Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20644 del 09/09/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 20644 Anno 2013
Presidente: FELICETTI FRANCESCO
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA
sul ricorso 24498-2007 proposto da:
TECNOBIEMME SRL IN PERSONA DEL LEGALE RAPP.TE P.T.,
P.I.01259286020, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentata e difesa dall’avvocato D’AMICO
GIUSEPPE;
– ricorrente –

2013
contro

1634

COND TICINELLO VIA PIONIERI DELLA CROCE ROSSA 3/5/7

SIZIANO;
– intimato –

Data pubblicazione: 09/09/2013

sul ricorso 28166-2007 proposto da:
COND TICINELLO DI SIZIANO VIA PIONIERI DELLA CROCE
ROSSA 3 5 7 PAVIA, P.I.96020030183, IN PERSONA DEL
SUO AMM.RE P.T., elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato

BETTI FIORENZA;
-controricorrente e ricorrente incidentale contro

TECNOBIEMME SRL;
– intimata –

avverso la sentenza n. 185/2007 della CORTE D’APPELLO
di MILANO;

O

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/06/2013 dal Consigliere Dott. LINA
MATERA;
udito l’Avvocato Galleano Sergio difensore del Cond.
Ticinello che si riporta agli atti e alla memoria;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto dei ricorsi.

GALLEANO SERGIO, rappresentato e difeso dall’avvocato

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 10-3-1995 il Condominio Ticinello di
via Pionieri della Rosa n. 3, 5, 7 in Siziano (PV) conveniva in
giudizio la ditta Tecnobiemme s.r.1., per sentir affermare la sua

difetti della costruzione, e sentirla conseguentemente condannare al
risarcimento dei danni ed alle spese necessarie al ripristino
dell’immobile.
La convenuta si costituiva chiedendo il rigetto della domanda.
Con sentenza in data 4-11-2003 il Tribunale di Pavia, accertata
la responsabilità della convenuta, condannava la stessa al pagamento
della somma di euro 71.559,23.
Avverso la predetta decisione proponeva appello la
Tecnobiemme s.r.l.
Con sentenza in data 25-1-2007 la Corte di Appello di Milano,
in parziale riforma della pronuncia di primo grado, rideterminava in
euro 68.995,53 l’entità del risarcimento dovuto al Condominio.
La Corte territoriale, in particolare, riteneva infondata
l’eccezione di prescrizione annuale prevista dall’art 1669 comma 2
c.c., sollevata dalla convenuta. Essa rilevava, al riguardo, che nella
specie il termine di prescrizione era cominciato a decorrere solo dal
4-6-1994, data di asseveramento della perizia stragiudiziale a mezzo
della quale i condomini avevano potuto avere la conoscenza, oltre

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responsabilità, quale impresa costruttrice dell’edificio, per i vizi e

che dei vizi, anche delle loro cause. Nel merito, il giudice del
gravame ribadiva la sussistenza di gravi difetti di costruzione
inerenti alle facciate esterne e ai vialetti d’ingresso pedonale. Esso,
al contrario, escludeva che costituissero gravi difetti di costruzione i

alla sistemazione dei cancelli e delle superfici in cemento armato, e
sottraeva, pertanto, dall’importo liquidato dal Tribunale le spese
corrispondenti.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la
Tecnobiemme s.r.1., sulla base di cinque motivi.
Il Condominio Ticinello ha resistito con controricorso,
proponendo altresì ricorso incidentale, affidato a tre motivi.
In prossimità dell’udienza il controricorrente ha depositato una
memoria ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei ricorsi, ai
sensi dell’art. 335 c.p.c.
1) Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia la
violazione degli artt. 1669 comma 2, 2934 e 2935 c.c., in relazione al
rigetto dell’eccezione di prescrizione ex art. 1669 c.c. Sostiene che,
contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di Appello, nella specie
il termine di prescrizione non decorreva dalla data della perizia
stragiudiziale, bensì dalle lettere del 16-7-1993 e del 23-2-1994, con

