Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20678 del 31/08/2017
Cassazione civile, sez. VI, 31/08/2017, (ud. 07/07/2017, dep.31/08/2017), n. 20678
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 12608-2017 proposto da:
L.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e
difeso dall’avvocato GIUSEPPE MARIO CASALE;
– ricorrente-
contro
LA.GA., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e
difeso dall’avvocato SERGIO CICCARELLI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1016/2015 del TRIBUBALE di FOGGIA, depositato
del 30/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 07/07/2017 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Tale Ordinanza è stata notificata alle parti con l’avviso che avrebbe potuto presentare memorie entro cinque giorni prima dell’adunanza camerale non partecipata.
Il Collegio:
Letti gli atti del procedimento di cui in epigrafe dai quali risulta l’errore indicato dal Presidente coordinatore, immutato il dispositivo e l’epigrafe, l’ordinanza Rg. 11127/17, di che trattasi andrà letta nei seguenti termini:
“Rilevato che il Consigliere designato, Dott. Scalisi A., ha depositato ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente proposta di definizione del giudizio:
Considerato che:
1. – Con l’unico motivo di ricorso L.M. lamenta la violazione ed errata applicazione delle norme di diritto. Secondo il ricorrente, la decisione con la quale il Tribunale di Foggia avrebbe disposto che il Giudice di primo grado non avrebbe dovuto ammettere la prova testimoniale richiesta dall’opponente dato che il creditore originario era deceduto e La.Ga. non poteva individuare testimoni che potessero confermare circostanze contrarie a quelle articolate da controparte, sarebbe ingiusta, dato che l’appellante con l’atto di citazione in appello aveva chiesto prova testimoniale diretta a dimostrare circostanze contrarie a quelle formulate da controparte nel giudizio di primo grado. Piuttosto, il Giudice di primo grado aveva ben vagliato l’ammissione delle prove orali tenendo conto: della personalità del creditore originario (l’uccisione dello stesso e il ritrovamento del corpo carbonizzato, per altro, oggetto di roboante cronaca giudiziaria) il fatto che dalla a r di sollecito del pagamento del 27 giugno 2009 fatta dall’avv. Altomare per conto di La. sino alla richiesta di decreto ingiuntivo del settembre 2013 a nome dell’erede mai alcuna richiesta e/o procedura veniva incardinata per il recupero del credito.
1.1.= La censura non ha ragion d’essere.
Va qui osservato, come è opinione della più attenta dottrina e della stessa giurisprudenza di questa Corte, che la deroga al divieto della prova testimoniale in ordine al pagamento di somme di denaro eccedenti il limite previsto dall’art. 2721, richiamato dall’art. 2726 specificamente per il pagamento, è subordinata ad una concreta valutazione delle ragioni in base alle quali, nonostante l’esigenza di prudenza e di cautela che, normalmente, richiedono gli impegni relativi a notevoli esborsi di denaro, la parte non abbia curato di predisporre una documentazione scritta.
Il Tribunale di Foggia, ha correttamente rispettato tale principio con motivazione adeguata e ragionevole, specificando che la qualità delle parti e l’asimmetria delle possibilità di articolazione di mezzi istruttori avrebbe dovuto indurre il giudice di Pace ad una interpretazione restrittiva dell’art. 2721 c.c., onde, evitare il risultato effettivamente verificatosi della concreta possibilità per una parte di dimostrare il proprio assunto con implicita imposizione di onere, di prova contraria, diabolico su controparte.
Per queste ragioni si propone il rigetto del ricorso.
Tale relazione veniva comunicata ai difensori delle parti.
Il Collegio, pur condividendo argomenti contenuti nella relazione ex art. 380 bis c.p.c., alla quale non sono stati mossi rilievi critici, ritiene che non sussista l’evidenza decisoria e che le questioni prospettate meritino un’ulteriore approfondimento, e, pertanto, rinvia la causa alla Pubblica Udienza.
PQM
La Corte rinvia la causa alla Pubblica Udienza.
Così deciso in Roma, nella Camera del consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 30 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2017