Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20657 del 09/09/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20657 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MANCINO ROSSANA

ORDINANZA
sul ricorso 29260-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI
ANTONIETTA, TRIOLO VINCENZO, DE ROSE EMANUELE,
STUMPO VINCENZO, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro

COCC1A ELENA;
– intimata –

avverso la sentenza n. 5877/2010 della CORTE D’APPELLO di
BARI del 16.11.2010, depositata

/12/2010;

Data pubblicazione: 09/09/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/06/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO;
udito per il ricorrente l’Avvocato Antonietta Coretti che si riporta agli
scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. TOMMASO

BASILE che si riporta alla relazione scritta.

Ric. 2011 n. 29260 sez. ML – ud. 07-06-2013
-2-

r.g.n. 29260/2011 Inps c/Coccia Elena
oggetto: operai agricoli a tempo determinato; riliquidazione indennità di disoccupazione;
decadenza

Svolgimento del processo e motivi della decisione
L

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 7 giugno 2013,

dell’art. 380 bis c.p.c.:
2 “Coccia Elena, operaia agricola a tempo determinato, conveniva in giudi7io l’Inps
chiedendo venisse accertato il suo diritto alla riliquidazione dell’indennità di
disoccupazione per l’anno 1999 non calcolato, dall’INPS, ai sensi del D.Lgs. n. 146 del
1997, art. 4, tenuto conto dei minimi retributivi previsti dalla contrattazione collettiva
provinciale, con conseguente diritto alle differenze tra quanto spettante e quanto
percepito;
3.

la Corte d’appello di Bari, riformando la sentenza del primo giudice, accoglieva la
domanda;

4.

avverso detta sentenza l’INPS ricorre con tre motivi;

5.

la parte intimata non ha resistito;

6.

la parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 47, terzo comma,del d.p.r. 639/1970 e
successive modifiche) e rileva che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto
inapplicabile la regola della decadenza alla richiesta di riliquidazione di prestazioni
previdenziali solo parzialmente riconosciute e liquidate dall’ente previdenziale;

7. il motivo è manifestamente infondato, alla stregua di quanto deciso da ultimo dalla
sentenza di questa Corte n. 7245/2012 che ha confermato quanto già ritenuto dalle
Sezioni unite di questa Corte, con la precedente sentenza n. 12720/2009, affermando il
principio di diritto secondo cui: “La decadenza di cui all’art. 47 d.P.R. 30 aprile 1970 n.
639 – come interpretato dall’art. 6 d.l. 29 marzo 1991 n. 103, convertito, con
modificazioni, nella 1. 1° giugno 1991 n. 166 – non può trovare applicazione in tutti
quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento
del diritto alla prestazione previdenziale in sé considerata, ma solo l’adeguamento di
detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come
avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate
interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei
quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria
prescrizione decennale”;

1
r.g.n. 29260/2011 Inps c/Coccia Elena

ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma

8.

l’autorità del precedente arresto interpretativo delle sezioni unite della Corte e
l’indiretta conferma della sua correttezza proveniente dallo stesso legislatore che, da
ultimo, con l’art. 38, primo comma, lett. d) del D.L. 6 luglio 2011 n. 98, convertito in
legge n. 111 del medesimo anno, ha aggiunto al citato art. 47 un ultimo comma, del
seguente tenore: “Le decadenze previste dai corrimi che precedono si applicano anche
alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo
in parte o il pagamento di accessori del credito. In tal caso il termine di decadenza

sorte”, precisando al quarto comma che: “Le disposizioni di cui al comma 1, lett. c) e
d) si applicano anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore
del presente decreto”, depongono, in definitiva, per l’inapplicabilità dell’art. 47 del
D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, prima delle integrazioni apportate citato art. 38 del D.L.
n. 98 del 2011, al caso di richiesta di riliquidazione di prestazioni previdenziali solo
parzialmente riconosciute e liquidate dall’ente previdenziale;
9.

