Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20664 del 08/08/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 20664 Anno 2018
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: NEGRI DELLA TORRE PAOLO

ORDINANZA

sul ricorso 28860-2015 proposto da:
GIULIANI NICOLA, elettivamente domiciliato in ROMA,

li
VIA FLAMINIA 195, presso lo studio dell’avvocato
SERGIO VACIRCA, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato CLAUDIO LALLI giusta delega
in atti;
– ricorrente contro

2018
1237

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190, presso lo
studio dell’avvocato ROSSANA CLAVELLI, rappresentata
e difesa dall’avvocato ANTONIO SAPIA giusta delega in

Data pubblicazione: 08/08/2018

atti;
– con troricorrente –

avverso la sentenza n. 168/2015 della CORTE D’APPELLO

di GENOVA, depositata il 04/06/2015 R.G.N. 611/2014.

R.G. 28860/2015

Premesso
che con sentenza n. 168/2015, depositata il 4 giugno 2015, la Corte d’appello di Genova,
in totale riforma della sentenza del Tribunale di Massa, ha respinto le domande di Nicola
Giuliani dirette a ottenere l’accertamento, con le pronunce conseguenti, della nullità del
termine apposto al contratto stipulato con Poste Italiane S.p.A., ex art. 2, comma 1 bis,
del d.lgs. n. 368/2001, per il periodo dal 9 gennaio al 30 marzo 2012;

dimostrato il rispetto, da parte della datrice di lavoro, del limite del 15% delle assunzioni
a termine in rapporto ai contratti a tempo indeterminato, alla luce della documentazione
prodotta da Poste Italiane S.p.A. e delle dichiarazioni rese da una teste sul contenuto di
tale documentazione; ha precisato come non potesse calcolarsi la percentuale del 15%
facendo esclusivo riferimento alle attività rientranti nella concessione del servizio postale
e non considerando la generalità delle attività svolte dalla società; ha ritenuto generico il
richiamo, compiuto dal lavoratore nella memoria di costituzione nel giudizio di appello,
agli ulteriori profili di illegittimità del contratto prospettati con il ricorso introduttivo;
– che avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Giuliani con tre motivi,
cui ha resistito la società con controricorso;

rilevato
che con il primo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, comma
1 bis, d.lgs. n. 368/2001, 2697 e 2725 cod. civ., nonché la nullità della sentenza e del
procedimento per violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., il
ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che l’osservanza del limite
del 15% potesse essere provata attraverso un documento di provenienza unilaterale e le
dichiarazioni di una teste che, non potendo avere cognizione diretta dei dati nello stesso
riportati, era da considerarsi inattendibile;
– che con il secondo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2, comma 1
bis, d.lgs. n. 368/2001, 1 e 3 d.lgs. n. 261/1999 e 2697 cod. civ., il ricorrente censura la
sentenza per avere ritenuto che la percentuale del 15% dovesse applicarsi al complesso
delle attività aziendali, anziché ai soli servizi di raccolta, trasporto e distribuzione della
corrispondenza postale;
– che con il terzo, deducendo la nullità della sentenza e del procedimento per violazione e
falsa applicazione degli artt. 346 e 112 cod. proc. civ., il ricorrente si duole della mancata
valutazione degli ulteriori profili di illegittimità del contratto dedotti con il ricorso di primo
grado, nonostante che nella memoria di costituzione in appello fossero state ribadite
“tutte le eccezioni, allegazioni e deduzioni ed istanze istruttorie contenute nel ricorso
introduttivo”;
1

– che la Corte ha osservato a sostegno della propria decisione come dovesse ritenersi

osservato
che il primo motivo è inammissibile, posto che esso, dietro lo schermo della proposizione
dei vizi di cui all’art. 360 n. 3 e n. 4, si limita, in realtà, a censurare i rilievi svolti dalla
Corte di appello con riguardo all’attendibilità della teste assunta e alla valenza probatoria
del compendio istruttorio rappresentato dalla relativa deposizione e dai prospetti allegati
dalla società, e cioè una valutazione che rientra nelle attribuzioni del giudice di merito, al
quale – come ripetutamente affermato (cfr., fra le molte, Cass. n. 25608/2013) – spetta

l’attendibilità e la concludenza delle prove, di scegliere, tra le complessive risultanze del
processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse
sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova;
– che il secondo motivo è infondato;
– che al riguardo si richiama Cass. n. 13609/2015 e successive conformi, le quali hanno
precisato che, in tema di contratto di lavoro a tempo determinato, l’art. 2, comma 1

bis,

del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, fa riferimento esclusivamente alla tipologia di
imprese presso cui avviene l’assunzione – quelle concessionarie di servizi e settori delle
poste – e non anche alle mansioni del lavoratore assunto, in coerenza con la ratio della
disposizione, ritenuta legittima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 214 del 2009,
individuata nella possibilità di assicurare al meglio lo svolgimento del c.d. “servizio
universale” postale, ai sensi dell’art. 1, comma 1, del d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261, di
attuazione della direttiva 1997/67/CE, mediante il riconoscimento di una certa flessibilità
nel ricorso allo strumento del contratto a tempo determinato, pur sempre nel rispetto
delle condizioni inderogabilmente fissate dal legislatore;
– che risulta infondato anche il terzo motivo, essendosi il giudice di appello attenuto al
consolidato principio di diritto, secondo il quale, in materia di procedimento civile, in
mancanza di una norma specifica sulla forma nella quale l’appellante, che voglia evitare
la presunzione di rinuncia ex art. 346 cod. proc. civ., deve reiterare le domande e le
eccezioni non accolte in primo grado, queste possono essere riproposte in qualsiasi forma
idonea ad evidenziare la volontà di riaprire la discussione e sollecitare la decisione su di
esse. Tuttavia, pur se libera da forme, la riproposizione deve essere fatta in modo
specifico, non essendo al riguardo sufficiente un generico richiamo – come nella specie alle difese svolte ed alle conclusioni prese davanti al primo giudice (cfr., fra le molte,
Cass. n. 16360/2004);

ritenuto
conclusivamente che il ricorso deve essere respinto;
– che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo
2

in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllare

p.q.m.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 4.000,00 per compensi
professionali, oltre rimborso spese generali al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1

bis dello

Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 22 marzo 2018.

stesso articolo 13.

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