Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2066 del 25/01/2022

Cassazione civile sez. I, 25/01/2022, (ud. 04/06/2021, dep. 25/01/2022), n.2066

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7831/2017 proposto da:

Termex S.r.l., in liquidazione, in persona del legale rappresentante

p.t., elettivamente domiciliata in Roma, Via Panama, 86, presso lo

studio dell’Avvocato Valerio Bartocci, e rappresentata e difesa

dall’Avvocato Andrea Viani, per procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

T.G. S.r.l., in persona del legale rappresentante

p.t., elettivamente domiciliato in Roma, Via Giuseppe Ferrari, 12,

presso lo studio dell’Avvocato Sergio Smedile, e rappresentata e

difesa dall’Avvocato Alberto Pangrazi Liberati, per procura speciale

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2364/2016 della Corte di appello di Bologna,

depositata il 30/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/06/2021 dal Cons. Dott. Laura Scalia.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Bologna, con la sentenza in epigrafe indicata, ha rigettato l’impugnazione proposta da Termex S.r.l. avverso il lodo pronunciato in Parma il 3 febbraio 2011 tra la prima e T.G. e C. S.r.l., all’esito di procedimento arbitrale svoltosi per clausola compromissoria contenuta nel contratto di locazione, di una unità immobiliare, sita in (OMISSIS), ad uso diverso di abitazione, concluso tra le parti il 14 maggio 1998 e modificato il 19 maggio 1999.

2. I giudici arbitrali hanno dichiarato la risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento della conduttrice Termex per la mancata corresponsione dei canoni di locazione e condannato la stessa al pagamento della somma di Euro 450.000,00 oltre Istat, a titolo di canoni, oltre all’indennità per illegittima occupazione dell’immobile a far data dal marzo 2010 fino al rilascio, quantificata nell’importo mensile di Euro 7.500,00, oltre Iva.

3. Con l’impugnata sentenza la Corte di appello ha ritenuto:

a) che era preclusa, configurando la scrutinata fattispecie una ipotesi di pronuncia di lodo al di fuori della convenzione (art. 829 c.p.c., comma 1, n. 4), la relativa eccezione ai sensi dell’art. 817 c.p.c., ed improponibile il motivo, non avendo Termex sollevato nel corso dell’arbitrato l’eccezione che gli arbitri stavano pronunciando un arbitrato rituale al di fuori dei limiti della relativa clausola, esclusane la rilevabilità d’ufficio;

b) che i successivi accordi intervenuti tra le parti negli anni 2004 e 2006 non avevano novato il contratto di locazione oggetto del giudizio e che essi, pertanto, contenevano una clausola compromissoria, con previsione di un collegio arbitrale operante in Genova, applicabile alle diverse controversie che fossero insorte, per l’oggetto di quei diversi accordi, tra le persone fisiche di T.G. e B.U., e non, anche, tra le società T. e Termex;

c) che i motivi con cui Termex denunciava la contraddittorietà della decisione quanto all’inadempimento della conduttrice, l’entità dei canoni, l’indennità di occupazione ed i controcrediti in compensazione, erano infondati non integrando una inconciliabilità tra parti del dispositivo o della motivazione di gravità tale da rendere impossibile la ricostruzione della ratio decidendi, nella coerenza di motivazione e dispositivo e nella chiara indicazione delle ragioni della decisione contenute in motivazione.

4. Termex S.r.l., in liquidazione, ricorre per la cassazione dell’indicata sentenza con tre motivi illustrati da memoria, in relazione ad altrettanti individuati capi dell’impugnata sentenza, cui resiste con controricorso T.G. a r.l..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso Termex S.r.l., in liquidazione, fa valere, quanto alle motivazioni impugnate relative alla eccepita inesistenza di una clausola compromissoria rituale, la nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per mancanza assoluta di motivazione su fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti; omesso esame di fatti decisivi per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’art. 1c.p.c., dell’art. 817c.p.c. e dell’art. 807 c.p.c..

