conti come riproposizione di quella
intrapresa da ATAC davanti al giudice ordinario e su cui questi aveva
declinato la giurisdizione, ma non ne condivise il presupposto, vale a
dire la qualificazione di ATAC spa come società in house, rilevando
come lo Statuto vigente al momento dei fatti – finalmente acquisito,
riferendosi quello esaminato dal giudice ordinario a tempo successivo
– non avesse escluso che il capitale sociale non potesse essere
detenuto anche in minima parte da soggetti privati e così non
risultando integrati i requisiti – pure accettati con serie perplessità fissati da questa Corte per quella qualificazione;
a seguito di tale ordinanza ed iscritto a ruolo il regolamento di
giurisdizione di ufficio, il Procuratore generale presso questa Corte ha
depositato – il 29/03/2018 – requisitoria con la quale ha condiviso
l’impostazione del giudice rimettente, per difetto – al momento dei
fatti (Cass. Sez. U. 7177/14) – di almeno uno dei requisiti (come
elaborati soprattutto da Cass. Sez. U. 26643/16, 5491/14, 26283/13)

riassunzione alla parte più diligente;

per la qualificabilità come in house della s.p.a. ATAC [alla stregua
dell’art. 113, comma 5, lett. c), del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267,
come modificato dall’art. 15, comma 1, lett. d) del d.l. 30 settembre
2003, n. 269, convertito con modificazioni nella legge 24 novembre \\
2003 , n. 326];
dal canto suo, il Procuratore generale della Corte dei conti ha – il
30/03/2018 – depositato memoria con cui ha preliminarmente
eccepito l’inammissibilità del regolamento di giurisdizione di ufficio,

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rilevando come, ai sensi dei commi 2 e 3 dell’art. 17 del cod. giust.
cont. (d.lgs. 26 agosto 2016, n. 174), il potere di sollevare il conflitto
non poteva essere esercitato, perché l’azione nel cui corso è stata
emessa l’ordinanza che lo ha sollevato non poteva qualificarsi
riassunzione di quella davanti al giudice ordinario: da un lato, perché

originari convenuti e coinvolte quelle di altri soggetti, mentre
istituzionalmente diverso era l’attore, cioè la procura contabile e non
più la società danneggiata), le domande stesse (viste le diversità
sostanziali dei rispettivi atti di citazione) ed i relativi presupposti e
regole sostanziali e procedimentali; dall’altro lato ed in ogni caso,
perché l’azione contabile non era stata instaurata entro il termine
massimo per la riassunzione dalla declinatoria di giurisdizione da
parte del giudice ordinario, ad ulteriore conferma dell’autonomia delle
due azioni e quindi della non operatività, in difetto dell’unitarietà del
giudizio, della regola che abilitava il giudice contabile a rimettere di
ufficio la questione a questa Corte di legittimità;
nella stessa memoria, il Procuratore generale della Corte dei conti
ha comunque sostenuto che la partecipazione di privati al capitale,
pure testualmente prevista dallo Statuto sociale vigente al momento
dei fatti, riguardava ipotesi marginali (riserva a dipendenti e dirigenti
entro il limite del 5%, ma con contestuale aumento di capitale e da
eseguirsi entro un anno dall’iscrizione della società alla CCIAA e
quindi entro il 18.12.2001, cioè anteriormente all’epoca dei fatti),
mentre le altre modifiche del 2004 erano state solo formali, essendo
stato vigente il nuovo assetto normativo fin da tempo precedente e,
comunque, al momento dei fatti per cui era causa;
delle parti private hanno depositato memoria in questa sede:
– il 02/07/2018 Marco Gelmini ed Ercole Turchi, con richiesta di
declaratoria di inammissibilità del conflitto, per non potersi qualificare
– per la non piena identità delle parti e per la violazione del termine

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diverse erano le parti (risultando archiviate le posizioni di alcuni degli

previsto dall’art. 59 della legge 69/09 – l’azione dinanzi al giudice
contabile una riassunzione o prosecuzione di quella sulla quale il
giudice ordinario, originariamente adito, aveva declinato la sua
giurisdizione in favore dell’altro;
– il 06/07/2018 Mauro Calamante, con istanza di declaratoria di