con gli altri due motivi di ricorso l’Istituto ricorrente, lamentando violazione degli artt.
18,co.18 del d.l. 98/2011 convertito in 1. 111/2011 e degli artt. 44,49 e 53 del CCNL
operai agricoli e florovivaisti del 1998 in relazione all’art. 6 comma 4 lettera a) del
d.lgs. n. 314/97 e all’art.3 d.l. n.318 del 1996 conv. in legge n.402 del 1996, nonché in
relazione agli artt. 1362, 2120 cod. civ. ed all’art. 4 commi 10 e 11 legge 297/82,
censura la sentenza per avere incluso nella retribuzione da prendere a base per la
liquidazione dell’indennità di disoccupazione, anche la voce denominata “quota di
TFR” , la quale invece non dovrebbe esserlo, per avere – contrariamente a quanto
affermato la Corte territoriale – effettiva natura di retribuzione differita;

10. i motivi sono manifestamente fondati, alla stregua di quanto deciso da ultimo dalla

sentenza di questa Corte n. 202/2011 e da numerose altre conformi, con cui si è
enunciato il seguente principio: «Confermandosi quanto già ritenuto dalla precedente
sentenza di questa Corte n. 10546/2007 per cui “Ai fini della liquidazione delle
prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione – definita dalla
contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto con il salario medio
convenzionale ex art. 4 del D.lgs. 16 aprile 1997 n. 146 – non è comprensiva del
trattamento di fine rapporto”, va ulteriormente affermato che, sulla base del suddetto
principio, la voce denominata “quota di TFR” dai contratti collettivi vigenti a partire da
quello del 27.11.1991, va esclusa dal computo della indennità di disoccupazione, in
considerazione della volontà espressa dalle parti stipulanti, che è vietato disattendere in
forza della disposizione di cui all’art. 3 D.L. 14 giugno 1996 n. 318 convertito in legge
29 luglio 1996 n. 402, a norma del quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione
dovuta in base agli accordi collettivi, non può essere individuata in difformità rispetto a

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decorre dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della

quanto definito negli accordi stessi. Dovendo escludersi che detta voce abbia natura
diversa rispetto a quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna
illegittima alterazione degli istituti legali da parte dell’autonomia collettiva»;
l’ interpretazione di cui alle citate pronunzie è stata da ultimo avallata dal legislatore, il
quale, con l’art. 18 comma 18 del DL n. 98/2011, convertito in legge 111/2011, ha
stabilito che: “L’art. 4 del d.lgs. 16 aprile 1997 n. 146 e l’art. 1 comma 5 del D.L. 10
gennaio 2006 n. 2, convertito con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006 n. 18, si

temporanee in favore degli operai agricoli a tempo determinato, non è comprensiva
della voce del trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla contrattazione
collettiva”.
12. Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione, unitamente al
decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.
13. Il Collegio condivide il contenuto della relazione, ritenendo manifestamente fondato il
ricorso, che va pertanto accolto, con la conseguente cassazione della sentenza
impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può provvedersi nel
merito e rigettarsi la domanda.
14. Alla luce della norma di interpretazione autentica sopravvenuta, che ha definitivamente
consentito di superare i contrasti interpretativi esistenti nella materia, ricorrono giusti
motivi per compensare le spese dell’intero processo.
15. Quanto alle spese dell’intero giudizio, giusti motivi, tenuto conto della norma
interpretativa sopravvenuta nel corso del giudizio, impongono la compensazione delle
spese dell’intero processo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso e accoglie gli altri; cassa la sentenza
impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta la domanda
relativa all’inclusione della quota di TFR nella base di calcolo dell’indennità di
disoccupazione; compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma il 7 giugno 2013
DEPOSITATO IN CANCELLERIA

IL PRESIDENTE

interpretano nel senso che la retribuzione, utile per il calcolo delle prestazioni

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