Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2068 del 29/01/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 2068 Anno 2018
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: AMBROSI IRENE

ORDINANZA
sul ricorso 9194-2014 proposto da:
CATOGGIO MARIO VITTORIO, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA FLAMINIA 71, presso lo studio dell’avvocato
ANTONIO ACETO, rappresentato e difeso dall’avvocato
MARIO ZARRELLI giusta procura speciale a margine del
ricorso;
– ricorrente contro
2017
2270

COMUNE

NAPOLI

in

persona

del

Sindaco

p.t.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO
DENZA 50-A, presso lo studio dell’avvocato NICOLA
LAURENTI, rappresentato e difeso dall’avvocato FABIO
MARIA FERRARI giusta procura speciale in calce al

1

Data pubblicazione: 29/01/2018

controricorso;
VARCHETTA SALVATORE elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CICERONE 44 presso lo studio dell’avvocato
AGNESE CRISTOFORO LA TERZA, rappresentato e difeso
dagli avvocati GIUSEPPE D’ACUNTO e FRANCESCO MARIA

controricorso;
GUARINO LUIGI, GUARINO MARIA, GUARINO ROMUALDO,
GUARINO FERDINANDO nato a NAPOLI il 07/08/1967, tutti
in qualità di eredi di GUARINO FERDINANDO deceduto,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TARVISIO 2,
presso lo studio dell’avvocato MASSIMO FARSETTI,
rappresentati e difesi dall’avvocato LUCIANA VERDE e
GIOVANNI VERDE giusta procura speciale a margine del
controricorso;
– controxicorrenti nonchè contro

GUARINO OTTAVIO, CALVINO MARCO, CALVINO ROSSANA,
CALVINO ANGELA, TRONCONE ANNAMARIA, MELLONI MAURIZIO,
MELLONI GIUDITTA, TARANTO BRUNO, ILLARIO LUIGI, VACCA
LUIGI, ACERRA ANGELO, ACERRA ANIELLO;

avverso

la

sentenza n.

4483/2013

intimati

della

CORTE

D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 20/12/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 22/11/2017 dal Consigliere Dott. IRENE

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D’ACUNTO giusta procura speciale in calce al

AMBROSI;

3

n. R.G. 9194/2014
AC. 22.11.2017
Pres. G. Travaglino
rel. I. Ambrosi

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione 12 aprile 1995 Mario Vittorio Catoggio chiese al
Tribunale di Napoli la condanna di Angelo Acerra, Salvatore Varchetta, Luigi

Luigi Illario, Bruno Taranto e del Comune di Napoli, in persona del sindaco,
al pagamento di Euro 3.800.000.000 o a quella somma ritenuta congrua, a
titolo di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali dovuti per gli
illeciti dai predetti commessi (in qualità, il primo di consigliere comunale e gli
altri di funzionari comunali, eccetto il Varchetta, rappresentante legale della
Sigma s.r.I.) finalizzati alla demolizione dell’unico immobile di sua proprietà
(quale prima e unica casa) sito in Napoli, via Nicolardi, Parco Avolio. In
particolare, dedusse che le condotte fossero finalizzate sia a lucrare i gonfiati
costi dell’abbattimento sia a favorire i proprietari della limitrofa clinica
Colucci ai quali appetiva l’area di sedime confinante, sempre di sua
proprietà.
Costituitisi in giudizio, Angelo Acerra, Aniello Acerra, il Comune di
Napoli, Salvatore Varchetta, Achille Melloni e Bruno Taranto chiesero il
rigetto della domanda. Successivamente si costituirono Luigi Illario e
Ferdinando Guarino.
Con sentenza 25 settembre 2006 n. 229 il Tribunale di Napoli, previa
dichiarazione di estinzione del giudizio nei confronti di Luigi Vacca, rigettò le
domanda, circoscrivendo la sua indagine alla concessione edilizia di cui era
titolare il Catoggio, ai molteplici lavori eseguiti in difformità e al conseguente
legittimo ordine di demolizione per opere abusive. In merito alla dedotta
inesistenza dell’ordinanza di demolizione (non inserita nel protocollo
generale degli atti del Comune di Napoli), il giudice di prime cure ritenne che
tale omissione non potesse giustificare a posteriori la pretesa che la
costruzione abusiva non doveva essere abbattuta, e comunque alcuna
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Vacca, Aniello Acerra, Achille Melloni, Filippo Calvino, Ferdinando Guarino,