Il ricorrente nell’impugnare il lodo aveva dedotto dinanzi alla Corte di appello che non esisteva una clausola di arbitrato rituale e che pertanto non vi era spazio perché, in via interpretativa, una clausola di arbitrato irrituale potesse trasformassi in una clausola di arbitrato rituale.

La Corte di merito aveva omesso di esaminare il primo motivo di impugnazione con cui la ricorrente aveva dedotto l’inesistenza del lodo e censurato la condotta degli arbitri che avevano esercitato funzioni giurisdizionali senza averne il potere incorrendo, in tal modo, nella violazione dell’art. 1 c.p.c..

Poiché non esisteva né era mai esistita una clausola di arbitrato rituale che consentisse agli arbitri di Parma di emettere una decisione equiparata a sentenza non era applicabile, di contro a quanto erroneamente ritenuto dalla Corte bolognese, l’art. 817 c.p.c., sui limiti temporali dell’eccezione di incompetenza che riguarda solo questioni di validità, contenuto, ampiezza della convenzione di arbitrato o, ancora, la regolare costituzione degli arbitri.

L’inesistenza della convenzione di arbitrato rituale avrebbe consentito di sollevare in ogni tempo anche d’ufficio la relativa questione ed il richiamo operato dai giudici territoriali al precedente di cui a Cass. n. 2184 del 2000 non era pertinente, trattandosi di fattispecie in cui gli arbitri avevano la possibilità, secondo clausola, di interpretare e stabilire se svolgere un arbitrato rituale o irrituale, mentre nella fattispecie in esame non era mai esistita una clausola rituale.

2. Il motivo è infondato.

2.1. Come correttamente rilevato dalla Corte di appello di Bologna è inammissibile l’impugnazione di un lodo fondata su questioni relative alla natura rituale o irrituale dell’arbitrato qualora le questioni medesime, di merito (Cass. 2524/2005; Cass. 4478/2003; Cass. S.U. 9289/2002), risultino prospettate per la prima volta in sede di impugnazione, non essendo state mai sollevate in precedenza ex art. 817 c.p.c., nel corso del giudizio arbitrale (Cass. 26/02/2000 n. 2184).

2.2. Il tema dell’ascrivibilità del lodo all’arbitrato rituale o irrituale è quello che si è posto nel giudizio arbitrale senza che rilevasse la più radicale ipotesi della inesistenza della clausola arbitrale, dovuta alla novazione del titolo negoziale che già la ricomprendeva, e quindi della correlata potestas iudicandi degli arbitri.

E’ incontroverso che la questione insorta tra le parti è stata quella relativa alla natura, se irrituale o rituale, da attribuirsi all’arbitrato in ragione dei contenuti della clausola di previsione e delle condotte assunte da coloro che, presenti per procura speciale in sede di prima udienza del giudizio arbitrale tenutasi il 29 aprile 2010, per il potere loro attribuito di determinare la natura del lodo, hanno convenuto di interpretare il primo come rituale.

Su siffatto antefatto, l’evidenza valorizzata in ricorso che la fattispecie sarebbe diversamente ascrivibile all’ipotesi dell’assenza di una valida convenzione con conseguente rilevabilità in ogni tempo, anche d’ufficio, di detta mancanza è infondata.

Solo in caso di ipotesi di clausola compromissoria inesistente il successivo comportamento delle parti non vale a sanare il vizio di carenza di potere degli arbitri, senza che, in contrario, possa essere invocato il disposto dell’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 817 c.p.c., atteso che tale disposizione si riferisce al superamento, da parte degli arbitri, dei limiti loro imposti dal compromesso e non alla diversa ipotesi di originaria e totale carenza di potere, atteso inoltre che, in subiecta materia, deve escludersi ogni possibilità di interpretazione analogica, ponendosi la competenza arbitrale come derogatoria alla competenza del giudice naturale (Cass. 15/09/2000, n. 12175).

