Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2068 del 29/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 29/01/2021, (ud. 01/12/2020, dep. 29/01/2021), n.2068

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 20832/2017 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

IPEM – INDUSTRIA PETROLI MERIDIONALE SPA, rappresentata e difesa

dall’avv. Angelo Contrino, elettivamente domiciliata in Roma, via

Buccari, n. 3, presso lo studio dell’avv. Fabio Madama.

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia, sezione n. 07, n. 407/07/17, pronunciata il 25/11/2016,

depositata l’08/02/2017.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 01 dicembre 2020

dal Consigliere Riccardo Guida.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale De Matteis Stanislao che ha chiesto il rigetto del ricorso.

udito l’avv. Pasquale Pucciarello l’Avvocatura Generale dello Stato.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. IPEM – Industria Petroli Meridionale S.p.a. (in seguito: “IPEM S.p.a.”) impugnò innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Bari l’atto impositivo con il quale l’Agenzia delle entrate aveva accertato un maggiore imponibile, ai fini dell’IVA, per l’annualità 2008, a causa dell’indebita detrazione dell’imposta sul valore aggiunto su costi non inerenti. Specificamente, si trattava clell’IVA assolta in relazione alla fattura n. 1/A/08, dell’11/01/2008, emessa dalla controllante F.V.H. S.p.a., che, in tal modo, secondo la tesi erariale, aveva illegittimamente trasferito sulla contribuente i costi di un’attività di consulenza, svolta da Sotragem, su incarico di FVH S.p.a., consistente nello studio di fattibilità strumentale all’acquisizione di IPEM, all’esito di un’operazione di fusione a seguito d’acquisizione con indebitamento, c.d. leveraged buy-out (LBO), realizzata tramite: (a) la costituzione (in data 26/01/2006) di AGKM Partners S.r.l., controllata, in pari quota, da FHV S.p.a. Holding e da Trident Holding S.p.a.; (b) l’acquisizione (in data 02/02/2006), da parte di AGKM Partners S.r.l., dell’intero capitale sociale di IPEM S.r.l.; (c) la deliberazione di fusione per incorporazione di IPEM S.r.l. in AGKM Partners S.r.l. (in data 13/12/2006, con effetto dal 01/01/2007), ed il mutamento della denominazione sociale in S.r.l. IPEM Industria Petroli Meridionale, con successiva trasformazione (con decorrenza dal 20/06/2007), della stessa S.r.l. in S.p.a..

2. La C.T.P. di Bari accolse il ricorso, con sentenza (n. 1140/2015) confermata dalla Commissione tributaria regionale della Puglia, la quale, con la sentenza menzionata in epigrafe, nel contraddittorio della società, ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle entrate svolgendo le seguenti considerazioni: sono inammissibili, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, le censure riferibili alle argomentazioni “ripotate nella sezione Fatto” dell’atto di appello, perchè carenti del requisito della specificità dei motivi di impugnazione, a causa del generico rinvio all’esposizione svolta nel giudizio di primo grado; quanto all’inerenza dei costi, il motivo d’appello è privo di fondamento poichè la contestata attività di consulenza è un costo inerente allo scopo sociale di AGKM Partners S.r.l., in quanto funzionale all’attività di acquisizione di IPEM S.r.l. e alla prosecuzione dell’attività imprenditoriale, e ciò a prescindere dalla circostanza che, nella specie, la consulenza fosse stata commissionata dalla socia controllante FVH S.p.a..

3. L’Agenzia ricorre per cassazione con due motivi; la società ha depositato controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso (“1. Violazione dei principi generali in materia di effetto devolutivo dell’appello e violazione e falsa applicazione del “D.Lgs.” 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4″), l’Agenzia censura la sentenza impugnata per avere ritenuto inammissibili i motivi di appello dell’ufficio, per difetto di specificità, in quanto l’ufficio si era limitato a richiamare l’esposizione svolta nel giudizio di primo grado, senza considerare che, per unanime giurisprudenza di merito, nelle cause d’impugnazione di un atto impositivo, il requisito della specificità dei motivi di appello dell’A.F. è soddisfatto mercè la sola riproposizione del contenuto dell’avviso di accertamento impugnato e annullato dal primo giudice.

1.1. Il motivo è fondato.

Con riferimento alla specificità dei motivi d’appello nel contenzioso fiscale, è utile richiamare il saldo indirizzo di questa sezione tributaria (Cass. 20/01/2017, n. 1461), secondlo cui: “In tema di contenzioso tributario, è inammissibile, per difetto di specificità dei motivi, l’atto di appello che, limitandosi a riprodurre le argomentazioni poste a sostegno della domanda disattesa dal giudice di primo grado, senza il minimo riferimento alle statuizioni di cui è chiesta la riforma, non contenga alcuna parte argomentativa che, mediante censura espressa e motivata, miri a contestare il percorso logico-giuridico della sentenza impugnata”.

Analoghi concetti sono stati successivamente ripresi dalla Corte che, a sezioni unite (Cass. sez. un. 16/11/2017, n. 27199), ha composto i contrasti giurisprudenziali che erano insorti sulla corretta esegesi dei contenuti minimi dell’atto d’appello, in seguito alla novella del 2012, che ha riscritto gli artt. 342 e 434 c.p.c., ossia sulla differente “latitudine devolutiva” dell’appello, alternativamente qualificato come revisio prioris instantiae o come novum iudicium.

