Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20649 del 09/09/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 20649 Anno 2013
Presidente: FELICETTI FRANCESCO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n.r.g. 19160/07 proposto da:

Mario DE PASQUALE ( c.f. DPS MRA 33R12 F1581);
Maria DE PASQUALE ( c.f. DPS MRA 65H59 FI 58Q);
Angela DE PASQUALE ( c.f. DPS NGL 68A54 H519X);
Natale DE PASQUALE ( c.f. DPS NTL 70D16 FI 58L)
eredi di Rosa MENTO, il primo già in giudizio in proprio
parti tutte rappresentate e difese dall’avv. Antonino Mangiò e dall’avv. Pietro Intilisano ;
elettivamente domiciliate in Roma, via Lunigiana n.6, presso Io studio del dr. Gregorio
D’Agostino, come da procura estesa a margine del ricorso

– Ricorrenti—

contro

Nicolina CUCE’ ( c.f. CCU NLN 37A41 F158X)

rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Pecora e presso lo studio del medesimo
domiciliata in Roma, via Gavinana 1, giusta procura speciale autenticata nelle firme dal

_

notaio Riccardo Coppini 1’11 ottobre 2007

1-

Data pubblicazione: 09/09/2013

- Resistente con procura-

contro la sentenza n. 246/2006 della Corte di Appello di Messina, pubblicata il 16
maggio 2006 e non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 18/06/2013 dal

Udito l’avv. Francesco Pecora, per la parte resistente con procura, che ha
concluso per il rigetto del ricorso.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Lucio Capasso, che ha concluso per l’accoglimento del secondo motivo ed il rigetto del
primo motivo del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 — Fausta e Pietro Fausto Morabito nel gennaio 1986 citarono innanzi al Tribunale di
Messina Mario De Pasquale e Rosa Mento, esponendo di aver loro alienato, nel
dicembre 1985, la nuda proprietà di una casa con annesso terreno di mq 600 siti in
Messina, riservandosene l’usufrutto e specificando nel rogito che detti immobili ancora
non risultavano iscritti nel catasto urbano ma che per essi era stata presentata, nel
novembre del 1985, apposita denunzia; la conseguente mancata allegazione al rogito del
certificato di destinazione urbanistica e il mancato censimento del terreno come area di
pertinenza del fabbricato, avrebbero determinato la nullità dell’atto di vendita.
Conclusero per l’accertamento di tale causa di radicale invalidità del negozio e, in via
subordinata, per la sua rescissione ultra dimidium o per la risoluzione del negozio, non
avendo gli acquirenti corrisposto l’intera somma pattuita.

2 — Il Tribunale adito, pronunziando nel contraddittorio di Nicolina Cucè, erede degli
attori, che era intervenuta in giudizio, respinse la domanda di nullità sulla base della
considerazione che le parti avrebbero ritenuto il compendio oggetto del contratto come
edificio censito nel NCEU, sia per la sua collocazione in zona urbanizzata, sia per la
circostanza del nesso pertinenziale del terreno rispetto al fabbricato sia infine per la

Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

presentazione della domanda di variazione catastale; venne però accolta la domanda di
rescissione.

3— La Corte di Appello di Messina, adita dai De Pasquale/ Mento, ne rigettò il gravame
e, accogliendo quello incidentale della Cucè, dichiarò la nullità dell’intero contratto,

citata legge n. 47/1985, non ritenendo sufficiente la mera dimostrazione della richiesta
di iscrizione al catasto urbano degli immobili per ritenere soddisfatto l’obbligo di
produzione del certificato di destinazione urbanistica: ciò avrebbe comportato, da un
lato, la impossibilità di ritenere un nesso pertinenziale tra terreno e fabbricato e, di
conseguenza, dell’applicazione — per il terreno- del regime di esonero dalla produzione
del certificato in questione, come indicato nell’art. 18 citato; dall’altro, una inversione
logica del rapporto tra terreno e fabbricato rurale, tale da far ritenere il secondo come
pertinenza del fondo rustico e, quindi, l’intera alienazione come una lottizzazione
vietata.

