Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20644 del 07/10/2011

Cassazione civile sez. I, 07/10/2011, (ud. 21/06/2011, dep. 07/10/2011), n.20644

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 9659 del Ruolo Generale degli affari

civili dell’anno 2008, proposto da:

COMUNE DI PORTCCRUARO (VE), in persona del sindaco p.t. autorizzato a

stare in giudizio da Delib. G.M. 10 marzo 2008, n. 311 ed

elettivamente domiciliato in Roma al Viale Mazzini n.. 134, presso lo

studio dell’avv. Luigi Fiorillo, rappresentato e difeso dall’avv.

PERULLI Gianfranco di Venezia, per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

IMPRESA EDILE PEROSA SESTO, con sede in (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante geom. P.P., elettivamente

domiciliato in Roma al Viale Parioli n. 130, presso l’avv. SANINO

Mario che, con l’avv. Giorgio Orsoni da Venezia, lo rappresenta e

difende, per procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia 80/08 del 18

aprile 2007 – 25 gennaio 2008;

Udita, all’udienza del 21 giugno 2011, la relazione del Consigliere

Dr. Fabrizio Forte;

Uditi l’avv. Buttafuoco con delega dell’avv. Perulli, per il

ricorrente e l’avv. Braschi, delegato dall’avv. Sanino, per il

controricorrente il P.M. Dr. PATRONE Ignazio, che conclude per

l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso notificato il 28 marzo 2008 all’impresa edile persa Sesto del geom. P.P., il Comune di Portogruaro ha chiesto la cassazione della sentenza di cui in epigrafe della Corte d’appello di Venezia, che ha accolto la domanda della Impresa intimata in questa sede nei confronti del comune ricorrente, di risarcimento del danno per la abusiva rescissione da quest’ultimo del contratto di appalto concluso dalle parti il 15 novembre 1S38 per la ristrutturazione di un edificio comunale, in assenza dei presupposti di cui alla L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 340, all. F, condannando l’ente locale a pagare Euro 77.216,00, a titolo risarcitorio con interessi di legge e le spese dell’intero giudizio.

Ad avviso della Corte, a differenza da quanto ritenuto dal tribunale e in accoglimento del gravame, doveva affermarsi che i ritardi accumulati dall’impresa, nell’inizio e nell’esecuzione dei lavori, non erano dipesi dall’appaltatrice e dovevano addebitarsi in prevalenza alla stagione appaltante, che quindi illegittimamente aveva risolto unilateralmente il rapporto, nel quale era da ritenersi essa inadempiente e tenuta a risarcire l’appaltatore nei sensi e limiti sopra riportati.

Al ricorso che precede del Comune di Portogruaro, articolato in due motivi, replica con controricorso notificato il 6 – 7 maggio 2008, l’Impresa edile Perosa Sesto del geom. P.P..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo del ricorso del Comune di Portogruaro denuncia violazione della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 340, all. F., e del D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 1, perchè dal combinato disposto di tali norme emerge l’obbligo per l’appaltatore di previa conoscenza del o stato dei luoghi, prima di partecipare alla gara, obbligo che nel caso non è stato adempiuto dall’appaltatrice, che avrebbe dovuto denunciare tempestivamente alla committente gli ostacoli all’esecuzione dei lavori, conseguenti alla occupazione da terzi degli edifici da ristrutturare e all’esistenza d’una linea elettrica incidente sui luoghi.

In secondo luogo, ai lamenta la violazione degli artt. 1460, 1175 e 1375 c.c., anche per insufficiente e contraddittoria motivazione, sui fatti a base della scelta di ritenere prevalente l’inadempimento dei Comune rispetto a quello dell’impresa.

I due motivi di ricorso non sono conclusi da quesiti di diritto.

2. Il primo motivo di ricorso è privo di quesito e quindi è inammissibile ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., norma processuale applicabile ratione temporis anche dopo che è stata abrogata e per i ricorsi proposti fino alla data dell’abrogazione per il principio tempus regit actum (Cass. 4 gennaio 2011 n. 80 e ord. 24 marzo 2010 n. 7119).

E’ precluso anche il secondo motivo di ricorso, che, in ordine alla violazione di legge che denuncia non indica l’errore di diritto della decisione impugnata nè formula il principio di legge applicabile in luogo di quello erroneamente adottato dai giudici di merito (Cass. 21 febbraio 2011 n. 4146, ord. 19 febbraio 2009 n. 4044 e S.U. 9 luglio 2008 n. 18759).

Lo stesso motivo denuncia anche carenze motivazionali oltre che violazioni di legge e non solo non è concluso da due distinti quesiti (Cass. 9 giugno 2010 n. 13868) ma è anche privo della sintesi conclusiva con la chiara indicazione dei fatti rilevanti che rendono contraddittoria la sentenza impugnata e delle ragioni per le quali la motivazione di questa è inidonea s. dare ragione della decisione per cui si assume, omessa e/o insufficiente in ordine all’accoglimento della, domanda dell’impresa (S.U. 14 ottobre 2008 n. 25117, Cass. 26 febbraio 2009 n. 4589, 3.U. 12 maggio 2008 n. 11652).

3. In conclusione, il ricorso è inammissibile e il ricorrente, per la soccombenza, dovrà, corrispondere alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.700,00 (millesettecento/00) dei quali Euro 200,00 (duecento/00) per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte suprema di Cassazione, il 21 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2011

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