Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20668 del 08/08/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20668 Anno 2018
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: SCARANO LUIGI ALESSANDRO

ORDINANZA
sul ricorso 5621-2017 proposto da:
COSTANTINI NL\RIA ANTONIETTA, VADACCA LORETA,
VADACCA DANIELA, VADACCA MARIA ROSARIA in qualità
,

di legittime eredi di VADACCA ANTONIO, elettivamente
domiciliate in ROMA, VIA DI SANTA MARIA IN VIA, n.12, presso
lb studio dell’avvocato ANTONIO BIASI, rappresentate e difese
dall’avvocato ANTONIO DE CIORGI;

– ricorrenti contro
ARNESANO ROBERTINO, elettivamente domiciliato in ROMA
piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione,
rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI ERROI;

– controricorrente contro

Data pubblicazione: 08/08/2018

IANNE PASQUALINA;
– intimata avverso la sentenza n. 3566/2016 del TRIBUNALE di LECCE,
depositata il 20/07/2016;

partecipata del 22/02/2018 dal Consigliere Dott. LUIGI
ALESSANDRO SCARANO.

Ric. 2017 n. 05621 sez. M3 – ud. 22-02-2018
-2-

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

Rg. 5621/2017

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 20/7/2016 il Tribunale di Lecce, in accoglimento
del gravame interposto dal sig. Robertino Arnesano e dalla sig.ra
Paqualina Ianne e in conseguente riforma della pronunzia G. di P.
Lecce n. 667/2014, ha accolto la domanda dai medesimi –

Costantini e altri, quali eredi del sig. Antonino Vadacca- di
risarcimento dei danni subiti dall’appartamento sito in Carmiano, Via
Roma 179, in conseguenza di infiltrazioni d’acqua provenienti dal
confinante appartamento del Vedacca all’esito di rottura di una
tubazione.
Avverso la suindicata decisione del giudice dell’appello i sigg.
Costantini e altri propongono ora ricorso per cassazione affidato a 2
motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso l’Arnesano.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il 1° motivo i ricorrenti denunziano «violazione e falsa
applicazione» degli artt. 115, 116 c.p.c., 832, 1117, 2043, 2051,
2697 c.c., in riferimento all’art. 360, 1° co. n. 3, c.p.c.
Con il 2° motivo denunziano violazione dell’art. 132 c.p.c., in
riferimento all’art. 360, 1° co. n. 4, c.p.c.
Il ricorso è inammissibile.
Va anzitutto osservato che il requisito -a pena di inammissibilità
richiesto all’art. 356, t° co. n. 3, c.p.c.- cella sommaria esposizione
dei fatti di causa non risulta invero soddisfatto allorquando come nella
specie vengano nel ricorso pedissequamente riprodotti (in tutto o in
parte) atti e documenti del giudizio di merito (nel caso, la sentenza
impugnata), in contrasto con lo scopo della disposizione di agevolare
la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza
impugnata, in immediato coordinamento con i motivi di censura (v.
Cass., Sez. Un., 17/7/2009, n. 16628), essendo necessario che
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originariamente proposta nei confronti dei sigg. Maria Antonietta

Rg. 5621/2017

vengano ripòrtati nel ricorso gli specifici punti di interesse nel giudizio
di legittimità (cfr. Cass., 8/5/2012, n. 6909), con l’eliminazione del
“troppo e del vano”, non potendo gravarsi questa Corte del compito,
che non le appartiene, di ricercare negli atti del giudizio di merito ciò
che possa servire al fine di utilizzarlo per pervenire alla decisione da

