Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20655 del 09/09/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20655 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MANCINO ROSSANA

ORDINANZA
sul ricorso 27749-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI
ANTONIETTA, TRIOLO VINCENZO, DE ROSE EMANUELE,
STUMPO VINCENZO, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro

DE GIUSEPPE FRANCESCO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 5770/2010 della CORTE D’APPELLO di
42o
BARI del 15.11.2010, depositata il /g/2010;

Data pubblicazione: 09/09/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/06/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO;
udito per il ricorrente l’Avvocato Antonietta Coretti che si riporta agli
scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. TOMMASO

BASILE che si riporta alla relazione scritta.

Ric. 2011 n. 27749 sez. ML – ud. 07-06-2013
-2-

r.g.n. 27749/2011 Inps c/De Giuseppe Francesco
oggetto: operai agricoli a tempo determinato; riliquidazione indennità di disoccupazione; decadenza

Svolgimento del processo e motivi della decisione
L

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 7 giugno 2013,
ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma
dell’art. 380 bis c.p.c.:
“De Giuseppe Francesco, operaio agricolo a tempo determinato, conveniva in
giudizio l’Inps chiedendo venisse accertato il suo diritto alla riliquidazione
dell’indennità di disoccupazione per l’anno 2002 non calcolato, dall’INPS, ai sensi del
D.Lgs. n. 146 del 1997, art. 4, tenuto conto dei minimi retributivi previsti dalla
contrattazione collettiva provinciale, con conseguente diritto alle differenze tra quanto
spettante e quanto percepito;

3.

la Corte d’appello di Bari, riformando la sentenza del primo giudice, accoglieva la
domanda;

4.

avverso detta sentenza l’INPS ricorre con tre motivi;

5.

la parte intimata non si è costituita;

6.

la parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 47, terzo comma,del d.p.r. 639/1970 e
successive modifiche) e rileva che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto
inapplicabile la regola della ,decadenza alla richiesta di riliquidazione di prestazioni
previdenziali solo parzialmente riconosciute e liquidate dall’ente previdenziale;
il motivo è manifestamente infondato, alla stregua di quanto deciso da ultimo dalla
sentenza di questa Corte n. 7245/2012 che ha confermato quanto già ritenuto dalle
Sezioni unite di questa Corte, con la precedente sentenza n. 12720/2009, affermando
il principio di diritto secondo cui: “La decadenza di cui all’art. 47 d.P.R. 30 aprile 1970
n. 639 – come interpretato dall’art. 6 d.l. 29 marzo 1991 n. 103, convertito, con
modificazioni, nella 1. 1° giugno 1991 n. 166 – non può trovare applicazione in tutti
quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento
del diritto alla prestazione previdenziale in sé considerata, ma solo l’adeguamento di
detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come
avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate
interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei
quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria
prescrizione decennale”;

8.

l’autorità del precedente arresto interpretativo delle sezioni unite della Corte e
l’indiretta conferma della sua correttezza proveniente dallo stesso legislatore che, da
ultimo, con l’art. 38, primo comma, lett. d) del D.L. 6 luglio 2011 n. 98, convertito in

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legge n. 111 del medesimo anno, ha aggiunto al citato art. 47 un ultimo comma, del
seguente tenore: “Le decadenze previste dai commi che precedono si applicano anche
alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo
in parte o il pagamento di accessori del credito. In tal caso il termine di decadenza
decorre dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della
sorte”, precisando al quarto comma che: “Le disposizioni di cui al comma 1, lett. c) e
d) si applicano anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore

D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, prima delle integrazioni apportate citato art. 38 del D.L.
n. 98 del 2011, al caso di richiesta di riliquidazione di prestazioni previdenziali solo
parzialmente riconosciute e liquidate dall’ente previdenziale;
9.

con gli altri due motivi di ricorso l’Istituto ricorrente, lamentando violazione degli artt.
18,co.18 del d.l. 98/2011 convertito in 1. 111/2011 e degli artt. 46,51 e 55 del CCNL
operai agricoli e florovivaisti del 2002 in relazione all’art. 6 comma 4 lettera a) del
d.lgs. n. 314/97 e all’art.3 d.l. n.318 del 1996 conv. in legge n.402 del 1996, nonché in
relazione agli artt. 1362, 2120 cod. civ. ed all’art. 4 commi 10 e 11 legge 297/82,
censura la sentenza per avere incluso nella retribuzione da prendere a base per la
liquidazione dell’indennità di disoccupazione, anche la voce denominata “quota di
TFR” , la quale invece non dovrebbe esserlo, per avere – contrariamente a quanto
affermato la Corte territoriale – effettiva natura di retribuzione differita;

10. i motivi sono manifestamente fondati, alla stregua di quanto deciso da ultimo dalla

sentenza di questa Corte n. 202/2011 e da numerose altre conformi, con cui si è
enunciato il seguente principio: «Confermandosi quanto già ritenuto dalla precedente
sentenza di questa Corte n. 10546/2007 per cui “Ai fini della liquidazione delle
prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione – definita dalla
contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto con il salario medio
convenzionale ex art. 4 del D.lgs. 16 aprile 1997 n. 146 – non è comprensiva del
trattamento di fine rapporto”, va ulteriormente affermato che, sulla base del suddetto
principio, la voce denominata “quota di TFR” dai contratti collettivi vigenti a partire
da quello del 27.11.1991, va esclusa dal computo della indennità di disoccupazione, in
considerazione della volontà espressa dalle parti stipulanti, che è vietato disattendere
in forza della disposizione di cui all’art. 3 D.L. 14 giugno 1996 n. 318 convertito in
legge 29 luglio 1996 n. 402, a norma del quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione
dovuta in base agli accordi collettivi, non può essere individuata in difformità rispetto
a quanto definito negli accordi stessi. Dovendo escludersi che detta voce abbia natura
diversa rispetto a quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna
illegittima alterazione degli istituti legali da parte dell’autonomia collettiva»;
2
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del presente decreto”, depongono, in definitiva, per l’inapplicabilità dell’art. 47 del

11. l’ interpretazione di cui alle citate pronunzie è stata da ultimo avallata dal legislatore, il
quale, con l’art. 18 comma 18 del DL n. 98/2011, convertito in legge 111/2011, ha
stabilito che: “L’art. 4 del d.lgs. 16 aprile 1997 n. 146 e l’art. 1 comma 5 del D.L. 10
gennaio 2006 n. 2, convertito con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006 n. 18, si
interpretano nel senso che la retribuzione, utile per il calcolo delle prestazioni
temporanee in favore degli operai agricoli a tempo determinato, non è comprensiva
della voce del trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla contrattazione

12. Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,

unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di
consiglio.
13. Il Collegio condivide il contenuto della relazione, ritenendo manifestamente
fondato il ricorso, che va pertanto accolto, con la conseguente cassazione della
sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può
provvedersi nel merito e rigettarsi la domanda.
14. Alla luce della norma di interpretazione autentica sopravvenuta, che ha
definitivamente consentito di superare i contrasti interpretativi esistenti nella
materia, ricorrono giusti motivi per compensare le spese dell’intero processo.
15. Quanto alle spese dell’intero giudizio, giusti motivi, tenuto conto della norma
interpretativa sopravvenuta nel corso del giudizio, impongono la
compensazione delle spese dell’intero processo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso e accoglie gli altri; cassa la sentenza
impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta la
domanda relativa all’inclusione della quota di TFR nella base di calcolo
dell’indennità di disoccupazione; compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma il 7 giugno 2013
IL PRESIDENTE

collettiva”.

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