Là dove invece una clausola di compromesso arbitrale esista, e tale era nella fattispecie in esame – come rilevato dalla Corte di merito – quella contenuta nei contratti di locazione 1998/1999 su cui il procedimento arbitrale si è instaurato, siffatto estremo consente, in applicazione delle norme di esegesi della volontà negoziale delle parti, di valorizzare la condotta successiva delle parti in sede di svolgimento del lodo e, segnatamente, della dichiarazione di qualificazione del lodo, rituale o meno, in sede interpretativa ivi assunta.

A siffatta evidenza si accompagna la necessità di una tempestiva contestazione della qualificazione così ritenuta nel procedimento arbitrale in quanto eccedente la clausola di arbitrato ai sensi dell’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 4, pena la non proponibilità ex art. 817 c.p.c., della censura, afferente squisitamente al merito, nel giudizio di impugnazione davanti alla Corte di appello (Cass. n. 2524 cit.; Cass. n. 4478 cit.; Cass. S.U. n. 9289 cit.).

2.3. La giurisprudenza citata in ricorso (così Cass. n. 12175 cit.) non consente di statuire diversamente non trovando essa applicazione perché relativa all’ipotesi – nella fattispecie non sussistente – di clausola compromissoria inesistente per estinzione del contratto che la prevede.

La sentenza impugnata resta pertanto sul punto salda per la non concludenza della critica, per l’intervenuta individuazione, nella decisione oggetto di ricorso, dei fatti decisivi lungo il percorso di motivazione osservato e di uno sviluppo logico pienamente comprensibile nelle raggiunte conclusioni.

3. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza nella parte in cui si era espressa sulla eccepita incompetenza degli arbitri per effetto della clausola compromissoria contenuta nel contratto del 3 maggio 2004, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per mancanza assoluta di motivazione su fatti decisivi per il giudizio, loro omesso esame, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 4, artt. 112 e 819-ter c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

A fronte della dedotta incompetenza degli arbitri a pronunciare, la ricorrente denuncia la sentenza della Corte di appello per nullità da mancanza assoluta di motivazione su fatti decisivi, mancati nella loro valutazione, invocando altresì omessa pronuncia.

Nell’atto di impugnazione, Termex aveva eccepito sin dalla prima difesa la nullità del lodo per incompetenza degli arbitri in relazione alla non estensibilità della clausola compromissoria contenuta nei contratti di locazione 1998/1999 alla scrittura del 3 maggio 2004 che conteneva, a sua volta, una clausola compromissoria che devolveva ogni controversia ad un diverso Collegio di arbitri, operante in (OMISSIS).

Successivamente alla stipula dei contratti di locazione del 1998/1999, entrambe le parti avevano dedotto la conclusione della convenzione del 3 maggio 2004 titolata “Accordo per acquisto capannone in (OMISSIS) edificio (OMISSIS) e terreni” che, articolata in otto punti, aveva previsto l’acquisto dell’immobile, già oggetto del contratto di affitto, con termine per la stipula e previsione che i canoni di affitto sarebbero valsi quale acconto sul prezzo di acquisto ad una certa data.

L’indicato atto disciplinava, altresì, nella intervenuta proroga del termine per il perfezionamento della compravendita, la sorte delle somme versate, con lo stabilire una loro diversa imputazione a prezzo e canone di affitto, nel frattempo diversamente concordato come pari ad Euro 7.500,00 mensili.

In progressione le parti stabilivano che, non stipulato entro una data finale il contratto di compravendita, avrebbero concluso un nuovo contratto di affitto e, fissato un nuovo prezzo di acquisto, rimesso ad un terzo arbitratore, prevedevano la sorte delle somme incassate, parzialmente trattenute sul prezzo di acquisto e, spirato il termine ultimo per la vendita, la riscrittura del relativo contratto.

