Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20684 del 09/08/2018


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Civile Sent. Sez. U Num. 20684 Anno 2018
Presidente: TIRELLI FRANCESCO
Relatore: DE STEFANO FRANCO

SENTENZA
sul ricorso 21409-2014 proposto da:
ASEC S.P.A., ASEC TRADE S.U.R.L., in persona dei rispettivi
Presidenti pro tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIALE
DELL’UNIVERSITÀ 27, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO MELI,
che le rappresenta e difende;

ricorrenti

ENI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE
22, presso lo studio dell’avvocato GUIDO MARIA POTTINO,
rappresentata e difesa dall’avvocato LUCA NANNI;
– controricorrente e ricorrente incidentale –

Data pubblicazione: 09/08/2018

contro
ASEC S.P.A., ASEC TRADE S.U.R.L., in persona dei rispettivi
Presidenti pro tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIALE
DELL’UNIVERSITÀ 27, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO MELI,
che le rappresenta e difende;
controricorrenti all’incidentale

avverso la sentenza n. 1318/2014 della CORTE D’APPELLO di
MILANO, depositata il 01/04/2014.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
17/07/2018 dal Consigliere FRANCO DE STEFANO;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale RENATO
FINOCCHI GHERSI, che ha concluso per il rigetto del ricorso
principale, assorbito l’incidentale condizionato;
uditi gli avvocati Vincenzo Meli e Luca Nanni.
Fatti di causa
1. La presente controversia, vertente tra ENI ed ASEC TradeASEC spa quali succeditrici delle originarie parti di un contratto di
somministrazione di gas naturale, ha ad oggetto la forma dei contratti
stipulati dalle aziende speciali degli enti pubblici territoriali e, in
particolare, la necessità o meno della forma scritta, con conseguente
invalidità o meno dei contratti stipulati verbalmente o

per facta

concludentia.
2. Tra la SNAM spa e l’Azienda Servizi Energetici Catania (ASEC)
fu – in data 11/02/1999 – stipulato contratto di somministrazione di
gas naturale con decorrenza dal 01/01/1999 e scadenza al
30/06/2002, con previsione di rinnovo tacito per il triennio
successivo, a meno di disdetta di una delle parti entro il 31/12/2001:
facoltà di cui si avvalse l’ASEC con lettera del 27/12/2001.
Incorporata la SNAM spa da ENI spa con decorrenza dal 01/02/2002,
questa, approssimandosi la scadenza contrattuale, formulò proposta

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di nuovo contratto di somministrazione in data 17/06/2002 ed in ogni
caso accettò di prorogare la scadenza del precedente contratto fino al
30/09/2002, finché, con altra nota del 19/12/2002, propose ad ASEC
un nuovo contratto per il 2003 a prezzi di fornitura significativamente
aumentati, sollecitando un riscontro formale entro la fine del 2002 e,

avrebbe comportato l’applicazione delle clausole oggetto della
proposta.
3. L’ASEC proseguì negli approvvigionamenti e solo con nota del
10/02/2003 dichiarò di non accettare le nuove condizioni; ed
accumulò così, anche in riferimento a queste e su fatture del periodo
tra il giugno 2003 e il giugno 2004, una mora di non meno di C
665.766,42 (di cui C 61.191,93 a titolo di interessi per ritardati
pagamenti di pregresse forniture), per il cui recupero la
somministrante ENI spa chiese decreto ingiuntivo nei confronti della
ASEC – nelle more trasformata in s.p.a. – e di ASEC Trade s.u.r.l. conferitaria del ramo di azienda di ASEC relativo alla vendita del gas a
far tempo dal 01/01/2004 – dal Tribunale di Milano in data
30/06/2005. Peraltro, al decreto ingiuntivo, notificato il 25/07/2005,
si opposero le ingiunte ASEC Trade surl e ASEC spa con separati atti
di citazione (notificati il 28/09/2005 ed il 19/10/2005), mentre
l’opposta ENI spa dispiegò domanda «riconvenzionale» subordinata di
arricchimento senza causa per importo pari a quello recato dal
monitorio opposto
4. L’opposizione, espletata pure una consulenza tecnica di ufficio,
fu dal Tribunale rigettata con sentenza del 23/03/2010, n. 3790: il
giudice di primo grado ritenne che, in assenza di contratto scritto, la
modifica al prezzo della fornitura non fosse opponibile alla parte
contraente pubblica, la quale – nella sua qualità di azienda speciale ai
sensi della legge n. 142 del 1990, vincolata a tariffe imposte e
assoggettata al controllo pubblico – era obbligata all’impiego della

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comunque, prospettando che l’assenza di un riscontro formale

forma scritta ad substantiam

per la stipula dei propri contratti,

dovendosi per di più escludere la conclusione di contratti orali o per
facta concludentia; quanto all’indebito arricchimento, escluse poi che
vi fosse prova di quest’ultimo, per l’impossibilità, per ASEC, di
scaricare sui clienti il maggior prezzo della materia prima.

corte territoriale, sul sostanziale rilievo che il contratto di fornitura
per il periodo decorrente dal 01/01/2003 poteva validamente essere
concluso senza osservare la forma scritta. Sul punto la corte
territoriale, richiamata la giurisprudenza di legittimità che definiva «le
aziende speciali quali strutture imprenditoriali autonome rispetto
all’organizzazione pubblicistica, essendo ininfluente, a tal fine,
l’appartenenza di tutto o parte del capitale all’Ente pubblico di
riferimento al quale restano legate unicamente dal vincolo di
strumentalità finalizzato alla gestione di servizi di rilevanza economica
ed imprenditoriale»,

affermò la piena equiparazione dell’azienda

speciale agli enti pubblici economici e non già alle pubbliche
amministrazioni. E da tale premessa desunse «la … inapplicabilità …
del relativo regime di forma contrattuale, sia nei rapporti di lavoro
con i dipendenti sia per quanto riguarda la manifestazione della
volontà contrattuale (fase diversa ed autonoma da quella di
formazione della volontà dell’ente, che permane caratterizzata da
procedimentalizzazione)»;

per concludere nel senso che per le

aziende speciali valeva «il principio per cui la natura pubblica del
soggetto influenza esclusivamente il piano interno dell’organizzazione,
mentre le relazioni intersoggettive interamente ricadono nel dominio
del diritto privato. … Dunque, le aziende speciali degli enti locali sono
enti pubblici economici, soggetti alle norme di diritto pubblico per
quanto riguarda la loro organizzazione interna ed alle norme di diritto
privato per quanto riguarda l’attività economica dai medesimi posta in
essere». Pertanto, proprio perché nelle condotte di ASEC poteva bene

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5. A tale sentenza l’ENI interpose appello, che fu accolto dalla

ravvisarsi l’«esistenza di una volontà dell’azienda di proseguire nel
rapporto commerciale con ENI», fu infine accolta – benché con la
formula della conferma del decreto ingiuntivo opposto, invece
revocato dal giudice di primo grado – la domanda avanzata da
quest’ultima, fondata sull’esistenza di una valida obbligazione

pattuizione, benché priva di forma scritta.
6. Per la cassazione di tale sentenza di appello, pubblicata in data
01/04/2014 col n. 1318, proposero unitario ricorso – notificandolo tra
il 9 e il 10/09/2014 – ASEC spa e ASEC Trade srl, affidandosi ad un
motivo, contrastato da ENI spa con controricorso con cui fu formulato
ricorso incidentale condizionato, al quale a sua volta le ricorrenti
principali replicarono con specifico controricorso.
7. Peraltro, depositate memorie dalle parti per l’adunanza del
02/03/2017, la terza sezione di questa Corte ha pronunciato
ordinanza interlocutoria – n. 3566 del 14/02/2018 – di rimessione
degli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni
Unite della questione di massima di particolare importanza
riguardante la forma con cui deve essere espressa la volontà
contrattuale delle aziende speciali e, in particolare, reputando
necessario «stabilire se la volontà contrattuale delle aziende speciali
partecipate dallo Stato o dagli enti pubblici debba (o meno) essere
necessariamente trasfusa in forma scritta».
8. Detta ordinanza ha dato preliminarmente atto di un solo
precedente di legittimità negli esatti termini (Cass. 23/4/2014, n.
9219), secondo il quale la forma scritta costituisce requisito di validità
dei contratti stipulati dall’azienda speciale, trattandosi di un ente
pubblico strumentale della pubblica amministrazione; ma ha
richiamato poi un diverso orientamento giurisprudenziale, che, pur
non essendosi occupato ex professo della forma negoziale, ha dato
una diversa configurazione dell’azienda speciale e, più in generale,

