Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20684 del 20/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 20/07/2021, (ud. 26/05/2021, dep. 20/07/2021), n.20684

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6870/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Ranza s.p.a. (in qualità di società incorporante della Cosmi

s.r.l.), in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa, giusta procura a margine del controricorso,

dall’Avv. Livia Salvini e dall’Avv. Michele Maranò, anche

disgiuntamente tra loro, ed elettivamente domiciliata presso lo

studio della prima, sito in Roma, viale Giuseppe Mazzini, n. 11.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, n. 4132/32/2014, depositata il 24 luglio 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 maggio

2021 dal Consigliere Luigi D’Orazio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La società Cosmi s.r.l., poi incorporata dalla Ranza s.p.a, presentava il modello unico 2005, relativo all’anno di imposta 2004, esponendo un reddito imponibile pari a zero. Successivamente il 29 giugno 2007 la società presentava dichiarazione integrativa esponendo una perdita di Euro 345.080,00, poi utilizzata, in compensazione del reddito, nell’anno di imposta 2008. L’Agenzia delle entrate emetteva avviso di irregolarità ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, nei confronti della società, intimando il versamento di una somma pari ad Euro 110.160,16, relativa alla dichiarazione unico 2009, presentata dalla Cosmi per l’anno 2008. La successiva istanza di autotutela presentata dalla società, chiedendo il riconoscimento del riporto di una perdita pari ad Euro 345.080,00, veniva rigettata dall’Agenzia delle entrate con provvedimento del 28 settembre 2011, con il quale evidenziava che la dichiarazione integrativa era tardiva in quanto presentata fuori dei termini previsti dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis. L’Agenzia, quindi, provvedeva alla notifica della cartella di pagamento.

2. La Commissione tributaria provinciale di Milano (sentenza n. 151/2/13) accoglieva il ricorso, in quanto il procedimento automatico di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, era ammesso unicamente per riparare ad errori materiali e di calcolo risultanti dalla dichiarazione.

3. La Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate rilevando che l’Ufficio, a fronte della dichiarazione integrativa della società, avrebbe dovuto procedere con l’emissione di un avviso di accertamento, al fine di contestare la perdita denunciata dal contribuente. Il procedimento automatico poteva essere utilizzato soltanto per emendare correggere errori materiali e di calcolo, ma non per il recupero di materia imponibile, non potendo l’Ufficio risolvere questioni giuridiche con l’utilizzo di tale procedimento.

4. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate.

5. Resiste con controricorso la società contribuente.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con un unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce la “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2; del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis; del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, in combinato disposto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Per la ricorrente la dichiarazione integrativa presentata dalla società soltanto nel 2007 era tardiva, in quanto, ai sensi del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, tale dichiarazione doveva essere presentata non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo. Pertanto, la dichiarazione integrativa, relativa all’anno di imposta 2004, doveva essere presentata nel termine dell’anno 2006. Le perdite, infatti, non erano state indicate nella dichiarazione originaria per il 2004, mentre la dichiarazione integrativa correttiva, proprio perché tardiva, era tamquam non esset. La procedura di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, peraltro, poteva fondarsi non solo sul testo della dichiarazione oggetto di liquidazione, ma anche sul testo delle dichiarazioni degli anni precedenti. Inoltre, minime valutazioni giuridiche e di fatto sono comunque consentite con il procedimento di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, che fa riferimento anche alla riduzione delle detrazioni indicate in misura superiore a quella prevista dalla legge, come pure alla riduzione di crediti d’imposta esposti in misura superiore a quella di legge, oppure non spettanti in base ai risultati della dichiarazione ed i controlli di tempestività.

1.1. Il motivo è fondato.

1.2. Invero, è pacifico tra le parti che la società contribuente non ha indicato le perdite asseritamente subite nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2004, con il modello unico 2005. La società, successivamente, ritenendo di aver subito nell’anno 2004 perdite pari ad Euro 345.080,00, non indicate nella suddetta dichiarazione, ha presentato dichiarazione integrativa il 29 giugno 2007, indicando la perdita riportata nell’anno 2004. Tali perdite sono state utilizzate in compensazione con i redditi del 2008. L’Agenzia delle entrate, con comunicazione del 6 aprile 2011, ha contestato alla società l’irregolarità, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, stante la tardività della dichiarazione integrativa, pervenuta oltre il termine di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis. L’istanza di autotutela presentata dalla società è stata rigettata il 28 settembre 2011. Successivamente, l’Agente della riscossione ha notificato la cartella di pagamento recante l’iscrizione a ruolo dell’importo indicato nella comunicazione ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis.