4 — Per la cassazione di tale decisione hanno proposto ricorso Mario De Pasquale e gli
eredi della Mento — Maria, Angela e Natale De Pasquale- facendo valere due motivi di
annullamento; la Cucè ha prodotto procura ed ha partecipato alla discussione orale.

MOTIVI DELLA DECISIONE
I — Con il primo motivo del ricorso principale viene denunziata la violazione e la falsa
applicazione dell’art. 18 1. 47/1985; dell’art. 13 della legge 52/1985; dell’art. 4 n. 21 del
d.l. n. 853/1984 come convertito con 1. 17/1985; dell’art. 8 della legge n. 679/1969
assumendo innanzi tutto la non condivisibilità dell’interpretazione data dalla Corte
territoriale dell’inciso ” censito nel nuovo catasto” contenuta nell’art. 18, comma II, legge n.
47/1985 , secondo la quale essa si riferirebbe ai soli terreni, rispetto ai quali si sia
completato l’ iter della pratica amministrativa di accatastamento, non essendo sufficiente
la mera denunzia di variazione ( dal catasto terreni a quello urbano).

I.a — In contrario osservano le parti ricorrenti che un edificio urbano può considerarsi

giudicando che la vendita fosse affetta dalla nullità descritta dall’art. 18, II comma, della

”iscritto al registro del catasto urbano” e quindi ivi “censito” al momento in cui viene
avanzata la richiesta di iscrizione che la “ditta” deve presentare, conforme al modello
predisposto dal Ministero delle Finanze, come risulterebbe indirettamente dalla
certificazione ed allegata al fascicolo di primo grado, a mente della quale, dal 27

urbanistico, risulterebbero censiti al NCEU.

I.b — Traggono, le parti ricorrenti, argomenti a conforto della loro tesi, da una risposta
elaborata dall’indicato Ministero ad un quesito del Consiglio Nazionale del Notariato in
merito alla interpretazione da dare all’inciso “edifici censiti nel nuovo catasto edilizio
urbano” contenuto nel sopra ricordato art. 18, comma II della legge 47/1985: in tale
nota esplicativa il Ministero aveva ritenuto “censiti” nel NCEU tutti gli immobili -e
quindi le aree di pertinenza a fabbricati non più censibili al catasto terreni- ancorchè
non fosse stata ultimata dall’Ufficio la fase di accatastamento con l’attribuzione della
relativa rendita catastale, così non collegando la iscrizione al NCEU alla definizione
anche censuaria dell’immobile.
— Con il connesso secondo motivo viene denunziata la violazione e/o la falsa
applicazione delle medesime norme laddove la Corte avrebbe esteso la nullità che
eventualmente avrebbe inficiato il trasferimento del terreno, anche al fabbricato,
dichiarando l’invalidità dell’intero atto di cessione, dunque non considerando che
l’edificio già sarebbe stato iscritto in catasto come fabbricato .
III — I due motivi, che vanno trattati congiuntamente in quanto involgono questioni
interpretative della medesima norma — art. 18, II comma, 1. 47/1985- sono fondati, pur
con le precisazioni che seguono .

III.a — Va innanzi tutto precisato che il giudice del gravame basò la propria decisione su
un duplice passaggio logico: dapprima ritenne che la semplice denunzia di iscrizione al
catasto urbano del fabbricato , comprensivo di area che si assumeva pertinenziale, non
potesse far acquisire alla seconda, il carattere di area urbana e quindi non rientrasse

novembre 1985, la costruzione ed il terreno pertinenziale, conformi allo strumento

nell’ambito di esonero dalla produzione del certificato di destinazione urbanistica, come
previsto dalla seconda parte dell’indicata disposizione (che recita: ” Le disposizioni di cui al
• presente comma non si applicano quando i terreni costituiscano pertinenze di edifici censiti nel nuovo
catasto edilizio urbano, purchè la supefficie complessiva dell’area di pertinenza medesima sia inferiore a

permanendo la caratteristica di beni iscritti al catasto terreni , allora la costruzione
avrebbe dovuto esser considerata a servizio del terreno così che l’atto di alienazione —
privo del certificato di destinazione urbanistica- avrebbe concretizzato un’ipotesi di
lottizzazione vietata.

