Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20650 del 09/09/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 20650 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: PICCIALLI LUIGI

SENTENZA

sul ricorso 26323-2007 proposto da:
GIAN PAOLO

PICCININI

C.F.PCCGPL45A121449P,

elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE MAZZINI 6,
presso lo studio dell’avvocato DIONISIO FABRIZIO, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MUSSI GUIDO;
– ricorrente –

2013

contro

1749

SEGNANI

NILA

C.F.SGNNLI16C49C240H,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PILO ALBERTELLI, l, presso
lo studio dell’avvocato CARTONI MOSCATELLI PIERA

Data pubblicazione: 09/09/2013

.f

AMALIA, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato FIROMINI ANNA LUCIA;

– contrari corrente –

avverso la sentenza n. 627/2007 della CORTE D’APPELLO
di GENOVA, depositata il 18/05/2007;

udienza del 26/06/2013 dal Consigliere Dott. LUIGI
PICCIALLI;
udito l’Avvocato Cartoni Moscatelli Piera Amalia
difensore della controricorrente che ha chiesto il
rigetto del ricorso e deposita nota spese;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso con la condanna
alle spese.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVIVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato in data 23.5.92 Giampaolo Picciníni,proprietario di un fabbricato in
Massa,convenne al giudizio del locale tribunale Nila Segnani,ascrivendole l’illegittima
realizzazione di lavori di sopraelevazíone del proprio fabbricato a confine,per violazione

Costituitasi la convenuta,contestò il fondamento della domanda, opponendo la legittimità
della propria costruzione,parte in aderenza e parte a distanza regolamentare, e propose
domanda riconvenzionale diretta alla demolizione parziale dell’edificio dell’attore e di altri
manufatti ,in quanto abusivi ed in contrasto con le norme locali.
Espletate due consulenze tecniche di ufficio,i1 Tribunale di Massa con sentenza non
definitiva n. 742/2002 respinse totalmente la domanda attrice e parzialmente quella della
convenuta,disponendo per il resto il prosieguo del giudizio.
Appellata dal Piccinini,nella resistenza della Segnani,la decisione venne confermata dalla
Corte di Genova,con sentenza dell’8/18.5.2007,con condanna dell’appellante alle spese,
ribadendo,sulla scorta delle concordi consulenze tecniche ed alla stregua della normativa
locale che consentiva le costruzioni in aderenza,la legittimità in quanto tale della
sopraelevazione costituita da un vano scale di altezza inferiore a quella dell’adiacente
fabbricato attoreo ,ritenendola peraltro,per caratteristiche e dimensioni,tali da non arrecare
alcun pregiudizio al vicino;quanto alla parte dell’edificio Segnani non in aderenza,accertato
che il confine era rappresentato da un muro,le cui caratteristiche e posizioni ne denotavano
l’appartenenza alla convenuta,con riferimento al quale la nuova opera si trovava a più di
cinque metri dal confine, la corte ne escludeva parimenti l’illegittimità,infine rilevando che
dalle risultanze peritali non era emerso che fosse stata realizzata alcuna finestra irregolare,
come dall’appellante attore anche lamentato.
Contro tale sentenza il Piccinini ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

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delle norme regolamentari comunali sulle distanze, e chiedendone l’eliminazione.

Ha resistito la Segmani con rituale controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce “erronea e falsa applicazione dell’art. 31 del
regolamento edilizio del Comune di Massa in relazione agli artt. 3,10 e18 delle N.T.A. del
PRG;erronea e falsa applicazione dell’art. 7 L. 1150/42 in relazione all’art. 33.

366 bis c.p.c. palesemente astratto,sembra censurarsi — per quel che è dato comprendere – la
facoltà, ravvisata dalla corte territoriale,di costruire in aderenza,allorquando sussista una
norma attuativa dello strumento urbanistico che preveda,come nella specie, un distacco dal
confine;si sostiene che il successivo regolamento edilizio,quand’anche prevedente tale
facoltà,si porrebbe in contrasto con la preesistente norma urbanistica “di rango superiore”,
richiamante l’art.9 del D.M. n.1444 del 1968.
Il motivo è manifestamente infondato.
A parte l’inconferenza del richiamo all’art. 9 D.M. 1444/68,prevedente il distacco tra pareti
finestrate (la cui esistenza nella specie neppure risulta) di edifici che si fronteggiano,
situazione non sussistente nel caso in esame,in cui il corpo di fabbrica in questione (un
vano scala) risulta dalla convenuta realizzato in aderenza a quello dell’attore, la censura
si pone in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte,che, in tema di distanze nelle
costruzioni, espressamente fa salva la facoltà,da parte degli enti territoriali, di prevedere le
possibilità di costruire in aderenza o in appoggio,anche nei casi in cui la norma locale
stabilisca distanze dal confine. Si è precisato,a1 ríguardo,che soltanto nei casi in cui dette
norme si limitino a prevedere,senza nulla aggiungere,determinate distanze dal confine,tali
facoltà debbano ritenersi non consentite (ed il principio di “prevenzione” non
operante),mentre invece,ove tali facoltà derogatorie siano previste,”si versa in ipotesi del
tutto analoga a quella disciplinata dall’art. 873 e ss. cod. civ., con la conseguenza che è
consentito al preveniente costruire sul confine,ponendo il vicino, che intenda a sua volta
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Con il mezzo d’impugnazione,alquanto confuso e corredato da un quesito di diritto ex art.