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vizi relativi al terreno del giardino, ai coperchi dei pozzetti pluviali,

le quali il Condominio aveva denunciato i vizi dell’asfalto dei cortili
e della verniciatura della facciata. Il motivo si conclude con la
formulazione del seguente quesito di diritto, ai sensi dell’art. 366 bis
c.p.c.: “E’ vero che i due termini annuali contemplati dall’art. 1669

necessariamente consecutivi per cui fatta la denuncia di vizi il
termine prescrizionale comincia a decorrere immediatamente a
prescindere dal fatto che il committente abbia un apprezzabile grado
di conoscenza dei difetti denunciati e della loro derivazione causale
con l’opera?”
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli
artt. 1669 c.c. e 115 c.p.c. Sostiene che le lettere inviate alla
controparte avevano la natura di denuncia sintetica che valeva a
conservare il diritto di garanzia e, quindi, a far decorrere il termine
di prescrizione. Il quesito di diritto posto è il seguente: “Una
denuncia sintetica che si limiti ad illustrare i difetti così come sono
visibili all’occhio, prescindendo dalle loro implicazioni tecniche
(nella specie:

gravi vizi-difetti

consistenti nello

sgretolamento

dell’asfalto dei cortili e crepe nell’intonaco delle facciate dovute al
supporto) e solleciti il costruttore ad intervenire per eliminarli è
idonea ad interrompere il termine di decadenza di cui all’art. 1669
c.c. e quindi a far decorrere il termine annuale di prescrizione di cui
all’art. 1669 c.c.?”

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c.c. (quello di decadenza e quello prescrizionale) sono

Con il terzo motivo, che reca a pag. 24 il momento di sintesi
ex art. 366 bis c.p.c. (“il giudice si è quindi sottratto al compito di
motivare sul fatto che le denunce precedenti, le lettere del 16-7-1993
e del 23-2-1994, non rappresentano una denuncia idonea a far

mancanza o insufficiente motivazione circa l’inidoneità delle lettere
del 16-7-1993 e del 23-2-1994 a far decorrere il termine di
prescrizione.
2) 1 tre motivi, che in quanto tra loro connessi possono essere
esaminati congiuntamente, sono infondati.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza,
l’identificazione degli elementi conoscitivi necessari e sufficienti
onde possa individuarsi la “scoperta” del vizio ai fini del computo
dei termini annuali posti dall’art. 1669 CC -il primo di decadenza per
effettuare la “denunzia” ed il secondo, che dalla denunzia stessa
prende a decorrere, di prescrizione per promuovere l’azione-, deve
effettuarsi con riguardo tanto alla gravità dei vizi dell’opera quanto
al collegamento causale di essi con l’attività progettuale e costruttiva
espletata; sì che, non potendosi onerare il danneggiato di proporre
senza la dovuta prudenza azioni generiche a carattere esplorativo o
comunque suscettibili di rivelarsi infondate, la conoscenza completa,
idonea a determinare il decorso del doppio termine, dovrà ritenersi
conseguita, in assenza di convincenti elementi contrari anteriori da

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decorrere il termine annuale”), la Tecnobiemme si duole della

dedursi e provarsi dall’appaltatore, solo all’atto dell’acquisizione di
idonei accertamenti tecnici. Ne consegue che, nell’ipotesi di gravi
vizi dell’opera la cui entità e le cui cause abbiano reso necessarie
indagini tecniche, è consequenziale ritenere che una denunzia di

ammissione di valida scoperta degli stessi, tale da costituire il dies a
qua per la decorrenza del termine di prescrizione, solo quando, in
ragione degli effettuati accertamenti, risulti dimostrata la piena
comprensione dei fenomeni e la chiara individuazione ed
imputazione delle loro cause alla data della denunzia (tra le tante v.
Cass. 1-8-2003 n. 11740; Cass. 9-3-1999 n. 1993; Cass. 18-11-1998
n. 11613, Cass. 29-5-1998 n. 5311; Cass. 20-3-1998 n. 2977).
Ciò non significa, come pure è stato evidenziato da questa
Corte, che il ricorso ad un accertamento tecnico possa giovare al
danneggiato quale escamotage onde essere rimesso in termini quando
dell’entità e delle cause dei vizi avesse già avuta idonea conoscenza,
ma solo che compete al giudice del merito accertare se la conoscenza
dei vizi e della loro consistenza fosse stata tale da consentire una
loro consapevole denunzia prima ed una non azzardata iniziativa
giudiziale poi, anche in epoca precedente, pur senza l’ulteriore
supporto del parere di un perito (cfr. Cass. 9-3-1999 n. 1993, Cass.
2-9-92 n. 1016).

