Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20653 del 09/09/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 20653 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MIGLIUCCI EMILIO

SENTENZA

sul ricorso 22687-2010 proposto da:
SOLITO

ROBERTO

elettivamente

SLTRRT36B04L049K,

domiciliato in ROMA, VIA DI VAL GARDENA 3, presso lo
studio dell’avvocato DE ANGELIS LUCIO, che lo
rappresenta

e

difende

unitamente

all’avvocato

CUSUMANO DONATELLA;
– ricorrente –

2013

contro

1753

RAMA

CLAUDIO

RMNCLD63C09E502S,

RAMA GIOVANNI

GNN40E18E502Q, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
BANCO

DI

S.

SPIRITO

48,

presso

lo

studio

Data pubblicazione: 09/09/2013

dell’avvocato AUGUSTO D’OTTAVI,

rappresentati e

difesi dall’avvocato GRISI LUCIANO;
controricorrenti

avverso la sentenza n. 493/2010 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 01/03/2010;

udienza del 26/06/2013 dal Consigliere Dott. EMILIO
MIGLIUCCI;
udito

l’Avvocato

Attilio

Terzino

con

delega

depositata in udienza dell’Avv. Lucio De Angelis
difensore dei controricorrenti che ha chiesto il
rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha concluso
per il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

li

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Roberto Solito convenne, davanti al Pretore di Verona, Giovanni
e Claudio Rama. Espose che l’edificio sito in Pastrengo, via Rovereto 28,
apparteneva in regime di comunione pro indiviso per la metà ad esso

acquistato nel 1983 da Nicoletta Solito il primo l’usufrutto e il secondo
la nuda proprietà del 50% dell’immobile suddetto. In qualità di
comproprietario durante il biennio 1990-1991 aveva anticipato le spese
attinenti al riscaldamento dell’intero fabbricato, alla manutenzione
dell’impianto e all’energia elettrica, all’acqua potabile a quella
occorsa per l’irrigazione del giardino. Domandò il rimborso e la condanna
dei convenuti in solido al pagamento della loro quota pari alla somma di
lire 2.708.218, oltre gli interessi e la rivalutazione monetaria.
Giovanni Rama (usufruttuario) e Claudio Rama (nudo proprietario) si
costituirono e chiesero il rigetto.
Con sentenza 3 maggio 1996 il Pretore respinse la domanda
A seguito della impugnazione principale di Roberto Solito e di
quella incidentale avanzata dai Rama, il Tribunale di Verona, con
sentenza 7 luglio 1999, respinse l’appello principale e parzialmente
quello incidentale.
La Corte di Cassazione,

con sentenza n.13340 del 2003,

pronunziando sul gravame proposto da Roberto Solito, accolse il ricorso,
cassò la sentenza impugnata.
Riassunta la causa, con sentenza dep. il primo marzo 2010, la
– Corte di appello di Venezia, rigettò la domanda proposta dall’attore sul
I

attore e per l’altra metà ai convenuti. Costoro, infatti, avevano

»

rilievo che il medesimo non aveva preventivamente interpellato l’altro
comproprietario prima di procedere alle spese di cui aveva chiesto il
rimborso, per cui doveva escludersi il presupposto della trascuranza di
cui all’art. 1110 cod. civ.

sulla base di un unico articolato motivo.
Resistono con controricorso gli intimati.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. – L’unico motivo, lamentando violazione e/o falsa applicazione
degli artt. 1100, 1103, 1104, 1110 cod. civ. e 384 cod. proc. civ.
nonché omesso esame di tutti i fatti decisivi di causa con violazione
della direttiva della Suprema Corte, deduce che tutte le spese sostenute
dal ricorrente per la cosa comune erano necessarie sia per la
conservazione quanto meno del giardino sia per il godimento da parte di
entrambi i comproprietari, tenuto conto che gli impianti di riscaldamento
e dell’acqua potabile, essendo centralizzati, erano comuni.
La sentenza aveva pretermesso ogni indagine sulla natura e la
destinazione delle singole spese, così violando quanto statuito dalla
Suprema Corte sia per le spese di conservazione in caso di trascuranza
sia per quelle relative al godimento (che altrimenti sarebbe stato
inutile disporre il giudizio di rinvio). Anche per queste ultime, sarebbe
stato necessario verificare se l’attore l’avesse anticipato per un suo
godimento personale. I Giudici non avevano compiuto alcun accertamento
circa le spese per l’irrigazione del giardino nonostante quanto al
riguardo statuito dalla Cassazione che aveva affermato che tali spese
2

