Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20684 del 13/10/2016


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Cassazione civile sez. lav., 13/10/2016, (ud. 13/09/2016, dep. 13/10/2016), n.20684

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27276-2010 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, Presso

l’Avvocatura Centrale dell’istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati ELISABETTA LANZETTA, MASSIMILIANO MORELLI, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

Z.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 675/2009 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 12/11/2009 R.G.N. 585/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/09/2016 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH;

udito l’Avvocato POLICASTRO LUCIA per delega verbale Avvocato

LANZETTA ELISABETTA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso,

rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Genova, Z.A., esponendo di essere dipendente dell’INPS e di fruire dei permessi per assistenza a persone con handicap L. n. 104 del 1992, ex art. 33, comma 3, deduceva di non aver percepito – per tali giornate di permesso – i compensi incentivanti di cui alla L. n. 88 del 1989, art. 18.

Il Tribunale accoglieva la domanda e la Corte di appello della medesima sede, con sentenza pubblicata il 12.11.2009, confermava la pronuncia di primo grado. La Corte territoriale ha ritenuto che i riposi ex L. n. 104 del 1992 sono equiparati ai riposi per le lavoratrici madri, i quali sono considerati ore lavorative a tutti gli effetti e ciò conferma che il trattamento da corrispondere in relazione a tali permessi deve essere esattamente quello che viene corrisposto in caso di effettiva prestazione lavorativa.

Per la cassazione propone ricorso l’INPS, affidato a tre motivi. Il lavoratore è rimasto intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con i primi due motivi l’INPS denuncia violazione di legge del D.L. 27 agosto 1993, n. 324, art. 2, comma 3 ter, (convertito in L. 27 ottobre 1993, n. 423), L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, comma 3, in relazione alla L. 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 7, u.c., e L. 9 gennaio 1977, n. 903, art. 8 nonchè della L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 18 (come modificato dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103, convertito in L. 1 giugno 1991, n. 166) in relazione al D.L. n. 324 del 1993, art. 2, comma 3 ter, per aver trascurato, la Corte territoriale, le peculiarità del settore pubblico rispetto al settore privato (in quanto, nell’ambito del primo, il dipendente che si assenta per fruire del permessi per assistere parenti affetti da handicap grave percepisce la normale retribuzione dal proprio datore di lavoro nonchè il versamento della contribuzione effettiva, mentre nel settore privato vi è il pagamento di una indennità sostitutiva della retribuzione da parte di soggetto diverso dal datore di lavoro, nella specie l’ente previdenziale, con riduzione delle ferie e della tredicesima mensilità, e il riconoscimento della contribuzione figurativa) nonchè la funzione dei compensi incentivanti (strettamente connessi alla valutazione dell’effettivo impegno profuso nel conseguimento degli obiettivi fissati dall’ente).

2. – Con il terzo motivo l’INPS denuncia violazione degli artt. 19, 21, 32, 35 e ss del CCNL 1994-1997 comparto Enti pubblici non economici nonchè dell’art. 1362 c.c. in relazione al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2 ed agli artt. 2 e 4 del CCNL 2002-2005 medesimo comparto avendo, la Corte territoriale, errato nell’interpretazione del contratto collettivo che ha espressamente riconosciuto alle lavoratrici in astensione obbligatoria e ai lavoratori soggetti ad infortunio sul lavoro il pagamento dei trattamenti accessori mentre nulla ha precisato con riguardo ai dipendenti in permesso per assistere parenti affetti da handicap fino al rinnovo contrattuale del 3.4.2003 quando sono stati inseriti, nella struttura della retribuzione, anche i compensi incentivanti. Il ricorrente deduce, pertanto, che le parti collettive non avevano voluto inserire, prima di aprile 2003, nel computo della retribuzione dovuta ai dipendenti in permesso ai sensi della L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 3, i compensi incentivanti.

3.- Si premette che il Collegio ha reperito, nel fascicolo di parte, la cartolina dell’avviso di ricevimento della notifica del ricorso tempestivamente richiesta nei confronti della controparte e il contraddittorio deve ritenersi, pertanto, ritualmente instaurato.

Secondo orientamento consolidato di questa Corte, al quale si ritiene di dare continuità (Cass n. 688/2014), l’evidente portata lessicale della norma di interpretazione autentica del D.L. n. 324 del 1993, art. 2, comma 3 ter (convertito con modificazioni in L. n. 423 del 1993) determina la corresponsione della retribuzione comprensiva dei compensi incentivanti.