n. R.G. 9194/2014
AC. 22.11.2017
Pres. G. Travaglino
rel. I. Ambrosi

incidenza poteva avere, in ogni caso, sulla validità e sull’efficacia del
provvedimento amministrativo, essendone certa la provenienza dal Comune
di Napoli. In merito ai procedimenti penali in corso, affermò: – che quasi tutti
gli imputati (convenuti) ne erano “usciti assolti”; che rispetto ai lavori di

aveva fornito l’attore in ordine alla circostanza che la demolizione sarebbe
stata eseguita perché i proprietari del fondo vicino, sul quale è sita la clinica
Colucci, avessero aspirazioni sul terreno di proprietà di Catoggio per rendere
più agevole l’ingresso al loro immobile; – che la ammessa ed esperita
Consulenza tecnica d’ufficio doveva ritenersi inutile. Compensò
integralmente le spese.
Mario Vittorio Catoggio, ammesso al patrocinio a spese dello Stato con
delibera del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli 24 luglio 2007 n.
1150, propose appello avverso questa decisione; si costituirono gli appellati
resistendo all’impugnazione.
La Corte di Appello di Napoli, con sentenza del 20 dicembre 2013 n.
4483, rigettò l’appello, sostanzialmente confermando la decisione del giudice
di prime cure, e compensò per metà le spese di lite.
Propone ricorso per cassazione articolato in sei motivi Mario Vittorio
Catoggio. Resistono con controricorso Salvatore Varchetta, il Comune di
Napoli, Luigi Guarino, Maria Guarino, Romualdo Guarino, Ferdinando Guarino
tutti nella qualità di eredi di Ferdinando Guarino. Il ricorrente ha depositato
memoria ex art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. I primi cinque motivi, per quanto sembra potersi riassumere, sono

volti a criticare la sentenza impugnata sotto molteplici profili in punto di
erroneo apprezzamento della “pregiudiziale amministrativa”, del “giudicato
amministrativo” e della pretesa condotta illecita tenuta dai funzionari del
Comune di Napoli e dal consigliere comunale nella demolizione de qua, e
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demolizione Catoggio non aveva versato alcunché; – che nessuna prova

n. R.G. 9194/2014
AC. 22.11.2017
Pres. G. Travaglino
rel. I. Ambrosi

possono essere congiuntamente esaminati per l’intima connessione tra di
essi sussistente.
Essi sono inammissibili.
1.1. Con il primo motivo [“Violazione e falsa applicazione degli artt.

relazione agli artt. 2697, 2727, 2729 c.c., artt. 40, 323, 479, 640 e 61 n. 7
c.p. art. 192 co. 2 c.p.p., art. 15 I. 10/77, art. 476 co.2 e art. 31 e 43
L.47/851 il ricorrente insiste nel censurare l’errore di diritto compiuto dalla
Corte territoriale nell’aver affermato che

«l’astratta legittimità di un atto

amministrativo non consente di apprezzarne l’illiceità in sede civile,
incidenter tantum, ai fini del risarcimento del danno neanche sotto il profilo
della collusione del pubblico ufficiale in quanto escluderebbe, con una sorta
di automatismo, qualsiasi ipotesi di reato».