edificare,nell’alternativa di chiedere la comunione del muro e di costruire in aderenza
(eventualmente esercitando le opzioni previste dagli artt 875 e 877,secondo comma, cod.
civ.),ovvero arretrare la sua costruzione sino a rispettare la maggiore intera distanza
imposta dallo strumento urbanistico” (Cass.2^,n. 8465 del 9.4.2010,conf. n. 11899/2002).
Nel caso di specie correttamente,pertanto,è stata ritenuta la legittimità della costruzione del

regolamentare edilizia locale,integrativa di quelle civilistiche, di pari rango e,pertanto,
legittimamente derogatoria,in quanto anch’ essa di natura secondaria e promanante dalla
medesima amministrazione,rispetto all’altra,prevedente la distanza dal confine.
Con il secondo motivo si deduce “omessa e/o insufficiente motivazione su un punto
essenziale della controversia;travisamento di fatto; erronea e falsa applicazione dell’art. 31
del regolamento edilizio del Comune di Massa in relazione agli artt. 3,10 e 18 delle NTA del
PRG.”censurandosi l’interpretazione della citata norma regolamentare da parte della
corte,che travisando le risultanze delle consulenze tecniche e ritenendo erroneamente di
conformarsi ad una prassi interpretativa dei competenti uffici comunali, avrebbe considerato
estesa a tutto il territorio comunale la facoltà di costruire in aderenza,senza fornire adeguate
spiegazioni al riguardo, né tener conto dell’ubicazione degli immobili in questione nella

“zona di saturazione B4”, prevedente la distanza dal confine di m. 5.
Anche tale motivo va disatteso,per radicale inammissibilità,nella parte in cui deduce un vizio
di motivazione in relazione all’ interpretazione di norme e, per il resto,riproponendo la
medesima doglianza di cui al primo motivo. La Corte non ha messo in discussione l’esistenza
di una norma locale generale prevedente la distanza dal confine e la sua applicabilità anche
alla zona B.4,ma ha solo dat ella sussistenza di altra norma,non inconciliabile con la
stessa,in quanto solo parzialmente derogatoria,contenut,a in altra fonte normativa locale (il
regolamento edilizio) e non limitata a particolari zone territoriali,prevedente la facoltà di

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vano scala in aderenza al fabbricato dell’attrice,essendo tale possibilità prevista da una norma

costruzione in aderenza ,cui si è nella specie conformata l’autorità comunale nel rilascio del
titolo edificatorio.
Con il terzo motivo si deduce “omessa e/o insufficiente motivazione su un punto essenziale
della controversia;erronea e falsa applicazione dell’art. 30 del regolamento edilizio e dell’art.
10 delle N.T.A. del Comune di Massa,lamentandosi l’erronea applicazione alla fattispecie

facciata con il piano di posa del solaio di copertura”. Gli errori sarebbero consistiti:a) nel
non avere,in concreto,tenuto conto della conformazione della nuova costruzione,i1 cui punto
di incontro con quello del Piccinini avrebbe dovuto individuarsi in quello di contatto tra la
falda del tetto e la facciata dell’edificio confinante; b) nell’aver considerato,ai fini della
determinazione dell’altezza del fabbricato Piccinini,i1 muretto di protezione della terrazza di
copertura dello stesso e non anche il livello,inferiore di cm. 74,del relativo piano di calpestio,
che invece era a quota inferiore di cm. 64 rispetto al muro del vano scale realizzato dalla
Segnani.
Il motivo va respinto,risolvendosi in una censura in fatto,attinente alla valutazione delle
risultanze della consulenza tecnica,che non risulta inficiata da travisamenti o illogicità
testuali,avendo la corte affermato che secondo l’art. 30 l’altezza del fabbricato va misurata
dalla linea di incontro della facciata con il piano di posa del solaio di copertura,che è
sinonimo del piano di calpestio,correttamente ritenendo che l’aderenza va calcolata con
riferimento alla parte di muro impegnata;non è stata,dunque,negata l’esistenza di una
sopraelevazione,ma escluso che la stessa,in quanto aderente al fabbricato attoreo,desse luogo
a tutela ripristinatoria o risarcitoria.
Con il quarto motivo si censura,per “erronea e falsa applicazione dell’art. 18 delle N.T.A.del
PRGA e,in ipotesi subordinata,dell’art. 31 del regolamento edilizio del Comune di
Massa;erronea e falsa applicazione dell’art. 873 c.c.”,l’affermazione secondo cui la
“sopraelevazione” non avrebbe arrecato alcun danno al vicino,negandosi la sussistenza di
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della disposizione citata, secondo cui ” l’altezza si misura dalla linea di incontro della

un principio o di una norma richiedente siffatta condizione ai fini della legittimità o meno
della nuova costruzione e ribadendo che la stessa non avrebbe potuto essere realizzata in
otPuIrie

aderenza o,in subordine,ove ammessa tale modalità di costruzione, nspettare la distanza di
m. 5 da quello vicino in ogni altro suo punto non aderente a quest’ultimo.
A parte l’astrattezza del quesito,palese è l’infondatezza del motivo,riproponente

mutatis

Una volta accertata la legittimità dell’intervento edilizio, in quanto realizzato in parte in
aderenza e per il resto a distanza regolamentare,non si vede quale danno risarcibile ex art.
872 co. 2 c.c. avrebbe potuto essere preteso,per il solo fatto che l’opera, di cui non risultano
accertati profili di difformità rispetto al titolo edificatorio o alla normativa locale, costituisse
una sopraelevazione.
Il ricorso va conclusivamente respinto,con condanna del soccombente alle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio alla
controricotTente,in misura di complessivi € 3.200,00 di cui 200 pero esborsi.
Così deciso in Roma il 26 giugno 2013.

verbis e nell’ottica risarcitoria,doglianze già esposte con i precedenti mezzgimpugnazione.

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