In siffatto ambito, all’interno della convenzione del 3 maggio 2004, le parti avevano inserito una clausola che rimetteva ogni controversia ad un collegio arbitrale con sede in (OMISSIS) e per successiva scrittura del 10 gennaio 2006 stabilivano che in caso di mancata compravendita al 15 aprile 2006 avrebbe avuto efficacia l’accordo del 3 maggio.

La ricorrente deduce a fronte di siffatta disciplina contrattuale di aver corrisposto somme di denaro, giusta fatture prodotte, come “Acconto su cessione del complesso D” e che i contratti di affitto 1998/1999 erano da ritenersi risolti in ragione delle nuove convenzioni su cui gli arbitri con sede a (OMISSIS) non avevano più il potere di pronunziare, essendo la loro competenza prevista all’art. 9 degli originari contratti di affitto, venuti meno.

Gli arbitri non avrebbero potuto pronunziare pertanto sulla domanda proposta da T. S.r.l. di restituzione dell’immobile e di condanna di Termex al pagamento di canoni e/o indennità di occupazione senza pronunziare anche sul contratto del 3 maggio 2004 che il collegio arbitrale era stato infatti “costretto” ad interpretare ed applicare senza averne alcun potere.

Gli arbitri non avevano considerato che la risoluzione del contratto di locazione 1998/1999 non avrebbe avuto utilità ed efficacia in ragione del successivo contratto del 3 maggio 2004 che conteneva sia un preliminare di compravendita, che un titolo che consentiva a Termex di permanere nell’immobile nelle more della stipula del contratto definitivo di compravendita.

Pronunziando condanna alla restituzione dell’immobile e al pagamento dei canoni di locazione, liquidati peraltro su quanto stabilito nella scrittura del 3 maggio 2004, gli arbitri, che avevano negato il carattere novativo della convenzione del maggio 2004, erano andati fuori convenzione contenuta nel contratto di locazione ed il lodo doveva ritenersi nullo ex art. 829 c.p.c., comma 1, n. 4.

Il collegio arbitrale aveva ritenuto che si applicasse il contratto di affitto 1998/1999 là dove nella nuova convenzione del maggio 2004 il canone di affitto era previsto in caso di mancato perfezionamento della vendita e mai le parti avevano previsto la riviviscenza del contratto di locazione del 1999, ma avevano stabilito un canone del tutto nuovo.

La scrittura del maggio 2004 non si limitava a rinegoziare il canone, trattandosi di corrispettivo convenuto non in relazione al precedente contratto di affitto, ma in vista della stipula del passaggio di proprietà.

La sentenza del Tribunale di Genova del 13 marzo 2009 n. 1060, che aveva ritenuto che le controversie derivanti dal contratto di locazione del 19 maggio 1999 erano di competenza del collegio di arbitri operante in (OMISSIS), non avrebbe comportato una implicita declaratoria di vigenza del contratto del 1999 in cui era convenuta clausola compromissoria e tanto perché il Tribunale era stato adito per la convalida dello sfratto.

Nella nuova convenzione vi era richiamo agli stipulanti come persone fisiche e legali rappresentanti delle società e siffatto argomento, di contro a quanto ritenuto dagli arbitri, avrebbe sostenuto la natura novativa della prima.

In sede di impugnativa davanti alla Corte di appello l’odierna ricorrente aveva poi contestato il ritenuto suo inadempimento ed aveva dedotto l’incompetenza degli arbitri ad attingere alla convenzione del maggio 2004 per determinare il canone di affitto.

La Corte di appello aveva omesso di riscontrare gli specifici motivi portati dalla ricorrente per ritenere la natura transattiva e non novativa della scrittura del 3 maggio 2004 senza considerare che al di là della natura della scrittura di maggio era quest’ultima che consentiva a Termex di rimanere nell’immobile.

Tutti i fatti decisivi, che avrebbero determinato l’incompetenza degli arbitri, portati alla cognizione della Corte di appello non erano stati da questa considerati nella sentenza in cui i giudici si erano limitati ad affermare che la scrittura del 3 maggio 2004 non aveva effetto novativo dei precedenti contratti di locazione 1998/1999.