Le sezioni unite hanno affermato che: “Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata”.

Sulla scia delle sezioni unite, recentemente (Cass. 20/12/2018, n. 32954) questa sezione è tornata sull’argomento della specificità dei motivi d’appello, con riferimento al giudizio tributario, ed ha precisato che: “(…) in tema di contenzioso tributario, la riproposizione, a supporto dell’appello, delle ragioni originarie poste a fondamento della pretesa fatta valere in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 secondo lil quale il ricorso in appello deve contenere “i motivi specifici dell’impugnazione” e non già “nuovi motivi”, atteso il carattere devolutivo pieno, nel processo tributario, dell’appello, mezzo quest’ultimo non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito. Tale principio, più volte applicato quando all’Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in appello le stesse ragioni e argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell’avviso di accertamento annullato, vale, in pari misura, nel caso in cui sia la parte privata a limitarsi a ribadire in appello le ragioni di impugnazione del provvedimento impositivo, contrapponendole alle argomentazioni con le quali il giudice di primo grado ha ritenuto di rigettare l’atto introduttivo (tra le molte, v. Cass. n. 1200 del 22/1/2016; Cass. n. 16163 del 3/8/2016; Cass. n. 7639 del 22/03/2017; Cass. n. 9937 del 20/04/2018; Cass. n. 11061 del 11/05/2018). E’ invero necessario, in coerenza con quanto statuito dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 27199 del 16/11/2017) con riguardo agli artt. 342 e 434 c.p.c., che l’impugnazione contenga una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, sicchè alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata siano contrapposte quelle dell’appellante in vista della critica, e confutazione, delle ragioni del primo giudice. Ciò non significa, peraltro, che la mera riproposizione delle originarie argomentazioni non assolva a tale requisito: il dissenso, infatti, può legittimamente investire la decisione nella sua interezza, sostanziandosi proprio nelle argomentazioni che suffragavano la domanda o la pretesa rimasta disattesa; inoltre, non occorrendo “l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado” (Sez. U, n. 27199/2017), i motivi d’appello non possono considerarsi assenti o carenti quando l’atto d’appello contenga una esplicita motivazione che, interpretata anche alla luce delle conclusioni formulate, non possa in alcun modo dirsi incerta, sicchè essi risultano ricavabili, in termini inequivoci e univoci seppure per implicito, dall’intero atto d’impugnazione.”.

Nella specie, la C.T.R. non si è uniformata ai principi di diritto dianzi citata e, incorrendo in un error in procedendo, ha dichiarato inammissibili, per difetto di specificità, li motivi d’appello dell’Agenzia, la quale, nel riproporre nel giudizio di gravame le medesime ragioni esposte dinanzi al primo giudice a sostegno della legittimità dell’atto impositivo, in sostanza, aveva legittimamente devoluto alla Commissione regionale il riesame, nel merito, dell’intera causa.

2. Con il secondo motivo (“Violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”), l’Agenzia premette che la questione giuridica da esaminare attiene all’indetraibilità – secondo la prospettiva erariale – da parte di IPEM S.p.a., dell’IVA relativa alla consulenza resa da Sotragem alla FVH Holding S.p.a. circa la fattibilità di un’operazione di LBO. L’ufficio censura la sentenza impugnata per non avere compreso che i costi per il servizio di consulenza sostenuti da FVH S.p.a. e “ribaltati” su AGKM Partners S.r.l., oggi IPEM S.p.a., erano inerenti alla sfera imprenditoriale delle società (F.V.H. S.p.a. e Trident) che intendevano investire nell’operazione di LBO, in quanto strumentali alle loro attività di investimento, mentre erano estranei alla sfera di attività di AGKM, che fungeva da mera “società veicolo” nell’operazione straordinaria diretta all’acquisizione della società target IPEM.

2.1. Il motivo è inammissibile.

Costituisce ius receptum, cui il Collegio aderisce, il principio di diritto per il quale: “Ove il giudice, dopo avere dichiarato inammissibile una domanda, un capo di essa o un motivo d’impugnazione, in tal modo spogliandosi della “potestas iudicandi”, abbia ugualmente proceduto al loro esame nel merito, le relative argomentazioni devono ritenersi ininfluenti ai fini della decisione e, quindi, prive di effetti giuridici con la conseguenza che la parte soccombente non ha l’onere nè l’interesse ad impugnarle, essendo invece tenuta a censurare soltanto la dichiarazione d’inammissibilità la quale costituisce la vera ragione della decisione” (Cass. 16/06/2020, n. 11675).

In questa vicenda tributaria, l’Agenzia, la quale con il primo motivo del ricorso ha fatto valere la nullità della sentenza a causa di un error in procedendo, non ha alcun interesse a criticare, nel merito, la sentenza d’appello, in quanto la C.T.R., allorchè è passata ad esaminare i profili meritali della controversia, nonostante la preventiva declaratoria d’inammissibilità dei motivi di appello, si era ormai spogliata della potestas iudicandi.

3. Ne consegue che, accolto il primo motivo del ricorso e dichiarato inammissibile il secondo motivo, la sentenza è cassata, in relazione al primo motivo, con rinvio alla C.T.R. della Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara inammissibile il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata, in relazione al primo motivo e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2021

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