gravi vizi da parte del committente possa implicare un’idonea

È, pertanto, compito del giudice di merito accertare se la
conoscenza dei difetti e della loro consistenza non fosse già di grado
così apprezzabile da consentire di denunciarli responsabilmente
senza un conforto peritale, nonché di stabilire se le già avvenute

proprie denunce, atte a far decorrere il termine prescrizionale (Cass.
9-3-1999 n. 1993).
Nel caso in esame, la Corte territoriale ha accertato che i
condomini hanno potuto avere conoscenza, oltre che dei vizi, anche
delle loro cause, solo dopo la perizia stragiudiziale del 4-6-1994; ed
ha, conseguentemente, escluso che possa ravvisarsi una denuncia
utile ai fini della decorrenza del termine di prescrizione nella lettera
del 23-2-1994, anteriore al momento di detta conoscenza.
Tale valutazione si sottrae al sindacato di questa Corte, in
quanto l’accertamento del momento dell’acquisizione della
conoscenza dei gravi difetti, involgendo un apprezzamento di fatto, e
riservato al giudice del merito ed è insindacabile in sede di
legittimità, allorchè sia sorretto, come nel caso in esame, da una
motivazione immune da vizi logici o giuridici.
Correttamente, pertanto, la sentenza gravata ha ritenuto non
decorso alla data della domanda introduttiva del giudizio (10-31995) il termine prescrizionale di un anno previsto dal citato art.
1669 c.c., in mancanza di prova della acquisizione da parte dei

comunicazioni all’appaltatore non integrino di per sè delle vere e

condomini, in epoca anteriore al deposito della perizia stragiudiziale
del 4-6-1994, di un apprezzabile grado di conoscenza obiettiva della
gravità dei difetti e della loro addebitabilità all’imperfetta
esecuzione dell’opera.

violazione degli artt. 1669 c.c. e 115 c.p.c. e l’insufficiente
motivazione, con riferimento alla ritenuta gravità dei vizi delle
facciate e dei vialetti pedonali. Sostiene, in particolare, che
l’affermazione della Corte di Appello, secondo cui il distacco
dell’intonaco costituiva grave difetto perché riguardava una notevole
estensione della superficie, è gratuita e priva di riscontri, in quanto
dalle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio si evince che tale
fenomeno aveva interessato nemmeno la decima parte della
superficie totale delle palazzine condominiali. Deduce, inoltre, che
l’abbassamento, per quanto marcato, del piano di piccoli vialetti
pedonali, per il cui ripristino, relativamente ad ogni edificio,
occorrono meno di 700,00 euro, non può rientrare nella fattispecie
prevista dall’art. 1669 c.c.
Il motivo si conclude con la formulazione dei seguenti quesiti
di diritto: a) “Può il distacco dell’intonaco di un condominio,
riguardante una superficie inferiore ad un decimo di quella
complessiva che, a distanza di oltre dieci anni dalla costruzione, non
risulta che abbia pregiudicato né la struttura del bene né il

3) Con il quarto motivo la ricorrente principale denuncia la

godimento di esso né la sua funzionalità, integrare il grave difetto di
cui all’art. 1669 c.c.?”; b) “Il difetto relativo a una parte accessoria
di un immobile (nel caso. vialetto pedonale d’ingresso) che non
pregiudica in alcun modo né la struttura né la funzionalità né il