Inoltre, la corte di merito

sarebbe incorsa nell’omesso esame della circostanza, decisiva, relativa alla
“inesistenza” delle ordinanze comunali che portarono all’abbattimento
dell’immobile de quo e per aver ritenuto l’ordinanza di diffida del 15 gennaio
1981 (con la quale gli veniva ordinato di demolire tutte le opere difformi con
obbligo di ripristino integrale) essergli stata notificata in data 6 febbraio
1981. Il ricorrente denuncia inoltre l’omesso esame delle risultanze
istruttorie assunte nel procedimento penale a proposito della circostanza
relativa al favoritismo e alle agevolazioni illecitamente riservate alla Clinica
Colucci in suo danno e si duole che le risultanze della Consulenza tecnica
d’ufficio sarebbero state “inspiegabilmente ignorate” dalla Corte di merito.
1.2. Con il secondo motivo [“Violazione e falsa applicazione degli artt.
360 co. 1 nn. 3 e 5, 100, 111, 112, 113, 115 e 116 c.p.c., art. 3 e 111 Cost.
in relazione agli artt. 2697, 2727, 2729 c.c., artt. 40, 323, 479, 640 e 61 n.
7 c.p., art. 192 co. 2 c.p.p., artt. 198 e 185 c.p. e artt. 2059, 2043-2054
c.c.1 il ricorrente lamenta che la corte di appello abbia erroneamente
negato la sua legittimazione ad agire per i reati di falso (etc.) e invoca il
5

360 co. 1 nn. 3 e 5, 111, 112, 113, 115 e 116 c.p.c., art. 3 e 111 Cost. in

n. R.G. 9194/2014
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Pres. G. Travaglino
rel. I. Ambrosi

principio di diritto secondo il quale “nei casi di improcedibilità dell’azione
penale per amnistia o prescrizione, spetta al giudice civile accertare se
ricorrono o meno gli estremi di un reato al fine del risarcimento del danno
non patrimoniale” (cfr. pag. 37 ricorso per i riferimenti giurisprudenziali). Si

accertamento e lamenta in proposito l’inesistenza della motivazione.
1.3. Con il terzo motivo [“Violazione e falsa applicazione degli artt.

360 co. 1 nn. 3 e 5, 111, 112, 113, 115 e 116 c.p.c., art. 3 e 111 Cost. in
relazione agli artt. 2697, 2727, 2729 c.c., artt. 40, 323, 479, 640 e 61 n. 7
c.p., art. 192 co. 2 c.p.p., artt. 198 e 185 c.p. e artt. 2059, 2043-2054 e
1229 c.c.. Risarcimento dei danni sia per l’abbattimento dell’opera
asseritamente abusiva in rapporto causale con le condotte penalmente
rilevanti poste in essere dai convenuti sia per i reati nei quali il ricorrente
Catoggio è persona offesa e danneggiatol il ricorrente lamenta che la corte
di merito, nell’aver ritenuto precluso l’accertamento della illiceità dell’atto
amministrativo formalmente dichiarato legittimo da una sentenza del giudice
amministrativo, non avrebbe rispettato il seguente principio di diritto “in
tema di abuso d’ufficio ex art. 323 c.p. il requisito della violazione di legge
può consistere anche nell’inosservanza dell’art. 97 Cost. nella parte
immediatamente precettiva che impone ad ogni pubblico funzionario
nell’esercizio delle sue funzioni di non usare il potere che la legge conferisce
per compiere deliberati favoritismi e procurare ingiusti vantaggi ovvero per
realizzare intenzionali vessazioni o discriminazioni e procurare ingiusti
vantaggi” (cfr. pag. 39 del ricorso riferimenti giurisprudenziali).
1.4. Con il quarto motivo [“Violazione e falsa applicazione degli artt.

360 co. 1 nn. 3, 4 e 5, 112, 113, 116 c.p.c. e 111 Cost. in relazione agli artt.
2697, 2727, 2729 c.c., artt. 347 co.2 e 168 c.p.c.”] il ricorrente lamenta
l’omesso esame della CTU espletata in primo grado quale vizio di nullità della

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duole nella sostanza che il giudice di merito non abbia compiuto detto

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AC. 22.11.2017
Pres. G. Travaglino
rel. I. Ambrosi

sentenza per aver deciso omettendo l’acquisizione del fascicolo del primo
grado.
1.5. Con il quinto motivo [“Violazione e falsa applicazione degli artt.
360 co. 1 nn. 3 e 5, 111, 112, 113, 115 e 116 c.p.c. e art. 3, 28 e 111 Cost.