non configurabilità di ATAC quale società in house al momento dei
fatti – e di essere sentito all’adunanza in camera di consiglio;
– il 09/07/2018 Roberto Cavalieri, con ampie argomentazioni a
sostegno dell’insussistenza della giurisdizione del giudice contabile,
sostanzialmente per la non qualificabilità di ATAC spa, al momento
dei fatti dannosi, come società in house; ma altresì con censure
all’ordinanza di rimessione per la non configurabilità di un conflitto in
senso tecnico, atteso che l’azione contabile non può considerarsi la
riassunzione o prosecuzione di quella proposta da ATAC spa in sede
civile;
considerato che
il proposto regolamento è effettivamente inammissibile;
al riguardo, può prescindersi dall’approfondimento della questione
sull’identità o meno della controversia (di responsabilità nei confronti
di amministratori e sindaci di società a preponderante partecipazione
pubblica) davanti al giudice ordinario – che la propria giurisdizione
aveva declinato con sentenza passata in giudicato – ed a quello
contabile (che ha ora sollevato il conflitto) ai fini della qualificazione
del secondo giudizio come riassunzione del primo;
è ben vero che l’identità della controversia costituirebbe pur
sempre il primo istituzionale presupposto della translatio iudicii nelle
azioni di responsabilità per danno erariale, ove sia stato adito un
giudice non munito di giurisdizione;
gli argomenti a favore dell’identità delle azioni e pertanto della
stessa astratta ammissibilità di una

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translatio

(primo fra tutti,

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difetto di giurisdizione del giudice contabile – in estrema sintesi per la

l’evidente favor verso quest’ultima manifestato dall’ordinamento fin
da Corte cost. 77 del 2007; la lettera dell’art. 17 cod. giust. cont.,
preliminare a tutte le tipologie di azioni dinanzi alla giurisdizione
contabile; l’utilità della conservazione degli effetti della domanda
iniziale, quand’anche malamente proposta a giudice non dotato di

soprattutto nel caso in cui i danni da perseguire siano arrecati a
patrimoni pubblici in senso lato e sono caratterizzati da termini
prescrizionali brevi, su cui potrebbe non esplicarsi l’effetto sospensivo
ex art. 2945, co. 3, cod. civ. in caso di definizione in rito della prima
domanda senza translatio; utile riproponibilità della domanda con
l’adeguamento anche al rito ed alle peculiarità dei petita azionabili
dinanzi ai differenti giudici via via aditi, secondo quanto ad esempio
elaborato da Cass. 22/07/2016, n. 15223) e quelli contrari (ufficiosità
e doverosità dell’azione solo dinanzi al giudice contabile; non perfetta
identità di personae, ad iniziare dall’attore; potenziale non perfetta
identità di causa petendi e struttura limitata e specifica del petitum
dell’azione contabile rispetto a quella ordinaria; diversità di rito e di
poteri in capo all’attore pubblico ed a quello privato; sostanziale
impraticabilità del breve termine di riassunzione, se non altro in caso
di declinatoria verso il giudice contabile, per la complessità degli
incombenti preliminari imposti al procuratore regionale prima del vero
e proprio inizio dell’azione di responsabilità erariale, identificabile solo
con la notifica dell’atto di citazione) possono infatti essere qui
accantonati, visto che, nella fattispecie, dei due requisiti per il
proposto regolamento di ufficio, cioè quello implicito della teorica
riproponibilità della domanda e quello esplicito della tempestività di
riassunzione o riproposizione, manca sicuramente questo secondo;
ne consegue che, una volta acclarata la carenza di tale secondo
dei due indefettibili requisiti, non è più necessario indagare sulla
sussistenza o configurabilità dell’altro;

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giurisdizione, ai fini dell’effettività della tutela giurisdizionale

al riguardo e in primo luogo, non rileva il richiamo, nell’ordinanza
che ha proposto il regolamento, all’art. 16 cod. giust. cont., a mente
del primo comma del quale «nel giudizio davanti alle sezioni
giurisdizionali regionali è ammesso il ricorso per regolamento
preventivo di giurisdizione previsto dall’articolo 41 del codice di

stesso codice»: infatti, tale norma disciplina il regolamento di
giurisdizione ad istanza di parte e non quello di ufficio, il primo
restando precluso irrimediabilmente dalla circostanza che sulla
questione di giurisdizione si è già avuta una sentenza in primo grado,
declinatoria di quella da parte del giudice che la ha emessa, non
impugnata sul punto;
la sola delle norme richiamate idoneamente posta a base
dell’ordinanza di quest’ultimo (art. 17, co. 3, cod. giust. cont., cioè
all. 1 al d.lgs. 26 agosto 2016, n. 174) prevede che il «conflitto di
giurisdizione» può essere sì sollevato anche dal giudice contabile, ma
pur sempre «quando il giudizio è tempestivamente riproposto»
davanti a quello;
ai fini della qualificazione di tempestività deve allora trovare
applicazione l’art. 59, comma 2, della legge 18 giugno 2009, n. 69, a
mente del quale «se, entro il termine perentorio di tre mesi dal
passaggio in giudicato della pronuncia di cui al comma 1, la domanda
è riproposta al giudice ivi indicato, nel successivo processo le parti
restano vincolate a tale indicazione e sono fatti salvi gli effetti
sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se il
giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin
dall’instaurazione del primo giudizio, ferme restando le preclusioni e
le decadenze intervenute»; mentre, ai fini del medesimo comma, «la
domanda si ripropone con le modalità e secondo le forme previste per
il giudizio davanti al giudice adito in relazione al rito applicabile»;

