Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20681 del 07/10/2011

Cassazione civile sez. III, 07/10/2011, (ud. 07/07/2011, dep. 07/10/2011), n.20681

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

R.S. (OMISSIS), in proprio e nella qualità di

difensore della signora T.C., elettivamente

domiciliati in ROMA, V. A. SILVANI 108, presso lo studio

dell’avvocato LIBERATI ALBERTO, rappresentata e difesa dall’avvocato

R.S. giusta atto di nomina e procura speciale allegata in

atti;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DI BRESCIA, PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL

TRIBUNALE DI BRESCIA;

– intimati –

avverso il provvedimento n. 3724/2005 del TRIBUNALE di BRESCIA,

depositato il 28/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO SEGRETO;

è presente il P.G. in persona del Dott. MASSIMO FEDELI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. E’stata depositata in cancelleria la relazione del relatore, cons. Antonio Segreto, con la quale si osserva che:

– L’avv. R.S. ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di rigetto depositata il 28.1.2 009 dal Presidente del Tribunale di Brescia, in sede di volontaria giurisdizione, a seguito di ricorso avverso il provvedimento del giudice penale di liquidazione delle competenze del ricorrente, quale difensore in sede penale di T.C., ammessa al gratuito patrocinio.

– Qualora l’opposizione alla liquidazione sia avanzata dinanzi al giudice civile, quest’ultimo deve rilevare d’ufficio l’improponibilità della domanda e, nel caso in cui egli non abbia provveduto in tal senso, come nella fattispecie, il ricorso per cassazione va proposto avanti alla Corte di cassazione civile, la quale, pronunciando sul ricorso, rilevata l’improponibilità della domanda, è tenuta a cassare senza rinvio (Cass. civ., Sez. 3^, 28/02/2008, n. 5301).

2. Il Collegio non ritiene di poter condividere la conclusione di improponibilità della domanda, vista anche la memoria del ricorrente, vista anche la memoria del ricorrente.

Va premesso che in tema di patrocinio a spese dello Stato, avverso il provvedimento di liquidazione degli onorari al difensore nominato in un procedimento penale ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 83 è proponibile, stesso T.U. D.P.R. n. 115 del 2002, “ex” artt. 84 e 170 (con le richiamate forme camerali di cui alla L. n. 794 del 1942, art. 29) opposizione dinanzi al Presidente dell’Ufficio giudiziario competente in sede penale, attesa l’incidentalità necessaria del relativo procedimento rispetto al processo penale. In quest’ultimo caso si è ritenuto che contro l’ordinanza che definisce l’opposizione è proponibile ricorso per Cassazione in sede penale e nelle forme e nei termini previsti dal codice di procedura penale (Cass. pen., Sez. Unite, 30/01/2007, n. 6816, Cass. civ. 08/02/2005, n. 2542 Cass. 12647/2002).

Tuttavia successivamente le S.U. di questa Corte hanno statuito che “Il procedimento di opposizione, D.P.R. 30 maggio 2 002, n. 115, ex art. 170 al decreto di liquidazione dei compensi ai custodi e agli ausiliari del giudice (oltre che ai decreti di liquidazione degli onorari dovuti ai difensori nominati nell’ambito del patrocinio a spese dello Stato), introduce una controversia di natura civile, indipendentemente dalla circostanza che il decreto di liquidazione sia stato pronunciato in un giudizio penale, e deve quindi essere trattato da magistrati addetti al servizio civile, con la conseguenza che la trattazione del ricorso per cassazione avverso l’ordinanza che lo decide spetta alle sezioni civili della Corte di cassazione.

Tuttavia, qualora l’ordinanza che decide l’opposizione sia stata adottata da un giudice addetto al servizio penale, si configura una violazione delle regole di composizione dei collegi e di assegnazione degli affari che non determina nè una questione di competenza nè una nullità, ma può giustificare esclusivamente conseguenze di natura amministrativa o disciplinare (Sez. U, n. 19161 del 03/09/2009; sez. 3^, n. 22280 del 21/10/2009).

Ritiene questa Corte di dover aderire a tale ultimo arresto, per cui nella fattispecie non può pronunziarsi l’improponibilità della domanda, con cassazione senza rinvio del provvedimento impugnato, come proposto dal relatore.

