Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20679 del 31/07/2019

Cassazione civile sez. I, 31/07/2019, (ud. 08/04/2019, dep. 31/07/2019), n.20679

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giusepp – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22043/2018 proposto da:

N.I., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour,

presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione e

rappresentato e difeso dall’avv. Guido Savio in forza di procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno – Presidente Regione Valle d’Aosta;

– intimato –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di AOSTA, depositata il

21/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/04/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ordinanza del 10-21/2/2018 il Giudice di Pace di Aosta ha respinto il ricorso presentato da N.I., cittadino albanese, avverso il decreto di espulsione nei suoi confronti emesso dal Presidente della Regione Valle d’Aosta il 16/12/2017 e notificato in pari data.

Il Giudice di Pace ha negato rilievo alla dichiarata convivenza del N. con la sorella cittadina italiana, tenuto conto del rifiuto del ricorrente di compilare l’intervista presso l’Ufficio immigrazione, del trasferimento della residenza in (OMISSIS), dopo la convivenza con madre e sorella quando ancora era minorenne, della cancellazione per irreperibilità dal predetto indirizzo torinese nel 2013 e della mancanza di indicazione del suo nominativo nello stato di famiglia della sorella.

2. Avverso la predetta ordinanza del 21/2/2018, comunicata in pari data, ha proposto ricorso N.I., con atto notificato il 3/7/2018, svolgendo unico motivo.

L’intimata Presidenza della Regione Valle d’Aosta non si è costituita in giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis e art. 8 CEDU, perchè il Giudice non aveva valutato, come avrebbe dovuto, importanti parametri come la presenza di significativi legami familiari in Italia e il radicamento del ricorrente sul territorio nazionale.

Il ricorrente invoca una interpretazione costituzionalmente orientata dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis, alla luce dei principi espressi nella sentenza 202/2013 della Consulta, volta ad estendere la protezione rafforzata a colui che abbia rapporti e vincoli familiari di fatto, al pari di colui che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare.

Il nucleo familiare del ricorrente era composto dalla sorella, con marito e figlia; il ricorrente aveva vissuto dal 2004 con madre e sorella, poi aveva cambiato residenza; viveva da anni in Italia; da molti anni era lontano dal Paese di origine; la mancanza del requisito della convivenza non esonerava il Giudice dalla valutazione degli ulteriori elementi sopra citati.

2. Il ricorso è stato rivolto dal ricorrente al “Presidente della RAVA – Ministero dell’Interno in persona del Ministro pro tempore” e notificato presso l’Avvocatura (Generale e Distrettuale di Torino) dello Stato.

Si trattava di espulsione disposta dal Presidente della Regione Val d’Aosta che in tale Regione, a Statuto autonomo, secondo la L. Cost. 26 febbraio 1948, n. 4, art. 44, provvede al mantenimento dell’ordine pubblico, secondo le disposizioni del Governo, verso il quale è responsabile, e, ai sensi del D.Lgs.Lgt. 7 settembre 1945, n. 545, art. 4, esercita in tale ambito le funzioni prefettizie, quale rappresentante del Governo centrale in Valle d’Aosta.

Il ricorso per cassazione, sotto i profili dell’editio actionis e della vocatio in jus è così indirizzato verso un organo ibrido, non ben identificato, ed è comunque è stato notificato presso l’Avvocatura (Generale e Distrettuale) dello Stato.

Al riguardo, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il ricorso per cassazione avverso il provvedimento emesso all’esito del giudizio d’opposizione al decreto d’espulsione dello straniero, deve essere proposto (in analogia con il modello procedimentale delineato, in tema di sanzioni amministrative, dalla L. 23 novembre 1981, n. 689, art. 23) a pena d’inammissibilità nei confronti dell’autorità che ha emanato il decreto impugnato e deve essere notificato presso di essa, salvo che nella precedente fase di merito il patrocinio non sia stato assunto dall’Avvocatura dello Stato.

Pertanto, nel caso in cui il ricorso sia stato correttamente indirizzato al Prefetto o, come in questo caso specifico, al Presidente della Giunta Regionale, che ne esercita le funzioni, ma la notificazione sia stata effettuata presso l’Avvocatura, benchè questa nella precedente fase di merito non abbia assunto la difesa, tale notificazione è da ritenersi nulla (non inesistente) e, come tale, rinnovabile, ai sensi dell’art. 291 c.p.c., presso l’ufficio dell’Autorità intimata (Sez. U, n. 118 del 07/11/2000, Rv. 541417-01; Sez. 1, n. 28852 del 29/12/2005; Sez. 1 n. 28848 del 29/12/2005; Sez. 1 n. 7251 del 29/5/2001; Sez. 1 n. 4757 del 3/4/2002).

3. Tuttavia, anche volendo ritenere che il vizio sopra rilevato e descritto sia riferibile al solo procedimento notificatorio e non all’atto stesso e che quindi la notificazione sia rinnovabile, tale adempimento sarebbe comunque fuori luogo, poichè il ricorso appare inammissibile anche per altra concorrente ragione, ossia per inammissibilità dell’unico motivo.

Infatti il ricorrente propone il tema dell’emissione del decreto di espulsione in violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis, che appare nuovo e proposto per la prima volta in sede di legittimità.

Non risulta infatti nè dall’ordinanza impugnata, nè dal ricorso stesso, che il ricorrente abbia sollevato tale questione nel giudizio di merito, ove si era solamente dibattuto in ordine al divieto di espulsione previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. c), in relazione alla dedotta convivenza dello straniero con un parente entro il secondo grado di nazionalità italiana e non, più in generale, della violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis e art. 8 CEDU, con riferimento alla esistenza di significativi legami familiari in Italia e al radicamento del ricorrente sul territorio nazionale.

4. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese in difetto di costituzione dell’intimato.

Poichè dagli atti il processo risulta esente, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 8 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2019

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