c.p. art. 192 co.2 c.p.p., art. 198 e 185 c.p. e art. 2059, 2043-2054 e 1229
c.c. art. 28 Cost. Art. 22 D.P.R. n. 3 1957 e art. 2049 c.c.”] il ricorrente
ripropone il tema della asserita condotta illecita tenuta dai funzionari del
Comune di Napoli e da un consigliere comunale nel corso del procedimento
volto alla demolizione dell’immobile abusivo “per lucrare i gonfiati costi
dell’abbattimento e per favorire i proprietari della clinica Colucci”. Si duole
della parte di motivazione con cui la Corte di appello, per un verso, ha
escluso la responsabilità civile del Comune di Napoli e denuncia, per l’altro,
la responsabilità del Comune di Napoli ex art. 28 Cost. per i fatti illeciti dei
dipendenti, sussistendo il dovere di predisporre la propria organizzazione in
modo da esercitare i prescritti controlli di legalità sull’operato dei propri
dipendenti per prevenire reati.
2. I motivi sono innanzitutto inammissibili perché non rispondenti al
disposto dell’art. 366 n. 4 c.p.c.. il quale presuppone che le censure per le
quali si chiede la cassazione contengano specifica indicazione delle norme di
diritto su cui ciascuna di esse si fonda, con la precisazione che «i/ fatto che
un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali
avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non
costituisce, di per sé, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi
ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua
formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate
onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi
termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in
motivi diversi, singolarmente numerati» (Cass. S.U. n. 9100/15); tuttavia,
7

c„/

in relazione agli artt. 2697, 2727, 2729 c.c., art. 40, 323, 479, 640 e 61 n. 7

n. R.G. 9194/2014
AC. 22.11.2017
Pres. G. Travaglino
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nel caso di specie, i cinque motivi sopra sinteticamente riassunti si snodano
per ben 41 pagine senza alcuna distinzione, nell’ambito delle diverse
censure, tra questioni di fatto e questioni di diritto, con numerose ripetizioni,
tanto da rendere difficoltosa anche soltanto l’individuazione delle questioni

esse, quali siano le norme di legge violate (indicate nella rubrica del motivo
con citazione cumulativa e reiterata sino a 99 disposizioni).
2.1. Sono inoltre inammissibili in quanto non individuano i fatti decisivi
dei quali la corte di merito avrebbe omesso l’esame, ed in parte sembrano
riferirsi più alla valutazione dei fatti e delle prove che a vizi di motivazione
riconducibili al disposto dell’art. 360 n. 5 c.p.c., nel testo attualmente in
vigore. In proposito è sufficiente aggiungere che non è deducibile in sede di
legittimità (il vizio della contraddittorietà o dell’insufficienza della
motivazione, né) l’omesso esame, in tutto o in parte, di risultanze istruttorie
o l’asserita pretesa loro erronea interpretazione da parte del giudice di
merito (cfr. Cass. S.U. n. 8053/14, tra le altre conformi). Non senza
considerare, infine, che molti dei fatti su cui ripetutamente si intrattiene il
ricorrente sono privi di decisività ovvero palesemente smentiti dagli
accertamenti contenuti nella sentenza (come ribaditi dalle parti resistenti).
Invero, la Corte di appello ha preso in considerazione ciascuno dei
profili lamentati spiegando le ragioni per cui ha ritenuto: – che la mancata
allegazione del fascicolo d’ufficio di primo grado non determinasse «nullità
alcuna» in quanto «la documentazione offerta dalle parti consente alla corte
la decisione della controversia»; – che le diverse censure formulate in merito
al giudicato amministrativo fossero del tutto destituite di fondamento; che le
condotte illecite evidenziate «fumosamente» dal Catoggio e preordinate alla
ingiusta demolizione del fabbricato fossero «insussistenti»; – che il Catoggio,
titolare di una licenza edilizia sul proprio immobile, eseguiva molteplici lavori
in difformità, con conseguente sequestro del cantiere (in data 17/12/1980)
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poste, senza però che sia chiara, né chiarita dal ricorrente, per ciascuna di