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contrattuale e sulla spettanza del corrispettivo fissato nella nuova

delle imprese in mano pubblica, definendole come «soggetti di diritto
privato»

e, soprattutto, evidenziando il rapporto di

«assoluta

autonomia» rispetto all’ente locale.
9. La medesima ordinanza di rimessione ha sottolineato che
l’evoluzione normativa («dalla Relazione al codice civile del 1942 fino

legislativa sopravvenuta (segnatamente, l’art. 1, comma 3, del d.lgs.
n. 175 del 2016), seppure inapplicabile alla fattispecie
temporis,

ratione

consente di fondare in modo non equivoco

l’assoggettamento di qualsiasi società a partecipazione pubblica alle
norme generali del diritto privato (salvo specifiche deroghe non
riguardanti la fattispecie de qua).
10. Rimessa, su disposizione del Primo Presidente, la questione a
queste Sezioni Unite, per la pubblica udienza di discussione del
17/07/2018 entrambe le parti depositano memoria ai sensi dell’art.
378 cod. proc. civ.
Ragioni della decisione

1. Le ricorrenti principali si dolgono, con unitario motivo, di
«illegittimità in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, per violazione o
falsa applicazione degli artt. 16 e 17 del R.D. n. 2440 del 1923, per
avere ritenuto non necessaria la forma scritta ad substantiam per la
conclusione di contratti da parte delle aziende speciali, nonché
possibile la convalida o sanatoria della nullità per difetto di forma»; la
ricorrente incidentale ripropone, in via almeno implicitamente
subordinata ma senza formulazione di motivi specifici, i mezzi di
censura alla sentenza di primo grado ritenuti assorbiti dalla sentenza
di appello, con cui aveva fatto valere l’avvenuta stipulazione per
iscritto del contratto di fornitura tra le parti o, in via gradata, invocato
la sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda
condizionata di arricchimento senza causa nei confronti dell’ASEC.

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alla giurisprudenza della Corte di giustizia UE») e anche la disciplina

2. Va subito premesso che le norme di legge di cui si invoca la
violazione o falsa applicazione, cioè gli artt. 16 e 17 del r.d. 18
novembre 1923, n. 2440 («Nuove disposizioni sull’amministrazione
del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato»), sono
costantemente interpretate nel senso della necessità della forma

scambio di corrispondenza «secondo l’uso del commercio» ove le
controparti siano «ditte commerciali» – per i contratti stipulati dallo
Stato e dalle sue amministrazioni: tanto integrando una delle ipotesi
richiamate dal n. 13 dell’art. 1350 cod. civ., per il quale «devono farsi
per atto pubblico … sotto pena di nullità … gli altri atti specialmente
indicati dalla legge».
3. La necessità della forma scritta è costantemente ribadita dalla
giurisprudenza di

legittimità,

quale espressione dei

principi

costituzionali di buon andamento ed imparzialità della Pubblica
Amministrazione e garanzia del regolare svolgimento dell’attività
amministrativa, visto che solo tale forma consente di identificare con
precisione l’obbligazione assunta e l’effettivo contenuto negoziale
dell’atto,

rendendolo

agevolmente

controllabile

(così

Cass.

26/10/2007, n. 22537) pure in punto di necessaria copertura
finanziaria (sul principio, v. pure, più di recente: Cass. 14/04/2011,
n. 8539; Cass. 19/09/2013, n. 21477; Cass. ord. 24/02/2015, n.
3721; Cass. 11/11/2015, n. 22994; Cass. 22/12/2015, n. 25798;
Cass. 17/06/2016, n. 12540; Cass. 13/10/2016, n. 20690; Cass. ord.
27/10/2017, n. 25631; Cass. 23/01/2018, n. 1549; Cass.
28/06/2018, n. 17016).
4.

Da tale principio conseguono sia l’irrilevanza di ogni

manifestazione di volontà implicita o desumibile da comportamenti
meramente attuativi (perfino se protrattisi per anni: Cass.
11/11/2015, n. 22994; ovvero se riconducibili all’esecuzione della
prestazione ai sensi dell’art. 1327 cod. civ.: Cass. 15/06/2015, n.

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scritta – e per di più contestuale, ammettendosi la validità dello

12316), sia l’inammissibilità – salvi i casi in cui esso è espressamente
previsto da speciali disposizioni – di un rinnovo tacito (Cass. Sez. U.
28/11/1991, n. 12769; Cass. 24/06/2002, n. 9165; Cass.
21/05/2003, n. 7962; Cass. ord. 09/05/2017, n. 11231) o di un
subentro per facta concludentia (Cass. 30/05/2002, n. 7913; Cass.

ricostruzione dei principi coinvolti e dei presupposti anche
ordinamentali, a Cass. 20/03/2014, n. 6555.
5. Ora, le disposizioni in esame erano richiamate, per i Comuni e
le Province, rispettivamente dagli artt. 87, comma 1, e 140, comma
1, del r.d. 3 marzo 1934, n. 383 («Testo unico della legge comunale e
provinciale»): tali disposizioni, peraltro, in un primo tempo escluse
dall’abrogazione [ai sensi dell’art. 64, comma 1, lett. c), della legge 8
giugno 1990, n. 142, recante «Ordinamento delle autonomie locali»],
sono state definitivamente abrogate dall’art. 274, lett. a) del d.lgs. 18
agosto 2000, n. 267 («Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli
Enti locali» o TUEL), in uno all’intero r.d. 383 del 1934.
6. Cionondimeno, la giurisprudenza di legittimità – che pure ha
escluso l’applicabilità per analogia di altre norme del r.d. 2440 del
1923 (Cass. ord. 21/12/2017, n. 30568; Cass. 27/10/2016, n.
21747; Cass. 14/10/2015, n. 20739) – ha continuato a ritenerle
applicabili pure a Comuni e Province e non solo in ragione del tempo
di conclusione del contratto (Cass. 22/03/2012, n. 4570; Cass.
10/04/2008, n. 9340), ma esplicitamente, nonostante l’abrogazione,
quale principio generale finalizzato al controllo istituzionale e della
collettività sull’operato dell’ente pubblico (territoriale) e, quindi,
funzionale all’esigenza di assicurare l’imparzialità ed il buon
andamento della pubblica amministrazione (Cass. 07/07/2007, n.
1752).
7. Le norme sulla contabilità generale dello Stato in esame non
sono invece ritenute applicabili agli enti pubblici economici, per i cui

