Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20648 del 31/08/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 31/08/2017, (ud. 16/05/2017, dep.31/08/2017),  n. 20648

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DI GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20038/2012 proposto da:

ENEL RETE GAS S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GIROLAMO DA CARPI 6, presso lo studio dell’avvocato FURIO TARTAGLIA,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato RENATO

SILVESTRI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TARO 25,

presso lo studio dell’avvocato DEBORA MAGARAGGIA, rappresentato e

difeso dall’avvocato PIERLUIGI DELL’ANNA, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1958/2012 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 11/06/2012 R.G.N. 4993/2010.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che con sentenza in data 11/06/2012 la Corte d’Appello di Lecce confermando la sentenza del locale Tribunale n.11378/2009, ha riconosciuto a M.G., dipendente di Enel Rete Gas S.p.A., il diritto all’inserimento nei turni di reperibilità, condannando la datrice a versare allo stesso Euro 6.936 come risarcimento del danno per le mancate indennità percepite tra il gennaio 2007 e l’ottobre 2009 a tale titolo;

Che avverso tale decisione interpone ricorso in Cassazione Enel Rete Gas S.p.A. illustrato da memoria, affidando le sue ragioni a tre motivi di censura, cui resiste con tempestivo controricorso M.G..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che con la prima censura la parte ricorrente si duole del fatto che la sentenza gravata abbia violato l’art. 25 del c.c.n.l. Anigas del 4/05/1995 e l’art. 25 del c.c.n.l. Gas-Acqua dell’1/03/2002, nonchè le norme civilistiche in materia d’interpretazione dei contratti, dai quali – qualora correttamente interpretati – non può farsi derivare la statuizione secondo cui l’inclusione nel servizio di reperibilità costituisca un diritto soggettivo pieno in capo a tutti i dipendenti, nè che la predetta adibizione sia disposta in maniera automatica in presenza di un determinato inquadramento professionale o in base all’appartenenza a una specifica unità di lavoro (art. 2013 c.c.), ma che essa sia di diretta derivazione dalle esigenze aziendali così come valutate dalla discrezionalità datoriale;

Che col secondo motivo parte ricorrente contesta violazione e falsa applicazione dell’art. 2087 cod. civ., nonchè dei principi di cui ai D.Lgs. n. 626 del 1994, e D.Lgs. n. 81 del 2008, per avere la sentenza d’Appello trascurato che l’esclusione dal servizio di reperibilità era avvenuta in ottemperanza al divieto di adibizione del M. disposto dal medico competente per i danni subiti a seguito dell’incidente stradale occorsogli, rilevabili dalla documentazione clinico – specialistica allegata;

Che nella seconda censura lo stesso aspetto è sollevato sotto il profilo anche dell’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per avere, la sentenza gravata, sottovalutato i motivi specifici di salute richiamati, i quali avevano determinato l’Enel a non inserire il lavoratore nei turni di reperibilità;

Che la terza censura si appunta sulla violazione e falsa applicazione degli artt. 1226 e 2697 cod. civ., degli artt. 25 dei due accordi collettivi di settore del 1995 e 2002; sull’omessa pronuncia e sull’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa le circostanze specifiche che avrebbero indotto la Corte territoriale a quantificare l’indennità per l’intero periodo di esclusione dai turni di reperibilità e non, come afferma l’art. 25, punto 4, comma 3, del c.c.n.l. Anigas del 1995, in base ai giorni di reperibilità effettivamente prestati, per la quale disposizione il giudice avrebbe dovuto liquidare un eventuale risarcimento, in base ai principi generali (art. 1226 cod. civ.) in via equitativa nella percentuale del cinquanta per cento della somma dovuta per l’intero periodo;

Che il primo motivo è fondato.

Che il servizio di reperibilità, così come configurato dal c.c.n.l. non costituisce di per sè una mansione in senso tecnico-giuridico, ma integra un obbligo accessorio e intermedio per il lavoratore preposto a un determinato servizio e alle connesse specifiche mansioni (nella specie assicurare il capillare pronto intervento per soddisfare le esigenze dell’utenza);

Che l’istituto di cui si controverte è disciplinato dall’autonomia collettiva, la quale normalmente prevede per la reperibilità – dato il sacrificio che essa comporta – una particolare indennità di misura inferiore a quella spettante per l’eventuale effettiva e piena prestazione che possa eventualmente conseguire al rispetto dell’obbligo di reperibilità, a sua volta retribuita con il trattamento per lavoro straordinario;

Che il servizio di reperibilità è organizzato in turni periodici secondo un piano prestabilito adottato dal datore, per le esigenze funzionali dell’organizzazione aziendale del lavoro e, il fatto che l’art. 25, comma 2, lett. b) del c.c.n.l. disponga che “…nel servizio di reperibilità si avvicendi il maggior numero di lavoratori…” non implica, come invece è stato prospettato dalla Corte territoriale, che in capo al singolo lavoratore sussista un diritto a essere incluso automaticamente nei turni di reperibilità;

Che erroneamente la Corte d’Appello ha fatto discendere da tale sua erronea interpretazione che la turnazione – qualora costituisca elemento costante dell’espletamento del servizio – debba essere considerata la regola, e la dispensa dalla reperibilità l’eccezione, quasi che la mancata corresponsione della relativa indennità conseguente alla dispensa dai turni possa determinare, per il lavoratore escluso, un danno simile a quello da dequalificazione professionale in senso tecnico-giuridico, non potendo assimilarsi la reperibilità a nessuna forma specifica di lavoro, neanche “in attesa”, ma configurandosi invero quale obbligo accessorio alla prestazione principale ed intermedio rispetto al suo adempimento, esigibile soltanto nel caso in cui si presenti quella specifica esigenza che la turnazione è chiamata a soddisfare (nella specie quella di pronto intervento sul territorio per le esigenze dell’utenza);

Che il secondo e il terzo motivo devono essere ritenuti assorbiti;

Che, pertanto, essendo il ricorso fondato, la sentenza deve essere cassata.

PQM

 

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo e il terzo. Cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Bari anche per le spese di questo giudizio.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2017

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