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cui fecero seguito due successive ordinanze e diffide di demolizione, la
seconda eseguita in data 25/09/1982; – che con sentenza n. 581/1989
(passata in giudicato) il TAR Campania accertava la legittimità dell’ordinanza
sindacale con cui era stato ordinato l’abbattimento della parte abusiva

emerso nei confronti della confinante Clinica Colucci; – che infondato era il
motivo di gravame relativo alla omessa valutazione delle condotte illecite
emerse dai giudizi penali atteso che, per un verso, il Catoggio aveva
esercitato l’azione civile con esiti infruttuosi e, per l’altro, che il giudice
penale non aveva ravvisato una lesione della sfera giuridica del predetto in
relazione ai reati di falso, truffa aggravata e abuso di ufficio contestati agli
imputati, ma piuttosto una lesione della sfera dell’ente comunale.
2.2. Parimenti inammissibile è l’ulteriore profilo di censura dedotto con

riferimento alla soltanto enunciata nullità della sentenza che, insistendo
nell’omesso esame del fascicolo di primo grado (in relazione alla CTU), si
risolve in un vizio motivazionale.
2.3. Infine, il profilo concernente il mancato esame della

culpa in

eligendo e vigilando del Comune in relazione alle condotte dei dipendenti,
risolvendosi in una nuova domanda, come puntualmente eccepito dal
Comune contro ricorrente, è anch’esso del tutto inammissibile.
3. Con il sesto motivo [“Violazione e falsa applicazione degli artt. 360

co. 1 nn. 3, 4 e 5, 113 c.p.c. in relazione 156 co. 2 c.p.c. art. 4, n. 4,
Decreto 20/07/12 n. 140 (GU 22/08/12, n. 195’1 il ricorrente lamenta un
error in judicando “causato dalla inesatta determinazione dei presupposti
numerici” nell’individuazione dei parametri e dei criteri di conteggio sulla cui
base sono stati effettuati i calcoli in punto di liquidazione delle spese operata
in favore dei convenuti in primo grado.
3.1. Anche quest’ultimo motivo è inammissibile.

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dell’immobile del Catoggio; – che sulla base dell’esperita istruttoria nulla era

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Costituisce principio consolidato quello secondo cui, in sede di ricorso
per cassazione, la determinazione del giudice di merito relativa alla
liquidazione delle spese processuali può essere censurata solo attraverso la
specificazione delle voci in ordine alle quali lo stesso giudice sarebbe incorso

individuazione dei parametri e dei criteri di conteggio in base alla Tariffa,
senza la puntuale esposizione delle voci in concreto liquidate dal giudice, è
da qualificarsi generico, con derivante inammissibilità del relativo motivo (ex
multis, Cass. n. 20904 del 2005). Nel caso in esame, la Corte di merito ha
ritenuto di confermare la sentenza di primo grado anche in ordine al governo
delle spese rilevando altresì che il punto non era stato fatto oggetto di
censure incidentali. Quanto alle spese del grado di appello, la stessa Corte
ha ritenuto di operare tre diverse liquidazioni in relazione alle diverse
posizioni dei convenuti ed in particolare: una prima nel rapporto tra
l’appellante e il Vacca e il Troncone, per il quale ha integralmente
compensato le spese tenuto conto che la vocatio in jus era stata determinata
da motivi di regolarità del litisconsorzio processuale; una seconda con il
Comune ove ha ravvisato la piena soccombenza dell’appellante; una terza
con le posizioni del Taranto, del Varchetta e degli eredi Melloni, Guarino e
Calvino ove ha compensato per metà le spese di lite per motivi di equità.
4. In conclusione il ricorso è inammissibile.
5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e
vengono liquidate come da dispositivo.
Non si deve provvedere sulle spese del giudizio di cassazione in
relazione agli altri intimati, atteso che gli stessi non hanno svolto attività
difensiva in questa sede.
In ragione dell’ammissione a gratuito patrocinio, il Catoggio è esente
dal pagamento del contributo unificato per il proposto ricorso.

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in errore, con la conseguenza che il mero riferimento alla erronea

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AC. 22.11.2017
Pres. G. Travaglino
rel. I. Ambrosi

Per questi motivi
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al
rimborso delle spese processuali in favore di ciascuna delle controparti che si
liquidano in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre

Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile il 22
novembre 2017.

spese generali ed accessori di legge.

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