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19/09/2013, n. 21477): e sul punto basti un rinvio, per una compiuta

contratti non è prevista, di regola e salvo pure cospicue eccezioni
(come nel caso dell’affidamento di pubblici appalti), la forma scritta od altra forma solenne – ad substantiam: privilegiandosi in questo
caso la considerazione che l’ente pubblico si pone sullo stesso piano,
anche concorrenziale, dei comuni imprenditori e quindi equiparati ad

pertanto, nella libertà dalle forme speciali imposte invece alle
pubbliche amministrazioni quando non agiscano

iure privatorum

(Cass. 24/06/1975, n. 2511; più di recente: Cass. 02/12/2016, n.
24640).
8. Per l’avvio a soluzione della questione all’esame di queste
Sezioni Unite occorre porsi il problema della natura della aziende
pubbliche speciali degli enti territoriali, al cui genere si riconduce la
dante causa delle odierne ricorrenti (per pacifica qualificazione dei
giudici dei gradi di merito, ricondotta alla legge 142/90): problema
che ha ricevuto – e continua a ricevere – soluzioni anche molto
differenziate non solo dagli interpreti, ma anche dalla giurisprudenza
costituzionale, di legittimità e dei giudici speciali di volta in volta
coinvolti.
9. È noto che il sistema di gestione dei servizi pubblici da parte
degli enti territoriali ha attraversato una transizione da forme
eminentemente pubblicistiche ad una ben più articolata struttura:
passando dalle originarie previsioni della legge 29 marzo 1903, n.
103 (trasfusa nel r.d. 15 ottobre 1925, n. 2578, «Testo Unico della
legge sull’assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni e
delle province»), il cui art. 2 disciplinava l’«azienda municipalizzata»
come distinta dall’amministrazione ordinaria del Comune e dotata di
bilanci e conti separati, ma le cui perdite potevano essere ripianate
dal bilancio dell’Ente territoriale, contrapposta alle forme di
partecipazione diretta a società di capitali (di cui agli artt. 2458 a
2460 cod. civ. e ad una sterminata legislazione speciale), al nuovo

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essi anche nell’espletamento della comune attività negoziale e,

assetto (preceduto, per alcuni aspetti contabili od altri non essenziali,
dal d.P.R. 4 ottobre 1986, n. 902, sostitutivo del regolamento del
1904) disegnato dalla legge 8 giugno 1990, n. 142.
10. Questa previde una gamma di cinque diverse forme di
gestione dei servizi pubblici aventi ad oggetto la produzione di beni

economico e civile delle comunità locali (come si esprimeva l’art. 22
di quella legge):
– in economia, per le modeste dimensioni o le caratteristiche del
servizio;
– mediante concessione a terzi, in ipotesi di ragioni tecniche,
economiche e di opportunità sociale;
– a mezzo di azienda speciale, in caso di servizi di rilevanza
economica ed imprenditoriale;
– a mezzo di istituzione, per l’esercizio di servizi sociali privi di
tale rilevanza imprenditoriale;
– a mezzo di società per azioni a prevalente capitale pubblico
locale, in caso di opportunità della partecipazione di altri soggetti per
la natura del servizio da erogare.
11. L’azienda speciale fu disegnata come ente strumentale
dell’ente locale, dotata di giuridica personalità, di autonomia
imprenditoriale e di proprio statuto, approvato dal consiglio dell’ente
locale; al pari dell’istituzione, doveva informare la sua attività a criteri
di efficacia, efficienza ed economicità, con l’obbligo del pareggio di
bilancio, da perseguire attraverso l’equilibrio di costi e di ricavi,
compresi tra questi i trasferimenti (art. 23 legge 142/90); era retta
da un proprio statuto, a differenza dell’istituzione, che era governata
dallo statuto del medesimo ente, il quale ultimo in entrambi i casi
conferiva il capitale di dotazione, determinava le finalità e gli indirizzi,
approvava gli atti fondamentali, esercitava la sorveglianza e
verificava i risultati della gestione, coprendo gli eventuali costi sociali.

Ric. 2014 n. 21409 sez. SU – ud. 17-07-2018

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ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo

12. La legge 142/90 – i cui artt. 22 e 23 furono richiamati dalla
legge reg. Sicilia 11 dicembre 1991, n. 48, al suo art. 1, comma 1,
lett. e), con rinvio che (per il suo tenore letterale) può definirsi
recettizio e quindi riferibile alla disciplina che sarebbe subentrata a
quella espressamente richiamata – fu abrogata dal nuovo testo unico

dedicandovi gli artt. 112 e segg. e recependo nella sostanza la
precedente, sia pure ampliando la gamma delle forme di gestione a
sei ipotesi (aggiungendo alle cinque originarie anche la sesta, di
società per azioni senza vincolo di proprietà pubblica maggioritaria),
tanto da regolare espressamente l’azienda speciale all’art. 114.
13.

Una tale disciplina non ha visto ulteriori significative

evoluzioni (se non, di riflesso e quanto a determinate categorie di
contratti, quelle indotte dalla disciplina sui contratti pubblici, di cui al
d.lgs. 163 del 2006 e, poi, al d.lgs. 50 del 2016, in materia di
contratti di esecuzione di lavori, di fornitura di prodotti e prestazione
di servizi), a differenza di quelle costanti del regime, contiguo, delle
società a partecipazione pubblica, in cui l’attività a rilevanza
imprenditoriale gestita dall’Ente pubblico tende ormai ad equipararsi
per quanto più possibile a quella gestita dai privati (Cass. Sez. U. ord.
01/12/2016, n. 24591): evoluzioni culminate nel d.lgs. 19 agosto
2016, n. 175 («Testo unico in materia di società a partecipazione
pubblica», emendato dal d.lgs. 16 giugno 2017, n. 100, recante
«Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 19 agosto
2016, n. 175, recante testo unico in materia di società a
partecipazione pubblica»), che ha completamente ed in modo almeno
tendenzialmente organico riscritto il regime della forma di gestione
più simile a quella prevista direttamente dal codice civile.
14. Alla stregua della disciplina vigente, l’azienda speciale si
definisce quindi l’ente strumentale dell’ente pubblico territoriale,
dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di

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del 2000, che tuttavia si limitò a rimodulare la relativa disciplina,

proprio statuto (approvato dal consiglio dell’ente territoriale), istituito
per la gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto,
nell’ambito delle competenze dell’ente territoriale stesso, la
produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali ed a
promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali.

gestione dei servizi pubblici locali da parte degli enti territoriali, il
quale risultava, al tempo dei fatti per cui è causa come tuttora,
modulato su di una differenziata gamma di forme, delle quali solo
l’istituzione riguardava i servizi privi di rilevanza imprenditoriale:
mentre tutti gli altri, cioè i servizi aventi rilevanza economica ed
imprenditoriale, potevano e possono essere gestiti, con scelta
sostanzialmente discrezionale, attraverso un duttile ed articolato
sistema di alternative, che vanno dall’azienda speciale alla
concessione,

quindi

da

una

minima

ad

una

massima

esternalizzazione, passando per la partecipazione a società capitali a
vario assetto (tra cui spiccano quelle in house).
16. Non è certo questa / la sede per un inquadramento del
sistema nel suo complesso, anche alla luce della disciplina
eurounitaria, pure evocata dall’ordinanza di rimessione; deve qui
bastare il sommario rilievo che, in linea di principio ed entro certi
limiti, quella normativa consente all’ente locale di provvedere
direttamente alla gestione del servizio, anziché in applicazione delle
regole della concorrenza, in forza delle previsioni degli artt. 14, 106 e
345 del TFUE, dell’art. 1 del Protocollo n. 26 sui servizi di interesse
generale allegato al TUE e al TFUE (ove si sottolinea il ruolo
essenziale e l’ampio potere discrezionale delle autorità nazionali,
regionali e locali di fornire, commissionare e organizzare servizi di
interesse economico generale il più vicini possibile alle esigenze degli
utenti, con espressa previsione quindi della gestione diretta) e della
Risoluzione del Parlamento europeo 27 settembre 2006 sul Libro