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procedura civile. Si applica il primo comma dell’articolo 367 dello

ma, nella specie, la sentenza del Tribunale di Roma, pubblicata il
12/06/2015, è passata in giudicato alla scadenza del termine
ordinario o c.d. lungo per impugnare, di sei mesi, maggiorati dei
trentuno – e non trenta – giorni di sospensione feriale (applicandosi
già in quell’anno la riduzione disposta dalla novella di cui all’art. 16,

2014, che, sostituendo l’art. 1 della I. 7 ottobre 1969, n. 742, ha
ridotto il periodo di sospensione da 46 giorni a 31 giorni, quali sono
quelli che intercorrono dal 10 al 31 agosto di ciascun anno: Cass. ord.
19/09/2017, n. 21674) e quindi il 12/01/2016;
pertanto, potendo qualificarsi proposta solo col deposito dell’atto
di citazione da parte del Procuratore generale il 27/09/2016, la
domanda davanti al giudice contabile non può qualificarsi riproposta
tempestivamente ai fini dell’istituto del regolamento di giurisdizione di
ufficio delineato in generale dall’art. 59 della legge 69/2009 e dall’art.
17 cod. giust. cont.;
da tanto consegue che non sussisteva il potere del giudice adito
per secondo di sollevare un conflitto con ufficiosa rimessione degli atti
a queste Sezioni Unite, ma solo quello (per un caso analogo, v. già
Cass. Sez. U. ord. 10/03/2014, n. 5493, sotto il vigore dell’art. 59
legge 18 giugno 2009, n. 59) di pronunciare, eventualmente,
ulteriore sentenza di declinatoria di giurisdizione: sentenza che, sul
punto, sarebbe stata impugnabile da chi ne avesse avuto interesse,
per conflitto negativo di giurisdizione (com’è noto, denunziabile in
ogni tempo anche in caso di passaggio in giudicato di una o di
entrambe le sentenze declinatorie: per tutte, v. Cass. Sez. U.
30/03/2017, n. 8246);
tale principio è stato affermato espressamente per il giudice
amministrativo, il quale non può sollevare conflitto negativo di
giurisdizione, ai sensi dell’art. 11, comma 3, cod. proc. amm., se la
causa non è stata innanzi a lui tempestivamente riassunta, potendo

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comma 1, del d.l. n. 132 del 2014, conv., con modif. in I. n. 162 del

invece quegli, in tal caso, se investito di una domanda qualificabile
come medesima rispetto a quella già pendente davanti al giudice
ordinario, statuire sulla giurisdizione, non ostandovi la precedente
declinatoria ad opera di altro giudice, poiché il decorso del termine di
riassunzione esclude che il nuovo giudizio possa considerarsi utile

Cass. Sez. U. ord. 18/12/2014, n. 26655);
ma la conclusione va agevolmente estesa al giudice contabile,
sicché alla specie va applicato il seguente principio di diritto: «a
seguito della declinatoria di giurisdizione da parte del giudice
ordinario su azione di responsabilità nei confronti di amministratori e
sindaci di società a partecipazione pubblica per il danno al patrimonio
sociale, con affermazione della giurisdizione della Corte dei conti, la
proposizione di un’azione contabile oltre tre mesi dopo il passaggio in
giudicato di quella declinatoria esclude comunque che il giudizio possa
qualificarsi tempestivamente riproposto ed è escluso il potere, per il
giudice adito per secondo, di sollevare il regolamento di giurisdizione
di ufficio di cui all’art. 17, co. 2 e 3, cod. giust. cont. (all. 1 al d.lgs.
26 agosto 2016, n. 174»;
il presente regolamento di ufficio va così dichiarato inammissibile,
ma non vi è luogo a provvedere sulle spese, atteso il carattere
ufficioso del medesimo;
p. q. m.
dichiara inammissibile il regolamento di ufficio.
Così deciso in Roma, addì 17/07/2018.

prosecuzione dell’altro (Cass. sez. U. 28/10/2015, ord. n. 21951;

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