2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Roberto Solito

y

dovevano considerarsi necessarie non solo per il godimento ma anche per
la sua conservazione. Non era stato mai contestato che nella specie si
trattasse di giardino. Non potrebbe sostenersi un preteso effetto,
liberatorio per il contitolare che resterebbe esonerato addirittura per

per la conservazione. Il contitolare, che abbia goduto del servizio
comune, non può sottrarsi al partecipazione alle relative spese,
quand’anche ceda il godimento ad altri. I convenuti, i quali avevano
goduto in pari misura dei beni comuni, dovevano partecipare alle relative
spese. Di fronte al pervicace e acclarato inadempimento di controparte,
la loro trascuranza era in re ipsa; peraltro, la Corte Suprema non aveva
sancito un requisito giuridico ulteriore ma aveva formulato al riguardo
solo un rilievo incidentale sul comportamento del coobbligato
1.2. – Il motivo va disatteso.
Occorre premettere che la domanda proposta dal Solito aveva oggetto
il rimborso delle spese relative ai beni comuni che il medesimo aveva
anticipato quale comprorietario : pertanto, si trattava di stabilire se e
in quali limiti tale pretesa poteva essere riconosciuta ai sensi di
quanto previsto in proposito dall’art. 1110 cod. civ. ii Giudici di
rinvio dovevano verificare la esistenza dei presupposti richiesti da
tale norma.
La sentenza impugnata ha escluso il rimborso sull’assorbente
rilievo che difettava il presupposto della trascuranza dell’altro
comproprietario avendo al riguardo accertato che era mancata la prova di
un preventivo interpello, correttamente applicando il principio secondo
3

sempre dall’obbligo a lui incombente di partecipare alle spese necessarie

,

cui l’art. 1110 cod. civ., escludendo ogni rilievo dell’urgenza o meno
dei lavori, stabilisce che il partecipante alla comunione, il quale, in
caso di trascuranza degli altri compartecipi o dell’amministratore, abbia
sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha

quantomeno preventivamente avvertito gli altri partecipanti o
l’amministratore. Solo, pertanto, in caso di inattività di questi ultimi,
egli può procedere agli esborsi e pretenderne il rimborso, ed incomberà
su di lui l’onere della prova sia della trascuranza che della necessità
dei lavori. ( Cass. 10738/2001).
Il motivo,

che si dilunga sulla natura delle spese affrontate e

sui presupposti del rimborso, si limita ad affermare in modo
assolutamente generico che dai documenti era risultato il comportamento
addebitato alla controparte, mentre avrebbe dovuto dimostrare che dalla
produzione era risultata la prova del preventivo interpello.
La verifica in concreto della trascuranza del comproprietario ha a
oggetto un accertamento di fatto, che è riservato al giudice di merito
ed è insindacabile in sede di legittimità se non per vizio di
motivazione, dovendo qui sottolinearsi che il vizio deducibile ai sensi
dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. deve consistere in un errore
intrinseco al

ragionamento del giudice che deve essere verificato in

base al solo esame del contenuto

del provvedimento impugnato e non può

risolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle
risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a
cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire: in sostanza,
4

diritto al rimborso a condizione di aver precedentemente interpellato o,

4

ai sensi dell’art. 360 n. 5

citato, la ( dedotta ) erroneità della

decisione non può basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che
il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale
probatorio, atteso che tale indagine rientra nell’ambito degli

di legittimità della Cassazione che non può esaminare e valutare gli atti
processuali ai quali non ha accesso, ad eccezione che per gli errores in
procedendo

(solo in tal caso la Corte è anche giudice del fatto). Le

critiche formulate dal ricorrente

non

correttezza e la congruità dell’iter

sono

idonee

logico giuridico

a scalfire la
seguito dalla

sentenza: le censure lamentate, in realtà, non denunciano un vizio logico
della motivazione ma si concretano in argomentazioni volte a sostenere
l’erroneo apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dai Giudici
Il ricorso va rigettato.
Le spese della presente fase vanno poste a carico del Solito.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Condanna il Solito al pagamento in favore dei resistenti delle spese
relative alla presente fase che liquida in euro 1.500,00 di cui euro
200,00 per esborsi ed euro 1.300,00 per onorari di avvocato oltre spese
generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26 giugno 2013
Il Cons. estensore

Il Presidente

accertamenti riservati al giudice di merito ed è sottratta al controllo

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