Ric. 2014 n. 21409 sez. SU – ud. 17-07-2018

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15. L’azienda speciale fa parte quindi di un articolato sistema di

bianco della Commissione sui servizi di interesse generale
(particolarmente sensibile alle esigenze delle autonomie locali,
riconoscendo come rientri nella discrezionalità dell’autorità
competente decidere se gestire direttamente un servizio di interesse
generale attraverso una sua unità o se affidarlo a fornitori esterni,

esercitato sui servizi direttamente erogati).
17. In particolare, l’art. 14 TFUE, in riferimento ai servizi di
interesse economico generale (SIEG, la cui nozione, ove limitata
all’ambito locale, ha un contenuto omologo alla nozione di servizi
pubblici locali di rilevanza economica: Corte cost. nn. 272 del 2004 e
325 del 2010), sancisce che è «fatta salva la competenza degli Stati
membri, nel rispetto dei Trattati, di fornire, fare eseguire e finanziare
tali servizi»; mentre l’art. 106, posta la regola generale che le
imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico
generale siano sottoposte alle norme dei Trattati ed in particolare a
quelle di concorrenza, ammette poi, come eccezione, la gestione
diretta, quando l’applicazione di quelle norme costituisca un ostacolo,
in linea di diritto e di fatto, alla specifica missione dell’ente pubblico
(sull’applicazione di tale articolo e sui canoni che regolano il giudizio
di proporzionalità tra l’esigenza di garantire la missione e le
limitazioni da imporre al regime di concorrenza, cfr. ex multis, CGUE,
15/11/2007, causa C-162/06, International Mail Spain).
18.

L’art. 345, infine, afferma la «neutralità» del regime

proprietario pubblico o privato, ai fini dell’applicazione delle
disposizioni del Trattato. Secondo l’interpretazione della Corte
costituzionale, fornita nella sentenza n. 325 del 2010, l’ordinamento
europeo consente, ma non impone, la gestione diretta, lasciando
liberi gli Stati di decidere le modalità di organizzazione e gestione dei
propri servizi, nel rispetto dei principi di trasparenza, adeguata
pubblicità,

parità

di

trattamento,

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proporzionalità,

mutuo

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con o senza scopo di lucro, esercitando un controllo analogo a quello

riconoscimento ed

economicità.

Rispettoso dell’ampia sfera

discrezionale attribuita agli Stati membri, l’ordinamento comunitario
si riserva solo di «sindacare se la decisione dello Stato sia frutto di un
“errore manifesto”»: ciò che, secondo il Giudice delle leggi, rende del
tutto legittima, da parte di uno Stato, anche la scelta di vietare

rispetto a quanto richiesto dal diritto comunitario, che costituisce solo
un minimo inderogabile.
19. E può, in linea di approssimazione complessiva ed ai limitati
fini dell’inquadramento della questione devoluta a queste Sezioni
Unite, concludersi nel senso di un’impostazione complessiva delle
norme del Trattato sull’affidamento diretto come eccezione rispetto
alla regola della concorrenza, nonostante debbano escludersi, nel
diritto dell’Unione, sia un obbligo di esternalizzazione, sia un divieto
di autoproduzione (CGUE, sentenze 10 novembre 2005, C-29/04; 11
gennaio 2005, C-26/03; 9 giugno 2009, C-480/06), in quanto questi
risulterebbero incompatibili col carattere neutrale dei Trattati. E la
linea di tendenza è resa evidente dalla più recente Direttiva appalti
(n. 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26
febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva
2004/18/CE Testo rilevante ai fini del SEE), il cui quinto
«considerando» afferma il «principio di libera amministrazione delle
autorità pubbliche», poi ripreso almeno in parte dall’art. 166 del
nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50).
20. Tutto ciò premesso, va qui rilevato come, in sostanza, la
strumentalità e la diretta riferibilità all’organizzazione dell’ente
pubblico siano assai pregnanti nell’azienda speciale, per degradare
sempre più nelle altre figure: la sicura alterità soggettiva anche
dell’azienda speciale ne esalta le potenzialità operative sul mercato,
ma è evidente, per l’ingerenza assicurata dagli statuti all’ente
pubblico, la sottoposizione di quella a forme di eterodirezione od

Ric. 2014 n. 21409 sez. SU – ud. 17-07-2018

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siffatta regola di gestione o di prevedere una disciplina più rigorosa

eterogestione, quasi in contropartita dell’assunzione diretta dei rischi
di perdita economica con nullificazione del rischio di impresa a carico
del soggetto esercente l’attività economica, sconosciute al diritto
civile in generale ed a quello societario in particolare.
21.

Una migliore definizione dell’azienda speciale e della sua

natura – o, a maggior ragione, una sua compiuta ricostruzione

sistematica od organica – non è però funzionale alla definizione della
questione devoluta a queste Sezioni Unite, che possono limitarsi a
prendere atto di una non univocità delle soluzioni offerte dalla
giurisprudenza e dagli interpreti: che, a seconda della accentuazione
della strumentalità o, al contrario, della natura economica dell’attività
esercitata, giungono a conclusioni opposte in ordine alla soggezione
dell’azienda al regime proprio degli enti pubblici economici o a quello
degli enti pubblici non economici.
22. Se è tendenzialmente pacifico che l’azienda in esame abbia
cessato, con la riforma del 1990, di essere una «azienda organo»
(come sostanzialmente si definiva l’azienda municipalizzata), per
assumere quell’alterità soggettiva esaltata dal conferimento di
personalità giuridica autonoma e della qualifica di ente, come pure
dall’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese, non può
disconoscersi la rilevante persistenza di importanti connotati
pubblicistici, che impedisce una piena o perfetta assimilazione agli
imprenditori privati.
23.

Una parte della dottrina, benché conscia dei profili di

discontinuità

con

la

precedente

normativa

sulle

aziende

municipalizzate (di cui all’art. 2 r.d. 2578 del 1925), continua ad
1.,

attribuire

decisiva

rilevanza,

pur

valorizzando

l’avvenuto

riconoscimento di un’ampia facultas agendi quale contenuto della
conferita autonomia imprenditoriale, alla persistente caratterizzazione
strumentale dell’azienda speciale ai fini istituzionali dell’ente
territoriale; e finisce col riconoscere anche alle rinnovate aziende

Ric. 2014 n. 21409 sez. SU – ud. 17-07-2018

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speciali

(quali

sostanziale

evoluzione

delle

precedenti

municipalizzate), per la centralità del carattere strumentale
espressamente mantenuto, il connotato di una latente
pubblicizzazione, idonea a orientarne marcatamente il profilo e a
depotenziare le pure significative innovazioni implicate dalla

sicché quelle aziende vanno ricostruite così saldamente collegate
all’ente locale da dovere essere considerate parte integrante del
relativo sistema amministrativo, escludendosi il loro inquadramento
nella categoria degli enti pubblici economici ed anzi affermandosi la
loro permanenza in un sistema di rapporti giuridici prevalentemente
contraddistinto dall’autoritatività.
24.

Nel senso della persistenza della connotazione di ente

pubblico marcatamente non economico si colloca una prima serie di
interventi della giurisprudenza.
25. Già Cass. 16/07/2005, n. 15105, ha rimarcato – ai fini della
limitazione dell’eleggibilità dei loro dirigenti – che «le aziende speciali
sono enti strumentali del Comune, istituiti per l’esercizio di servizi
sociali pubblici in alternativa alla gestione diretta e destinati a
rimanere in vita fino a quando permanga la relativa scelta;
nonostante il riconoscimento, per ragioni funzionali, della personalità
giuridica e della capacità di compiere tutti i negozi giuridici necessari
per il raggiungimento del loro fine, costituiscono parti del Comune nel
quadro unitario del suo assetto ordinamentale, sicché gli atti emanati
configurano determinazioni riferibili all’ente territoriale che incide,
oltretutto, sui processi decisionali dell’azienda speciale attraverso
un’ampia ingerenza negli atti gestionali e organizzativi e una
penetrante azione di controllo». E, sulla stessa linea, sia pure senza
peculiari approfondimenti, Cass. Sez. U. 20/06/2006, n. 14101, ha
sostanzialmente identificato con gli enti territoriali le aziende speciali,
qualificate (richiamando Cons. Stato n. 4586/01, su cui v.