cui ripristino occorra una somma di scarso rilievo, beneficia della
garanzia decennale di cui all’art. 1669 c.c.?”
Il motivo è infondato.
Deve premettersi che, secondo i principi enunciati in materia
dalla giurisprudenza, i gravi difetti di costruzione, che danno luogo
alla garanzia prevista dall’art. 1669 c.c., non si identificano con i
fenomeni che influiscono sulla staticità, durata e conservazione
dell’edificio, ma possono consistere in tutte le alterazioni che, pur
riguardando direttamente una parte dell’opera, incidano sulla
struttura e funzionalità globale, menomando apprezzabilmente il
godimento dell’opera medesima (tra le tante v. Cass. 3-1-2013 n. 84;
Cass. 4-11-2005 n. 21351; Cass. 20-3-1998 n. 2977).
I gravi difetti della costruzione in presenza dei quali sussiste
la responsabilità dell’appaltatore (o costruttore venditore) ex art.
1669 c.c., pertanto, sono configurabili (a differenza della rovina
parziale o pericolo di rovina riguardanti le strutture portanti
dell’edificio) anche in riferimento ad una parte limitata dell’edificio,
purché incidano in maniera rilevante sulla funzionalità della parte

godimento del bene principale (nel caso: un appartamento) e per il

stessa, comportando come ulteriore conseguenza un’apprezzabile
menomazione del godimento dell’edificio o di una frazione dello
stesso (singolo appartamento), indipendentemente dall’entità della
somma di denaro occorrente per la loro eliminazione (Cass. 6-2-1998

Più specificamente, è stato rilevato che, ai fini della
responsabilità dell’appaltatore ex art. 1669 c.c., costituiscono gravi
difetti dell’edificio non solo quelli incidenti sulla struttura e sulla
funzionalità dell’opus, ma anche i vizi costruttivi che menomano
apprezzabilmente il normale godimento della cosa o impediscono che
questa fornisca l’utilità cui è destinata, come il crollo o il
disfacimento del rivestimento esterno dell’edificio (Cass. 11-11-1986
n. 6585), ovvero il distacco dell’intonaco, che, pur non alterando le
strutture portanti dell’edificio, alteri, per la notevole estensione
delle superfici interessate, il normale godimento dell’immobile e la
sua funzione economica (Cass. 29-11-1996 n. 10624).
Gli accertamenti relativi all’esistenza dei difetti costruttivi di
un edificio ed alla loro gravità ed incidenza sulla struttura e
funzionalità del medesimo costituiscono valutazioni ed
apprezzamenti di merito, sottratti al sindacato di legittimità se
fondati su adeguata e giuridicamente corretta motivazione (Cass. 71-2000 n. 81; Cass. 24-5-1972 n. 1622)..

9

n. 1203; 18-2-1991 n. 1686;).

Nella specie, la Corte territoriale, muovendosi nel solco degli
enunciati principi, ha statuito che l’immobile realizzato dalla
Tecnobiemme presenta gravi difetti di costruzione nell’intonaco
delle facciate e nei vialetti d’ingresso pedonale, facendone

disposto dell’art. 1669 c.c.
Le valutazioni espresse al riguardo dal giudice del gravame si
sottraggono al sindacato di questa Corte, essendo sorrette da una
motivazione scevra da vizi logici e giuridici, con cui è stato rilevato,
in particolare, che dalle espletate indagini tecniche è emerso che
“l’intonaco presenta gravi crepe, fessurazioni superficiali,
arricciature e tinteggiatura in fase di distacco”, e che tale
inconveniente riguarda “numerosi punti della superficie
dell’immobile”. Quanto ai vialetti d’ingresso pedonale, che, secondo
quanto accertato dal C.T.U., hanno subito “un abbassamento
marcato”, la Corte di Appello, nel respingere le censure mosse
dall’appellante, ha implicitamente ma chiaramente condiviso il
giudizio espresso dal giudice di primo grado (specificamente
riportato a pag. 10 del ricorso), secondo cui i cedimenti si erano
verificati a causa della “mancata o insufficiente compattazione del
terreno sottostante prima della posa del massetto di sottofondo” e,
quindi, per fatto addebitabile alla impresa costruttrice.