3. Con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 82 nonchè del D.M. n. 127 del 2004, art. 1, comma 1, art. 24 Cost., comma 2, e art. 3 Cost., art. 27 Cost., comma 2, aret. 111 Cost., comma 2, -, nonchè l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso in relazione alla violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 82 nonchè del D.M. n. 127 del 2004, art. 1, comma 1 e successive modifiche o integrazioni, in relazione agli artt. 24 e 27 Cost., a norma dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Il motivo si conclude con i seguenti quesiti di diritto: “Vero che ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 vi è violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 82 e del D.M. n. 127 del 2004, art. 1, comma 1 e successive modifiche e integrazioni, anche in relazione agli artt. 24 e 27 Cost., allorquando il giudice non specifichi in maniera analitica quali siano le voci della vigente tariffa professionale penale che siano state considerate o meno nel provvedimento di liquidazione dell’attività professionale svolta dall’avvocato di persona ammessa al gratuito patrocinio a spese dello Stato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, allorquando valuti l’opportunità o meno per il difensore di svolgere una determinata attività professionale intervenendo di fatto nelle scelte difensive adottate, e non limitandosi a valutare se l’attività per cui si chiede il compenso sia stata effettivamente svolta dal difensore ed infine allorquando il giudice nel decurtare le voci relative all’attività professionale effettivamente svolta non motivi adeguatamente in ordine all’asserita semplicità di un determinato procedimento penale?”.

“Vero che, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, vi è omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio allorquando il giudice non specifichi in maniera analitica quali siano le voci della vigente tariffa professionale penale che siano state considerate o meno nel provvedimento di liquidazione dell’attività professionale svolta dall’avvocato di persona ammessa al gratuito patrocinio a spese dello Stato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, allorquando valuti l’opportunità o meno per il difensore di svolgere una determinata attività professionale intervenendo di fatto nelle scelte difensive adottate, e non limitandosi a valutare se l’attività per cui si chiede il compenso sia stata effettivamente svolta dal difensore ed infine allorquando il giudice nel decurtare le voci relative all’attività professionale effettivamente svolta non motivi adeguatamente in ordine all’asserita semplicità di un determinato procedimento penale?”.

3. Osserva il Collegio che la seconda censura dell’unico motivo, per quanto prospettata sotto il profilo del vizio motivazionale di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, in effetti si risolve in un vizio di erronea applicazione delle norme indicate già nella prima censura e non in un’erronea ricostruzione del fatto, per cui integra anche essa un preteso vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 (cfr. Cass. 12/02/2008, n. 3267).

Ritiene questa Corte che entrambe le censure siano inammissibili per l’inadeguatezza dei quesiti di diritto ex art. 366 bis c.p.c. Va, anzitutto, rilevato che, a norma della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5, poichè il provvedimento impugnato risulta depositata anteriormente al 4 luglio 2009, al ricorso si applica l’art. 366 bis, abrogato dall’art. 47, comma 1, lett. d) della detta legge solo relativamente ai ricorsi proposti.

Il quesito di cui all’art. 366-bis c.p.c., rappresentando la congiunzione fra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio generale, non può esaurirsi nella mera enunciazione di una regola astratta, ma deve presentare uno specifico collegamento con la fattispecie concreta, nel senso che deve raccordare la prima alla seconda ed alla decisione impugnata, di cui deve indicare la discrasia con riferimento alle specifiche premesse di fatto, essendo evidente che una medesima affermazione può essere esatta in relazione a determinati presupposti ed errata rispetto ad altri. Deve pertanto ritenersi inammissibile il ricorso che contenga quesiti di carattere generale ed astratto, privi di qualunque indicazione sul tipo della controversia, sugli argomenti addotti dal giudice “a quo” e sulle ragioni per le quali non dovrebbero essere condivisi (Cass. civ., Sez. Unite, 14/01/2009, n. 565).

Nella fattispecie ritiene questa Corte che i suddetti quesiti risultano, appunto, di carattere generale ed astratto, mancando lo specifico collegamento con la fattispecie concreta. Ciò determina la non conformità degli stessi al paradigma normativo dell’art. 366 bis, quale formatosi attraverso l’interpretazione giurisprudenziale.

4. Va, pertanto dichiarata l’inammissibilità del motivo e, quindi, del ricorso.

Nessuna statuizione vada emessa sulle spese processuali, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva;

visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2011

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