Ric. 2014 n. 21409 sez. SU – ud. 17-07-2018

infra,

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concessione di personalità giuridica ed autonomia imprenditoriale:

nonché Cons. Stato n. 2735/01) come enti strumentali dei Comuni, ai
fini dell’affermazione della giurisdizione della Corte dei conti sulle
azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei
dipendenti di quelle.
26.

La giurisprudenza amministrativa ha sottolineato (Cons.

massima, una volta conseguita dall’azienda speciale del Comune, in
qualità di ex azienda municipalizzata, la natura di ente pubblico
economico con personalità giuridica, la differenza tra essa ed una
società mista sia alquanto sottile nella prospettiva comunitaria di
tutela della concorrenza, non si può del tutto elidere le peculiarità
dell’azienda speciale stessa, che l’art. 113 lett. e) e l’art. 114 d.Ig. 18
agosto 2000, n. 267, disciplinano come ente strumentale e soggetto
istituzionalmente dipendente dall’ente locale e con esso legata da
vincoli tanto stretti (sotto i profili della formazione degli organi, degli
indirizzi, dei controlli e della vigilanza), da farla ritenere un elemento
del sistema organizzativo dell’ente, tant’è che, pur con l’accentuata
autonomia derivante dall’attribuzione della personalità giuridica che
ne implica, comunque, non tanto la sua trasformazione in un soggetto
di diritto privato, bensì la sua configurazione come nuovo centro
d’imputazione di rapporti giuridici, distinto dal comune e con propria
autonomia decisionale, mantiene i propri connotati pubblicistici e,
quindi, ogni negoziazione che la riguarda resta regolata dal diritto
pubblico, da provvedimenti amministrativi e da deliberazioni,
attraverso cui si concretizza, in forma procedinnentale, la volontà
dell’ente che precede la conclusione del negozio».
27. Sulla stessa linea, il Consiglio di Stato ha ancor più di recente
(Cons. St., sez. V, 20/02/2014, n. 820) statuito che «sotto il profilo
sostanziale, … le aziende speciali, così come le società in house, come
recentissimamente affermato dalle stesse Sezioni Unite della Corte di
Cassazione (Sentenza 25 novembre 2013, n 26283, ribadito con

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Stato, sez. V, 03/09/2001, n. 4586) che, «sebbene, in linea di

Ordinanza 2 dicembre 2013, n. 26936), possono essere considerate
come enti che rappresentano delle vere e proprie articolazioni della
Pubblica Amministrazione, atteso che gli organi di queste sono
assoggettate a vincoli gerarchici facenti capo alla Pubblica
Amministrazione, i cui dirigenti sono dunque legati alla Pubblica

dirigenti preposti ai servizi direttamente erogati dall’ente pubblico
(per le Aziende Speciali, qualificate espressamente quali enti
strumentali dei Comuni, cfr. Cassazione civile, Sez. Un., 20 giugno
2006, n. 14101)».
28. Ed il giudice di vertice della Giustizia amministrativa ha pure
affermato (Cons. Stato, sez. III, 10/04/2015, n. 1842) che quando
«l’Azienda non opera secondo un unico e rigoroso criterio di
economicità, almeno non nei modi e nei limiti che sono propri e tipici
di un ente pubblico economico, poiché essa per statuto può e deve far
assegnamento sulle risorse finanziarie del Comune nell’ipotesi, si
badi, di attività non puramente volte alla produzione di beni e servizi,
ma anche dettate da “ragioni di carattere sociale”», l’Azienda stessa è
allora indubbiamente «da qualificarsi come un ente pubblico non
economico, al di là del tendenziale principio … che le tariffe e i prezzi
dei servizi forniti dall’Azienda, in via generale, “mirano ad assicurare”
– ma non è detto né certo che assicurino – la “copertura dei costi”».
29. Del resto, la stessa Corte costituzionale ha rilevato come
l’azienda speciale finisca col confondersi con l’organizzazione dell’ente
locale (Corte cost. 12/02/1996, n. 28, sia pure ai fini della verifica
della legittimità della delega dei poteri sanzionatori – nella specie,
regionali – ai dirigenti dell’azienda), in quanto elemento costitutivo
del sistema di amministrazione che fa capo all’ente territoriale; e
rimarcato (sia pure ai fini del controllo della legittimità dell’ingerenza
dello Stato nella relativa organizzazione) che l’azienda speciale è ente

Ric. 2014 n. 21409 sez. SU – ud. 17-07-2018

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amministrazione da un rapporto di servizio come avviene per i

di diritto pubblico strumentale dell’ente locale territoriale (Corte cost.
23/07/2013, n. 228).
30. E queste stesse Sezioni Unite hanno poi escluso, ai fini della
qualificazione di un ente pubblico come economico o meno, la
rilevanza – almeno in via esclusiva o anche solo decisiva –

statutaria che ne regola l’attività con riferimento agli scopi dell’ente
medesimo (Cass. Sez. U. 11/07/2006, n. 15661): così ribadendo la
prevalente dimensione pubblicistica dell’azienda speciale, anche dopo
la riforma del 1990 (Cass. Sez. U. 19/12/2014, n. 26939), resa
evidente dall’imposizione di autorizzazioni e controlli da parte dei
pubblici poteri, anche a tutela della finanza locale e della sua
stabilizzazione e comunque in armonia con le previsioni del comma
terzo dell’art. 41 Cost.
31. Non sono mancate esplicite prese di posizione, sia pure a ben
precisi fini di controllo della spesa, da parte della Corte dei conti, che
(ribadito – Corte conti Lombardia, 18/10/2012, n. 438 – che
«l’Azienda Speciale, di derivazione locale, rientra nel perimetro della
pubblica amministrazione quanto a costi di apparato da
ridimensionare per superiori vincoli di finanza pubblica» e che quella
«si configura quale ente strumentale della Provincia, dotato di
autonomia gestionale e personalità giuridica, mediante la quale l’ente
locale persegue i propri fini istituzionali insiti nell’erogazione di un
servizio pubblico in senso oggettivo secondo principi di economicità
efficacia ed efficienza gestionale») ha poi espresso il parere (Corte
conti Lombardia, delib. n. 119 del 04/04/2012) che i limiti e divieti in
materia di assunzioni, richiamati dalla normativa per l’azienda
speciale, non possono che essere quelli stabiliti per l’ente controllante
(ed in particolare: il divieto di procedere ad assunzioni nel caso in cui
non sia stato rispettato il patto di stabilità interno nell’anno
precedente, ex art. 76, comma 4, d.l. n. 112/2008; il divieto di

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-19-

dell’oggetto dell’attività, in luogo di quella della disciplina legale e

procedere a nuove assunzioni in caso di mancata riduzione delle
spese di personale rispetto all’anno precedente, ex art. 1, comma
557-ter della legge finanziaria per il 2007, 27 dicembre 2006, n. 296;
i limiti e i divieti in materia di assunzioni di cui all’art. 76, comma 7,
del d.l. n. 112 del 2008, conv. in I. n. 133/2008 e successive