3.1. Il motivo si presta ad una valutazione di inammissibilità là dove censura l’impugnata sentenza della Corte di appello per omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., e mancanza di motivazione su fatti decisivi ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con deduzione, pertanto, di vizi tra loro non compatibili.

Come già rilevato da questa Corte, nella intervenuta riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, l’omessa pronunzia continua a sostanziarsi nella totale carenza di considerazione della domanda e dell’eccezione sottoposta all’esame del giudicante, il quale manchi completamente perfino di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito, di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile alla soluzione del caso concreto là dove invece, al contrario, il vizio di motivazione previsto dell’art. 360 c.p.c., n. 5), presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia pur sempre stato da parte del giudice di merito, ma che esso sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico, oppure che si sia tradotto nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa, invece, qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. 08/10/2014, n. 21257; Cass. 20/11/2015, n. 23828).

All’indicato principio deve aggiungersi il rilievo che il motivo di gravame, di cui si lamenta la mancata valutazione, non costituisce neppure esso stesso un fatto principale o secondario integrativo del dedotto vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, bensì la specifica domanda sottesa alla proposizione dell’appello (Cass. 16/03/2017, n. 6835).

3.2. Resta poi fermo per gli articolati motivi di ricorso che si ha vizio di assenza della motivazione, di cui dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, allorché la sentenza sia nulla per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, che rendono incomprensibili le ragioni poste a base della decisione (Cass. 25/06/2018, n. 16611) e tanto per contenuti che non risultano neppure prospettati nella esposizione del motivo nonostante la menzione della norma, l’art. 360, n. 4 cit., pure contenuta nella titolazione del motivo.

3.3. Esclusa la configurabilità di una omessa pronuncia e di una nullità della sentenza per mancanza di motivazione, viene in considerazione lo scrutinio l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che nella sua vigente formulazione, determinata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 (conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012), introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo, ossia idoneo a determinare un esito diverso della controversia (ex multis: Cass. 04/10/2017, n. 23238).

Si tratta di contenuti che non si rinvengono nella proposta censura in cui la ricorrente sollecita, piuttosto, e in modo inammissibile in sede di legittimità, una alternativa lettura dei fatti (Cass. SU 27/12/2019, n. 34476; Cass. 04/03/2021, n. 5987) intesa a stabilire degli accordi successivi al contratto di locazione 1998/1999 la natura novativa con conseguente efficacia e validità, a disciplina del rapporto dedotto in giudizio, di una diversa clausola compromissoria e della competenza di un diverso collegio arbitrale, quello operante in (OMISSIS).

L’omessa menzione nell’impugnata sentenza della Corte di appello di evidenze in fatto portate all’esame dei giudici di merito (evidenze segnalate per l’adottata tecnica di indicare, all’interno del ricorso per cassazione, in carattere corsivo i contenuti integrali dell’impugnazione) e che si assume sosterrebbero la diversa, rispetto a quella conservativa ritenuta dal collegio arbitrale, natura novativa dei nuovi accordi del 3 maggio 2004 e successivi, vale in realtà a contestare gli esiti dell’attività interpretativa raggiunta dalla Corte di merito per una ricomposizione alternativa dei fatti.

Rispetto a quest’ultima, in ogni caso, per solida affermazione di questa Corte è vero che nella motivazione il giudice dell’impugnazione non è tenuto a dare risposta ad ognuna delle deduzioni difensive portate al suo esame dall’impugnante, ma solo a quelle che gli consentono di pervenire a decisione perché al fine di assolvere l’onere di adeguatezza della motivazione, il giudice non deve esaminare tutte le allegazioni delle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione, così da doversi ritenere implicitamente rigettate le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass. 09/02/2021, n. 3126).