1.3. La dichiarazione integrativa presentata dalla società soltanto nell’anno 2007, allo scopo di dichiarare le perdite asseritamente riportate nell’anno di imposta 2004, era effettivamente tardiva, del D.P.R. n. 322 del 1998, ex art. 2, comma 8 bis.

1.4. Per questa Corte, a sezioni unite, in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, se diretta ad evitare un danno per la P.A. (D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria (Cass., sez.un., 30 giugno 2016, n. 13378).

1.4. E’ evidente che, nella specie, la dichiarazione integrativa è servita proprio ad emendare una omissione in danno del contribuente, incontrando dunque il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo di imposta successivo. Pertanto, tale dichiarazione integrativa doveva essere presentata nell’anno 2006, essendo relativa all’anno di imposta 2004.

1.5. E’ peraltro pacifico che la scelta di riportare le perdite subite, ove effettivamente esistenti, in un anno di imposta negli anni successivi costituisce, non è una mera dichiarazione di scienza, ma una vera e propria manifestazione di volontà, ossia una scelta opzionale.

1.6. Il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 84, comma 1, all’epoca vigente, prevede che “la perdita di un periodo di imposta, determinata con le stesse norme valevoli per la determinazione del reddito, può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d’imposta successivi, ma non oltre il 50, per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi”. 2.Secondo il recente orientamento di questa Corte (Cass., 25 giugno 2019, n. 16977; Cass., 27 ottobre 2017 n. 25566; Cass., 21 febbraio 2019, n. 5105), in tema di imposta sul reddito delle persone giuridiche, l’esercizio della facoltà di opzione, riservata al contribuente dall’art. 84 del t.u.i.r. (vigente ratione temporis), di utilizzare le perdite di esercizio verificatesi negli anni pregressi portandole in diminuzione del reddito prodotto nell’anno oggetto della dichiarazione, ovvero di non utilizzare dette perdite riportandole in diminuzione dal reddito nei periodi di imposta successivi, costituisce manifestazione di volontà negoziale e non mera dichiarazione di scienza, con la conseguenza che essa deve essere esercitata mediante una chiara indicazione nella dichiarazione non potendosi a tal fine l’Amministrazione sostituirsi al contribuente.

2.1. Infatti, per questa Corte (Cass. n. 7294 dell’11 maggio 2012; Cass. n. 6977 dell’8 aprile 2015), l’affermazione di una generale ed automatica emendabilità degli errori commessi dal contribuente nella redazione della dichiarazione non può ritenersi estesa alla dichiarazione dei redditi tout court, ma deve correttamente circoscriversi alla indicazione di quei dati, relativi alla quantificazione delle poste reddituali positive o negative, che integrino errori tipicamente materiali (ad es. errori di calcolo od anche errata liquidazione degli importi), ovvero anche formali (concernenti la esatta individuazione della voce del modello da compilare nella quale collocare la posta), rimanendo a tale ipotesi estranea la omessa indicazione delle perdite subite. Pertanto, in tema di imposte dirette, il principio di generale emendabilità della dichiarazione si riferisce all’ipotesi ordinaria nella quale la stessa rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre, nelle parti in cui abbia carattere negoziale, lo stesso non opera, salvo che il contribuente dimostri il carattere essenziale ed obiettivamente riconoscibile dell’errore in cui sia incorso, ai sensi degli artt. 1427 e ss. c.c. (Cass., sez. 6-5, 12 ottobre 2018, n. 25596).

2.2. Ciò comporta che l’omessa indicazione in dichiarazione di perdite pregresse e la mancata loro utilizzazione nel quinquennio non può essere oggetto di rettifica da parte dell’Ufficio, essendo a tal fine necessario che la facoltà di scelta che la legge attribuisce al contribuente sia esercitata mediante una chiara indicazione nella dichiarazione dello specifico periodo di imposta nel quale utilizzare in compensazione le perdite disponibili, facoltà nel cui esercizio l’Amministrazione non può sostituirsi al contribuente nell’interesse di quest’ultimo (Cass. n. 12460 del 4 giugno 2014).

