Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20660 del 09/09/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20660 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MANCINO ROSSANA

ORDINANZA
sul ricorso 2683-2012 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI
ANTONIETTA, TRIOLO VINCENZO, DE ROSE EMANUELE,
STUMPO VINCENZO, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
CLEMENTE GIUSEPPE;
– intimato avverso la sentenza n. 6349/210 della CORTE D’APPELLO di
BARI del 14.12.2010, depositata il 01/2011;

Data pubblicazione: 09/09/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/06/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO;
udito per il ricorrente l’Avvocato Antonietta Coretti che si riporta agli
scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. TOMMASO

BASILE che si riporta alla relazione scritta.

Ric. 2012 n. 02683 sez. ML – ud. 07-06-2013
-2-

r.g.n. 2683/2012 Inps c/Clemente Giuseppe
oggetto: operai agricoli a tempo determinato; riliquidazione indennità di disoccupazione; decadenza

Svolgimento del processo e motivi della decisione
1. La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 7 giugno 2013, ai
sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art.

2

“Clemente Giuseppe, operaio agricolo a tempo determinato, conveniva in giudizio l’Inps
chiedendo venisse accertato il suo diritto alla riliquidazione dell’indennità di
disoccupazione per l’anno 1999 non calcolato, dall’INPS, ai sensi del D.Lgs. n. 146 del
1997, art. 4, tenuto conto dei minimi retributivi previsti dalla contrattazione collettiva
provinciale, con conseguente diritto alle differenze tra quanto spettante e quanto
percepito;

3.

la Corte d’appello di Bari, riformando la sentenza del primo giudice, accoglieva la
domanda;

4.

avverso detta sentenza l’INPS ricorre con tre motivi;

5.

la parte intimata non si è costituita;

6. la parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 47, terzo comma,del d.p.r. 639/1970 e
successive modifiche) e rileva che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto
inapplicabile la regola della decadenza alla richiesta di riliquidazione di prestazioni
previdenziali solo parzialmente riconosciute e liquidate dall’ente previdenziale;
Z il motivo è manifestamente infondato, alla stregua di quanto deciso da ultimo dalla
sentenza di questa Corte n. 7245/2012 che ha confermato quanto già ritenuto dalle
Sezioni unite di questa Corte, con la precedente sentenza n. 12720/2009, affermando il
principio di diritto secondo cui: “La decadenza di cui all’art. 47 d.P.R. 30 aprile 1970 n.
639 – come interpretato dall’art. 6 d.l. 29 marzo 1991 n. 103, convertito, con
modificazioni, nella 1. 1° giugno 1991 n. 166 – non può trovare applicazione in tutti quei
casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del
diritto alla prestazione previdenziale in sé considerata, ma solo l’adeguamento di detta
prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei
casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni
della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa
non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale”;
8.

l’autorità del precedente arresto interpretativo delle sezioni unite della Corte e l’indiretta
conferma della sua correttezza proveniente dallo stesso legislatore che, da ultimo, con

1
r.g.n. 2683/2012 Inps c/Clemente Giuseppe

380 bis c.p.c.:

l’art. 38, primo comma, lett. d) del D.L. 6 luglio 2011 n. 98, convertito in legge n. 111 del
medesimo anno, ha aggiunto al citato art. 47 un ultimo comma, del seguente tenore: “Le
decadenze previste dai commi che precedono si applicano anche alle azioni giudiziarie
aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento
di accessori del credito. In tal caso il termine di decadenza decorre dal riconoscimento
parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte”, precisando al quarto comma
che: “Le disposizioni di cui al comma 1, lett. c) e d) si applicano anche ai giudizi pendenti

definitiva, per l’inapplicabilità dell’art. 47 del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, prima delle
integrazioni apportate citato art. 38 del D.L. n. 98 del 2011, al caso di richiesta di
riliquidazione di prestazioni previdenziali solo parzialmente riconosciute e liquidate
dall’ente previdenziale;
9.

con gli altri due motivi di ricorso l’Istituto ricorrente, lamentando violazione degli artt.
18,co.18 del d.l. 98/2011 convertito in 1. 111/2011 e degli artt. 44,49 e 53 del CCNL
operai agricoli e florovivaisti del 1998 in relazione all’art. 6 comma 4 lettera a) del d.lgs. n.
314/97 e all’art.3 d.l. n.318 del 1996 conv. in legge n.402 del 1996, nonché in relazione
agli artt. 1362, 2120 cod. civ. ed all’art. 4 commi 10 e 11 legge 297/82, censura la sentenza
per avere incluso nella retribuzione da prendere a base per la liquidazione dell’indennità di
disoccupazione, anche la voce denominata “quota di TFR” , la quale invece non
dovrebbe esserlo, per avere – contrariamente a quanto affermato la Corte territoriale effettiva natura di retribuzione differita;

10. i motivi sono manifestamente fondati, alla stregua di quanto deciso da ultimo dalla

sentenza di questa Corte n. 202/2011 e da numerose altre conformi, con cui si è
enunciato il seguente principio: «Confermandosi quanto già ritenuto dalla precedente
sentenza di questa Corte n. 10546/2007 per cui “Ai fini della liquidazione delle
prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione – definita dalla
contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto con il salario medio
convenzionale ex art. 4 del D.lgs. 16 aprile 1997 n. 146 – non è comprensiva del
trattamento di fine rapporto”, va ulteriormente affermato che, sulla base del suddetto
principio, la voce denominata “quota di TFR” dai contratti collettivi vigenti a partire da
quello del 27.11.1991, va esclusa dal computo della indennità di disoccupazione, in
considerazione della volontà espressa dalle parti stipulanti, che è vietato disattendere in
forza della disposizione di cui all’art. 3 D.L. 14 giugno 1996 n. 318 convertito in legge 29
luglio 1996 n. 402, a norma del quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in
base agli accordi collettivi, non può essere individuata in difformità rispetto a quanto
definito negli accordi stessi. Dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa

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in primo grado alla data di entrata in vigore del presente decreto”, depongono, in

rispetto a quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima
alterazione degli istituti legali da parte dell’autonomia collettiva»;
11. l’ interpretazione di cui alle citate pronunzie è stata da ultimo avallata dal legislatore, il

quale, con l’art. 18 comma 18 del DL n. 98/2011, convertito in legge 111/2011, ha
stabilito che: “L’art. 4 del d.lgs. 16 aprile 1997 n. 146 e l’art. 1 comma 5 del D.L. 10
gennaio 2006 n. 2, convertito con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006 n. 18, si
interpretano nel senso che la retribuzione, utile per il calcolo delle prestazioni temporanee

trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla contrattazione collettiva”.
12

Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,

unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.
1.3.

Il Collegio condivide il contenuto della relazione, ritenendo manifestamente
fondato il ricorso, che va pertanto accolto, con la conseguente cassazione della
sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può
provvedersi nel merito e rigettarsi la domanda.

14. Alla luce della norma di interpretazione autentica sopravvenuta, che ha
definitivamente consentito di superare i contrasti interpretativi esistenti nella
materia, ricorrono giusti motivi per compensare le spese dell’intero processo.
15. Quanto alle spese dell’intero giudizio, giusti motivi, tenuto conto della norma
interpretativa sopravvenuta nel corso del giudizio, impongono la compensazione
delle spese dell’intero processo.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito,
rigetta la domanda relativa all’inclusione della quota di TFR nella base di calcolo
dell’indennità di disoccupazione; compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma il 7 giugno 2013
IL PRESIDENTE

in favore degli operai agricoli a tempo determinato, non è comprensiva della voce del

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