Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20666 del 08/08/2018
Civile Sent. Sez. L Num. 20666 Anno 2018
Presidente: BRONZINI GIUSEPPE
Relatore: CINQUE GUGLIELMO
SENTENZA
sul ricorso 10764-2016 proposto da:
(71i
PADUANO CAROLINA, BISOGNO BERNADETTE, domiciliati in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la Cancelleria della
Corte di Cassazione, rappresentati e difesi
dallAvvocato PASQUALINA DENTINO giusta delega in
atti;
– ricorrenti –
2018
contro
1523
AUTOGRILL
S.P.A.,
in
persona
del
legale
rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata
in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO
18,
presso lo studio
Data pubblicazione: 08/08/2018
dell’avvocato NUNZIO RIZZO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato PIERLUIGI RIZZO
giusta delega in atti;
– controricorrente
–
avverso la sentenza n. 1258/2016 della CORTE
1405/2015;
ud -ita a
udienza
aziuiC d1l c7nm-2,n
del
06/04/2018
dal
SIVOItO
nella pubblica
Consigliere
Dott.
GUGLIELMO CINQUE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato DENTINO PASQUALINA.
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 02/03/2016 R.G.N.
RG 10764/2016
Fatti di causa
1.
Con ordinanza pronunciata, ai sensi della legge n. 92/2012 in
data 29.8.2014, il Tribunale di Torre Annunziata ha dichiarato
inammissibile, per intervenuta decadenza, le domande proposte da
l’annullamento e la declaratoria di illegittimità – con le conseguenti
statuizioni ripristinatorie e risarcitorie- del licenziamento collettivo
adottato dalla Autogrill spa, con lettera del 25.10.2013, nei loro
confronti e di tutti gli altri dipendenti del punto vendita di Torre
Annunziata Est a seguito dell’avvio di una procedura -che
assumevano illegittima sotto il profilo formale e sostanziale- di
mobilità ai sensi degli artt. 4 e 21 legge 223/91.
2.
Con sentenza n. 165 del 2.4.2015 lo stesso Tribunale ha
respinto l’opposizione confermando la citata ordinanza.
3.
Con pronuncia n. 1258/2016 la Corte di appello di Napoli ha
rigettato il reclamo presentato dalle lavoratrici, compensando le
spese di lite.
4.
A fondamento del decisum i giudici di seconde cure hanno
precisato che: a) l’art. 6 legge n. 604/1966, come successivamente
modificato, nello stabilire il termine di gg. 60 per l’impugnativa del
licenziamento fa espresso riferimento, quale
dies a quo,
alla
“ricezione della sua comunicazione in forma scritta”, mentre, per il
termine fissato per il deposito del ricorso giudiziale, fa riferimento alla
necessità che l’impugnazione sia seguita dal deposito del ricorso entro
il successivo termine;
b) l’impugnazione del licenziamento,
conformemente ai principi statuiti in sede di legittimità, non è un atto
ricettizio ma costituisce una fattispecie a formazione progressiva,
soggetta a due distinti e successivi termini decadenziali, rispetto alla
quale risulta indifferente il momento perfezionativo dell’atto di
impugnazione vero e proprio; c) per l’osservanza del primo termine
Carolina Paduano e Bernadette Bisogno dirette ad ottenere
RG 10764/2016
era, quindi, necessario che l’impugnativa fosse trasmessa entro 60
giorni dalla ricezione degli atti indicati dal lavoratore e dal momento
di tale trasmissione sorgeva l’obbligo successivo di attivare la fase
giudiziaria entro il termine prefissato; d) la sentenza di prime cure
era pienamente condivisibile e si sottraeva alle censure mosse.
Avverso la decisione di secondo grado hanno proposto ricorso
per cassazione Carolina Paduano e Bernadette Bisogno affidato ad un
motivo.
6.
Ha resistito Autogrill spa con controricorso illustrato con
memoria.
Ragioni della decisione
1. Con un unico articolato motivo le ricorrenti lamentano la
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 comma 2 della legge n.