L. n. 44/2012).
33.

Per finire e come già ricordato, questa stessa Corte di

legittimità, nell’unico precedente specifico in termini, ha concluso
(Cass. 23/04/2014, n. 9219) che l’azienda speciale: è ente pubblico
strumentale

dell’ente

locale

che

lo

costituisce,

dovendo

istituzionalmente perseguire non finalità proprie ma dell’ente locale
che le conferisce il capitale di dotazione, ovvero i beni che vengono
assegnati al momento della costituzione dell’azienda; è sottoposta al
controllo dell’ente locale, il quale, fra l’altro, approva i bilanci annuale
e pluriennale e quello di esercizio, verifica i risultati della gestione e
provvede alla copertura dei costi sociali preventivamente determinati.
Pertanto, benché la sua organizzazione e la sua attività siano regolate
dal codice civile ed essa abbia capacità di diritto privato ed agisca iure
privatorum,

tanto non esclude la forma scritta prescritta

ad

substantiam per i contratti delle Pubbliche Amministrazioni, tenuto
conto che, anche quando la P.A. agisca iure privatorum, è richiesta, ai
sensi del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 16 e 17, come per
ogni altro contratto stipulato dalla P.A., la forma scritta

ad

substantiam, che è strumento di garanzia del regolare svolgimento
dell’attività amministrativa nell’interesse del cittadino e della
collettività, costituendo remora ad arbitri e agevolando l’espletamento
della funzione di controllo, e quindi espressione dei principi
d’imparzialità e buon andamento della P.A. ex art. 97 Cost.
34. Nell’opposto senso dell’equiparazione delle aziende speciali
agli enti pubblici economici si è – subito dopo l’introduzione della

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modifiche, tra cui il d.I n. 16/2012, convertito con modificazioni dalla

previsione normativa nel 1990, in riforma del vetusto predecessore
dell’azienda municipalizzata – mossa altra e consistente parte della
dottrina, che ha concluso per il carattere recessivo della strumentalità
quale connotato delle aziende speciali. A tale conclusione si è giunti
dall’esame dell’articolazione stessa della gamma di figure operative di

contrapposizione di quelle alle istituzioni, queste ultime e solo queste
articolate come mere articolazioni organizzative dell’ente territoriali e
prive di soggettività giuridica autonoma. Da un lato, la dipendenza
finanziaria anche delle aziende speciali dall’ente locale, pure in caso di
perdite, non è dirimente, perché nell’autonomia imprenditoriale delle
aziende speciali il rapporto con il capitale di dotazione impone a
queste di sfruttarlo in modo tale da garantire il recupero delle spese
di produzione, informando l’attività ai criteri di efficacia, efficienza ed
economicità, garantendo così il pareggio di bilancio e ponendo la
copertura dei costi come ipotesi eccezionale. Dall’altro lato, la
creazione, con l’attribuzione della personalità giuridica, di un nuovo
centro di imputazione giuridica rende di tutta evidenza la forte
attenuazione del legame con l’ente locale, sicché l’azienda speciale
esce completamente rivista dall’intervento legislativo e risulta
modellata sulla base delle nuove esigenze, prevalentemente orientate
verso la privatizzazione dei rapporti economici, già soltanto nel senso
di un ampliamento del campo di applicazione degli istituti di diritto
privato anche ai servizi pubblici, ovvero dell’adozione – di regola – di
un modello contrattuale sostanzialmente privatistico.
35. Nel medesimo senso si colgono peraltro ulteriori valutazioni di
queste Sezioni Unite, sia pure per lo più in relazione ad aspetti diversi
da quello oggetto della presente controversia, a cominciare
dall’affermazione (Cass. Sez. U. 15/12/1997, n. 12654, ripresa da
Corte conti, sez. aut., 15/01/2014, n. 2) che «il passaggio
dall’azienda municipalizzata all’azienda speciale, … non è un evento

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gestione dei servizi pubblici locali e già soltanto della

neutrale ai fini ricostruttivi, in quanto l’art. 23 della legge 8 giugno
1990, n. 142, conferendo all’azienda speciale la personalità giuridica
e informandone l’attività a criteri di economicità, da un lato,
rappresenta “evoluzione e perfezionamento della precedente
disciplina come espressione di una tendenza alla privatizzazione dei

privata”, dall’altro, rimarca la connotazione dell’azienda speciale
quale ente pubblico economico, giungendo ad accostarla,
“nell’organizzazione ad impresa e nella funzione, alla società per
azioni, da cui differisce essenzialmente nella componente
soggettiva”».
36. Ancora, si è concluso che (Cass. Sez. U. 07/03/2001, n. 96),
«anche prima del nuovo ordinamento delle autonomie locali, le
aziende municipalizzate costituivano una struttura dotata di una
propria autonomia organizzativa distinta da quella pubblicistica del
Comune, che svolgevano la loro attività economica con modalità e
strumenti tipicamente imprenditoriali sì da essere equiparate agli enti
pubblici economici».
37. Inoltre, si è stabilito che (Cass. Sez. U. 06/06/1997, n. 5085),
dopo le «innovazioni radicali apportate dalla legge 8 giugno 1990, n.
142», «le aziende non si presentano più come organi-imprese del
Comune … [e] devono equipararsi agli enti pubblici economici», cui le
accomunano l’esercizio di un’attività imprenditoriale e la soggezione
alla regolamentazione privatistica dell’imprenditore privato: infatti,
«al pari degli enti pubblici economici, le aziende municipalizzate
devono poter intervenire nella vita economica in posizione analoga a
quella, in cui si trovano le imprese private similari e, quindi, devono
poter assumere le decisioni e concludere i conseguenti negozi con la
rapidità e la elasticità, con cui queste imprese agiscono».
38. Ed in tema di responsabilità degli amministratori di aziende
speciali per la stipula di contratti pubblicitari asseritamente

Ric. 2014 n. 21409 sez. SU – ud. 17-07-2018

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servizi ovvero all’adozione dei metodi tipici dell’imprenditorialità

ingannevoli, Cass. Sez. U. 15/12/1997, n. 12654, ha concluso nel
senso che «un ente di tale specie, appartenente ad una categoria con
una forte caratterizzazione imprenditoriale che opera nel campo della
produzione e dello scambio di beni o di servizi, pur essendo legato
all’ente di riferimento di cui costituisce modalità organizzativa con

utilizzando la più elastica normativa privatistica rispetto e quella
pubblicistica, più rigida ed articolata nel regime dei controlli e della
contabilità … il fatto che l’azienda speciale (art. 23, comma 4 0 )
debba informare la sua attività “a criteri di efficacia, efficienza ed
economicità” con “l’obbligo di pareggio di bilancio da perseguire
attraverso l’equilibrio dei costi e dei ricavi, compresi i trasferimenti”
delinea nettamente la caratteristica dell’attività economica, nei fini e
nei mezzi da adottare, che nell’impresa trova la sua espressione
istituzionale e funzionale».
39. Di conseguenza, esplicitamente l’azienda in esame è stata
qualificata come «ente pubblico economico titolare di impresa»,
sicché gli atti da quella compiuti rientrano nell’esercizio di una
«attività negoziale … economica [espletata] con ampia libertà, nonché
con modalità e strumenti di natura tipicamente imprenditoriale»
(Cass. Sez. U. 29/11/1999, n. 829).
40. Potrebbe certamente sostenersi che l’evoluzione dell’azienda
speciale verso l’ente pubblico economico sic et simpliciter abbia avuto
quanto meno una battuta d’arresto con l’art. 114 co. 5bis del t.u.e.l.
e le altre modifiche di cui alla legge di stabilità del 2014 (art. 1, co.
550 ss., legge 27 dicembre 2013, n. 147, non applicabili però ratione
temporis,

con più stringenti obblighi per le aziende speciali,

equiparate per più versi alle pubbliche amministrazioni di riferimento:
sanzioni ai gerenti in caso di gestioni in perdita, cessazione
dell’attività a fronte della reiterazione di risultati negativi di esercizio,
obbligo di stabilire la modalità con cui concorrere alla realizzazione

