Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20645 del 07/10/2011

Cassazione civile sez. I, 07/10/2011, (ud. 22/06/2011, dep. 07/10/2011), n.20645

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Bio Medical di Piscitelli Michele in persona del titolare,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Nizza 59, presso l’avv.

Astolfo Di Amato, rappresentata e difesa dall’avv. STANGA Domenico

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

Acqua di Parma s.r.l. in persona del legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in Roma, Largo di Torre Argentina 11,

presso gli avv. DI GIULIO Maria Rosaria e Dario Martella,

rappresentata e difesa dal secondo giusta delega in atti;

– controricorrente –

Le Gioie s.a.s. in persona del legale rappresentante;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 1036/06 del

3.4.2006.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22.6.2011 dal Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni;

Udito l’avv. Bonaccorsi con delega per il controricorrente;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con atto di citazione del 19 – 20.12.2001 l’Acqua di Parma s.r.l.

conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Napoli Le Gioie s.a.s.

di Claudio Caiafa e la Bio Medical di Piscitelli Michele, per sentirli condannare al risarcimento del danno, oltre che al pagamento di una penale per ogni violazione del provvedimento inibitorio precedentemente emesso in via cautelare, con riferimento alla commercializzazione di un profumo (Le Gioie quale venditore, Bio Medical quale distributore) che avrebbe integrato la violazione del diritto di esclusiva sul proprio marchio (registrato nel 1995), nonchè atto di concorrenza sleale per imitazione servile.

I convenuti, costituitisi, chiedevano il rigetto della domanda e, in riconvenzionale, la condanna dell’attrice al risarcimento del danno, richieste che il tribunale disattendeva condannandoli al risarcimento del danno in favore dell’attrice, quantificato in Euro 20.000, e fissando inoltre una penale di Euro 500,00 per ogni successiva violazione.

La sentenza, impugnata da entrambe le parti (in via principale da Le Gioie e Bio Medical e in via incidentale da Acqua di Parma), veniva poi confermata dalla Corte di Appello con decisione contro la quale Bio Medical proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui resisteva con controricorso Acqua di Parma, che eccepiva pregiudizialmente l’inammissibilità dell’impugnazione per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., e successivamente depositava anche memoria.

L’eccezione è fondata ed il ricorso è quindi inammissibile.

La sentenza impugnata è stata infatti emessa il 3 aprile 2006, in data cioè in cui trovava applicazione l’art. 366 bis c.p.c., all’epoca vigente, secondo il quale l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto, nel caso di denuncia di violazione di legge, e con la chiara indicazione del fatto in base al quale la motivazione si assume viziata o inidonea a giustificare la decisione, nel caso di denuncia del vizio di motivazione.

Nella specie sono stati denunciati vizi sia di violazione di legge (tutti i motivi) che di motivazione (primo e terzo motivo), ma i motivi non sono corredati nè dei prescritti quesiti di diritto nè della indicazione del fatto controverso.

Ne discende dunque, come detto, che il ricorso va dichiarato inammissibile.

Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2011

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