III.b — Giudica la Corte che la censura descritta nel primo motivo (chè quella del
secondo mezzo ne dipende logicamente) coglie un condivisibile aspetto di errata
interpretazione dei confini applicativi della norma sopra citata, in cui la Corte del merito
sarebbe incorsa, avendo ritenuto di trarre un decisivo spunto ermeneutico della
proposizione “edifici censiti” , dall’uso di una forma lessicale, sostenendo che l’utilizzo
del participio passato “censiti” già di per sé avrebbe fatto emergere la precisa volutas legis
di condizionare al positivo concludersi della pratica di accatastamento l’acquisizione
della qualità di immobili “censiti” , non ponendosi il problema dell’inserimento
dell’enunciato normativo nell’ambito di un sistema latu sensu sanzionatorio di condotte
che sarebbero astrattamente idonee ad integrare la violazione urbanistica della
lottizzazione abusiva

III.b.1 Assume, a giudizio della Corte, un particolare rilievo ai fini ermeneutici che qui
interessano, la intestazione dell’art. 18 (” Lottizzazione”) che , inserita nel capo I (”
Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia. Sanzioni amministrative e
penali”) rende manifesta l’intenzione del legislatore di approntare una difesa avanzata
rispetto a tutti quegli atti negoziali che concretino consapevoli tentativi di aggirare le
previsioni urbanistiche e di derogarvi, così da ritenere ipso jure nullo l’atto negoziale relativo
a terreni, privo di certificato di destinazione urbanistica: tale idoneità lesiva non può però

5.000 metri quadrati” ); poi trasse da tale interpretazione la conseguenza che,

riconoscersi laddove , come nella fattispecie , pur mancando l’allegazione di siffatto
certificato, sia stata presentata la domanda di accatastamento al N.C.E.U. , dunque
facendo emergere una volontà contraria a quella diretta alla violazione delle norme
urbanistiche, quale presupposta dalla disposizione di cui all’art. 18, II comma, legge 47 del

IV — Dal momento che, per quanto sopra osservato, l’art. 18 , II comma, legge citata,
non può essere interpretato nel senso che gli edifici sono da considerarsi censiti al
N.C.E.U. solo ove il relativo iter amministrativo sia completato — essendo sufficiente la
presentazione della domanda di accatastamento, nella fattispecie dunque il fabbricato
doveva considerarsi “censito” al N.C.E.U. ed il terreno adiacente, per le sue dimensioni,
doveva considerarsi pertinenza dello stesso, con conseguente esonero dall’obbligo di
allegazione all’atto di vendita dell’intero complesso immobiliare del certificato di
destinazione urbanistica relativo al terreno, dovendosi solo provvedere alle menzioni di
cui agli artt. 17 o 40 della legge n. 47/1985, per quanto riguardava il fabbricato.

V La sentenza va dunque cassata in relazione ai profili di censura accolti e, alla luce del
principio sopra enunciato, va commessa al giudice del rinvio – identificato nella Corte
di Appello di Messina, in diversa composizione- la valutazione della concreta idoneità
della richiesta del ricorrente ai fini del rilascio del certificato di destinazione urbanistica;
detta Corte del merito statuirà altresì sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte
Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa in relazione ai motivi accolti e
rinvia alla Corte di Appello di Messina, in diversa composizione, anche per la
regolazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma il 18 giugno 2013, nella camera di consiglio della 2^ Sezione
Civile della Corte di Cassazione.

1985

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