604/1966, nel testo novellato dall’art. 1 comma 38 legge n. 92/2012,
e dell’art. 1334 cc, in relazione all’art. 360 n. 3 cpc, per avere
erroneamente ritenuto i giudici di merito che il termine per la
proposizione dell’azione giudiziaria, in tema di licenziamento,
decorresse dalla data di spedizione, e non da quella di ricezione da
parte del datore di lavoro, della missiva di impugnazione
stragiudiziale di talché, in sostanza, non si era verificata alcuna
decadenza in quanto, a fronte delle impugnative stragiudiziali inviate
il 20.12.2013 (ma ricevute il 31.12.2013), tempestivamente i ricorsi
introduttivi della prima fase erano stati depositati il 27.6.2014, entro
il termine di 180 giorni, che non avrebbe potuto invece essere
ritenuto quello del 18.6.2014, qualora si fosse voluto avere riguardo
appunto alla data di spedizione. Le ricorrenti sollecitano, inoltre,
l’eccezione pregiudiziale di incostituzionalità ex artt. 28 e 23 della
legge n. 87/53 per vizio materiale e sostanziale dell’art. 6 comma 2
della legge n. 604/1966 nel testo novellato dall’art. 1, comma 38,
legge n. 92/2012, perché l’interpretazione adottata dalla Corte
territoriale si manifestava lesiva di diritti costituzionalmente tutelati,
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5.
RG 10764/2016
della certezza del diritto e tutela del diritto al lavoro ex artt. 4 e 36
Cost., con evidente violazione anche del diritto di difesa,
costituzionalmente tutelato ex art. 24 Cost.
2.
Il motivo non è meritevole di pregio così come è
manifestamente infondata l’eccezione di incostituzionalità della
3.
La gravata pronuncia è conforme all’orientamento di
legittimità ormai consolidato (cfr. Cass. n. 5717/2015; Cass. n.
16899/2016), cui si intende dare seguito, secondo cui il termine di
decadenza previsto dall’art. 6 secondo comma legge n. 604/1966
sopra richiamato, decorre dalla trasmissione dell’atto scritto di
impugnazione del licenziamento stabilito dal primo comma
dell’articolo citato e non dal perfezionamento dell’impugnazione
stessa per effetto della sua ricezione da parte del datore di lavoro
(cfr. Cass. n. 20068/2015). Ed infatti, come correttamente ritenuto,
l’impugnazione del licenziamento, così come legislativamente
strutturata a seguito dell’ultimo intervento di riforma, costituisce una
fattispecie a formazione progressiva, soggetta a due distinti e
successivi termini decadenziali, rispetto alla quale risulta indifferente
il momento perfezionativo dell’atto di impugnativa vero e proprio. La
norma non prevede, infatti, la perdita di efficacia di una
impugnazione già perfezionatasi (dunque già pervenuta al
destinatario) per effetto della successiva intempestiva attivazione
dell’impugnante in sede contenziosa, ma impone un doppio termine di
decadenza affinché l’impugnazione stessa sia in sé efficace.
4.
Come
già
nei
specificato
richiamati
precedenti
giurisprudenziali, la locuzione “L’impugnazione è inefficace se…” sta
infatti ad indicare che, indipendentemente dal suo perfezionarsi (e
quindi dai tempi in cui lo stesso si realizzi con la ricezione dell’atto da
parte del destinatario), il lavoratore deve attivarsi, nel termine
indicato, per promuovere il giudizio. Il primo termine si avrà per
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disposizione sollevata dalla difesa delle ricorrenti.
RG 10764/2016
rispettato ove l’impugnazione sia trasmessa entro sessanta giorni
dalla ricezione degli atti indicati da parte del lavoratore, il quale,
quindi, da tale momento, avendo assolto alla prim&delle incombenze
di cui è onerato, è assoggettato a quella ulteriore, sempre imposta a
pena di decadenza, di attivare la fase giudiziaria entro il termine
prefissato (Cass. n. 21410/2015). Sicché l’impugnazione, per essere
in sé efficace e potere raggiungere il proprio scopo tipico (ferma
ovviamente la sua ricezione da parte del datore di lavoro), richiede ‘il
rispetto di un doppio termine di decadenza, interamente rimesso al
controllo dello stesso impugnante.
5.
Tale soluzione, oltre che con la lettera del testo normativo, è
altresì coerente con la finalità acceleratoria che ha improntato la
novella legislativa n. 92/2012 e non lede in alcun modo il diritto di
difesa del lavoratore, che è anzi perfettamente in grado di conoscere
il dies a quo per l’instaurazione della fase giudiziaria (egli essendo il
soggetto che impugna giudizialmente il licenziamento, dopo averne
fatto comunicazione di impugnazione stragiudiziale).
6.
Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.
7.
Al rigetto del ricorso segue la condanna delle ricorrenti al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si
liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater,
del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228,
deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna le ricorrenti al
pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio
di legittimità che liquida in euro 3.500,00 per compensi, oltre alle
spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in
euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1
quater, del DPR n. 115/02, la Corte dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore
4
Iva
RG 10764/2016
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma il 6 aprile 2018