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correttamente discendere la responsabilità del costruttore, giusta il

Ciò posto, si osserva che la ricorrente, nel sostenere che,
contrariamente a quanto affermato dalla Corte di Appello, il distacco
dell’intonaco aveva interessato una modesta superficie delle
palazzine, e che tale inconveniente non ha pregiudicato la struttura

censure di merito in ordine all’apprezzamento delle risultanze
istruttorie compiuto, nell’esercizio dei poteri riservatigli dalla legge,
dal giudice territoriale, ed alle conclusioni dallo stesso tratte
riguardo alla “gravità” dei difetti riscontrati. Il tutto in spregio ai
limiti del sindacato di legittimità, che non è un terzo grado di
merito, nel quale le parti possano ottenere un rivisitazione degli atti
ed una diversa valutazione delle emergenze processuali.
Analoghe considerazioni vanno svolte in relazione alle
doglianze mosse riguardo alla ritenuta imputabilità degli
abbassamenti dei vialetti pedonali all’attività costruttiva della
Tecnobiemme.
Né, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente,

l’operatività della garanzia di cui all’art. 1669 c.c. è esclusa, con
riferimento ai detti vialetti pedonali, per il fatto che i difetti
riscontrati non riguardano il bene principale (l’appartamento). La
nozione di grave difetto di costruzione, infatti, ricomprendendo ogni
deficienza o alterazione che vada ad intaccare in modo significativo
sia la funzionalità dell’opera che la sua normale utilizzazione,

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del bene, il suo godimento o la sua funzionalità, rivolge sostanziali

riferibile anche alle parti comuni di un edificio in condominio
(Cass. 3-1-2013 n. 84) e, quindi, anche ai viali di accesso pedonali
Allo stesso modo, alla luce dei principi di diritto innanzi
richiamati, non assume di per sé rilevanza, al fine di escludere la

spesa occorrente per il ripristino dei vialetti pedonali in questione.
4) Con il quinto motivo la ricorrente

lamenta la

violazione dell’art. 91 c.p.c. . Sostiene che la Tecnobiemme,
essendo risultata parzialmente vittoriosa in appello, non poteva
essere condannata al pagamento dei due terzi delle spese del grado.
Il quesito di diritto formulato è il seguente: “L’art. 91 c.p.c.,
in mancanza di altri fatti specifici, vieta al giudice d’appello che
accolga parzialmente l’appello principale e respinga in toto quello
incidentale di condannare l’appellante al rimborso delle spese a
favore dell’appellato?”.
Il motivo è privo di fondamento.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, in tema
di regolamento delle spese processuali, il sindacato della Corte di

configurabilità di un grave difetto di costruzione, l’esiguità della

Cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio
della soccombenza, da intendersi nel senso che soltanto la parte
totalmente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una
minima quota, al pagamento delle spese stesse (tra le tante v. Cass.
31-3-2006 n. 17457; Cass. 16-3-2006 n. 5828; Cass. 14-11-2002, n. j,„Lob-•-

16012; Cass. 01-10-2002, n. 14095; Cass. 2-8-2002 n. 11537); con la
precisazione che il suddetto criterio della soccombenza non può
essere frazionato secondo l’esito delle varie fasi del giudizio, ma va
riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che

conseguito un esito a lei favorevole (tra le tante v. Cass. 11-1-2008
n. 406; Cass. 25-3-2002 n. 4201; Cass. 14-12-2000 n. 15787).
Nella specie, l’esito finale della lite ha visto la sostanziale
soccombenza della convenuta (stante l’acclarata esistenza di gravi
difetti di costruzione alla stessa addebitabili), pur avendo
quest’ultima ottenuto, in appello, una riduzione della somma posta a
suo carico a titolo risarcitorio dal giudice di prime cure.
Il giudice del gravame, pertanto, nel condannare l’appellante
Tecnobiemme al pagamento dei due terzi delle spese del grado, non
ha affatto violato il principio della soccombenza sancito dal citato
art. 91 c.p.c.
5) Con il primo motivo il ricorrente incidentale lamenta la
violazione degli artt. 1669 c.c. e 115 c.p.c.. Deduce che la Corte di
Appello, nell’escludere la risarcibilità dei vizi inerenti al terreno del
giardino, non ha tenuto conto delle prove testimoniali raccolte nel
corso del giudizio, da cui risultava l’inidoneità del terreno a
consentire l’attecchimento del giardino condominiale.