Invero, la L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 3, primo periodo, e successive modifiche prevede: “A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa”; il successivo comma 4 prevede poi che “Ai permessi di cui ai commi 2 e 3, che si cumulano con quelli previsti alla citata L. n. 1204 del 1971, art. 7, si applicano le disposizioni di cui alla L. n. 1204 del 1971, medesimo art. 7, u.c., nonchè quelle contenute nella L. 9 dicembre 1977, n. 903, artt. 7 e 8”. Sulla base di tale disposto normativo, anche in relazione all’espresso richiamo fatto alla L. n. 903 del 1977, art. 8 (abrogato dal D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 86, comma 2, che tuttavia, all’art. 43 riproduce una disposizione di analogo contenuto), che, ai primi due commi, prevede che per i riposi di cui alla L. n. 1204 del 1971, art. 10 sia dovuta dall’ente assicuratore un’indennità pari all’intero ammontare della retribuzione relativa ai riposi medesimi e che tale indennità sia anticipata dal datore di lavoro e sia poi portata a conguaglio con gli importi contributivi dovuti, l’Istituto ricorrente delinea le differenze tra settore pubblico e privato poste a fondamento del motivo.

Tuttavia il D.L. n. 324 del 1993, art. 2, comma 3 ter, convertito con modificazioni in L. n. 423 del 1993, stabilisce che “Al comma 3 della L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, le parole “hanno diritto a tre giorni di permesso mensile” devono interpretarsi nel senso che il permesso mensile deve essere comunque retribuito”; lo stesso ricorrente osserva, condivisibilmente, che con tale norma di interpretazione autentica si è voluto chiarire che anche nel settore pubblico i permessi de quibus dovevano intendersi retribuiti; dal che derivano però conseguenze del tutto opposte a quelle prospettate nel ricorso, posto che l’inequivoca previsione dell’obbligo di retribuzione dei permessi anche per il settore pubblico esclude, per evidente contrasto con la suddetta portata della norma di interpretazione autentica, l’interpretazione secondo cui, proprio nel settore pubblico, dovrebbe essere esclusa la corresponsione della retribuzione comprensiva dei compensi incentivanti a causa delle evidenziate differenze rispetto al settore privato.

In ordine poi alla stretta connessione dei compensi incentivanti alla singola valutazione dell’effettivo Impegno profuso nel conseguimento degli obiettivi fissati dall’Ente ed alla verifica dell’effettiva realizzazione dei medesimi obiettivi, osserva il Collegio che, a mente della L. n. 88 del 1989, art. 18, comma 2, “Con la contrattazione articolata di ente sono stabiliti i criteri per la corresponsione, al personale e ai dirigenti che partecipano alla elaborazione e realizzazione dei progetti di cui al comma 1, di compensi incentivanti la produttività”. La Corte territoriale ha dato atto che l’Inps non ha prodotto la contrattazione articolata dalla quale dovrebbe trovare conferma l’assunto secondo cui il compenso in parola dovrebbe essere corrisposto solo per le ore effettivamente lavorate; nè il ricorrente fa cenno dell’esistenza di una previsione in tal senso ad opera della contrattazione articolata nel motivo all’esame.

Ne discende che, prevedendo la normativa legale il pagamento dei compensi incentivanti unicamente “previa valutazione e verifica dei risultati conseguiti”, risulta privo di base normativa l’assunto del ricorrente secondo cui tali compensi non dovrebbero essere corrisposti nei giorni di permesso retribuito di cui alla L. n. 104 del 1992 e successive modifiche, art. 33, comma 3.

4. Il terzo motivo è parimenti infondato. Preliminarmente, va osservato che – a fronte di un quadro normativo che, giusta le considerazioni innanzi svolte, legislativamente conduce alla ricomprensione anche dei compensi de quibus nella retribuzione relativa al giorni di fruizione dei permessi – il silenzio al riguardo del CCNL 1994-97 non può valere ad escludere dalla retribuzione (e, quindi, dal pagamento) tali compensi. In ogni caso, la stessa contrattazione collettiva, con il CCNL 1998-2001, ha espressamente indicato i compensi incentivanti nella struttura della retribuzione (cfr, art. 28, comma 1, lett. e) e sempre il medesimo contratto collettivo, disciplinando il trattamento economico-normativo del personale a tempo parziale (che, per definizione, svolge la propria prestazione lavorativa in orario inferiore a quella del dipendenti a tempo pieno), ha previsto che i trattamenti accessori collegati al raggiungimento di obiettivi o alla realizzazione di progetti (fra i quali, come si è detto, rientrano i compensi incentivanti de quibus) sono applicati a quei dipendenti “… anche In misura non frazionata o non direttamente proporzionale al regime oratip adottato” (cfr, art. 23, comma 5), con ciò implicitamente riconoscendo che la “previa valutazione e verifica dei risultati conseguiti” richiesta dalla legge non è limitata al numero delle ore o dei giorni effettivamente lavorati.

5. Il ricorso va pertanto rigettato.

Non è luogo a provvedere sulle spese, in difetto di attività difensiva della parte intimata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2016

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