3. Trattandosi, dunque, di manifestazione di volontà, e non di mera dichiarazione di scienza, la società avrebbe dovuto presentare la dichiarazione integrativa nell’anno 2006. La tardività della presentazione della dichiarazione integrativa comporta che le perdite non indicate nella dichiarazione dei redditi dell’anno 2004, presentata nel 2005, non potevano essere utilizzate per la compensazione con i redditi dell’anno 2008 e non possono essere, in questa sede, opposte avverso la cartella di pagamento emessa dall’Agenzia (Cass., sez. un., 13378/2016).

4. Una volta acclarato che la società ha tardivamente presentato la dichiarazione integrativa per l’anno di imposta 2004, soltanto nell’anno 2007, indicando perdite relative al 2004, facendole oggetto di compensazione con i redditi del 2008, resta da verificare se l’Agenzia delle entrate ha correttamente utilizzato il procedimento automatizzato di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis.

5. Nella specie, l’Agenzia delle entrate ha correttamente comunicato aila società contribuente l’irregolarità riscontrata ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis. Tuttavia, il mancato riconoscimento delle perdite asseritamente subite dalla società nell’anno 2004, non indicate in tale annualità, ma oggetto di dichiarazione integrativa presentata tardivamente ai sensi del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, non ha comportato per l’Agenzia delle entrate alcuna valutazione discrezionale, essendo stato effettuato un controllo di carattere puramente cartolare, fondato sul mancato rispetto del termine di cui all’art. 2, comma 8-bis, citato, per la presentazione della dichiarazione integrativa. L’unica valutazione compiuta dalla Agenzia delle entrate è consistita nella mera verifica del ritardo (ampio) nella presentazione della dichiarazione integrativa, avvenuta nell’anno 2007, invece che nell’anno 2006.

Del resto, per questa Corte, in tema di accertamenti e controlli delle dichiarazioni tributarie, è legittimo il disconoscimento del credito di imposta operato a seguito di controllo automatizzato qualora esso abbia carattere cartolare e non implichi valutazioni, in quanto effettuato sulla base di un riscontro obiettivo dei dati formali della dichiarazione dei redditi (Cass., sez. 5, 16 novembre 2018, n. 29582).

Inoltre, il disconoscimento delle perdite e della conseguente compensazione delle stesse con i redditi dell’anno 2007, è fondato su dati indicati proprio dalla società contribuente, che aveva presentato tardivamente la dichiarazione integrativa nell’anno 2007 (Cass., sez. 6-5, 20 febbraio 2017, n. 4360). Si e’, infatti, chiarito che, in tema di controllo automatizzato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, è legittima l’iscrizione a ruolo della maggiore imposta, senza necessità di emettere avviso di accertamento, quando la verifica sia meramente cartolare e non implichi valutazioni, ciò che avviene quando essa si fondi sul solo riscontro obiettivo trai dati formali contenuti nella dichiarazione dei redditi e le informazioni sul contribuente reperibili nell’anagrafe tributaria e sulle incongruità riscontrate dal suddetto raffronto (Cass., sez. 5, 5 novembre 2020, n. 24747, ove si trattava di recupero di crediti di imposta per investimenti in aree svantaggiate non indicati nel quadro RU della dichiarazione dei redditi).

5.1. Inoltre, deve aggiungersi che, in tema di imposte sui redditi, lo strumento della liquidazione automatica d’imposta previsto al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, può essere utilizzato anche quando l’anomalia, l’errore o l’omissione riguardi dati contabili riportati dalle dichiarazioni presentate dal contribuente negli anni precedenti, a nulla rilevando che queste ultime non abbiano formato oggetto di contestazione da parte dell’Erario – nella specie, in applicazione del suddetto principio la S.C. ha confermato la sentenza di merito la quale aveva ritenuto che correttamente l’Amministrazione aveva proceduto alla liquidazione automatica ai sensi del D.P.R. cit., ex art. 36 bis, in un caso in cui il contribuente aveva esposto nella dichiarazione crediti d’imposta insussistenti e riportati a nuovo dalle precedenti dichiarazioni, le quali però non avevano formato oggetto di contestazione non essendo emerso reddito imponibile (Cass., sez. 5, 11 giugno 2007, n. 13591; Cass., sez. 5, 4 giugno 2008, n. 14750). 6.La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, che provvederà, oltre che sulle domande rimaste assorbite nel giudizio di appello e correttamente riproposte dalla società nelle controdeduzioni del giudizio di appello, anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di coniglio, il 26 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2021

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