Cass., 12/9/2011, n. 18646; Cass., 22/10/2010, n. 21779; Cass.,
23/6/2010, n. 15180; Cass., 18/9/2009, n. 20093; Cass., Sez. Un.,
17/7/2009, n. 16628), sicché il ricorrente è al riguardo tenuto a
rappresentare e interpretare i fatti giuridici in ordine ai quali richiede
l’intervento di nomofilachia o di critica logica da parte della Corte
Suprema (v. Cass., Sez. Un., 11/4/2012, n. 5698) il che distingue il
ricorso di legittimità dalle impugnazioni di merito (v. Cass.,
23/6/2010, n. 15180).
Va al riguardo ulteriormente sottolineato che la soluzione di fare
rinvio per la sommaria esposizione del fatto (anche) all’impugnata
sentenza non esime in ogni caso i ricorrenti dall’osservanza del
requisito -richiesto a pena di inammissibilità- ex art. 366, 1° co. n. 6,
c.p.c., nei caso non osservato laddove viene operato il riferimento de
relato ad atti o documenti del giudizio di merito [es., all’«atto di
citazione notificato il 12.02.2013», alla comparsa di costituzione e
risposta del Vadacca, all’interrogatorio formale, alla CTU, alla prova
testimoniale, al «quesito nr. 1» CTU, alle «osservazioni
avanzate dal C.T.P.», alla «fattura nr. 4 del 25.5.2009»_
limitandosi meramente a richiamarli, senza invero debitamente -per
la parte d’interesse in questa sede- riprodurli nel ricorso ovvero
puntualmente indicare in quale sede processuale, pur individuati in
ricorso, risultino prodotti, iaddove è al riguardo necessario che si
provveda anche alla relativa individuazione con riferimento alla
sequenza dello svolgimento del processo inerente alla
documentazione, come pervenuta alla Corte di Cassazione, al fine di
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adottare (v. Cass., 25/9/2012, n. 16254; Cass., 16/2/2012, n. 2223;

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renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n.
4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo
d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in
sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass.,
12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239; Cass., 6/11/2012,

il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016,
n. 7701).
A tale stregua, gli odierni ricorrenti non deducono le formulate
censure in modo da renderle chiare e intellegibili in base alla lettura
del ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere
al proprio compito istituzionale di verificarne il relativo fondamento
(v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass.,
8/11/2005, n. 21659) sulla base delle sole deduzioni contenute nel
medesimo (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 3/8/2003, n. 12444;
Cass., 1°/2/1995, n. 1161).
Non sono sufficienti affermazioni -come nel caso- apodittiche, non
seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).
Deve ulteriormente porsi in rilievo, con particolare riferimento al 2°
motivo, che benché ivi si denunzi la violazione dell’art. 132 c.p,c., in
riferimento all’art. 360, 1° co. n. 4, c.p.c. i ricorrenti in realtà
inammissibilmente prospettano (anche) doglianze di vizi di
motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione
dell’art. 360, 1° co. n. 5, c.p.c. (v. Cass,, Sez. Un., 7/4/2014, n.
3053), nel caso ratione ternporis appiicabHe, sostanziandosi il vizio di
motivazione denunciabiie con ricorso per cassazione solamente
nell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato
oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso
nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella
specie l’assertivamente omesso a fortiori erroneo esame di

n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo

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determinati elementi probatori (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n.
8053 e, da ultimo, Cass. 29/9/2016, n. 19312).
Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi
della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni
dei ricorrenti, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme

risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione
da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore e di
un significato difformi dalle loro aspettative (v. Cass. 20/10/2005, n.
20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’assetto
probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito
(cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).
Per tale via in realtà sollecitano, cercando di superare i limiti
istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in
contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio
di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale
possano sottoporsi all’attenzione dei giudici della Corte di Cassazione
elementi di fatto già considerati dai giudici di merito, al fine di
pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr, Cass.,
14/3/2006, n. 5443).
Le spese,

liquidate come in dispositivo in favore del

controricorrente Arnesano, seguono la soccombenza.
Non è viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del
giudizio di caczsa7ione in favore degli altri intimati, non avendo i
medesimi svoito attività difensiva.
P.Q. M .
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna i ricorrenti al
pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che
liquida in complessivi euro 2.500,00, di cui euro 2.300,00 per onorari,
oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore del
controricorrente.
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da quello delineato all’art. 366, 1° co. n. 6, c.p.c., in realtà sì

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Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater, del d. P. R. 30 maggio 2002, n.
115, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da
parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma

Roma, 22/2/2018

Il Presidente

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1 bis dello stesso art. 13.

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