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in qualche grado o fase del giudizio la parte poi soccombente abbia

A conclusione del motivo viene posto il seguente quesito di
diritto: “Può il giudice del merito disattendere le prove testimoniali
senza incorrere in violazione dell’art. 115 c.p.c. quando tali prove,
per le loro risultanze, sono da considerarsi decisive per la

Il motivo è inammissibile.
La Corte di Appello, nell’escludere l’operatività della garanzia
ex art. 1669 c.c. in relazione alla dedotta inidoneità dello strato del
terreno del giardino (che, secondo l’attore, non consentirebbe
l’attecchimento della pur minima vegetazione), non si è limitata a
rilevare che tale inidoneità non era stata accertata dal C.T.U., ma ha
aggiunto che la stessa, comunque, non è di importanza tale da
integrare un grave difetto ai sensi dell’art. 1669 c.c.
La ricorrente, con il motivo in esame, ha censurato solo la
prima parte della motivazione, senza muovere alcuna doglianza in
ordine alla ulteriore argomentazione addotta dal giudice del
gravame, di per sé idonea a sorreggere la decisione.
Ciò posto, va rammentato che, secondo l’insegnamento di
questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, qualora la decisione
impugnata si fondi, come nel caso in esame, su di una pluralità di
ragioni, tra loro distinte ed autonome e singolarmente idonee a
sorreggerla sul piano logico e giuridico, l’omessa impugnazione di
tutte le rationes decidendi rende inammissibili, per difetto di

risoluzione della controversia?”

interesse, le censure relative alle singole ragioni esplicitamente fatte
oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand’anche fondate,
non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività
delle altre non impugnate, all’annullamento della decisione stessa (v.

6) Con il secondo motivo il Condominio denuncia la violazione
dell’art. 1669 c.c. e la mancata o insufficiente motivazione, in
relazione alla ritenuta insussistenza di gravi difetti di costruzione
connessi alla mancanza dei chiusini ai pozzetti dei pluviali, alla
presenza di un’anta del cancello più bassa ed alle superfici in
cemento armato.
Il quesito di diritto posto è il seguente: “Può il vizio
riguardante singoli elementi di un fabbricato (quali la mancanza di
chiusure ai• pozzetti di ispezione delle fognature ed il difetto di
chiusura del cancello condominiale di ingresso), nel concorso di altri
vizi tutelati ex art. 1669 c.c., godere della tutela prevista dalla
predetta norma, indipendentemente dal contenuto valore economico
della spesa necessaria alla loro eliminazione?”.
Il motivo è formulato in termini generici, non indicando
nemmeno l’effettiva consistenza degli inconvenienti denunciati, di
cui assume in modo apodittico la negativa incidenza sul godimento
dell’immobile. In ogni caso, le censure mosse investono il merito
della valutazione espressa dalla Corte di Appello, non sindacabile in

15

per tutte Cass. S.U. 8-8-2005 n. 16602).

questa sede, secondo cui i vizi in questione, per la loro irrisoria
importanza, non sono idonei ad integrare gravi difetti ex art. 1669
c.c.; valutazione nella quale è implicita l’affermazione della
inidoneità dei detti vizi a menomare in modo apprezzabile il normale

7) Con il terzo motivo il ricorrente incidentale si duole
dell’erronea motivazione in ordine all’esclusione della dedotta
disgregazione della superficie in asfalto del cortile dal novero dei
vizi costruttivi da imputare alla Tecnobiemme s.r.l. Deduce che la
Corte di Appello ha erroneamente ritenuto che tale esclusione era
stata affermata dal C.T.U.
Il motivo è infondato, in quanto dai passi della consulenza
tecnica d’ufficio riportati nello stesso controricorso si evince che il
consulente tecnico d’ufficio, in relazione alla dedotta disgregazione
della superficie in asfalto del cortile, ha ritenuto “difficile stabilire
se il lavoro sia .stato eseguito a regola d’arte e se il materiale era di
qualità o meno

e, quindi,

“difficoltoso definire difetto di

costruzione la causa dello stato attuale”. Correttamente, pertanto, la
Corte di Appello, in mancanza di elementi probatori di segno
contrario, nemmeno addotti dall’odierno ricorrente, ha escluso la
riconducibilità dei vizi in oggetto a gravi difetti di costruzione, ex
art. 1669 c.c.

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godimento del bene.

8) Per le ragioni esposte devono essere rigettati sia il ricorso
principale che quello incidentale, con conseguente compensazione
delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.

presente grado di giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 12-6-2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta e compensa le spese del

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