Ric. 2014 n. 21409 sez. SU – ud. 17-07-2018

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funzione strumentale, è istituito per operare con modalità economiche

degli obiettivi di finanza pubblica, vincoli assunzionali, contenimento
delle politiche retributive e consulenze, soggezione al patto di stabilità
interno). E nel senso di una sorta di recupero di una tendenza
all’immedesimazione strutturale dell’azienda speciale nella pubblica
amministrazione di riferimento può vedersi militare l’estensione
all’una di specifici divieti e limiti propri dell’altra, tra cui, a titolo

esemplificativo, la soggezione al codice di contratti pubblici, quelli in
materia delle spese per consulenze, quelli in materia di
organizzazione del personale (ad es. quelli ex artt. 6, comma 6, e 33,
comma 2, del d.lgs. 165/2001, in relazione agli obblighi
rideternninazione della dotazione organica nel triennio precedente e di
ricognizione delle eventuali eccedenze di personale), quelli in materia
di dotazione del piano triennale anticorruzione (ai sensi dell’art. 1, co.
39, legge 6 novembre 2012, n. 190, come successivamente integrato
e modificato; delibere dell’A.N.A.C., tra cui la n. 8/15).
41. E potrebbe pure non ritenersi soddisfacente l’equazione tra
carattere imprenditoriale od economico in senso stretto dell’attività
svolta ed automatica esclusione della necessità della forma scritta
(ricostruita a presidio della buona amministrazione anche per gli Enti
pubblici territoriali): infatti, nonostante la natura sicuramente
imprenditoriale dell’attività svolta, della normativa sulla forma
contrattuale solenne potrebbe predicarsi l’estensione all’azienda
speciale a tutela del suo carattere pubblicistico e delle sue indubbie
differenze rispetto alla società in house, come pure delle sue molto
maggiori affinità e dei suoi intensi vincoli e nessi con l’ente territoriale
ai cui fini istituzionali è funzionalizzata. Ed un ruolo significativo, in
favore dell’estensione della normativa sulla forma solenne, potrebbe
poi giocare la considerazione sistematica dell’estrema opportunità di
un minimo sostegno ab externo funzionale al più trasparente e
meditato perseguimento del pubblico interesse cui sono comunque
strumentali.

Ric. 2014 n. 21409 sez. SU – ud. 17-07-2018

-24-

\

42. Non è tuttavia necessario prendere espressa posizione tra tali
contrapposti orientamenti, né sulla complessiva questione della
ricostruzione sistematica dell’azienda speciale, perché, ai fini che qui
interessano, può bastare – anche e se del caso soltanto
strumentalmente – il rilievo riassuntivo di una figura a struttura

reciproca interazione di elementi marcatamente pubblicistici e
pienamente privatistici: in particolare, dalla coesistenza della stretta
funzionalizzazione agli scopi dell’ente locale, attuata però in forme
indirette o di controllo generale e mai con immediato intervento sulle
scelte di politica economica ed imprenditoriale e meno che mai sui
singoli atti di gestione di questa, con l’autonomia derivante non solo
dall’evidente alterità soggettiva

rispetto all’ente locale,

ma

soprattutto dalla libertà – almeno originaria e tendenziale – di quelle
scelte, propria di ogni imprenditore in quanto tale.
43. Non è del resto nuovo il rilievo della coesistenza, nell’azienda
speciale, di due «anime» distinte: l’una, legata necessariamente alla
natura di attività di impresa da essa esercitata, che dovrebbe
spingere al conseguimento del miglior risultato economico possibile;
l’altra, riflesso dell’imprescindibile rapporto di collegamento – talvolta
avvicinato a quello di agenzia – con l’ente locale e con la sua
collettività di riferimento, che, se da una parte pone come obiettivo
principale il perseguimento dell’interesse generale, dall’altra risente
dei vincoli della finanza pubblica e dei condizionamenti «mediati»
derivanti dal corpo elettorale.
44. Ora, si ricordi che oggetto dell’attività dell’azienda sociale
sono quei servizi pubblici degli enti territoriali espressamente definiti
come aventi ad oggetto la produzione di beni ed attività rivolte a
realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile
delle comunità locali (art. 112 t.u.e.l. nella formulazione originaria,
non modificata sul punto): in riferimento ad essi, la carenza di

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composita o ibrida, caratterizzata dall’evidente compresenza e dalla

rilevanza imprenditoriale impone la forma dell’istituzione, mentre la
presenza di quella – in uno alla rilevanza economica – consente la
scelta tra più opzioni operative, delle quali la più organicamente
collegata all’ente stesso è l’azienda speciale, mentre sempre meno
operativo è tale nesso per le forme di partecipazione a società di

concessione.
45.

Per definizione, quindi, l’azienda speciale è destinata alla

produzione di beni ed attività – queste potendo verosimilmente
ricondursi alla nozione di «servizi» di cui alla classica definizione del
codice dell’imprenditore – con criteri di efficacia, efficienza ed
economicità, con obbligo di pareggio del bilancio (art. 114, co. 4,
t.u.e.I., nel testo originario, sul punto non modificato); è allora in
ragione di questa circostanza – cioè per il fatto che la sua attività ha
ad oggetto appunto la produzione di beni ed attività con rilevanza
imprenditoriale ed economica – che l’articolazione dell’ente locale in
cui si risolve l’azienda speciale, sebbene rimanga ad esso saldamente
collegata con la funzionalizzazione delle scelte generali di politica
imprenditoriale e gli altri strumenti di ingerenza e controllo previsti
dal suo Statuto in favore dell’ente locale di riferimento, espleta
attività imprenditoriale in senso proprio.
46. Se si fa salva la disciplina per particolari tipologie di contratti
(tra cui quella, peraltro rilevantissima, del codice dei contratti
pubblici, varato in tempo successivo ai fatti per cui è causa e così non
applicabile ratione temporis e la cui applicabilità alle aziende speciali
è tutta da verificare), in cui le esigenze pubblicistiche di controllo su
imparzialità e buon andamento dell’attività amministrativa riprendono
il sopravvento con l’imposizione di forme negoziali del tutto peculiari
e solenni, può affermarsi che l’azienda speciale – a prescindere dalla
sua qualificazione e quindi se non altro a questi fini – espleta
un’attività imprenditoriale in senso proprio, in ordine alla quale nulla

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capitali fino all’esternalizzazione piena di cui al rapporto di

ne giustifica la sottrazione all’esigenza che sia svolta su di un piede di
perfetta parità, al di fuori di ogni schema autoritativo, sul mercato e
nei confronti delle potenziali controparti, siano esse altri imprenditori
o consumatori ed utenti.
47. Ne consegue che, a prescindere dalla qualificabilità o meno

complessivo effetto (questione che non è necessario risolvere nella
fattispecie e che si lascia quindi impregiudicata), almeno nel
momento dell’individuazione della disciplina applicabile alla sua
attività negoziale ordinaria, in cui si risolve anzi la stessa sua
funzione e ragion d’essere per la natura imprenditoriale dei beni e
servizi la cui produzione le è affidata, il suo inserimento funzionale
nella stessa organizzazione della pubblica amministrazione degrada a
mero unilaterale presupposto delle determinazioni alla contrattazione
e non può allora imporre – salva ovviamente un’eventuale disciplina
speciale per determinate categorie di contratti, come nel caso del
codice dei contratti pubblici, non applicabile però ratione temporis alla
fattispecie – le forme garantistiche a tutela della pubblica
amministrazione nel momento in cui persegue direttamente i fini suoi
istituzionali ed in ambito lato sensu autoritativo.
48. Le più impegnative forme imposte ai contratti con la Pubblica
Amministrazione sarebbero in sostanza, da un lato, incompatibili con
la rapidità e l’elasticità imposte dalla natura dell’attività espletata
dalle aziende (Cass. Sez. U. 06/06/1997, n. 5085, cit.) e, dall’altro,
integranti un ingiustificato privilegio a favore di soggetti che
gestiscono appunto per definizione un’attività imprenditoriale, sia
pure pubblicisticamente orientata, senza considerare le esigenze di
tutela delle controparti, che legittimamente si attendono – in difetto
di norme chiare in senso contrario – di potere contrattare liberamente
con l’imprenditore che si trovano davanti ed in applicazione dei