3.4. A tanto si aggiunga ancora che, in sede di ricorso per cassazione avverso la sentenza che abbia deciso sull’impugnazione per nullità del lodo arbitrale, la Corte di Cassazione non può apprezzare direttamente il lodo arbitrale, ma solo la decisione impugnata nei limiti dei motivi di ricorso relativi alla violazione di legge e, ove ancora ammessi, alla congruità della motivazione della sentenza resa sul gravame, non potendo peraltro sostituire il suo giudizio a quello espresso dalla Corte di merito sulla correttezza della ricostruzione dei fatti e della valutazione degli elementi istruttori operata dagli arbitri (Cass. 07/02/2018, n. 2985).

3.5. Si espone ad ulteriore censura la tecnica stessa di redazione del motivo di ricorso per la scelta ivi operata dal difensore della ricorrente di riportare per intero i contenuti dell’impugnazione del lodo come proposta davanti ai giudici della Corte di appello, in tal modo lasciando inammissibilmente a questo Giudice di legittimità di individuare quanto, delle complessive censure, vada ad integrare il “fatto decisivo omesso”, senza che il richiamo, ancora ampio e generico, operato nelle pagine integrative dell’odierno ricorso a quelle precedenti, riportate in corsivo e corrispondenti all’impugnazione in appello, possa valere in tal senso (“Tutti questi fatti decisivi (sopra ritrascritti alle precedenti pagine da 36 a 42) sufficienti a dichiarare l’incompetenza degli arbitri, non sono atti minimamente considerati al paragrafo 4 della sentenza”, p. 45 ricorso).

4. Con il terzo motivo la ricorrente deduce, in merito all’eccepito vizio di contraddittorietà del lodo, la nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per mancanza assoluta di motivazione su fatti decisivi per il giudizio e denuncia omesso esame di fatti decisivi ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 829 c.p.c., comma 1, n. 11.

La Corte di appello aveva mancato di confrontarsi con i singoli motivi esposti nell’atto di impugnazione in cui l’esponente aveva evidenziato specifiche parti del lodo in contrasto tra loro e tanto per ciascuna delle statuizioni che avevano definito le questioni indicate dalla parte (tra cui: inadempimento della conduttrice; entità canoni liquidati; indennità di occupazione; controcrediti di Termex) e la ricorrente detti motivi reitera in ricorso.

Fermi i rilievi formulati nella disamina del secondo motivo di ricorso per cassazione, su tecnica di redazione e qualificazione del vizio, si ha che la dedotta contraddittorietà del lodo arbitrale rinviene corretta disamina nella sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di appello di Bologna fa espresso richiamo ed applica la consolidata giurisprudenza di questa Corte in materia sulla necessità – perché si abbia perché il vizio di contraddittorietà del lodo arbitrale deducibile con impugnazione di nullità, prevista dall’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 4, oggi trasfusa nel n. 11 della medesima disposizione che il vizio si concreti in una inconciliabilità tra parti del dispositivo o parti della motivazione, di gravità tale da rendere impossibile la ricostruzione della ratio decidendi così traducendosi in una sostanziale mancanza di motivazione (Cass. 05/02/2021, n. 2747; in termini: Cass. 28/05/2014, n. 11895; vd., Cass. 12/01/2021, n. 291).

In applicazione dell’indicato principio la Corte di merito ha apprezzato come coerenti dispositivo e motivazione per poi operare di quest’ultima una analitica quanto essenziale disamina diretta a valorizzare le linee portanti del ragionamento svolto dalla Corte di appello che sono state riscontrate nella loro chiarezza.

Resta comunque ferma la valutazione di inammissibilità della censura in quanto diretta a riproporre in sede di legittimità tutti i motivi di impugnazione del lodo, per una iniziativa volta ad ottenere una decisione sostitutiva di quella della Corte d’appello (Cass. n. 2985 del 2018 cit.).

5. Il ricorso è in via conclusiva infondato e la ricorrente va condannata al pagamento delle spese di lite liquidate secondo soccombenza come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna Termex S.r.l. in liquidazione a rifondere a T.G. S.r.l. le spese di lite che liquida in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% forfettario sul compenso ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 4 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2022

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