Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20670 del 08/08/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20670 Anno 2018
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: VINCENTI ENZO

ORDINANZA
sul ricorso 18207-2017 proposto da:
VERMIGLIO LUCIA, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA
CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresenta e difesa
dall’avvocato PIER ANDREA MILANINI;

– ricorrente contro
VERMIGLIO VINCENZINO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA TACITO 23, presso lo studio dell’avvocato CINZIA DE
AlICHELI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
FELICE PATRIARCA;

controricorrente

avverso la sentenza n. 667/2017 della CORTE D’APPELLO di
TORINO, depositata il 21/03/2017;

Data pubblicazione: 08/08/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 12/06/2018 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

Ritenuto che, con ricorso affidato ad un unico motivo, Lucia
Vermiglio ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Torino,
in data 21 marzo 2017, che ne rigettava il gravame avverso la decisione

all’esecuzione proposta dalla anzidetta Vermiglio nei confronti del
creditore procedente Vincenzino Vermiglio;
che la Corte territoriale osservava (per quanto ancora rileva in
questa sede) che l’eccezione di estinzione della procedura esecutiva per
mancato rispetto da parte del creditore procedente del termine di cui
all’art. 567 c.p.c., in difetto del deposito della documentazione
ipocatastale, era infondata, poiché la “documentazione indicata nella
invocata disposizione risulta(va) pacificamente depositata nei termini
di legge, come ravvisato dal G.E.”, non avendo questi “assegnat4 alcun
termine perentorio per integrare detta produzione ex art. 567, terzo
comma, c.p.c., limitandosi a rilevare come dalle risultanze dei registri
immobiliari risultasse trascritta l’accettazione dell’eredità da parte

dell’esecutato”;
che resiste con controricorso Vincenzino Vermiglio;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc.
civ., è stata comunicata ai difensori delle anzidette parti, unitamente al
decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in
prossimità della quale la ricorrente ha depositato memoria;
che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione
semplificata.

Considerato che, con l’unico mezzo, è denunciata violazione e
falsa applicazione dell’art. 567 c.p.c., giacché la Corte d’appello, pur
partendo dal corretto dettato normativo, ne “compie un erronea
Ric. 2017 n. 18207 sez. M3 – ud. 12-06-2018
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del Tribunale di Vercelli che, a sua volta, aveva respinto l’opposizione

interpretazione … laddove prosegue affermando che “nel caso in
esame la documentazione indicata nella invocata disposizione risulta
pacificamente depositata nei termini di legge”: affermazione, questa,
contrastante con le risultanze processuali, posto che il provvedimento
del G.E. in data 23 ottobre 2007 imponeva al creditore procedente di

dimostrazione della titolarità della proprietà dell’immobile sottoposto a
pignoramento in capo al soggetto esecutato, ma tale documentazione
non risulta esser stata depositata nei termini di legge”;
che il motivo è inammissibile;
che lo è, anzitutto, in quanto è carente nel dare indicazione
specifica, ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c. dei documenti
su cui si fonda il ricorso [e dunque: a) trascriverne il contenuto, oppure
riassumerlo in modo esaustivo; b) indicare in quale fase processuale
siano stati prodotti; c) indicare a quale fascicolo siano allegati, e con
quale indicizzazione: tra le tante, Cass. n. 14784/2015, Cass. n.
19048/2016, Cass. n. 7513/20181 e, segnatamente, dei provvedimenti
assunti nel corso della procedura esecutiva e, tra questi,
essenzialmente, dell’ordinanza del 23 ottobre 2007;
che rispetto a quest’ultima ordinanza (la quale assume rilievo
assorbente) nessuno degli oneri anzidetti è stato assolto;
che quanto agli altri provvedimenti, manca in ogni caso
l’assolvimento degli oneri sub b) e c);
che, peraltro, il motivo è inammissibile anche perché non
veicola affatto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., un vizio
di violazione di legge, quale vizio di sussunzione della fattispecie
materiale in quella legale, bensì una critica della ricostruzione del fatto,
inerente alla vicenda processuale, da parte del giudice di merito (cfr.
sintesi innanzi riportata), adducendone, sostanzialmente, un errore
Ric. 2017 n. 18207 sez. M3 – ud. 12-06-2018
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“integrare la documentazione agli atti, al fine di fornire la

nella valutazione degli atti e delle risultanze di causa (Cass. n.
18715/2016, Cass. n. 3965/2017, Cass. n. 7775/2018);
che tale errore non può ascriversi ad ipotesi di revocazione ex
art. 395, primo comma, n. 4, c.p.c., in quanto trattasi di fatto che ha
costituito un “punto controverso”, né è tale da integrare l’omesso

360, primo comma, n. 5, c.p.c.;
che la memoria di parte ricorrente, là dove non inammissibile
per essere anche integrativa e/o emendativa delle originaria ragioni di
censura, non fornisce argomenti tali da scalfire i rilievi che precedono;
che il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e la ricorrente
condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come
liquidate in dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità, che liquida, in favore del controricorrente, in euro 4.100,00
per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento,
agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato
art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-3

esame di fatto storico quale vizio denunciabile ai sensi del vigente art.

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