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dell’azienda speciale come ente pubblico economico ad ogni altro o

principi generali sulla tendenziale o normale libertà delle forme
negoziali.
49. La possibilità dell’esenzione dalle forme solenni – e sempre
salve le eventuali discipline su forme speciali per particolari categorie
contrattuali o negoziali – in caso di contrattazione con imprese

dell’art. 17 del r.d. 2440 del 1923, laddove tale norma ammette la
conclusione dei contratti con la Pubblica Amministrazione a mezzo di
ordinaria corrispondenza – e quindi con l’usuale strumento dello
scambio di proposta ed accettazione – in caso di contratti conclusi,
«secondo l’uso del commercio, … con ditte commerciali», a riprova
della forza espansiva della tendenziale libertà delle forme, fatta
propria dal sistema del codice civile, soprattutto e se non altro dinanzi
all’ordinario funzionamento del mercato e quando la Pubblica
Amministrazione, abbandonando – per libera scelta – la sua veste
autoritativa, accetta di operarvi e di mettervisi in gioco, così dovendo
accettare allora le sue regole.
50. È così la natura imprenditoriale dell’attività istituzionalmente
svolta a connotare la forma -normalmente libera – dei negozi posti in
essere nello svolgimento ed in estrinsecazione di quella (e, quindi,
non necessariamente determinando l’applicazione della disciplina
privatistica sotto ogni altro aspetto, soprattutto quanto ai rapporti
interni o con l’ente di riferimento, ovvero a fini di responsabilità verso
l’ente locale e di giurisdizione contabile in luogo di quella ordinaria),
senza propagazione o estensione delle garanzie volte più
specificamente alla disciplina delle attività prive di quella stessa
preminente rilevanza imprenditoriale od economica e che, se non
altro descrittivamente, possono indicarsi come espressione di potestà
a utoritative.

\
51. Può pertanto concludersi – così superato l’originario unico ‘

esplicito precedente di legittimità sopra ricordato (Cass. 23/04/2014,

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commerciali è del resto già in nuce perfino nella disciplina originaria

n. 9219) ed affermato espressamente il principio di diritto a
definizione della questione di massima di particolare importanza
rimessa a queste Sezioni Unite – che, in dipendenza della natura
imprenditoriale dell’attività svolta dall’azienda speciale di ente
territoriale e della sua autonomia organizzativa e gestionale rispetto

altro a diversi ed ulteriori fini e rimanendo soggetta ai controlli ed alle
altre forme di funzionalizzazione agli scopi istituzionali dell’ente di
riferimento espressamente previsti – al sistema con il quale la
pubblica amministrazione locale gestisce i servizi pubblici che abbiano
per oggetto produzioni di beni ed attività rivolte a soddisfare fini
sociali ed a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità
locali, non può qualificarsi, ai fini della normativa sulla forma dei
contratti di cui agli artt. 16 e 17 r.d. 18 novembre 1923, n. 2440,
pubblica amministrazione in senso stretto; con la conseguenza che
per i suoi contratti, salva l’applicazione di speciali discipline per
particolari categorie, non è imposta la forma scritta ad substantiam,
né sono vietate la stipula

per facta concludentia

o mediante

esecuzione della prestazione ex art. 1327 cod. civ., ma vige, al
contrario, il principio generale della libertà delle forme di
manifestazione della volontà negoziale.
52. La sentenza della Corte di appello di Milano qui gravata ha
applicato tale principio, sia pure in base alla non necessaria
qualificazione dell’azienda speciale come ente pubblico economico,
ma, per il resto, correttamente rilevando che la natura pubblica del
soggetto influenza esclusivamente il piano interno dell’organizzazione,
mentre le relazioni intersoggettive interamente ricadono nel dominio
del diritto privato; corretta è dunque la conclusione che le aziende
speciali degli enti locali sono soggette alle norme di diritto pubblico
per quanto riguarda la loro organizzazione interna ed a quelle di

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all’ente di riferimento, l’azienda stessa, pur appartenendo – se non

diritto privato per quanto riguarda l’attività economica (ovvero
operativa concreta di gestione dei servizi pubblici) posta in essere.
53. Ne consegue che, in definitiva, bene nelle condotte di ASEC la quale ha continuato ad approvvigionarsi del gas anche dopo la
proposta di rinnovo con prospettazione di accettazione tacita in tale

di proseguire nel rapporto commerciale con ENI» alle nuove
condizioni oggetto della proposta di rinnovo, sicché questo era stato
validamente concluso e fondata era la pretesa del corrispettivo in
ragione del nuovo prezzo da quello risultante.
54. L’unitario motivo di ricorso deve, pertanto, definirsi infondato
e va rigettato.
55. Tanto comporta, col riconoscimento della fondatezza della
pretesa della fornitrice in base alla reputata validità del contratto
rinnovato come intercorso con la cliente azienda speciale,
l’assorbimento in senso proprio del ricorso incidentale della fornitrice:
ciò che succede, com’è noto (v., tra le altre, Cass. Sez. U.
17/02/2017, n. 4225, ovvero Cass. 27/12/2013, n. 28663), quando
la decisione sulla domanda assorbita diviene superflua, per
sopravvenuto difetto di interesse della parte, la quale con la
pronuncia sulla domanda assorbente ha conseguito la tutela richiesta
nel modo più pieno (mentre l’assorbimento è in senso improprio
quando la decisione assorbente esclude la possibilità di provvedere
sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre
domande per la soluzione di una questione di carattere esaustivo: v.
anche Cass. 12/07/2016, n. 14190).
56.

Tanto dichiarato in dispositivo, peraltro, la novità della

questione e l’esistenza di un solo esplicito precedente in senso
contrario alla soluzione qui accolta integrano i presupposti per una
integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità,
secondo l’art. 92 cod. proc. civ. nel testo applicabile in relazione alla

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evenienza – poteva ravvisarsi l’«esistenza di una volontà dell’azienda

data di inizio in primo grado del giudizio (decreto ingiuntivo del
30/06/2005).
57. Infine, va dato atto – mancando la possibilità di valutazioni
discrezionali (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le
innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) –

quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17,
della I. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i
gradi o i giudizi di impugnazione: norma in forza della quale il giudice
dell’impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che
definisce quest’ultima, a dare atto della sussistenza dei presupposti
(rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione)
per il versamento, da parte dell’impugnante soccombente (nella specie,
delle ricorrenti principali, essendo stato dichiarato assorbito quello
incidentale), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per l’impugnazione da essa proposta, a norma del co. 1-bis
del detto art. 13.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso
incidentale condizionato.
Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, co.

1-quater, d.P.R. 115/02, come modif.

dalla I. 228/12, dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte delle ricorrenti principali, dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso da
quelle proposto, a norma del co. 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma il 17/07/2018.

della sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 13 comma 1-

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